17 Luglio 2024
Controstoria Storia

“I fascisti hanno tre strade aperte: galera, ospedale, cimitero”… (terza parte)

di Giacinto Reale
La sera del 12 marzo del 1921 nasce il fascio di Arezzo; un ex volontario di guerra che presiede la riunione, chiude il suo intervento con queste parole: “Dovete sapere che i fascisti hanno tre strade aperte: GALERA, OSPEDALE, CIMITERO”
Ecco, provo a partire da qui per approfondire  la questione della “violenza squadrista”…le sorprese non mancheranno
Non è mai stata resa nota una situazione complessiva di denunce, arresti e condanne per episodi di violenza tra le opposte fazioni (o con la forza pubblica) nel quadriennio 1919-22; ci sono, piuttosto, dei riepiloghi provinciali e dei dati riassuntivi riferiti a periodi limitati.

Poichè essi, però, sono sicuramente indicativi di uno stato di fatto che si può estendere nel tempo e nello spazio, proverò a fare un ragionamento di carattere generale basandomi su ciò che è disponibile.

Prima, però, alcune necessarie osservazioni:

1)  è inesatto sostenere che i vari Governi succedutisi  nel quadriennio (Orlando, Nitti, Giolitti, Bonomi, Facta) nulla facciano per contrastare l’azione fascista, o, peggio, la favoriscano. In materia ci sono ripetute disposizioni e circolari dei Ministri dell’Interno che dimostrano il contrario (1)
Limitazioni nella concessione di porto d’armi e revoca di quelli esistenti, divieto di circolazione dei camion e degli automezzi in genere, blocchi al confine tra un provincia  e l’altra, colonne mobili di agenti sempre in movimento, perquisizioni alle sedi, scioglimento dei Corpi armati, etc. Tutto l’armamentario poliziesco viene messo in piedi: le accuse di connivenza sono perciò fuor di luogo 

2)  è parzialmente vero che i fascisti abbiano comunque, dovunque e sempre la simpatia e l’appoggio delle Autorità che dovrebbero contrastare la loro azione. Simpatia c’è, ma soprattutto nella “bassa forza” e nei gradi intermedi della gerarchia; i vertici fanno, in genere, il loro dovere: Prefetti (e basterebbe il nome di Cesare Mori, caparbio “nemico” dello squadrismo) e Questori appartengono ad una vecchia tradizione di “uomini delle istituzioni” e come tali agiscono, anche contro i “rivoltosi” in camicia nera.
Nel contempo, invece, militi e soldati sentono di essere “vicini” – per quel che possono –  a chi, come loro, ha combattuto con onore e non  rinnega il sacrificio e, come loro,  è visto quale “nemico” dai sovversivi di ogni colore: “L’Avanti”, nel dicembre del 1920 invita i commercianti a boicottare gli appartenenti alle Forze dell’Ordine e le loro famiglie, sbrigativamente definendo “puttane” le mogli e figlie di Guardie, e Carabinieri. 
I fascisti, comunque, enfatizzeranno tale situazione, anche con evidenti fini propagandistici, mettendo la sordina alle voci contrastanti di chi, fra di loro, vede le Guardie Regie come una creatura di Nitti in funzione antifascista e identifica i Carabinieri negli ottusi persecutori  delle intemperanza ardite al fronte.
A Cittadella Veneta (6 maggio 1921, 3 morti fascisti), a Sarzana (21 luglio 1921, 14 morti fascisti), a Modena (26 settembre 1921, 8 morti fascisti), a Cremona, a  Bologna e in svariate altre località nei giorni della Marcia, sarà proprio il fuoco degli uomini in divisa a costare vittime e sangue agli squadristi, spesso a freddo, e senza che essi reagiscano.
In linea generale, la repressione poliziesca e giudiziaria andrà per la sua strada, senza esitazioni; se il solo  fascio di Varzi ospita, in un periodo di due anni 32 “latitanti” (2) è perché i deferimenti alla Magistratura e gli ordini di arresto non mancano. Anche qui, giusto qualche esempio, per non “appesantire” il discorso:
30 gennaio 1921, Firenze: 24 fascisti arrestati nel quartier Ponte Rosso; 7 febbraio 1921, Reggio Emilia: 9 mesi di carcere preventivo agli squadristi arrestati dopo gli incidenti di Correggio; 21 marzo 1921, Milano 17 squadristi arrestati dalla Forza Pubblica, che occupa la sede in via Monte di Pietà; 10 maggio 1921, Alessandria: 11 mesi di carcere preventivo allo squadrista Consalvo Gorgolini; 15 ottobre 1921, Roma: 18 mesi di carcere preventivo allo squadrista Carlo Zancolla; 12 agosto 1922, Chieri (To): 56 fascisti arrestati, in un sol colpo, prima che possano effettuare una spedizione punitiva sulla cittadina; 28 ottobre 1922, Bologna: come primo atto rivoluzionario, gli squadristi si recano al carcere e pretendono la liberazione di 39 camerati lì detenuti in attesa di giudizio (lo stesso avviene in altri capoluoghi) (3)

