11 Ottobre 2024
Esoterismo Il Cervo Bianco Tradizione

1 Giugno 2013 Napoli e la Tradizione Perenne



a cura di Numendor
Sabato 1 giugno, nella storica e prestigiosa cornice del Castel Nuovo (altrimenti noto come Maschio Angioino), in Napoli, ha avuto luogo un incontro-conferenza dal titolo: “La Tradizione perenne – Le vie di accesso al Sacro nell’età contemporanea”. L’evento è stato organizzato  da due delle realtà partenopee più attive nel campo della ricerca spirituale e degli studi ermetici: “La Casa di Mercurio”, e “Il Cervo Bianco – La via interiore della Cavalleria”.
Il Cervo Bianco è un cenacolo di liberi cercatori, i quali, attraverso il mito cavalleresco, si mettono in cammino verso il proprio Sè profondo. I racconti e le leggende cavalleresche, lungi dall’essere semplici fiabe destinate all’intrattenimento, costituiscono difatti un vero e proprio linguaggio iniziatico, una via concreta che attraverso l’utilizzo di simboli universali ed ancestrali, indica all’uomo la direzione da imboccare per comprendere il mistero della propria anima.
Una via, non la via. Noi del Cervo Bianco, consci di essere semplici praticanti del sentiero iniziatico, e non straordinari maestri (sebbene il mondo dell’esoterismo sia pesantemente saturo di tali figure…), siamo convinti che gli antichi Misteri, lo Gnosticismo, la Cabala, l’Alchimia, la Cavalleria, rappresentino tutti la stessa medesima cosa: una Forma attraverso la quale si manifesta la Sapienza Primordiale, che assicura il collegamento tra il piano dell’immanente e quello del trascendente.
Un’antica massima ermetica ci fa da stella polare, e ci ricorda che la Conoscenza non può che nascere dall’esperienza, dalle “cicatrici” maturate sul campo: POST LABOREM SCIENTIA.
La possibilità di trasmutare se stessi non risiede né in un evento salvifico, né in un meccanico salto evolutivo, ma, abbandonati i fantasmi del passato e del futuro, nella capacità di vivere pienamente l’attimo presente, unico depositario dell’Essere, volto occulto di Giano Bifronte.
E’ per questo che, nel corso degli incontri che periodicamente organizziamo nell’ambito della nostra attività, preferiamo evitare astratti discorsi sui massimi sistemi, ponendo invece principalmente l’attenzione sull’aspetto pratico – operativo della ricerca spirituale, incoraggiando a coltivare con piena e assoluta consapevolezza l’Azione Interiore.
Perché compito dell’Uomo non è credere passivamente in una Verità rivelata, ma realizzare quella Verità dentro di sé.
L’evento di Napoli, possiamo dirlo senza falsa modestia, confortati in questo dalle opinioni dei partecipanti e di molti “addetti ai lavori”, è stato un grande successo, sotto molteplici punti di vista.
A nulla quindi sono valsi i tentativi di boicottaggio messi in campo da forze sensibili (l’invasiva e pachidermica burocrazia italica), e sovrasensibili (le bizze tardo primaverili del Divo Giove Pluvio, che ha deciso, bontà sua, di nobilitare l’appuntamento con la propria massiccia presenza…).
Ciononostante, l’Antisala dei Baroni, gremita in ogni ordine di posti, ha accolto un pubblico attento e motivato, che ha ascoltato con viva partecipazione quanto presentato dai relatori, e che con questi ultimi si è intrattenuto in numerosi momenti di dialogo e confronto.
L’iniziale benvenuto  è stato dato da Mario Gallo, editore della rivista de Il Cervo Bianco, che, indossate per l’occasione le vesti di moderatore, con i suoi interventi puntuali e misurat
i ha scandito la successione degli eventi, fungendone magistralmente da collante.
