Passeggiavo durante una giornata soleggiata, con il cielo terso e gli uccellini che chiassavano tra i rami stenti degli alberi metropolitani, quand’ecco che giunsi all’accesso di un rifugio antiaereo della Seconda Guerra Mondiale.
Non pensate ad un rifugio grande e grosso, di quelli in cemento armato e con le porte blindate antiscoppio. No, si trattava della classica cantina puntellata milanese, il “ricovero casalingo” di triste memoria. Triste perché là dentro si rischiava di fare la “fine del ratto”.
Scesi da basso e la frescura mi accolse, benefica seppure un pochino umidiccia.
Umidiccia per via del fiato emesso da almeno una trentina di persone che pendevano dalle labbra di una rampante guida turistica la quale elargiva la propria cultura universitaria agli astanti.
Non oso immaginare che cosa dovesse essere quell’ambiente durante i bombardamenti degli “alleati”, i quali erano “alleati” fors’anche prima che gli incaricati dal re d’Italia, Emanuele III di Savoia, firmassero a Cassibile il trattato di resa incondizionata. D’altra parte taluni non capiscono che se qualcheduno spara loro addosso non è certamente un “alleato”. Ma sorvoliamo.
Con grande interesse ho ascoltato le verità emesse dalla graziosa bocca della dispensatrice d’informazioni, chiedendomi se ci facesse apposta a infilare una inesattezza dietro l’altra o se la laurea universitaria l’avesse conseguita con i punti del supermercato.
Mi colse anche il dubbio che la signora fosse in buona fede, lasciando in me il pensiero che, in realtà, fossero stati i suoi professori ad assurgere al titolo d’insegnanti con i menzionati punti appiccicati sulla tessera del supermercato.
Per farvela breve e non tirare troppo la pasta, ad un certo bel momento, a visita ultimata, feci alla signora un paio di domande, cogliendola totalmente impreparata. Subito si avvicinarono un paio di persone che, lo capii dopo, erano di supporto a costei.
Amichevolmente scambiammo quattro chiacchiere sui rifugi antiaerei cittadini e concordammo sul fatto che l’ultimo pensiero dell’allora Governo italiano fosse quello di proteggere i civili dai bombardamenti.
Ecco un paio di dati per tutti e non levate gli scudi prima d’aver letto quanto segue.
Quanti rifugi antiaerei sono stati realizzati a Milano entro il temine della Seconda Guerra Mondiale? È difficile rispondere. Occorrerebbe prima effettuare una notevole opera d’indagine negli archivi non solo cittadini. Una considerazione dell’ing. Secchi, stilata nel 1938, quindi un paio d’anni prima dell’ingresso dell’Italia in guerra, ci fornisce una prima indicazione:
«La mia esposizione ha cercato di dare soprattutto l’idea di quanto è stato fatto nei diversi campi delle costruzioni milanesi, di questa Città che ritengo sia all’avanguardia delle costruzioni protettive private, perché sino ad oggi sono stati costruiti 450 ricoveri per una capienza complessiva di 17.000 persone. Poca cosa per una città di 1.200.000 abitanti, ma che in relazione all’apatia pressoché generale con cui viene considerata la costruzione dei ricoveri, è un sicuro indice di volontà e di aderenza alla realtà» (Secchi L.L., Alcuni tipi di ricovero antiaereo costruiti a Milano. Loro caratteristiche tecnico costruttive, Conferenza tenuta dal Dott. Ing. Luigi L. Secchi al corso di Urbanistica ed Edilizia Antiaerea per Ingegneri ed Architetti, svoltosi presso la R. Scuola di Ingegneria di Roma, dal 15 al 19 Novembre 1937-XVI, Estratto dagli “Atti dei sindacati provinciali fascisti ingegneri di Lombardia”, Febbraio, Industri Grafiche Italiane Stucchi, Milano 1938-XVI, p. 11).
