8 Ottobre 2024
Fantascienza

Narrativa fantastica, una rilettura politica, trentunesima parte – Fabio Calabrese

Per quanto io ritenga di non avere riguardo alla fantascienza russa la stessa competenza che ho verso il fantastico di altre nazionalità, alcune osservazioni ritengo di poterle fare. Un’osservazione anche superficiale di questo genere narrativo, cinematografico e via dicendo ci mostra che anche durante i lunghi anni del comunismo, la barriera fra le due parti della Cortina di Ferro non è stata così impenetrabile come potremmo credere.

A Trieste, finché è esistito il Festival del Film di fantascienza (cessato nel 1982), ad esempio, è giunta annualmente una certa quantità di pellicole provenienti da quella che allora era l’Unione Sovietica, sufficiente per farsene un’idea.

Ricordo ad esempio un film russo di quegli anni, Silenzio, dottor Ivens. “Ivens”, palesemente non è un nome russo, è un cognome diffuso nel mondo anglofono, solo in questo caso scritto come si pronuncia, invece che con la consueta grafia anglosassone: Evans.

Gli interpreti e l’ambientazione di questa pellicola erano fatti passare per americani, producendo a volte delle evidenti stonature.

Possiamo dire che la fantascienza russa è stata, esattamente come quella del resto d’Europa, Cortina di Ferro o no, sottoposta a una doppia influenza, quella della tradizione fantastica nazionale e quella della fantascienza americana.

La questione è annosa e non riguarda solo i Russi: è legittimo non solo riprendere modelli americani, ma ambientare le proprie storie negli USA, offendo così il destro a quanti vorrebbero denigrare le fantascienze nazionali riducendole a un fenomeno imitativo? Beh, diciamo che il ricorso a un’ambientazione americana è giustificato perlomeno quando occorre evocare un’avanzatissima tecnologia che possiamo immaginare a Houston, ma non a Novosibirsk o a Trezzano sul Naviglio.

Il problema, poi è analogo a quello che abbiamo visto per la fantascienza francese, cioè un pullulare di racconti e di autori, dove è difficile distinguere “i grandi” nella congerie dei “minori” o “minimi”. Stavolta seguirò al riguardo le indicazioni di Maestri della letteratura fantastica, premettendo però un’eccezione.

Benché non si sia trattato propriamente di un narratore, credo sia impossibile parlare della fantascienza russa senza nominare Konstantin Eduardovic Tsiolkovskij (1857-1935). Tsiolkovskij è considerato il padre dell’astronautica perché è stato il primo a teorizzare l’esplorazione dello spazio con l’impiego di missili, e la sua opera ha ispirato tutti i ricercatori successivi fino a Von Braun, ma anche scrittori e artisti, in primis A. N. Tolstoj, di cui vi ho parlato la volta scorsa, che si ispirò alla sua opera per il romanzo Aelita da cui il regista Protazanov doveva ricavare il primo kolossal fantascientifico russo.

Ma, ingegnere e scienziato autodidatta, Tsiolkovskij fu anche l’autore di più di cinquecento libri di divulgazione scientifica, e la sua opera è tuttora oggetto di grande ammirazione in Russia. È noto il suo detto che “La Terra è la culla dell’umanità, ma non si può vivere per sempre nella culla”.

Assertore di un cosmo pieno di vita e di intelligenza, dell’impossibilità che la Terra sia nell’universo un’unica culla circondata da bare, è forse stato uno dei primi a porsi il problema del perché gli extraterrestri non ci contattano, e la sua risposta è che, se sono consapevoli di noi, tuttavia non ci contattano per non interferire con il nostro sviluppo naturale. Fu insomma l’antesignano di una serie di idee che poi la fantascienza ha largamente ripreso.

Abbiamo visto le scorse volte che Maestri della letteratura fantastica, a fronte di una marea di autori anglosassoni e francofoni, è invece molto restrittivo nel citare quelli germanici, italiani, iberici, latino-americani e russi. A parte Gogol e A. N. Tolstoj che rappresentano la pochissima fantasy russa citata, di cui vi ho parlato la volta scorsa, gli autori di fantascienza russi citati, sono quattro: Ivan Efremov, Alexander Kazantzev e i fratelli Arkady e Boris Strugatski, ma agli effetti pratici è come se fossero tre, perché i fratelli Strugatski sono considerati in coppia. C’è da augurarsi che almeno questi pochi che hanno passato il vaglio di una rigida selezione, siano effettivamente rappresentativi. A. N. Tolstoj, abbiamo già visto, ha indubbiamente un lato fantascientifico, oltre che fantastico-soprannaturale, ma dato che ne ho parlato la volta scorsa, ora vediamo gli altri.