Gallo ha sottolineato la necessità di scovare il sentiero che conduce al disvelamento del segreto più recondito, quello dell’anima dell’uomo, punto di partenza per qualsiasi efficace azione interiore ed esteriore. L’inizio dei lavori è stato da egli infine scandito attraverso la lettura dell’ultima parte dell’ Appello agli aspiranti alla Luce del Kremmerz, che recita: “A tutti insegnerai che la perfezione ermetica è una medicina mirabile che gli Dèi e i Numi dall’Olimpo, sotto spoglie umane, portarono sulla terra tra gli uomini doloranti e feroci, per sanar loro le piaghe cruenti e renderli miti, che Mercurio ne distilla dalle rose fiorenti l’essenza, che Amore la dona ai mortali se Venere raggiante sorride”.
Sotto questi auspici, la prima relazione è stata presentata da Sergio Mannato, presidente de “La casa di Mercurio”, associazione culturale nata allo scopo di fornire all’Uomo mezzi e strumenti di crescita sia sul piano culturale che su quello interiore. La Casa di Mercurio si pone quindi l’obiettivo di essere di ausilio a chi voglia intraprendere un processo di recupero della propria consapevolezza e della propria identità.

Attraverso una sorta di counseling spirituale, La casa di Mercurio si propone di mettere l’individuo in una condizione interiore che favorisca la sua connessione alla propria anima superiore, alla parte più profonda e nobile di se stesso. Perché c’è un aspetto che non dobbiamo mai dimenticare: noi non siamo corpi che hanno un’anima, ma un’anima che ha un corpo.
Il raggiungimento di questa consapevolezza, ci impone però di avere attenzione massima e costante centratura.  Strumenti come meditazione e tecniche di disciplina interiore, sono armi formidabili, ma vanno adoperate con la giusta preparazione e purificazione.
Mannato ha continuato sottolineando quanto sia immenso il potere che si cela in ogni essere umano; potere a cui nulla è precluso. Poiché l’uomo è di fatto artefice del proprio destino; per esserne però pienamente consapevole, egli deve recuperare la propria originaria dimensione cosmica, ripristinando così la sintonia con l’Universo, meccanismo perfetto in cui tutto è determinato da una logica ed in cui ogni cosa ha un significato. Un luogo governato da leggi infallibili, come quelle del Karma e dell’Attrazione.
Infine, La casa di Mercurio ritiene centrale la valorizzazione del potere di trasformazione insito in ogni individuo. Difficoltà e problemi possono essere proficuamente trasformati in insegnamenti ed opportunità di crescita. In quest’ottica, è fondamentale rifuggire dalla paura, che se non controllata, tende a nutrire ed ingigantire i nostri demoni.
Successivamente, Luca Negri, giornalista freelance, è intervenuto sul tema: “Triarticolazione dell’organismo sociale come via meta-politica”. Negri ha esordito con un’amarissima constatazione: la società contemporanea è in rovina; in essa il Sacro costituisce ormai solo un lontano, frammentato ricordo. Gli “immortali principi dell’89”: Libertà, Uguaglianza e Fratellanza sono stati sviliti, traditi, travisati dalla Modernità. La Libertà è stata confusa con l’arbitrio; l’Uguaglianza è sfociata nell’appiattimento, mentre la Fratellanza ha assunto forme retoriche, sentimentali e grottescamente ideologiche.
Tuttavia questi principi conservano la loro dignità e legittimità; essi devono però essere necessariamente declinati in senso maggiormente Tradizionale. Rudolf Steiner sosteneva che l’errore della Modernità è stato quello di pensare che dovesse essere lo Stato a garantirne l’applicazione. La chiave, invece, sta nel comprendere l’opportunità che essi siano applicati in modi diversi da organismi diversi.
La Libertà è da circoscrivere alle attività culturali, intese in senso ampio, ovvero quelle in cui si manifesta lo Spirito dell’uomo. L’Uguaglianza è da associare al soddisfacimento dei diritti elementari: sicurezza, casa, reddito. La Fratellanza, invece, deve riguardare il solo campo dell’economia.
Una società quindi tripartita, in analogia con quella realizzata dai nostri progenitori indoeuropei, la cui validità e legittimità può essere intuita se la si considera come un “organismo sociale”: un vero e proprio essere vivente. Come l’Uomo, essa è caratterizzata dalla tripartizione Testa – Cuore – Apparato riproduttivo/digerente, centri rispettivamente del Pensare – Sentire – Volere.