Ovviamente, perché sottacerlo, l’onere di costruire un rifugio a protezione propria e della famiglia ricadeva sul cittadino. Certamente anche il Comune di Milano si diede da fare e alla data del 5 ottobre 1940 aveva approntato, in fretta e furia nel mese di settembre, 135 rifugi antiaerei ad uso pubblico, rimettendo in campo anche 40 o 50 spazi sotterranei già utilizzati durante la Grande Guerra. Ma per coloro i quali non l’avessero colto, l’Italia era entrata in guerra già da un pochino, ovvero il 10 giugno del 1940.
Sugli argomenti sono stati scritti più libri e due ve li segnalo:
– Maria Antonietta Breda, Gianluca Padovan, Milano: rifugi antiaerei. Scudi degli inermi contro l’annientamento, Lo Scarabeo Editrice, Milano 2012.
– Maria Antonietta Breda, Milano 5 ottobre 1940. I rifugi antiaerei pubblici del Comune di Milano – Milan, 5th October 1940. Milan Municipal public air-raid shelters, Lo Scarabeo Editrice, Milano 2015.
Essendo a Milano, l’argomento è caduto ovviamente sul bombardamento di Gorla. In pratica il giorno 20 ottobre 1944 il quartiere Gorla è stato bombardato assieme a Precotto e ad altre zone di Milano da aerei americani. Una bomba centrò la Scuola Elementare Francesco Crispi, uccidendo centonovanta scolari tra i sei e gli undici anni, la direttrice e venti tra insegnanti e collaboratori, nonché un’ultima persona, Maria Maddalena, figlia quattordicenne della direttrice. Sull’area del dramma oggi ci sono una piazza e un ricordo, il Monumento Ossario alla memoria dei piccoli martiri di Gorla.
Si trattò di un errore, dal momento che una formazione di bombardieri, pare, avesse sbagliato rotta, seppure solo di circa un grado e mezzo. Di contro, quello che importava agli aviatori era solo di bombardare. E non mi si venga ancora a raccontare la storiella che gli “alleati”, ovvero i nostri Nemici, bombardassero solo ed esclusivamente i centri di produzione bellica. Difatti è vero l’esatto contrario.
Non ci credete? Anche qui una per tutte.
«Tornando ai bombardamenti subiti dalla città di Milano, molti si sono chiesti per quale ragione si sia penalizzata la popolazione civile, causando invece danni limitati ai centri di produzione industriale come, ad esempio, il polo di Sesto San Giovanni, situato appena a nord di Milano. Qui erano concentrate varie acciaierie e fabbriche d’importanza nazionale come, ad esempio, la Falk. Il dott. Giuseppe Vignati che lavora all’I.S.E.C. (Istituto per la Storia dell’Età Contemporanea) di Sesto San Giovanni, ha confermato che in effetti Sesto ha subito pochi bombardamenti. In particolare ha dichiarato che in uno stabilimento della Falk lavoravano due tecnici americani e questi asserivano che non sarebbe stato necessario spendere tempo e soldi per realizzare i rifugi antiaerei per il personale, in quanto lo stabilimento non sarebbe mai stato bombardato. E così è stato» (Maria Antonietta Breda, Gianluca Padovan, Milano: rifugi antiaerei. Scudi degli inermi contro l’annientamento, Lo Scarabeo Editrice, Milano 2012, p. 213). Sulle Acciaierie e Ferriere Lombarde Falck non cadde nemmeno un vasino da notte.
Tanto per dirla fino in fondo, quel 20 ottobre 1944 la città di Milano registrò all’incirca 680 morti e 700-800 feriti. Venne colpita la scuola elementare di Precotto, fortunatamente senza causare vittime, numerose case operaie tra cui le Morbio, chiese, palazzi e la sede dell’Opera Pia dei Piccoli di Padre Beccaro.
Ma non è questo il punto.
Il simpatico terzetto mi scodellò la sua versione dei fatti sul perché gli Americani avessero bombardato proprio la Scuola Elementare Francesco Crispi.