Vi sono, infine, tre osservazioni di carattere “tecnico” da fare, riferite alla manifestazione attivistica  più eclatante del periodo, rappresentata  dalla “spedizione punitiva” sui piccoli centri; per esigenze di spazio lascio fuori dal discorso gli sfasciamenti delle Camere del Lavoro nelle città capoluogo (che pur ci furono), che presentano caratteri più “tradizionali”, e, per esempio, non possono non ricordare le iniziative contro giornali e gruppi antineutralisti alla vigilia della guerra:

1)  i rapporti numerici esistenti( ai quali si è fatto cenno sopra) che autorizzano la definizione di “irrisorie” per le forze fasciste rispetto a quelle dei loro avversari, compensano abbondantemente le – peraltro non costanti – differenze a scapito dei social-comunisti nel totale di arresti e denunce, sicché, alla fine, non è azzardato dire che anche qui, percentualmente, il prezzo maggiore lo pagano gli squadristi

2)      i fascisti, in genere, muovono su un paese (le cosiddette “spedizioni”) in piccolo numero (25/30), talora senza nemmeno avvisare i loro camerati del luogo; qui giunti, si dirigono alla Camera del Lavoro, alla Cooperativa, alla Lega, alla Sezione socialista, fanno danni (ivi compresa qualche bastonatura), affiggono un minaccioso manifesto che promette il “ritorno” in caso di ritorsioni contro i fascisti locali, e ripartono.
Tutto ciò, prima  che il Maresciallo dei Carabinieri e i due militi della Stazione possano intervenire, e, soprattutto, senza che nessuno riconosca gli uomini, in quanto “forestieri”
Una testimonianza che aiuta a capire: “Un gruppo di giovani, improvvisamente, si caricava sopra un furgone, o due, tre automobili, piombava in un paese, sorprendeva la Camera del lavoro o la Cooperativa rossa che negava il pane ai non soci; oppure il Circolo socialista, i cui soci erano colpevoli di uccisione  tradimento, o di violenza contro un compagno di fede fascista, fracassava mobili vetri, distruggeva i registri, distribuiva qualche pugno o bastonata, oppure andava a”prelevare” il Sindaco o il Capolega che aveva insultato la bandiera nazionale, offeso la Patria, infamato il fascismo”.(4)
Tutto si conclude, quindi, con la massima rapidità; Tasca (che riprende cronaca di Chiurco) ci racconta come il 12 giugno del 1921 Giovanni Passerone, Tenente smobilitato e capo degli squadristi di Casale, si reca ad Asti con undici squadristi della sua città: “sfuggendo a Guardie Rosse, Truppa, Carabinieri, gli squadristi assolvono brillantemente il loro compito: bilancio della giornata: permanenza in Asti: 57 minuti; dieci Camere del lavoro, Circoli, Cooperative, abitazioni di rossi devastate. Venti teste rotte. Viene inaugurata come arma offensiva e difensiva  la frusta da carrettiere”.(5)
A margine di questo “raccontino” non si può non sottolineare l’inverosimiglianza di un simile sfracello fatto da dodici uomini in meno di un’ora, in una città che non è la loro…si tratta, insomma, di una delle non infrequenti rodomontate, che diventeranno “vangelo” per gli avversari, e che arriveranno fino a noi.
È per questa smania di movimento che nella “Storia” del Chiurco si accenna encomiasticamente al fascio di Roverdella (qualcuno sa dov’è?) che “fu attivo in spedizioni innumerevoli, di cui è indice sicuro la somma di 300.000 lire di benzina spese per rifornimento automezzi”, mentre altrove si parla di “appostamenti” di Carabinieri in borghese sotto le sedi di fasci vicini al paese obiettivo della “spedizione”, segnalati per il loro attivismo, nel tentativo – mai riuscito  di riconoscere gli sfasciatori impuniti
3)      i social-comunisti sono invece responsabili, di solito, di quelli che si chiamano “delitti di folla”, commessi, cioè in varie decine (talora centinaia) contando sull’impunità che dà il numero.
Anche in questo caso i Carabinieri della  Stazione di paese non riescono ad  intervenire, ma qui  ben conoscono i responsabili (e, sennò, li aiutano solerti delatori mischiati alla folla) per lunga frequentazione paesana, e perciò, appena possono, provvedono con facilità ad arresti e denunce all’Autorità giudiziaria.
La diversità di situazioni è ben chiara, da subito, agli osservatori più attenti:
“Trenta, cinquanta fascisti armati sono, in ciascun paese, al momento in cui arrivano, più forti dei lavoratori locali. I fascisti sono quasi tutti degli Arditi o degli ex combattenti, guidati da Ufficiali. Sono spesso trapiantati, come lo si è al fronte, e possono vivere ovunque.
I lavoratori, al contrario, si agglomerano intorno alla loro Casa del popolo… questa situazione lascia al nemico tutte le superiorità: quella della offensiva sulla difensiva, quella della guerra di movimento sulla guerra di posizione. Nella lotta tra il camion e la Casa del popolo, è il primo che deve vincere, e vincerà”.(6)