Luca Negri ha colto anche l’occasione per presentare il suo nuovo libro: “Il ritorno del Guerin Meschino – Appunti per comprendere il Nuovo Medioevo”.
Il personaggio del Guerin Meschino conobbe durante l’Età di Mezzo
una popolarità enorme, e fu il protagonista di molte narrazioni dei trovatori. Per dirla con Evola, incarnò l’anima medievale e il suo “sforzo di conoscere se stessa”. Le sue avventure sono quanto di più fantasioso la cultura medievale occidentale abbia prodotto, ma rappresentano anche uno spunto (un po’ serio, un po’ ironico) per confrontarsi con il pensiero di filosofi, scrittori e storici che hanno letto l’età moderna con uno spirito fortemente critico e in qualche caso decisamente sovversivo rispetto all’opinione dominante. Spaziando dalla filosofia alla religione, dall’economia alla letteratura, Negri propone un’originale riflessione sul razionalismo asfittico della modernità, sull’eredità illuminista, sulle sue derive materialistiche ed egualitaristiche, sulla rinascita di una nuova consapevolezza cristiana.
In seguito, ha preso la parola Alfonso Piscitelli, autore di Rai Radio Uno, che ha relazionato sul tema: “Il ponte tra Scienza della Natura e Scienza dello Spirito”. Piscitelli ha invitato l’uditorio a riflettere sul purtroppo radicato vizio ideologico costituito dal pensare che la Scienza coincida con il materialismo, il quale in verità costituisce solo una delle tante ideologie partorite dal mondo moderno. La Scienza, nella sua purezza, è invece qualcosa di ben diverso dall’ideologia scientista, ed è bene imparare a distinguere tra i due ambiti.
Secondo Piscitelli, la Scienza Naturale, nata in Occidente circa 4/5 secoli or sono, deve essere pienamente e legittimamente ricondotta nel perimetro della Tradizione. Difatti, i grandi maestri della rivoluzione scientifica avevano tutti una comune formazione, certamente umanistica, ma anche Ermetica, Pitagorica, Platonica. D’altra parte le idee poste alla base di detta rivoluzione avevano carattere prettamente metafisico e contrario al senso comune.

Inoltre, le leggi scientifiche sono tali in quanto leggi matematiche. Una matematica non arida, astratta, asettica, ma che esprime con la sua regolarità ed esattezza il fatto che l’Universo è un Cosmos, ovvero un ordine, e non un Caos. Può esservi legge matematica proprio in virtù del fatto che nell’Universo vi è regolarità; condizione quest’ultima che non può non costituire l’impronta di una mente creatrice. Perché, richiamando una massima platonica, la geometria dell’Universo riflette un ordine divino.
Ad aprire la sessione pomeridiana è stato invece Stefano Arcella, saggista e autore de “I Misteri del Sole”, con una relazione sul tema: “Dal pensiero dialettico, al pensiero vivente”. Arcella ha esordito citando Massimo Scaligero, affermando che “Si conosce soltanto ciò che si sperimenta”, così evocando la necessità che lo strumento logico discorsivo sia adoperato per esprimere un ordine di significati che vada oltre il pensiero logico discorsivo stesso. Poichè solo da un percorso esperienziale vivo, vissuto, può originarsi il processo di trasformazione dall’una all’altra qualità di pensiero.
Il tema del pensiero vivente viene sviluppato da Rudolf Steiner a partire da un’affermazione di Goethe, il quale, visitando l’orto botanico di Palermo, intuisce che le varie specie vegetali  non sono altro che manifestazioni sensibili di un archetipo, la cosiddetta forma primordiale. Il padre dell’Antroposofia si pone quindi l’obbiettivo di replicare quest’intuizione, ma attraverso l’applicazione di un metodo rigoroso ed intrinsecamente razionale, che possa essere maneggiato anche da chi sia privo di spiccate sensibilità artistiche. Egli elabora quindi una strategia volta ad applicare il metodo scientifico al campo dell’interiorità umana.
