di Francesco G. Manetti
La storia che andiamo a raccontarvi, basata esclusivamente su documenti reali e originali (dei quali qui pubblichiamo un importante florilegio, in versione integrale, essendoci limitati a coprire i nomi delle persone e di alcuni luoghi sensibili in causa), ha per protagonista un maestro elementare della sterminata provincia toscana. Il nostro racconto comincia il 14 settembre del 1944 a Siena. Questa è infatti la data impressa su una scheda d’archivio in cartoncino prestampata in inglese e riempita a macchina in italiano. (vedi documento n. 1)
Si tratta di un documento redatto per l’A.M.G.O.T. (Allied Military Government of Occupied Territories): la città del Palio e delle Contrade – rinomata nel mondo da secoli per l’arte e la cultura, per il paesaggio e i monumenti – era caduta il 3 luglio 1944. Subito dopo erano iniziate anche nel senese, come già avveniva da mesi e mesi nel resto d’Italia, le epurazioni contro i fascisti, che avevano “fondamento legale” nel Regio Decreto-Legge del 28 dicembre 1943, n. 29/B, sulla “Defascistizzazione delle Amministrazioni dello Stato, degli Enti locali e parastatali, degli Enti comunque sottoposti a vigilanza o tutela dello Stato e delle aziende private esercenti servizi pubblici o di interesse nazionale”. L’Articolo 1 del R.D.L. iniziava così:
“Gli appartenenti alle amministrazioni civili e militari dello Stato, degli enti locali, degli enti parastatali, comunque costituiti o denominati, delle associazioni sindacali ed enti collaterali, e, in genere, degli enti ed istituti di diritto pubblico, anche con ordinamento autonomo, sottoposti a vigilanza o a tutela dello Stato e gli appartenenti alle aziende dipendenti da dette amministrazioni e da detti enti o ad aziende private esercenti servizi di pubblico interesse che, avendo militato nel partito fascista, abbiano avuto qualifica di squadrista, marcia su Roma, gerarca o sciarpa littorio saranno sottoposti al giudizio ed alle sanzioni di cui al presente decreto.”
L’Alto Commissariato per l’Epurazione Nazionale del Fascismo, previsto dal R.D.L., iniziò le sue attività nell’aprile del 1944; successivamente il Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 159 del 27 luglio 1944 istituì l’Alto Commissariato per le Sanzioni contro il Fascismo, rafforzando la legislazione preesistente in materia. Importante, per la nostra storia, è anche il Decreto Legislativo Luogotenenziale del 9 novembre 1945, n. 702 (“Epurazione delle pubbliche Amministrazioni, revisione degli albi delle professioni, arti e mestieri ed epurazione delle aziende private”), che, al 1° articolo, recita:
“Sono dispensati dal servizio i dipendenti delle pubbliche Amministrazioni, a qualunque categoria o gruppo appartengano, aventi grado superiore all’8° o parificata della classificazione statale, anche se inamovibili, i quali per l’attività politica svolta come fascisti o per le manifestazioni di carattere fascista compiute in ufficio o fuori di ufficio o per aver dato prova di faziosità fascista o perché nominati all’impiego per soli titoli fascisti, si trovino in condizione di incompatibilità con la permanenza in servizio.”
Nella nostra scheda A.M.G.O.T. un “direttore didattico incaricato”, un maestro delle Scuole Elementari che d’ora in poi indicheremo con il nome di fantasia di “Riccardo Amerighi”, sotto la voce “Fascist record” viene bollato come “Antemarcia, iscritto al P.F.R. e membro del direttorio repubblicano”; l’insegnante viene in via cautelativa “sospeso da qualsiasi attività scolastica” dal Regio Provveditore agli Studi.