Ora, per finire, qualche numero. I dati sono offerti da De Felice (che utilizza tabelle redatte dalla Direzione Generale di PS), non sono complessivi, ma un’indicazione la danno; eccoli, con due parole di commento che si aggiungono a quanto sopra detto:
1)      alla data dell’8 maggio del 1921: fascisti arrestati/denunciati 396/878; socialisti arrestati/denunciati 1421/617 (7)
2)      per il periodo marzo-luglio 1922: fascisti arrestati/denunciati 899/3288; socialisti arrestati/denunciati 959/1052 (8)
I numeri, come si vede, mostrano una forte divaricazione nei dati riferiti agli arresti del 1921 (i socialisti sono oltre 3 volte di più dei fascisti) e in quelli relativi ai denunciati del 1922 (qui sono i fascisti a più che triplicare i numeri dei loro avversari); quasi uguali gli altri.

La più che ipotizzabile spiegazione è che, nel momento dello scontro più vivo (fino alle elezioni del maggio ’21, cioè), quando esiste grande disparità tra  piccoli nuclei fascisti che si contrappongono a grandi masse “sovversive”, è naturale che pari disparità si riscontri anche  nell’attività di repressione; poi, fin dall’inizio del ’22, con i fascisti praticamente a “farla da padroni” sarà contro di loro che si rivolgerà, con maggiore “attenzione” l’attività poliziesca.

Per concludere, quindi, mi pare che nell’insieme,   anche il discorso delle “connivenze” non stia poi tanto in piedi…
NOTE

(1)            per un quadro d’insieme, vedasi: Renzo De Felice, “Mussolini il fascista”, Torino 1966, vol I
(2)     &
nbsp;     
in: Giorgio Alberto Chiurco, “Storia della Rivoluzione Fascista”, Firenze 1929, vol III pag 405
(3)            Giorgio Alberto Chiurco, cit, pagg 40,49,121,138,295,423
(4)            Margherita Sarfatti, “Dux”, Roma 2004, pag 212
(5)            Angelo Tasca, “Nascita e avvento del fascismo”, Bari 1965, vol II, pag 308
(6)            Angelo Tasca, cit, vol I pag 191
(7)            Renzo De Felice, cit, pag 37-38
(8)            Renzo De Felice, cit, pag 764-765

Nella foto: Mario Sironi, “Squadra d’azione”, 1932

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