La chiave di volta di questo metodo è costituita dall’osservare il proprio pensiero, proprio mentre si è nell’atto del pensare, poiché il pensare è profondamente diverso dal pensiero stesso. Il pensare è una forza fluente, un’energia che non può essere percepita attraverso i sensi fisici ordinari; il pensiero, invece, è il prodotto del pensare. Un pensare definito, cristallizzato.
In questo senso, la materia non è altro che pensiero pensato. Osservare il proprio pensiero, permette di comprendere il mondo, perché il pensare è una forza sovrasensibile, che ci riunisce al tutto cosmico. Si tratta di una condizione che può essere sperimentata dall’Uomo attraverso le discipline interiori della concentrazione, della meditazione e della contemplazione, le quali, lungi dall’essere pura astrazione, costituiscono invece veri e propri percorsi esperienziali, in perfetto accordo con la citata massima di Scaligero.
Successivamente, Fulvio Saggiomo, esperto di tradizioni orientali e libero cercatore, ha preso la parola sul tema: “Kundalini d’Oriente e d’Occidente”. Saggiomo ha aperto il suo intervento sottolineando la concezione errata, purtroppo ampiamente diffusa, che vede le Tradizioni Orientali come ormai obsolete e sorpassate. Certo, riesumarle tout court costituirebbe forse un errore, ma i loro insegnamenti restano oltremodo validi. Come trascurare poi, le molteplici analogie col pensiero occidentale che in tali dottrine possono essere riscontrate?
L’idea del pensiero come luce autocosciente, che si fa risalire a Goethe  e Steiner, ha un illustre predecessore in quello che può essere forse considerato come il fondatore del metodo scientifico occidentale: Aristotele.
Questi affermava che senza pensiero, non ci sarebbe alcun tipo di sapere, nè di percezione sensibile. Inoltre, in assenza di un soggetto impegnato ad unificare il tutto attraverso il pensiero, l’Universo lascerebbe il posto ad un Poliverso. Secondo Aristotele, pensiero ed oggetto pensato non sono due enti distinti, ma tra essi vi è anzi una completa identificazione: nel momento in cui si pensa ad un oggetto, si diventa quell’oggetto.
Nel X secolo, Utpaladeva, il più grande mistico che l’India abbia mai avuto, giunge alla stessa conclusione: il pensiero in atto costituisce causa efficiente, perché produce tutta la conoscenza. Esso sta alla base di tutte le manifestazioni individuali, ed è una luce autocosciente che bisogna risvegliare interiormente.
In Persia, con la filosofia dell’illuminazione di Sohravardi, avviene inoltre una fusione tra ermetismo, platonismo e mazdeismo.
Sempre in Oriente, nelle opere dello Shivaismo del Kasmir, databili intorno al IX secolo DC, è possibile trovare riscontri circa la dottrina del pensiero che osserva se stesso,  così liberandosi  dalla forma dialettica.
Saggiomo ha concluso il suo intervento citando la Kundalini, la forza cosmogonica che, dopo aver completato il ciclo della creazione, si avvolge per tre spire e mezzo al centro sottile della base, corrispondente alla colonna vertebrale. Tale forza andrebbe risvegliata e fatta risalire verso il capo, così come dettato in Oriente dalla Pratica del Calore Vitale, secondo un’interpretazione che può certamente considerarsi in piena continuità con quella elaborata in Occidente dalla Pratica del Pensiero.
A seguire, è intervenuto il responsabile territoriale per la Puglia dell’Associazione Tradizionale Pietas, con una relazione sul tema: “Metafisica e Tradizione Italica. Una possibile metodica per i tempi attuali”.
La Tradizione autoctona d’Italia, intesa come Tradizione perenne, ha trovato la sua massima espressione sistematica nell’insegnamento di Pitagora, e nella sua riemersione ai primi del ‘900 con la scuola italica di Amedeo Rocco Armentano e di Arturo Reghini.

Secondo una massima di Scaligero: “Non può esistere Tradizione fuori dall’atto dello Spirito che la fa risorgere in sé”. Questo perché se l’Uomo non riaccende operativamente una luce dentro di sè, non riuscirà mai ad attrarre alcuna Tradizione vivente. Si tratta, sostiene Naio, di una posizione che dà una prospettiva pratica molto netta, e che ben si sposa col metodo Pitagorico.