Il 15 marzo 1945 una collega del maestro “Amerighi” viene interrogata da una commissione istruttoria sulla sua adesione al fascismo repubblicano; la signora risponde che i motivi che la indussero a presentare domanda d’iscrizione al P.F.R. furono tre: in primo luogo un discorso del Prof. Giorgio Alberto Chiurco (uno dei massimi esponenti del Fascismo nella provincia Siena fin dal 1920, autore nel 1929 di una fondamentale Storia della Rivoluzione Fascista, Prefetto della città durante il periodo della R.S.I., eminente medico chirurgo di rilevanza internazionale e pioniere della ricerca sul cancro nel Dopoguerra) sulla necessità di ricostruire il Fascio Femminile (pena la sospensione dal lavoro); in secondo luogo le circolari del Provveditore e soprattutto quelle del dirigente scolastico “Riccardo Amerighi” sulla “necessità di costituire un gruppo femminile fascista” (pena il licenziamento); e, terzo motivo, l’opera di proselitismo per il P.F.R. da parte dello stesso “Amerighi”, nuovamente sotto minaccia di perdita del posto. La donna conclude così la sua deposizione:
“Presentando la domanda di adesione ho agito in buona fede senza la convinzione di fare opera di collaborazione; inoltre nel marzo 1944, quando mi avvidi che il partito fascista repubblicano non valeva nulla presentai domanda di dimissioni.” (vedi documento n. 2)
Mesi dopo la guerra era ormai finita e il 21 settembre 1945 la Direzione Didattica Governativa di Siena, Terzo Circolo, rispondendo a una nota inviata il 15 dello stesso mese dal Provveditore nove giorni prima, comunica che l’insegnante “Riccardo Amerighi” non è ancora “ritornato in sede”. (vedi documento n. 3)
Dov’era finito? In un paese della provincia di Varese, dove, il 15 ottobre 1945, firma la sua “Scheda personale – formulata dall’Alto Commissariato Aggiunto per l’Epurazione”, compilata da un impiegato del Provveditorato. “Riccardo Amerighi” comincia a temere per il suo posto, per la sua famiglia – forse per la propria stessa libertà – e comincia a smarcarsi dal suo passato di fascista della prim’ora. Nella scheda dichiara di essersi iscritto al P.N.F. il 25 agosto 1921 (dunque ancora al tempo dei Fasci di Combattimento), di essere Fascista Antemarcia, ma non Sansepolcrista, di non essere stato Squadrista, di non aver partecipato alla Marcia su Roma e di non essere stato Sciarpa del Littorio; una sfilza impressionante di “no” ci fa capire che “Riccardo Amerighi” non aveva avuto alti incarichi nel Fascismo; era stato però Segretario e Presidente nel suo paese d’origine del senese per l’Opera Nazionale Balilla; appartenne alla M.V.S.N., ruolo O.N.B., dal 23 marzo 1928 al 25 luglio 1943, ma non in servizio effettivo, con il grado di Centurione e con l’incarico di Comandante nei Reparti Balilla; dal 29 ottobre 1943 all’8 settembre 1943 dichiara di essere sempre e soltanto stato “insegnante nella provincia di Siena”; nei sindacati fascisti fu “fiduciario della scuola”; in abito militare dichiara di avere il grado di Capitano di Complemento di Artiglieria; ammette di aver aderito al P.F.R., precisando però di non aver “ritirato la tessera del 1944” e di essersi “appartato per essere considerato dimissionario dal partito”; dichiara infine di essersi trasferito “volontariamente” al nord. (vedi documenti nn. 4abcd)
Dalla scheda risulta dunque un “Riccardo Amerighi” fascista d’antiche origini, ma quasi riluttante, “da tempo libero”, impegnato sì, ma non troppo, forse addirittura pentito… Una nota informativa dell’Ufficio di Polizia della Direzione Provinciale di Siena dell’Alto Commissariato per le Sanzioni contro il Fascismo, datata 9 novembre 1945, offre però una versione leggermente diversa delle attività politiche di “Riccardo Amerighi”:
“Da informazioni assunte risulta proveniente (a Siena) (…) il 25/10/1939, e dal tempo che dimorò in questa città tenne regolare condotta morale e civile, senza precedenti penali a suo carico. Politicamente fu iscritto al disciolto p.n.f., si sconosce però la data di iscrizione, dimostrandosi fascista accanito e convinto. Fu fiduciario dei Sindacati fascisti insegnanti di questa città. Nel periodo repubblichino si iscrisse a quel partito ed ebbe l’incarico dai suoi dirigenti di fare propaganda presso gli altri insegnanti affinché si iscrivessero pure essi, tanto è vero che nel giugno 1944, e cioè qualche giorno prima della liberazione di Siena da parte delle Truppe Alleate egli si allontanò da questa città dirigendosi al nord. Dopo la liberazione del nord (…) non fece ritorno a Siena ma dicesi che nel settembre 1945 si trasferì a Roma ove tuttora trovasi.” (vedi documento n. 5)
Il profilo fascista di “Riccardo Amerighi” e il suo peregrinare per l’Italia (Toscana, Lombardia, Lazio) dopo il giugno 1944 viene confermato anche in una nota del Comune di Siena del 25 gennaio 1946, firmata dal sindaco e diretta al Delegato Provinciale di Siena dell’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione delle Amministrazioni:
“da informazioni assunte sull’insegnante elementare (…) resulterebbe quanto segue: Iscritto al p.n.f. e al p.f.r.; ha ricoperto la carica di fiduciario dell’associazione fascista della scuola, prima e dopo l’8 settembre 1943. fascista convinto ed attivo, svolse propaganda fra le insegnanti elementari, specialmente tra quelle delle scuole rurali. Riparò al nord pochi giorni prima della liberazione di questa Città.” (vedi documento n. 6)
Par proprio di vederlo, questo “fascista convinto ed attivo” assillare con la politica soprattutto le maestre più sempliciotte e ingenue, quelle di campagna; e poi, da gran codardo, scappare via dal suo posto alle prime avvisaglie di pericolo. Fu veramente questo, “Amerighi”? Ne dubitiamo.
