“Per corrompere un individuo basta insegnargli a chiamare diritti i suoi desideri personali e abusi i diritti degli altri”
Nicolas Gomez Davila
Nei futuri libri di storia si leggerà, probabilmente, che questo scorcio di secolo ha rappresentato uno spartiacque nella storia europea, com’è avvenuto già nel passato in occasione di mutamenti epocali e come sta avvenendo, sotto i nostri occhi, attraverso la successione sempre più rapida e drammatica degli avvenimenti internazionali.
Anche il nostro Paese è stato travolto da processi che hanno avuto una potentissima e apparentemente inspiegabile accelerazione e che hanno dato vita a scenari impensabili solo pochissimi anni fa, di fronte ai quali tuttavia rimaniamo apatici e anestetizzati, come sonnambuli in una notte senza fine.
Appare infatti incredibile che nel breve lasso di tempo di due anni, sotto la guida di un improbabile premier privo di qualsiasi legittimazione, sia stata portata a compimento una serie di riforme tra le più sciagurate e rovinose che si potessero immaginare.
Nel giro di pochi mesi, dopo aver disarticolato e rottamato il più grande partito comunista europeo, complici una disastrosa crisi economica e i nefasti effetti dell’unione europea, è stato di fatto smantellato il welfare italiano portando a compimento la riforma-demolizione del sistema pensionistico (peraltro avviata dai precedenti e ugualmente illegittimi governi della sinistra) e scardinando ogni tutela del lavoro, con l’abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Il tutto nella sostanziale inerzia delle organizzazioni sindacali, oltranziste e agguerrite solo nei confronti dei governi di destra.
In ambito economico, è proseguita la politica dei proclami privi di risultati concreti, niente è stato fatto per agevolare il credito ai privati e alle piccole imprese, il risparmio è stato spesso penalizzato, il prelievo fiscale è rimasto insostenibile e le pasticciate riforme costituzionali introdotte sono state realizzate a colpi di maggioranza, senza la ricerca di un più ampio consenso, ma puntando semmai, anche in altri ambiti istituzionali, alla pervasiva acquisizione di ogni posto di potere.
Nel campo delle politiche dell’immigrazione, dopo la scellerata follia di Mare Nostrum, sono proseguiti l’afflusso e l’accoglienza indiscriminata di profughi e clandestini provenienti per la gran parte dall’Africa, con gravi ripercussioni di carattere sociale, di ordine pubblico e di sicurezza in danno degli italiani, specie meno abbienti. Anche difronte al venir meno di qualsiasi solidarietà europea, il Paese è stato costretto a subire le conseguenze della incondizionata apertura delle frontiere e solo il verificarsi di gravissimi episodi di terrorismo ha impedito che venisse abolito anche il reato di ingresso clandestino.
Peraltro, s’è voluto modificare il criterio di acquisto della cittadinanza e adottare lo jus soli, consentendo a chiunque nasce sul suolo italiano di essere automaticamente considerato un cittadino. E’ facile immaginare, con l’attuale incontrollata situazione degli arrivi, con l’ingresso di migliaia di donne incinte e col rapporto tra la crescita demografica degli africani e quella degli italiani, quale devastante sovversione sociale e quale irrimediabile alterazione etnica lo jus soli provocherà nel giro di pochi anni nel nostro tessuto identitario, nazionale, culturale e razziale.
Ma è sul fronte dei così detti “diritti civili” che l’attuale esecutivo sta per compiere una gravissima forzatura costituzionale e una sovversione della legge naturale.
La Costituzione configura un regime privilegiato per la famiglia, ma il governo si appresta a svilire questa preferenza, attribuendo lo stesso regime della famiglia a forme di convivenza che hanno una diversa funzione nella società.
Il prossimo 26 gennaio, infatti, comincerà l’iter al Senato del testo sulle cosiddette “unioni civili”, previste dal ddl Cirinnà che, in realtà, è strutturato proprio per delegittimare e disintegrare la cellula fondamentale della nostra società.
