8 Ottobre 2024
Rievocazioni

1923: il primo anno del governo Mussolini

COME L’ITALIA CAMBIÒ IN UN ANNO SOLTANTO

 

OTTOBRE-DICEMBRE 1922:

UN TRIMESTRE DI GRANDI MUTAMENTI

Gli ultimi mesi del 1922 erano un periodo di grandi trasformazioni internazionali. Terminata la guerra in Asia Minore – una drammatica appendice della Prima guerra mondiale – la Turchia archiviava il sultanato/califfato islamico e si affidava all’uomo forte laico-nazionalista Kemal Atatürk (5 novembre). Altre conseguenze del conflitto anatolico si registravano in Grecia, dove un Comitato Rivoluzionario nazionalista – ma repubblicaneggiante e di sinistra – attuava un colpo-di-Stato, costringeva Re Costantino I ad abdicare in favore del figlio Giorgio II, e propiziava la nascita di un governo militarista guidato dal colonnello Stylianòs Gonatàs (24 novembre). E infine, nell’estremo oriente europeo, dall’unione delle repubbliche socialiste di Russia, Bielorussia, Ukraina e Transcaucasia, nasceva l’URSS, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (30 dicembre).

In Italia, l’ultimo scorcio del ’22 vedeva il trionfo della rivoluzione incruenta dell’ex-socialista Benito Mussolini e l’avvento al potere di una nuova formazione politica, il Partito Nazionale Fascista. Tuttavia, non era ancòra un “regime” quello che prendeva le mosse dalla marcia su Roma del 28 ottobre, quanto piuttosto un governo di coalizione: ne facevano parte, oltre ai fascisti, esponenti democratico-sociali, popolari, liberali, nazionalisti e indipendenti. Il primo governo Mussolini riceveva la fiducia della Camera il 16 novembre, con i “si” – fra gli altri – di Giovanni Giolitti e di Alcide De Gasperi.

 

SUBITO IN PRIMA LINEA

Appena quattro giorni dopo aver ottenuto la fiducia del parlamento, Benito Mussolini – che aveva tenuto per sé il portafoglio degli Esteri – si trovava ad affrontare un primo e complesso impegno ai massimi livelli della politica internazionale: il 20 novembre si apriva la conferenza di Losanna, con il gravoso compito non soltanto di codificare una problematica pace fra Grecia e Turchia, ma anche di disegnare i nuovi equilibri nella vasta area egea e mediorientale. E il nuovo Primo Ministro italiano si trovava immediatamente a dover fronteggiare l’arroganza diplomatica della “amica” Inghilterra: questa avrebbe voluto espellere l’Italia dal Dodecanneso, l’arcipelago egeo che avevamo conquistato con la guerra di Libia nel 1912.

Ministro Finanze

Mentre i lavori della conferenza proseguivano fra alti e bassi (si protrarranno per ben otto mesi), il Duce si impegnava soprattutto sul fronte interno. Il 24 novembre il parlamento votava poteri eccezionali al governo per la riforma della Pubblica Amministrazione e del sistema impositivo. Grazie a questi poteri eccezionali il ministro delle Finanze, Alberto De Stefani, perverrà in breve tempo (giugno 1925) al pareggio di bilancio: attraverso una politica di rigore che colpiva solamente gli sprechi e non la spesa pubblica produttiva, e senza aumentare la disoccupazione (ridottasi anzi da 600.000 a 100.000 unità).

Parallelamente – su input di Gabriele D’Annunzio – si lavorava ad una ipotesi d’accordo fra il governo e i sindacati; accordo che poi non verrà raggiunto a causa dell’opposizione delle ali estreme dei due fronti.

 

IL FRONTE INTERNO

Ciò, naturalmente, non impediva a Mussolini di promuovere una legislazione di carattere accentuatamente sociale, di cui era la prima espressione – il 26 aprile 1923 – una legge che, per la prima volta, prevedeva speciali tutele sul lavoro di donne e minori (Regio Decreto Legge n. 653).

Giovanni GentileIl 6 maggio era varata la riforma del sistema scolastico. Si trattava di una riforma di altissimo profilo, dovuta al filosofo siciliano Giovanni Gentile che nel 1° governo Mussolini ricopriva l’incarico di ministro della Pubblica Istruzione.

Il 21 luglio, a larga maggioranza, la Camera approvava la cosiddetta legge Acerbo, che introduceva un fortissimo premio elettorale (2/3 dei seggi) per il partito che avesse ottenuto una maggioranza relativa anche soltanto del 25%. Ma il partito fascista non avrà bisogno di meccanismi premiali, perché alle elezioni dell’anno successivo il “listone” mussoliniano otterrà un’assai ampia maggioranza assoluta (il 60,1%).

 

LA POLITICA DIPLOMATICA

Parallelamente ai primi “segnali” diretti al fronte interno, Mussolini ne lanciava altri – ed altrettanto netti – ai nostri cosiddetti “alleati” della Prima guerra mondiale. Stati Uniti, Inghilterra e Francia sembravano fermamente intenzionati a privare l’Italia di ogni diritto acquisito con la partecipazione vittoriosa alla guerra del 1914-18, alimentando le gelosie dei nostri confinanti, quando non anche finanziando improvvisati eserciti “rivoluzionari” che ci sparavano alle spalle. E, soprattutto, ci si voleva privare di quanto da noi ottenuto con un’altra guerra, quella contro l’Impero Ottomano del 1911-12: cioè della Libia e dell’arcipelago egeo del Dodecanneso.