Una nuova nota informativa (curiosamente battuta a macchina sul retro di una “Carta Annonaria Individuale per generi alimentari vari”) viene inviata all’Alto Commissario il 28 gennaio 1946 dalla Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di Firenze, Compagnia Interna di Siena. Secondo l’Arma il maestro “Amerighi”:
“non ha precedenti né pendenze penali. Vuolsi che quale direttore delle scuole rurali abbia indotto quasi tutte le insegnanti ad iscriversi al partito fascista repubblicano ed abbia fatto della apologia fascista in ispecial modo durante il periodo del pseudo governo repubblicano. Era inscritto al p.f.r. non sono note a questo comando denuncie di cui al D.L. 27/7/1944 n. 159.” (vedi documento n. 7)
Il Comitato di Liberazione Nazionale di Siena si esprime il 1° febbraio 1946, confermando che il maestro “risulta essere fascista convinto, fervente ed attivo”, anche se nulla era dato a loro sapere della sua “attività politica dei primi tempi del fascismo”, essendosi trasferito in città solo nel 1939. Però:
“Durante il periodo repubblichino ha ricoperto la carica di Segretario dei Sindacati fascisti della Scuola ed ha espletata una attivissima propaganda fascista nelle Scuole esaltando il ricostituito fascio repubblichino e incitando ed impressionando gli insegnanti ad iscriversi al p.f.r. . Vuolsi che non pochi di essi, soprattutto della Provincia, intimoriti dalla sua presenza nel Sindacato di quel periodo, abbiano finito coll’iscriversi al p.f.r. . Non risultano a questo C.P.L.N. atti di faziosità dallo stesso compiuti. Presso di noi non vi sono denunce a suo carico. Risulta, però, regolarmente iscritto al p.f.r. dagli elementi in possesso a questo Comitato Prov. di Liberazione Nazionale e ci consta che il medesimo, prima dell’arrivo degli Alleati nella n/ Città, ripiegò al Nord da dove non ha fatto più ritorno”. (vedi documento n. 8)
Fascista vero ma non fazioso, e non si sa per quale motivo “ripiegò” al Nord… Il 5 febbraio 1946 entra in ballo anche il più piccolo Comitato di Liberazione Nazionale del paese senese d’origine di “Amerighi”; con una breve nota firmata dal Presidente e inviata alla Delegazione Provinciale di Siena per le Sanzioni contro il Fascismo il C.N.L. dichiara che:
“Del Maestro in oggetto non resultano denunce specifiche a suo carico, pur essendo stato un apologista del regime fascista”. (vedi documento n. 9)
Quattro giorni dopo, il 9 febbraio 1946, è il Maresciallo Comandante della Stazione dei Carabinieri di quello stesso paese a scrivere all’Alto Commissario:
“La persona indicata in oggetto emigrò per Siena il 25/10/1939. Qui era conosciuto come fascista fazioso però non vi sono a suo carico denunzie specifiche e non si hanno elementi di giudizio per poter dire se sia stato o meno iscritto al fascio repubblicano o se abbia dato collaborazione ai nazi-fascisti.” (vedi documento n. 10)
Con tutti questi elementi in mano, che provano (con un tiramolla sulla “faziosità” dell’inquisito) una consolidata e ultradecennale appartenenza di “Riccardo Amerighi” al Fascismo, alla Milizia, ai sindacati fascisti, etc. (oltre alla sua attiva adesione al Partito Fascista Repubblicano) l’Alto Commissario per le sanzioni contro il Fascismo – Alto Commissario aggiunto per l’epurazione delle Amministrazioni – Delegazione per la Provincia di Siena emette una “sentenza di condanna” il 20 marzo 1946:
“La Delegazione Provinciale di Siena per l’Epurazione (…) chiede che la Commissione Ministeriale dell’Epurazione degli insegnanti degli Istituti delle scuole elementari concluda per la dispensa dal servizio”. (vedi documento n. 11)
Il maestro rischia dunque di essere estromesso dalle scuole italiane e di non poter più insegnare.