Il primo nome russo che fa, dopo Gogol e A. N. Tolstoj, Maestri della letteratura fantastica, è quello di Ivan Efremov (1908-1972), autore del romanzo La nebulosa di Andromeda, uno dei pochi romanzi di autore russo che hanno avuto una grande diffusione anche nel mondo occidentale, e che in patria divenne popolarissimo. Si tratta, beninteso, di un romanzo di avventura spaziale, ma anche in un certo senso, di utopia, esso disegna infatti l’ottimistico quadro di un’umanità futura ormai pacifica e unita dalla grande impresa della conquista dello spazio, è in un certo senso una risposta alle distopie di Orwell, di Huxley, di Zamyatin.

Il romanzo fu pubblicato per la prima volta a puntate sulla rivista “Tecnica e gioventù”, e Maestri della letteratura fantastica inizia il pezzo su Efremov tracciando il quadro degli abbonati alla rivista in fila davanti all’ufficio postale a ore antelucane per non perdersi il nuova numero della rivista e il seguito del romanzo, comunque destinato a ripetere il successo anche nell’edizione in volume, ed essere poi tradotto all’estero in svariate lingue.

Certamente, ciò riflette un momento particolare della storia russa, l’ottimismo creato dai successi spaziali dello Sputnik e poi di Gagarin, un momento in cui la Russia ha potuto illudersi di essere alla testa dello sviluppo umano.

Come formazione professionale, Efremov era uno scienziato, un paleontologo, e come altri prima e dopo di lui, scelse la fantascienza come mezzo per dare forma letteraria alle sue ipotesi scientifiche, dichiarò:

Fu la scienza, con le sue ipotesi e i suoi problemi, a spingermi verso la letteratura”.

Tra i suoi romanzi, ce n’è almeno uno in cui la sua formazione paleontologica è chiaramente riconoscibile: La nave del firmamento, dove si trova una minuziosa ricostruzione paleontologica di un fatto avvenuto una settantina di milioni di anni or sono, quando un incidente occorso a un viaggiatore del tempo-cacciatore di dinosauri, avrebbe provocato un’esplosione nucleare. Ricorda molto le ipotesi recenti secondo cui l’estinzione dei dinosauri sarebbe dovuta a un evento improvviso, la caduta di un meteorite.

Dopo Efremov, Maestri della letteratura fantastica ci segnala Alexander Kazantzev (1906-2002), (e qui abbiamo un problema purtroppo consueto con la translitterazione dell’alfabeto cirillico, wikipedia accredita la versione Kasantsev).

Personalità poliedrica, Kazantzev fu ingegnere, storico, paleontologo, ufologo (forse uno dei maggiori animatori di gruppi ufologici nell’allora Unione Sovietica), autore di svariati romanzi, i più noti dei quali sono probabilmente Figli del sole e La sorella della Terra.

Fra gli eventi da lui studiati come ufologo, ha particolare rilievo l’incidente della Tunguska del 1908. In questa remota regione della Siberia, “qualcosa” cadde dal cielo provocando effetti simili a quelli di un’esplosione nucleare. Un meteorite? Questa è l’ipotesi più ricorrente, ma non è stata trovata traccia né del meteorite stesso, né del cratere che avrebbe dovuto provocare. Kazantzev pensava a un’astronave aliena. A tutt’oggi, il mistero permane.

Kazantzev era anche uno studioso del paranormale, fortemente convinto dell’esistenza delle percezioni extrasensoriali. Può sembrare strano, ma l’Unione Sovietica era piena di studi di questo genere, segno evidente che il comunismo ha potuto reprimere l’anelito umano verso il soprannaturale, ma non è riuscito a cancellarlo.

Kazantzev ha scritto: “Da qualche parte il sogno esiste: è la nostra esistenza che non è altro che un sogno”.

Molto poco nello spirito del “realismo socialista”, mi pare.

Passiamo ora a parlare dei fratelli Arkadi (1925-1991) e Boris (1933-2012) Strugatski. Maestri della letteratura fantastica racconta che, per i due fratelli, come per molti autori di fantascienza russi, la loro carriera letteraria fu stimolata al suo esordio dalla pubblicazione de La nebulosa di Andromeda di Efremov, sotto questo influsso, i due scrissero il loro primo romanzo, Il paese delle nubi color porpora, seguito da una novella, Dal di fuori. Fu solo l’inizio di una attività letteraria intensa, nel corso della quale i due fratelli scrissero una quantità impressionante di romanzi e racconti, sì che è impossibile menzionarli tutti. Mi limito qui a citare i principali romanzi pubblicati in lingua italiana: Fuga nel futuro, Catastrofe planetaria, È difficile essere un dio, L’ultimo cerchio del paradiso, La seconda invasione dei marziani, Lunedì inizia sabato, Picnic sul ciglio della strada, Passi nel tempo (quest’ultimo edito in Italia da Mondadori-Urania).

