di Giacinto Reale
Indette le elezioni per il 16 novembre, comizi fascisti si tengono, senza incidenti, ma in un clima di grande tensione, a Milano, in piazza Belgioioso, ed a Monza; il comizio nel capoluogo, in particolare, assume toni molto suggestivi e originali, per la coreografia nuova e di stile “ardito” che l’accompagna.
A decidere per il comizio in piazza, e non al chiuso del teatro Dal Verme, come consigliano i più prudenti, e non solo per questioni meteorologiche, è proprio Mussolini, nel corso di una riunione al Comitato elettorale; egli stesso, accompagnato da Svanoni, fa un giro delle piazze disponibili e sceglie la più affidabile “strategicamente”, piazza Belgioioso, appunto.
A conferma dell’estrema eccitabilità degli animi, alla vigilia, il 7 novembre, si rinnovano in Galleria incidenti e corrono pistolettate tra gruppi di fascisti e sovversivi, che, al termine di un comizio, hanno riproposto l’ormai consueta “marcia” sul centro cittadino, in cerca di ex combattenti e avversari.
La solerte Questura provvede a fermare Vecchi e Marinetti, che sono sempre in prima fila, e ritenuti anche in questo caso, non a torto, i “caporioni” di parte fascista, responsabili dell’accaduto.
Appunto per prevenire nuove provocazioni in occasione del comizio, il Popolo d’Italia del 10 riporta severe disposizioni organizzative, probabilmente stilate proprio da Mussolini: “All’ora stabilita, i fascisti, gli Arditi, gli smobilitati, i volontari di guerra, i combattenti, i futuristi, gli studenti futuristi si troveranno alle loro sedi, per recarsi al luogo del comizio. Il comizio si terrà anche in caso di pioggia. Durante il comizio, gli aderenti al blocco fascista sono impegnati al più profondo silenzio, per individuare ed isolare immediatamente gli eventuali disturbatori e per udire gli ordini e vedere i segnali. Nel caso di conflitti, il pubblico deve filare rapidamente per via Morone, verso via Manzoni. Il comizio, come tutte le manifestazioni fasciste e dell’arditismo, sarà sbrigativo. Terminato il comizio, al grido di “eja, eja, alalà”, la massa fascista sfilerà compattamente per via Morone, via Manzoni, piazza della Scala via Silvio Pellico e si scioglierà, senza dar luogo ad incidenti, davanti alla sede del Comitato elettorale fascista. Altre misure minuziose, che non possiamo rendere di pubblica ragione, sono state prese perché il comizio fascista riesca, come riuscirà, indisturbato e solenne.”
Contemporaneamente, viene organizzato il concentramento in Milano di squadre di Arditi e fascisti, provenienti anche da fuori città. Sono piccoli gruppi, ma molto “decisi”; arriva da Cremona anche Roberto Farinacci, che porta con sé “quattro pellacce, forse poco fascisti, ma capaci di tutto”. Per i suoi uomini egli chiederà, a fine giornata, un rimborso extra rispetto alle 30 lire accordate agli altri; per questo litigherà con Mecheri e la spunterà solo per il personale intervento di Mussolini. In piazza, alla sera, mischiati alla folla, si ritrovano anche almeno un centinaio di Arditi in uniforme, armati ed inquadrati che, guidati da Mazzuccato, presidiano gli ingressi e le vie di accesso, per evitare brutte sorprese.
La manifestazione inizia, dunque, con l’esplosione di un razzo bianco da segnalazione, sparato da Mecheri con una pistola Very, e i vari oratori, tra i quali i soliti Vecchi, Marinetti e Mussolini, parlano alla folla da sopra un camion posto a ridosso della casa manzoniana. Viene concessa la parola anche ad un contraddittore, un giovane operaio socialista iscritto alla Camera del lavoro, il cui intervento è seguito dall’uditorio in maniera sostanzialmente tranquilla; al termine del comizio, i partecipanti improvvisano un piccolo corteo nelle vie del centro, alla suggestiva luce delle fiaccole a vento rette dagli Arditi, e poi si sciolgono ordinatamente.
Il giorno dopo, Mussolini parla a Monza, senza che anche qui abbia a lamentarsi alcun incidente; viene così fissato per il 13 un comizio a Lodi: nella cittadina il clima è particolarmente teso, per avere i socialisti impedito già una prima manifestazione fascista. E’ questo il motivo per cui da Milano partono, in treno, una cinquantina di fascisti, molti dei quali non milanesi, ma presenti in città come già detto per dare manforte ai camerati del capoluogo, come l’avv. Ferrari ed il Magg. Bianchi, oratori designati in sostituzione di Mussolini, che all’ultimo momento ha dato forfait. (segue)
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