Il 26 marzo 1946 la Sottocommissione Ministeriale per l’Epurazione del Personale delle Scuole Elementari della Provincia di Siena scrive due raccomandate, praticamente identiche, aventi per oggetto il “caso” del docente senese. Una è indirizzata al Direttore Didattico del paese natale di “Amerighi” (e, per conoscenza, al Regio Provveditore agli Studi di Siena); l’altra è spedita al maestro stesso, che la riceve – tramite sua moglie, ugualmente insegnante – il 1° aprile:
“Dalla Delegazione Provinciale per l’epurazione la S.V. è stata denunciata a questa Sottocommissione per il giudizio di epurazione ai sensi dell’art. 2 del D.L.L. 7 (sic) novembre 1945 n° 702, per essersi iscritto al p.f.r. ed essersi trasferito volontariamente al nord pochi giorni prima della liberazione di Siena, nonché per essere stato fiduciario dell’associazione fascista della scuola anche dopo l’8 settembre 1943 ed aver svolto propaganda fra gli insegnanti come fascista convinto ed attivo. Perciò la invito a presentare le sue deduzioni entro il termine di giorni dieci dalla comunicazione della presente, nella Segreteria di questa Sottocommissione, presso il R. Provveditorato agli Studi di Siena.” (vedi documento n. 12)
Al maestro veniva graziosamente concesso di poter visionare presso la Segreteria il suo fascicolo; lui delegò a farlo sua moglie, lo stesso giorno in cui ricevette la raccomandata.
Il 10 aprile 1946, allo scadere della decina di giorni concessi, “Riccardo Amerighi” depositò alla Segreteria della Sottocommissione Ministeriale a Siena la sua lunga nota difensiva (ben 12 pagine di fogli protocollo battute a macchina), chiedendo di essere dichiarato “esente dal procedimento di epurazione”. Leggendo queste deduzioni emerge del maestro “fascista convinto e attivo”, del propagandista fazioso e insistente del fascio repubblicano presso – e soprattutto – le maestrine della campagna senese, un profilo completamente diverso.
“Riccardo Amerighi” si sarebbe iscritto al P.F.R. perché minacciato dal capo della segreteria politica di essere deferito al Tribunale Straordinario e di essere deportato in Germania al lavoro obbligatorio; il maestro non avrebbe mai parteggiato seriamente per l’ideologia fascista, né prima, né dopo l’8 settembre; si sarebbe trasferito nel varesotto (dove abitava una sua parente) non per sfuggire a vendette o a punizioni (visti i suoi trascorsi fascisti), ma per curare e salvare sua moglie gravemente ammalata di nervi dalla tragedia della guerra; nella provincia di Varese avrebbe intrattenuto ottimi rapporti con tutti, senza mai fare propaganda fascista, ma addirittura opponendosi al Fascismo, arrivando finanche ad aiutare i partigiani “nella lotta che essi conducevano”. Emergerebbe un fascista solo di facciata, dunque, o per dovere e disciplina (nei sindacati della scuola) o per costrizione (da parte di alti dirigenti); nell’animo sarebbe stato invece da sempre un vero antifascista che, come una farfalla uscita dal bozzolo, avrebbe dispiegato le ali nel 1944/46, venticinque anni dopo il suo ingresso nei Fasci di Combattimento. (vedi documenti nn. 13abc)
Quello che “Riccardo Amerighi” scrisse nella sua difesa con grande proprietà di linguaggio, con trasporto – in certi punti con veemente lirismo – dimostrando riguardo al suo caso specifico un’ottima conoscenza della materia giuridica, legislativa e giurisprudenziale, corrisponde, tutto o in parte, al vero? Un fascista antemarcia, che per decenni aveva avuto ruoli di un certo rilievo (seppur locale) nella M.V.S.N. e nel sindacato fascista della scuola, poteva addirittura, come sostiene in un passaggio, “contribuire ad aiutare” i partigiani della provincia di Varese? Tutta la verità, solo la verità, nient’altro che la verità… o non si tratta piuttosto della vicenda di un uomo che, ormai piegato e sconfitto, fece buon viso a cattivo gioco – come altri milioni di italiani – per salvare stipendio, casa e famiglia?