Da ricerche condotte, secondo loro, è recentemente emerso un documento autentico in cui si evince che una delle maestre accettò di nascondere nella scuola… «le armi dei fascisti!», così esclamò un componente del terzetto.
Un altro corresse: «No, accettò di nascondere nella scuola le armi dei tedeschi!».
«In ogni caso», soggiunsero, «la scuola è stata bombardata per colpa di quelle armi». Difatti una “spia” avvisò gli Americani.
Al che, seraficamente, dissi loro: «A me non risulta alcunché di simile e vorrei vedere il documento o i documenti di cui parlate».
Cominciarono a tergiversare, ad arrampicarsi sui classici specchi e a borbottare che una “studiosa” li aveva “recuperati”, ma ovviamente non sapevano dire da dove. Altrettanto ovviamente non mi fornirono il nome di tale studiosa, né come potessi fare per rintracciarla. Anzi, mi diedero la pinocchiesca assicurazione che mi avrebbero contattato loro per indagare assieme sulla faccenda (diedi loro il mio recapito). Sono passati mesi e si sono ben guardati dal farsi vivi.
Chiesi inoltre di che “documento” si trattasse e loro farfugliarono che doveva essere una sorta di “ricevuta”.
Già, come quando Voi vi recate in lavanderia, lasciate gli abiti, pagate e ritirate la ricevuta con il numero di capi consegnati e l’importo corrisposto per il lavoro di lavaggio e stiro.
Ognuno di noi che possieda un cervello e desideri usarlo per proprio conto può riflettere sul fatto che i militari non possono cedere le proprie armi in “custodia” a chicchessia, tantomeno a un civile, nemmeno a fronte di una “ricevuta”. E per militari mi riferisco letteralmente a coloro i quali prestano servizio regolare in un esercito. Pertanto la notizia dei militari, fascisti o tedeschi, che danno alla maestra le armi è palesemente falsa.
È altrettanto falso e tendenzioso il racconto che qualcheduno abbia avvisato il Comando angloamericano del fatto che nella Scuola Elementare Francesco Crispi fossero nascoste delle armi e che, pertanto, occorresse bombardare l’edificio.
Ve l’immaginate?
«Pronto, sono la Cesira, quella di Milano, chè mi passate il Comando che devo dirci di bombardare la scuola perché quei manigoldi c’hanno imboscato le armi? E già che ci siete perché non ci date una bella spazzolata anche al resto della città?».
Ovviamente tali personaggi di mezza tacca continuano a raccontare ai boccaloni le loro menzogne.
Il mio articolo non desidera andare a rivangare la storia passata, ma semplicemente vuole denunciare che dopo 72 anni ci sono ancora idioti di partito che insultano la memoria dei cittadini inermi periti sotto le bombe di quello che è stato un genocidio programmato a tavolino e noto come Terror Bombing.
Curiosamente, più gli anni avanzano, più il numero dei civili italiani morti a causa dei bombardamenti diminuisce. Sarà forse colpa dell’“effetto serra”?
Ovviamente in Italia se ne parla poco o quasi mai di tale Terror Bombing e per saperne qualche cosa occorre rivolgersi ai cortesissimi “alleati”, i quali hanno già aperto i loro “archivi segreti”. Certo, non mi attendo che abbiano desecretato proprio tutto, ma proviamo a cercare dati negli archivi italiani. Vediamo chi è così bravo da riuscirci.
Quando parlo di “idioti di partito” mi riferisco a coloro i quali militano esenti tessera e quota d’iscrizione proprio nel partito degli idioti.
Sono gli Idioti del Partito Preso, che pur di poter dire la loro se la inventano.
Tale Partito è aperto a tutti, purché siano idioti, e se non risulta da alcuna parte comunque esiste. Non ha bisogno di colori e simboli perché incolore e inconsistente, ma pernicioso.
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