Il primo segnale in questa direzione del nuovo governo italiano era inequivocabile: il 22 marzo Mussolini dava il via alla “riconquista della Libia”, inviando nella nostra colonia adeguate forze militari, che nel giro di venti mesi verranno a capo della rivolta delle tribù (filoinglesi) della Cirenaica.

Ma il vero braccio di ferro riguardava il Dodecanneso, che Londra pretendeva dover essere assegnato alla Grecia: cosa che, peraltro, la Turchia kemalista non era minimamente disposta ad accettare. Alla fine l’avevamo vinta noi, e il 24 luglio il trattato di pace di Losanna sanciva, fra le altre cose, anche il pieno e definitivo possesso italiano del Dodecanneso. Era il primo successo diplomatico del giovane Mussolini e, in termini speculari, una secca sconfitta per la politica inglese nell’area egeo-anatolica.

Un mese dopo nella regione di Giannina, al confine fra Grecia e Albania, il comandante italiano di una missione della Società delle Nazioni – il generale Enrico Tellini – era trucidato insieme al suo staff da ignoti banditi. In Italia (e non soltanto in Italia) si riteneva che l’eccidio fosse stato organizzato dai servizi segreti greci – notamente infiltrati dagli inglesi – come ritorsione per la conferma del possesso italiano del Dodecanneso. Mussolini reagiva duramente, e ordinava – per rappresaglia – l’occupazione dell’isola epirota di Corfù, malgrado l’Inghilterra mobilitasse la flotta mediterranea in appoggio ai figliocci ellenici. Le forze italiane lasceranno Corfù un mese dopo, non prima che il governo ellenico avesse formulato pubbliche e solenni scuse alla nazione italiana.

Pochi giorni prima, il governo Mussolini aveva compiuto un altro passo assai energico: aveva mandato le truppe del generale Giardino ad occupare Fiume, l’italianissima città del Quarnaro che il Presidente americano Wilson non aveva permesso fosse ricongiunta alla madrepatria. Anche in questo caso, dopo le proteste di rito, la comunità internazionale aveva preso atto che la nuova diplomazia italiana non era più disposta a subire le prepotenze altrui, e l’annessione di Fiume all’Italia non aveva trovato ostacoli.

Ultima clamorosa iniziativa diplomatica, infine, era – il 30 novembre – l’annunzio che l’Italia si apprestava a “riconoscere” l’Unione Sovietica: Mussolini ne dava comunicazione in parlamento, lasciando di stucco quanti ritenevano che la nuova politica estera italiana sarebbe stata condizionata da pregiudizi di natura ideologica.

 

LA POLITICA SOCIALE

Ma era soprattutto nel campo sociale che il procedere del nuovo governo sembrava voler scardinare ogni schematismo ideologico. La politica di risanamento di De Stefani procedeva in un solco liberale, quindi “di destra”. E tale connotazione era sottolineata dalla revoca di tanta normativa demagogica che, soprattutto all’indomani della guerra, era stata promulgata per rabbonire l’agitazione di socialisti e popolari. Significativa, in particolare, era l’abolizione della tassa di successione (R.D.L. n.1802). Vecchio pallino della legislazione piemontese, l’imposizione successoria era diventata un cavallo di battaglia della sinistra italiana, che la concepiva come una sorta di punizione nei confronti dei patrimoni delle famiglie. Il governo Mussolini, viceversa, era favorevole alla formazione di solidi patrimoni familiari.

Contemporaneamente, però, la nuova compagine varava una normativa sociale che – con i parametri del tempo – ben si sarebbe potuta definire “di sinistra”: ho già ricordato il decreto che prevedeva tutele sul lavoro di donne e minori (26 aprile). Seguiva – il 10 settembre – altro provvedimento “storico”, quello che introduceva la giornata lavorativa di otto ore (R.D.L. n. 1955).

Il 30 dicembre, infine, altri tre significativi provvedimenti di legge: Assistenza ospedaliera per i poveri (R.D.L. n. 2841), Assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione (R.D.L. n. 3158), Assicurazione obbligatoria contro invalidità e vecchiaia (R.D.L. n. 3184). Erano i primi passi di quello “Stato sociale” che, con molti successivi miglioramenti, sarebbe durato in Italia fino a circa vent’anni fa: fino alla imposizione della “globalizzazione economica” da parte degli Stati Uniti d’America e fino alla nascita dell’Unione Europea.

 

Rievocazioni di Michele Rallo

2 Comments

  • Accad 2 Novembre 2014

    Personalmente lascerei i commenti ai vari Renzusconi, Monti, Napolitano, Letta, Grillo e associati.

  • Accad 2 Novembre 2014

    Personalmente lascerei i commenti ai vari Renzusconi, Monti, Napolitano, Letta, Grillo e associati.

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