Questo testo viene presentato come uno strumento necessario a garantire dei diritti ad una supposta categoria di persone discriminate per il loro orientamento sessuale, ma è sufficiente il buon senso per capire che non è così. Il matrimonio in Italia è consentito a tutti (purché maggiorenni e non già sposati) ed è fondato sull’unione stabile tra un uomo e una donna. Istituire un’unione tra due uomini o due donne ed equipararla al matrimonio non significa dunque estendere un diritto a chi non ce l’ha, significa invece ridefinire il matrimonio che, a questo punto, non sarebbe più fondato sulla complementarietà sessuale e la potenzialità generativa bensì su una “preferenza” sessuale ovvero “sull’amore” inteso unicamente come sentimento ed emozione. Ma il matrimonio non ha nulla a che fare con il sentimento, la parola “amore” non si trova negli articoli del Codice Civile poiché la disciplina del matrimonio parla di diritti e di doveri fra marito e moglie e nei confronti dei figli, parla di obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale e obbligo di fissare l’indirizzo della vita famigliare. La nostra Costituzione “riconosce” la famiglia ovvero prende atto che essa come società naturale preesiste e precede la stessa Carta e, come tale, è l’unica che può educare, in un nucleo stabile, cittadini capaci di contribuire al bene comune e di accogliere la diversità, all’interno di un’unione fondata sulla differenza sessuale. Il sentimento non ha nulla a che fare con un istituto di diritto che tutela la cellula fondamentale della società in quanto l’unica capace in potenza di generare e con i ruoli legittimi e naturali di padre e di madre. Oggi, invece, ci sono lobby omosessuali, ricche e pericolose, che cercano di farci credere che è segno di civiltà delegare il futuro dell’esistenza a convivenze modello Frankenstein.
I diritti individuali che vengono chiesti, in realtà, sono già riconosciuti e non serve una legge ad hoc perché già nessuno mette in dubbio la legittimazione del convivente ad andare a trovare in ospedale, ad andare a trovare in carcere o altro, mentre la Costituzione volutamente discrimina la posizione dei partner per quanto riguarda, ad esempio, la pensione di reversibilità perché riconosce la specificità della formazione sociale familiare. La pensione di reversibilità, infatti, ha un costo per la società che si sobbarca questo onere non perché i coniugi si vogliono più bene rispetto ad altre unioni; la pensione di reversibilità e tanti diritti sono garantiti in maniera esclusiva ai coniugi proprio per questa funzione infungibile che solo la famiglia ha nella società e che il legislatore dovrebbe piuttosto riconoscere e promuovere in maniera più incisiva, visto che l’Italia è inadempiente per quanto riguarda le politiche pubbliche a sostegno delle famiglie e che il motivo più grande di crisi dello stato sociale in Italia è l’“inverno demografico”. Oggi invece, con un criminale progetto di ibridazione razziale, si mira a sostituire le nascite degli italiani con quelle degli immigrati africani in vista di una sostituzione etnica e un mescolamento dei popoli europei.
Ecco allora che per mascherare la norma più divisiva, quella che forse potrebbe innescare qualche fuoco di ribellione nel Paese, ipocritamente si parla di stepchild adoption per camuffare l’adozione del figliastro, ossia del figlio naturale del partner omosessuale.
Su Repubblica dello scorso 4 gennaio, Stefano Rodotà sostiene la tesi del matrimonio egualitario, cioè la necessità che il legislatore estenda la portata e l’applicabilità dell’istituto matrimoniale anche alle persone dello stesso sesso, affermando che il diritto in genere e il matrimonio in particolare devono seguire e adattarsi ai mutamenti delle dinamiche sociali, escludendo una natura immutabile del matrimonio; che il paradigma eterosessuale crea ormai incostituzionalità quando si contesta l’accesso delle persone dello stesso sesso al matrimonio; che si invoca impropriamente l’utero in affitto.
Sul Corriere della Sera del 15 gennaio, Luciano Fontana, a proposito della stepchild adoption, scrive: “Questo diritto esiste nella legislazione per le coppie eterosessuali, sarebbe molto complicato negarlo alle altre coppie. Soprattutto se al centro si mettono i bambini, i loro legami, i loro affetti e il loro benessere”.
Ipocrisia e infamità si miscelano sapientemente e indissolubilmente in questi mielosi ragionamenti giuridico sociali.
In realtà, la legislazione in vigore, ma anche la Corte Costituzionale, hanno sempre riconosciuto che non esiste un diritto degli adulti all’adozione, ma esiste il diritto di un bambino ad essere inserito invece in una famiglia e, nel prevedere la stepchild adoption, non si garantisce affatto che i minori abbiano un padre e una madre – come, invece, vuole la Costituzione – ma si finisce per dare a un bambino due padri o due madri. La figura di riferimento genitoriale il minore ce l’ha ed è il genitore biologico con il quale convive. Dopodiché l’ordinamento già prevede strumenti adeguati, per cui se il genitore muore, il partner del genitore, se c’è un legame affettivo stabile con il minore, può adottarlo, anche se il partner è dello stesso sesso del genitore.
Quale pseudo diritto o quale affettività negata richiederebbero i minori inseriti (loro malgrado) in una coppia omosessuale rispetto ai fanciulli orfani di un genitore?
E perché mai un diritto riconosciuto alle coppie etero dovrebbe essere esteso alle altre coppie?