A supporto e corredo documentale della sua nota difensiva “Riccardo Amerighi” raccoglie e raduna numerose testimonianze scritte a suo favore, redatte fra il luglio del 1945 e l’aprile 1946 (evidentemente si era attivato in larghissimo anticipo, molti mesi prima dell’arrivo della “sentenza” della Sottocommissione, ben conoscendo che i suoi innegabili trascorsi fascisti, dopo il 25 aprile, erano ormai incompatibili con la sua posizione nella scuola pubblica).
Il Sindaco del comune della provincia di Varese che aveva ospitato il transfuga dal senese così si esprime il 7 luglio 1945:
“il profugo (…) unitamente alla moglie (…), residenti in questo comune dal settembre 1944 devono ritornare nel loro comune di origine (Siena) per riprendere servizio in quelle scuole elementari. Durante la permanenza in questo comune nulla risulta sul suo conto.”
Il 12 settembre 1945 è il C.N.L. di quel piccolo comune del nord Italia a esprimersi, in una nota indirizzata al comitato confratello di Siena. Si afferma che “Riccardo Amerighi” e sua moglie ormai da un anno risiedono da quelle parti e che si sono dedicati unicamente all’attività didattica, non risultando nulla a loro carico. (vedi documenti nn. 14ab)
In molte delle testimonianze firmate “in fede” da privati cittadini e insegnanti si dichiara (allineandosi in maniera pressoché identica, nelle espressioni e nelle parole, nonostante siano state scritte nei posti più diversi, a Roma, a Firenze, a Siena e provincia, etc.) che il maestro si iscrisse al P.F.R. e continuò dopo l’8 settembre il suo incarico di fiduciario della scuola solo perché minacciato dalla Federazione di essere messo sotto processo e deportato in Germania al lavoro coatto. Un gruppo di maestre dichiarano (ribaltando l’accusa mossa l’anno precedente dalla loro collega) che “Riccardo Amerighi” non fece mai presso di loro attività di proselitismo fascista; un altro insegnante dice, scrivendo da Pescara, che il maestro lo raccomandò presso il Prof. Chiurco affinché gli fosse evitato l’arruolamento forzato nell’esercito repubblicano; altri dichiararono che, pur avendo ricevuto una circolare da “Amerighi” in merito all’iscrizione all’associazione fascista della scuola e avendovi rifiutato, non furono sottoposti né a punizioni, né a pressioni o raggiri di sorta per far cambiare loro idea. (vedi documenti nn. 15ab)
Fra le testimonianze a suo discarico “Amerighi” ne presenta anche una molto significativa, paradigmatica dello “spirito del tempo”, una lettera firmata da un terzetto di “partigiani” del varesotto, e controfirmata dal Sindaco del paesino del nord dove il senese si era trasferito. Ecco quanto asserirono i tre il 15 febbraio 1946:
“I sottoscritti che hanno partecipato alla lotta di liberazione nazionale in provincia di Varese, dichiarano di essere stati per un anno (e precisamente dal settembre 1944 al settembre 1945) a contatto con il maestro (…) e la di lui famiglia, profughi da Siena ed abitante, durante tale periodo, nello stesso stabile da noi abitato. Durante la sua permanenza (…) mai avemmo a dubitare di lui nei nostri riguardi. Egli era al corrente della nostra posizione, sia politica che militare (disertore… e sbandato…), posizione che mai menomò, né con atti né con parole, dimostrando di non essere in nessun modo nostro avversario politico, non solo, ma incitandoci a continuare nella nostra condotta. Egli si occupò solo della famiglia e della scuola, auspicando il momento di poter rientrare nella sua sede.” (vedi documento n. 16)
Lo stabile nel quale si era rifugiato il maestro pullulava letteralmente di partigiani, che lui appoggiava, proteggeva col suo silenzio e addirittura “incitava” a continuare nelle loro azioni, forse non pensando che questo “incitamento” poteva portar loro a essere catturati o eliminati in azioni controbanda.