Quella italica non è una scuola legata al Mito, poiché il suo simbolismo è quello dei numeri, il più astratto e puro possibile, ed ha l’impronta operativa tipica di ogni autentico esoterismo.
Alla base della scuola italica vi è un misticismo sensista, ovvero un’ottica misterica dell’operatore, il quale effettua una trasmutazione dentro di sé.  Non si tratta di becero materialismo, ma di una immersione nella corrente pantèa, di una dura palestra spirituale; una necessaria e consapevole immedesimazione nelle cose, in cui i sensi vengono concepiti come porta d’accesso verso il reale. Un’immedesimazione che risulta possibile con l’esperienza e attraverso la contemplazione di quest’ultima, in affinità con la tecnica steineriano-scaligeriana dell’osservazione del pensiero pensante.
Il Pitagorismo presenta numerose tecniche volte all’emersione della genuina personalità umana, conseguita sgrossando quest’ultima dalle numerose incrostazioni che tendono a celarla e ad appesantirla. Tra queste, una delle più importanti è quella dell’Anamnesis, o  del ricordo. Essa consta nella completa revisione della giornata trascorsa, realizzata visualizzando a ritroso il vissuto quotidiano, ponendosi impersonalmente come giudice inflessibile di se stesso, così sciogliendo i legami causali delle proprie azioni e dei propri pensieri.
Al termine dell’intervento, Giuseppe Barbera, presidente dell’Associazione Tradizionale Pietas, ha presentato il suo ultimo libro, dal titolo: “Nascita del Pitagorismo nell’antica Kroton”. Il testo costituisce una solida introduzione al Pitagorismo, ed esamina il fenomeno sociale della pietas crotoniate attraverso i templi e i reperti archeologici dell’antica Kroton. Vi si potranno trovare notizie e fonti storiche su Pitagora, fondatore della scuola matematica magnogreca, così ripercorrendo i momenti storici salienti della città e della comunità pitagorica. Vi si presenteranno il mito dell’eroe e la funz
ione sociale degli dèi, l’idea della donna secondo i pitagorici, la matematica con le sue interpretazioni esoteriche, la concezione dell’anima e della reincarnazione e, nei vari ambiti, le applicazioni e le innovazioni che la Scuola pitagorica è riuscita ad apportare nel pensiero occidentale.
E’ in seguito intervenuto Daniele Laganà, cofondatore de Il Cervo Bianco, il quale ha impostato la sua relazione su di una prospettiva rigorosamente alchemica, elencando inizialmente una selezionata serie di immagini e suggestioni, poiché la scienza ermetica lavora per simboli e figure. Esse vanno meditate, assimilate, interiorizzate: solo in questo modo si può giungere alla Conoscenza, che non è mera acquisizione di nuove nozioni, bensì pieno e cosciente ricordo di Sé.
In particolare, Laganà si è soffermato sul concetto della circolarità del tempo, della vita che rigenera se stessa attraverso la morte, come è possibile apprendere osservando i movimenti ciclici racchiusi nel Gran Libro della Natura, contemplando il quale siamo in grado di specchiarci nella nostra stessa anima.
Durante questo processo però, è indispensabile raggiungere il silenzio interiore, mettendo a tacere il proprio ego, senza mai perdere il filo d’Arianna dell’attenzione e della lucida presenza a se stessi. Solo così l’iniziato potrà entrare in contatto col suo Io interiore, realizzando nel proprio microcosmo lo stesso processo di continua purificazione osservabile macroscopicamente al di fuori di sé. Un processo come detto circolare, ma che in quanto rappresentante dell’evoluzione interiore, può essere più propriamente definito a spirale.
Così, attraverso il pensiero immaginativo e dinamico, egli potrà giungere a percepire in tutta la sua purezza la luce astrale,  materia unica di tutte le cose, quintessenza dell’universo. La sua anima sarà quindi in grado di rientrare coscientemente nel proprio luogo interiore, dove è viva la Tradizione Perenne, in un piano in cui quest’ultima smette di essere semplice acquisizione di un sapere, necessariamente limitato al tempo della sua rivelazione,  e acquisisce dimensione eterna nell’atto stesso del trasmettere. La Tradizione è qui il fluire che permanentemente collega l’umano al divino, il luogo interiore in cui l’immanente incontra il trascendente.