In verità, tutti i ragionamenti omofili si impostano su un equivoco di fondo circa il principio di uguaglianza che viene inteso in senso monolitico e formale, ignorando del tutto la dottrina e la giurisprudenza costituzionale che sul punto sono sempre state molto chiare: in base al principio di uguaglianza occorre trattare casi simili in modo simile e casi diversi in modo diverso.
E le coppie eterosessuali non saranno mai omologabili, per costituzione, potenzialità e finalità, a quelle formate con individui dello stesso sesso.
Se è vero che il matrimonio è a fondamento della famiglia legittima ed è vero che i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere cristallizzati con riferimento all’epoca in cui la Costituzione entrò in vigore, tuttavia non ci si può spingere fino al punto d’incidere sul nucleo della norma, stravolgendola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata.
Ritenere che il diritto debba adattarsi e piegarsi alle dinamiche sociali significa sposare un’idea del diritto distorta e distorcente, poiché così si rende il diritto un mero strumento per la soddisfazione ora della volontà più prepotente, ora del generico sentire collettivo, ora del capriccio personale, disancorandolo da quella giustizia ultra-particolare, cioè universale, di cui invece dovrebbe essere il riflesso.
Questa visione strumentale del diritto come occasione di formalizzazione del proprio desiderio, qualunque esso sia, si esprime nell’idea per cui vi sia un paradigma eterosessuale e che per di più questo sarebbe oramai incostituzionale e quindi non più invocabile per negare l’accesso al matrimonio!!!
Il paradigma eterosessuale, invece, non è un’imposizione normativa ma è effettivo in quanto è un prodotto della natura, che non è condizionabile né dalle leggi né dai desideri degli umani e che non riconosce alcun diritto alla genitorialità (impossibile) a due esseri dello stesso sesso.
L’istituto della famiglia fondata sul matrimonio è, in buona sostanza, di diritto naturale, cioè quel diritto che non solo precede l’ordinamento statale, il quale non si può che limitare a prendere atto della sua esistenza, ma che dallo Stato non può essere manipolato senza ledere la natura stessa del diritto, compiendo obbrobri giuridici e arbitri legislativi. Il matrimonio, del resto, non è una formalità alla quale chiunque può accedere, altrimenti nulla osta che non si possa o non si debba un domani estendere ulteriormente l’accesso al cosiddetto “matrimonio egualitario” anche ai bigami, ai poligami, a chi pretende il poliamore, l’amore incestuoso o perfino ai pedofili.
Un conto è regolamentare i diritti e altro è aprire la strada a stravolgimenti antropologici. Con le adozioni per le coppie omosessuali si apre inoltre la via all’utero in affitto, alla compravendita di bambini e all’uso strumentale del corpo della donna. La genitorialità, infatti, piaccia o meno, è legata inevitabilmente e soprattutto biologicamente a paradigmi eterosessuali e, pertanto, due omosessuali che decidessero di volere un figlio, unicamente in funzione di questo desiderio, avrebbero il diritto di fabbricarlo con ovuli, utero e seme esterni, sfruttando il corpo di altre donne (a pagamento o meno) all’estero, di tornare in Italia e di vedersi riconosciuto quel bambino come figlio, quando figlio non è, ma è una creatura trattata come un oggetto di diritto e destinata a incontrare ostacoli allo sviluppo normale in quanto, come dimostrato da molti studi scientifici, soggetta alla mancanza della bipolarità sessuale, del padre o della madre, di una famiglia naturale.
Si tratta di una forma di egoismo e di sfruttamento intollerabili.
E’ inutile continuare a nascondersi dietro un dito, questo progetto mira a disintegrare la società partendo dalla famiglia e, per questo, la società intera è chiamata a dire no ed è chiamata a farlo nello spazio pubblico. In questo senso, la “libertà di coscienza” invocata dai nostri parlamentari è anch’essa un’ipocrisia e un’infamia, perché difronte a un’aggressione così radicale e turpe alle basi della nostra comunità bisogna scendere in piazza e la scelta “di coscienza” non può essere che una. La famiglia non è una delle tante opzioni possibili per costruire la società, il matrimonio non è “una modalità di vivere l’amore”, il figlio non è mai un oggetto, l’amore non è una pulsione sessuale e la tendenza sessuale non definisce le persone.
Questo è solo il più subdolo e abominevole attacco alla civiltà e alla stirpe europee che nel nostro Paese si consuma in assenza di una reazione di popolo, portato avanti con la congiura mediatica a sostegno di un capo partito che, in aderenza alle logiche mondialiste, ha liquidato le aspirazioni sociali della sinistra ma le ha rifilato in consolazione la soddisfazione di ogni istanza radical, anomala, volgarmente istintuale, artefatta e transumana.
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