Fra le altre testimonianze a favore troviamo una nuova nota, datata 1° marzo 1946, del C.N.L. del paese d’origine di “Riccardo Amerighi” che – come abbiamo visto – appena tre settimane prima aveva parlato per lo stesso soggetto di “apologia del fascismo”. Adesso, invece, il maestro non è più “fazioso”; dunque quello stesso C.N.L. corregge il tiro e
“dichiara che a carico del maestro elementare (…) non resultano manifestazioni specifiche di faziosità fascista.” (vedi documento n. 17)
A sostegno della tesi riportata da “Riccardo Amerighi” nelle sue deduzioni difensive riguardo all’allontanamento dal senese per ragioni attinenti allo stato di salute nervosa di sua moglie, che sarebbe peggiorato con l’avvicinarsi dei combattimenti in Toscana, abbiamo due testimonianze importanti.
La prima, datata 28 febbraio 1946, è scritta da un ragioniere, che dichiara:
“nella prima decade di giugno 1944 (mi pare la mattina del giorno 8 ovvero del 9), mentre mi recavo a Firenze in bicicletta, all’inizio della salita di S. Casciano Val di Pesa incontrai i sigg. (…) ed il loro figlio (…). Pure egli erano in bicicletta e mi dichiararono che erano diretti a (…) presso loro parenti per non subire il travaglio del passaggio della guerra.” (vedi documento n. 18)
La seconda, del 12 marzo 1946, è firmata dal medico curante della coniuge “Amerighi”:
“Il sottoscritto dichiara di aver curato fino dal 1930 la signora (…), insegnante elementare, per una grave forma di esaurimento nervoso e che tale forma morbosa subì, nell’inverno 1943-44 e nella successiva primavera un notevole e progressivo peggioramento. Dichiara altresì che, interpellato dal marito della signora, (…), gravemente preoccupato per le cattive condizioni di salute della moglie, sull’opportunità e la convenienza di trasportarla lontano dalla zona di guerra (in provincia di Varese…), il sottoscritto lo ritenne opportuno e giovevole e lo consigliò di farlo al più presto.” (vedi documenti nn. 19ab)
Il 21 settembre 1946, sotto l’egida della neonata repubblica italiana, la Commissione Provinciale di Siena per l’Epurazione degli Insegnanti Elementari si riunisce, legge e valuta tutto il dossier su “Riccardo Amerighi” (le testimonianze a suo carico e quelle a suo favore, la sua memoria difensiva, etc.) e finalmente delibera sul caso, trasmettendo il risultato l’11 ottobre 1946 al Provveditorato agli Studi di Siena:
“Ritenuto che l’inquisito si discolpa dall’addebito di iscrizione al P.F.R. adducendo di esservi stato costretto dalle ripetute minacce del Capo della segreteria Politica della Federazione Fascista Senese (…), sotto pena di deferimento al Tribunale straordinario e della sua deportazione in Germania; ritenuto che tale discolpa appare credibile nella assenza completa di denuncie specifiche a suo carico, specialmente da parte dell’Arma dei Carabinieri (…), maggiormente a conoscenza dell’inquisito, e di quel Comitato di Liberazione Nazionale; considerato che la sua aperta propaganda per l’iscrizione al P.F.R. può essere confusa, come egli sostiene, con la propaganda all’iscrizione all’Associazione Fascista della Scuola, che per l’inquisito rappresentava un dovere, ricoprendo egli la carica di Fiduciario provinciale; ritenuto che il suo abbandono di Siena per il Nord non è elemento univoco per illuminare il giudizio a suo danno, in quanto prima di tutto egli aveva effettivamente una (…) a Varese, dove da informazioni ufficiali nulla risulta a suo carico, e in secondo luogo non risulta ben chiaro il movente dell’abbandono medesimo, molto più che in quel tempo le scuole erano chiuse ed egli aveva la libertà di trasferirsi ove meglio gli convenisse; p.q.m. delibera non essere luogo a dichiarare nei riguardi del maestro (…) la incompatibilità con la sua permanenza in servizio.” (vedi documento n. 20)
Quasi “assolto per insufficienza di prove”, non certo a formula piena…
Questa era la situazione in quel periodo, questo (aldilà del caso particolare del maestro “Riccardo Amerighi”) fu quanto dovettero subire e patire decine di migliaia di Italiani comuni, reagendo ognuno in modo diverso, secondo la propria indole, il proprio carattere, la propria idea, il proprio coraggio… e la propria convenienza.
F.G.M.