Da Picnic sul ciglio della strada, il regista Andrej Tarkovskij, lo stesso che ha portato sugli schermi Solaris di Stanislav Lem, ha tratto l’inquietante pellicola Stalker.

Un problema particolare ce lo pone Isaac Asimov (1920-1992), infatti, il più noto autore di fantascienza a livello mondiale, il cui stesso nome è divenuto per molti sinonimo di fantascienza, era nato in Russia, ma la sua famiglia si trasferì negli Stati Uniti quando aveva tre anni, non ha mai scritto nulla in russo, e c’è da dubitare che l’abbia mai parlato, e analizzando la sua opera, si vede bene che si inserisce in pieno nel contesto della fantascienza americana, non lo si può considerare un autore russo.

Io mi domando tuttavia, ed è una domanda che resta in sospeso, se i legami con la sua patria d’origine siano stati davvero completamente recisi. Nella sua Guida alla fantascienza (che in realtà, più che una guida, è una raccolta di scritti piuttosto slegati), ci sono due recensioni piuttosto entusiastiche di due antologie di autori di fantascienza russi.

Come abbiamo visto per il mondo germanico e per quello latino, anche in questo caso sarà bene non limitarsi alla narrativa in senso stretto, ma dare una fuggevole occhiata a cosa ha prodotto il mondo slavo-russo nel campo della musica e delle arti figurative.

Bisogna dire in premessa che il mondo slavo ha un patrimonio mitologico e folclorico notevole, di cui il lungo periodo del “socialismo reale” non è riuscito a cancellare le tracce. Nomino a caso, le Rusalka, entità femminili connesse alle acque, che sono l’equivalente slavo delle sirene o della germanica Lorelei (e non si può a tale proposito non menzionare l’opera Rusalka del compositore ceco Antonin Dvorak (1841-1904)), oppure Baba Jaga, altra entità femminile generalmente interpretata come malefica, strega o demone, ma originariamente divinità del pantheon slavo, di origine addirittura preistorica, che secondo alcuni studiosi altro non sarebbe che l’ennesima incarnazione della Grande Madre neolitica. Incidentalmente, Baba Jaga compare come personaggio nel romanzo Lunedì inizia sabato dei fratelli Strugatski.

Per esempio, in campo musicale, sono sicuramente di ispirazione fantastica quelle che sono ritenute le due opere principali di quello che è stato probabilmente il più importante compositore russo, Petr Ilich Tchaikovskij (1840-1893), Lo schiaccianoci e Il lago dei cigni. Lo schiaccianoci è ispirato alla celebre “favola nera” di ETA Hoffmann Lo schiaccianoci e il re dei topi, mentre Il lago dei cigni è ispirato a un’antica fiaba che vede delle fanciulle mutate in cigno da un incantesimo.

Nel campo delle arti figurative, andrebbe ricordato quanto meno il suprematismo, corrente iniziata nel 1915 dal pittore Kazimir Malevich, che fu l’equivalente russo del futurismo.

A prima vista, potrebbe sembrare che dei diversi articoli che compongono questa serie, quello che avete ora sottomano sia proprio quello in cui la parte politica della nostra analisi sia meno evidente. In realtà non è così, le cose sono molto diverse.

Se gettiamo uno sguardo d’insieme, vediamo che la tesi che ho appassionatamente sostenuto, secondo la quale l’attuale supremazia di cui gode oggi il mondo anglosassone o comunque di lingua inglese nel campo della letteratura fantastica (come del resto in molti altri settori) non è dovuta a una particolare propensione per questo genere di narrativa, ma unicamente a motivi politici, cioè in sostanza all’egemonia degli USA a livello planetario, ha trovato ampie conferme, l’abbiamo visto per il mondo germanico, per quello neolatino, e ora, negli ultimi due articoli, anche per quello slavo-russo.

In secondo luogo, vediamo che il tentativo oggi in atto di cancellare o quanto meno di estraniare la Russia dalla cultura europea, prendendo a pretesto la guerra in Ucraina sulle cui vere responsabilità ci sarebbe molto da discutere, non è solo qualcosa di falso e inaccettabile, ma è solo una parte (conclusiva?) di un disegno tendente a estraniare gli Europei da sé stessi. Noi non siamo “occidentali”, cioè sudditi di serie B dell’impero americano, siamo europei, membri di una civiltà che non si ferma alla Vistola e nemmeno agli Urali ma che (dal punto di vista antropologico, se non da quello geografico) arriva fino a Vladivostok, e che ovviamente non ha niente a che spartire con la burocratica UE, sponda si questa parte dell’Atlantico, del dominio mondialista “made in USA”.

La Russia è Europa, dal punto di vista geografico, antropologico e culturale. Gli USA, dove la componente di origine europea diventa ogni giorno di più minoranza, no, è una realtà estranea. Non dimentichiamocene.

NOTA: Nell’illustrazione, un panorama fantascientifico.

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