23 Giugno 2024
Cultura

Performance Magistralis – Renato Padoan

Prologo.

Nella mia dimora dolomitica giace ora un libro che non posso con la dovuta cura citare il quale non è che un manuale inglese per un inglese colto che voglia saggiare e potenziare la sua competenza linguistica. Si principia da un test che volli sostenere a suo tempo per migliorare il mio inglese, e dal quale risultai invece più che ferrato … senonché quel test non fece che lusingarmi e deludermi. Risultai di una superiore caratura perché questa mia superiore caratura era dovuta al fatto che da italiano colto formatosi in un ginnasio liceo d’eccellenza avevo la conoscenza compiuta di tutti quei termini dotti che all’inglese provengono dalla nostra lingua e dal latino mentre si dava per scontata la conoscenza di quelle parole più in uso nella lingua anglosassone che sono il nocciolo semantico per così dire barbarico dell’inglese che tendenzialmente monosillabico definisce come etymology, quella che invece da noi è la riscoperta  dell’originale significato nucleare dei termini, piuttosto che usare la parola morfologia nel senso dei procedimenti più elementari cioè formativi della grammatica.

Insomma, spazientito vengo al sodo per dire che non sopporto proprio l’invasione delle parole inglesi nell’italiano che mi vedo nella circostanza dover usare per definire sinteticamente l’accaduto nell’aula parlamentate di ieri. Stavolta non trovo di meglio che usare la parola PERFORMANCE, la quale peraltro non è inglese! Ma Quale altra parola usare se non questa per descrivere l’accaduto?

 

Narrazione

Quella di Preziosi è stata più che preziosa e non posso che chiamarla PERFORMANCE. Egli ha eseguito come mai s’era visto prima e mai si vedrà una celebrazione del tragico che si spera serva da maestro alla maestria dell’attore. Egli è stato il controllo e la foga del mactatus, della vittima sacrificale in un’udienza audience o pubblico interdetta, nel frigido Areopago in cui si consumava l’essenza della tragedia che è il sacrificio dell’innocente perpetrato dalla tribù.
Egli è stato la coscienza agita della più sublime arte consaputa e ritualizzata della cultura che ci è madre: la tragedia greca il cui principio è la catarsi, cioè la purificazione violenta come conseguenza della primordiale violenza che consiste nel ratto della potenza del Dio quale si consuma nel mito prometeico. Perché la tragedia è questo. Essa è la consunzione e il sacrifizio di chi si riconosce divino nella sfida e fa del suo sacrificio esibito lo specchio della viltà di coloro che sono nel meccanismo tragico la meditabonda riflessione corale ed il pubblico stupefatto.

Preziosi ha interpretato sia il coro che gli antagonisti e il sacrificato. Ha fatto tutto da solo in una platea interdetta e sospesa, circondato dallo sguardo mummificato degli astanti. Non ha recitato, il peggiore dei termini in uso per definire l’arte sublime di colui che nella lingua greca si definisce, l’ipocrita. E’ stato colui che agendo chiama in causa il colpevole, che tale è la definizione dell’ACTOR latino. Egli ha reso gli astanti ipocriti nella misura in cui sono sembrati sorpresi. Con la semplice trovata di amalgamare e non distinguere le funzioni del personaggio principale e degli altri, la tesi e l’antitesi, la sofferenza e il dileggio, i calunniatori e gli amorfi ha prodotto una delle più stupende sintesi mattatoriali che si siano viste. Come nelle istruzioni che Brecht dava nei suoi Messingkauf Dialogues agli attori ha scelto lo schema già noto alla Commedia dell’arte che chiamasi alienazione in cui nel racconto il comico si sdoppia ed è racconto sia l’agente che il paziente, il pubblico e l’attore.

Nulla vi è stato di comico e di mezzano. La tragedia greca non ha mai rappresentato la vittoria ma sempre la sconfitta e la perdita perché è soltanto così che può aversi la purgazione purificante. La guerra subita e condotta dall’Italia nel corpo degli stessi italiani meriterebbe ancora degli scranni vuoti, tra cui quello di colui che sognò con molti altri una grandezza imperiale distante e perduta appeso a testa in giù come un vitello nel mattatoio piuttosto che un rifacimento dell’Italia migliore, di quell’Italia dei Comuni e delle Signorie che diede al mondo civile le arti e le scienze. La tragedia che ancora si consuma stereotipa nel nostro paese potrebbe essere forse quel che pensò l’autore di uno dei più bei film di guerra prodotti, l’autore de “La grande guerra”  Monicelli, il quale ebbe a dire che quel che è mancato all’Italia per renderla una nazione pari a una Francia o ad una Inghilterra è stata la mancanza di una vera guerra civile in cui si confrontassero nel dolore le parti e  che successivamente nella riconciliazione profonda di una colpa partecipata ritrovassero l’unità di una nazione per la quale meglio sarebbe stata una vera confermazione di stato confederale e responsabile come la Svizzera, piuttosto che l’unione regale voluta da una Francia massonica che ne ha fatto un’utile alleata delle proprie mire coloniali contro l’eredità imperiale germanica. Una vecchia storia che si ripete anche oggi e che non ci fa prendere nella giusta considerazione l’estesa immensa territorialità confinante con la Cina comunista della Russia europea cattolico ortodossa per l’avventura di un mantello arlecchinesco di Stati europei con una bandiera di stelle sacrali , in cui si emblematizza il manto della Madonna al dire di un leader, al servizio degli USA, incapaci di distinguere in un processo le deficienze erotiche di un politico da un processo metamorfico globale!

 

CONGEDO

Congediamoci infine con una nota erudita e mediana.

Il Riccoboni nella sua Arte Rappresentativa, ripubblicata in anastatica dal Forni di Bologna, consigliava agli attori, ai comici in questo caso, di apprendere l’arte osservando i politici delle corti. Sarà bene in questo caso che i Politici apprendano l’arte di una politica turbolenta e sacrificale da un attore geniale come il Preziosi.

Non sappiamo quale sia stata la committenza che l’ha voluto fantasma in quel seggio vuoto che tale rimarrà in attesa si spera di un altro attore geniale e PERSONALE della sua forza espressiva.

 

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