L’incontro si è chiuso con l’intervento di Luca Valentini (cultore di filosofia ed Ermetismo, nonché collaboratore delle riviste Elixir e Vie della Tradizione), che ha relazionato sul tema: “Palingenesi e Opus Magicum: l’ascesi ermetica della trasmutazione”.
Secondo Valentini, la Tradizione, in quanto unità di vie differenti, ha per oggetto l’Uomo. E’ costui il suo fine ultimo, la materia prima sulla quale costruire mediante l’operatività. E’ l’Uomo il centro dell’opera ermetica. Difatti, lo scopo dell’ermetista è quello di conquistare uno stato di pura libertà interiore. Egli non aderisce ad una visione del mondo precostituita, ma la crea da se stesso.
In quest’ottica, la città di Napoli riveste un ruolo di primaria importanza. Fin dai suoi primi anni di vita, che hanno visto la presenza tra le sue mura di una nutrita colonia alessandrina, la città partenopea è stata crocevia di pensatori, influssi, insegnamenti di natura esoterica i quali, attraverso un lavoro di continua evoluzione e sintesi, hanno dato origine nel tempo ad una Sapienza che è possibile ritrovare nel Gruppo di Ur, nato proprio allo scopo di avvicinare il neofita alla scienza ermetica.  
L’uomo moderno, però, non è nella medesima condizione ontologica di coloro che vivevano nel 700 A.C. o finanche ai primi del ‘900. Egli è condizionato dal suo trovarsi in un mondo in piena decadenza. L’uomo della modernità ha perciò la necessità di unire alla scienza dello Spirito tutta la propedeutica ascetica della scuola italica e pitagorica, compiendo così un’opera preliminare di “ricentratura”. Egli deve prima di tutto rendersi conto della reale natura della realtà in cui vive, per non incorrere nel madornale errore di sintonizzarsi sottilmente con un scenario non corrispondente al vero, cosa che gli precluderebbe del tutto un tangibile sviluppo interiore.
Valentini conclude citando Kremmerz, secondo il quale tutto quel che operativamente si compie in campo ermetico, deve essere volto al Bene; poiché l’ermetista deve essere costantemente consapevole che nel mondo c’è anche chi opera in senso inverso. Fondamentale è quindi lo spessore etico e morale di chi si pone sul cammino dell’evoluzione spirituale, perché solo gli uomini virtuosi possono conseguire un alto livello di Conoscenza.
L’incontro ha vissuto un’appendice nella giornata successiva, durante la quale alcuni partecipanti alla conferenza, guidati dai relatori, si sono dedicati all’esplorazione di parte del centro storico di Napoli, dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. L’itinerario, snodatosi attraverso i vicoli dell’antica insula alessandrina, così carichi di testimonianze misteriche, li ha condotti alla celeberrima Cappella Sansevero.
Qui, al cospetto del Cristo Velato, e della
straordinaria opera di Raimondo di Sangro, i relatori si sono prodotti in un appassionante e appassionato confronto circa la natura alchemica, allegorica, ermetica e filosofica del complesso scultoreo presente nello splendido sito partenopeo.
Il bilancio conclusivo del convegno, i cui atti verranno a breve pubblicati, non può quindi che essere ampiamente positivo. Diverse realtà hanno avuto modo di dialogare e confrontarsi, in un clima fecondo,  disteso, e di pieno e reciproco ascolto.
Con l’incontro di Napoli, sono state gettate le basi (e siamo convinti si tratti di solide basi) sulle quali poter costruire rapporti di collaborazione che non temano il mutevole succedersi degli eventi e lo scorrere inesorabile del tempo.
Perché oggi più che mai, coloro che a vario titolo si richiamano alla Tradizione, avvertono la necessità di porre un argine alla decadenza che caratterizza la società contemporanea, facendo fronte comune rispetto alle molteplici ed implacabili sfide lanciate dalla Modernità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *