Il “principe” della profezia politica in Occidente è, senza alcuna discussione, il provenzale Michel de Nostredame, più generalmente conosciuto come “Nostradamus”. Egli era il discendente di una famiglia di origine ebraica di notai e farmacisti. Suo nonno, tal Gassonet, convertendosi al cristianesimo si fece battezzare nella parrocchia di “Notre Dame” di Avignone e ottenne di portare un cognome assonante: Nostredame, appunto.
Il figlio di questo mercante cristianizzato, James, si stabilì a Saint-Rémy dove divenne notaio e trovò una moglie anche ella di origini ebrea, Renée de Saint Rémy. Dalla loro unione nacque appunto Michel, il celebre Nostradamus.
Dell’educazione del piccolo Michel si occupò un anziano bisnonno materno, Jean de Saint-Rémy, che già in passato aveva svolto il prestigioso incarico di medico alla corte reale di Francia. Il bisnonno Jean educò il futuro Nostradamus all’insegna di quel sincretismo culturale tipico del Rinascimento, che congiungeva arti cabalistiche e astrologiche con la scienza medica incipiente. Del resto in epoca rinascimentale l’astrologia veniva considerata nelle università un insegnamento complementare a quello della medicina: se il medico trovava i rimedi, l’astrologo forniva “anamnesi” sulle predisposizioni del paziente e indicazioni sui tempi giusti entro i quali operare. Lo studio approfondito del latino e del greco, la conoscenza della matematica completarono la formazione eclettica di quello che fu a tutti gli effetti un ingegno rinascimentale, degno figlio del suo tempo.
Il soffio di Hermes animava un po’ tutti i simposi culturali dell’epoca. Gli stessi scienziati che si apprestavano a compiere la grande rivoluzione scientifica dell’eliocentrismo coltivavano interessi esoterici. Si dice che Kepler – devoto cultore di Platone e dell’ermetismo – fosse stato rapito da un sentimento profondo, quasi mistico, di soddisfazione nel momento in cui riuscì a formalizzare le leggi che scandiscono il moto dei pianeti attorno al Sole. Ponendo il Sole al centro dei pianeti, gli sembrava di aver restaurato l’antico culto mistico ad Helios, il Sole re dell’universo e occhio della divinità. La stessa matematica veniva concepita come uno strumento per cogliere le geometrie divine del mondo: “Dio è geometra” aveva detto Platone e pertanto i teoremi di matematica che rivelare il linguaggio primordiale che strutturava il cosmo.
Nel loro ecclettismo, i pensatori umanisti cercavano di congiungere le competenze matematiche e scientifiche con lo studio degli amati classici. Ed ancora, cercavano di tenere insieme – sotto il patrocinio di Hermes – tanto le scienze della natura, quanto l’esoterismo e la magia. La capacità di produrre effetti tangibili era poi l’obiettivo di fondo di questi letterati-maghi e scienziati-maghi: l’uomo doveva conoscere le leggi del Creato per porsi in armonia con le intenzioni del Creatore e di conseguenza operare.
In un epoca afflitta da carestie ricorrenti, la medicina era uno dei più importanti campi di applicazione di tali aspirazioni. Il corpo umano era incognito esattamente come le notti stellate, con i loro astri e pianeti. Potevano alcuni libri arcani illuminare la cognizione delle forze che reggono la fisiologia del corpo? I medici-astrologi dell’epoca lo ritenevano possibile e per tale convinzione diffusa in Europa si moltiplicavano le edizioni di curiosi opuscoli in cui le regioni del corpo venivano associate ai simboli dei pianeti (che poi erano i nomi degli antichi Dei): Giove al centro della fronte, Marte alla gola, il Sole al cuore, Venere allo stomaco, la Luna agli organi genitali … Queste associazioni rendevano concretizzavano la concezione dell’ “uomo come microcosmo che contiene in sé tutte le essenze del cosmo”. Il respiro era nell’uomo ciò che il vento è nelle immensità; il cuore riscalda e illumina l’interiorità come il Sole nel mondo. Le forze di generazione hanno una misteriosa assonanza con la luna e le sue metamorfosi. E così via, proseguendo con tutta una serie di analogie.
E tuttavia per scendere a fondo nella caverna del corpo umano l’esoterismo così ricco di eleganti immaginazioni non bastava: occorreva una più materialistica conoscenza dell’anatomia. La notte non serviva ai medici solo per consultare gli astri, essi infatti col favore dell’oscurità si dedicavano a una pratica che avrebbe esercitato sullo sviluppo della medicina un’influenza più duratura con non le effemeridi degli astrologi vale a dire la dissezione dei cadaveri.
Ciò accadeva in un clima furtivo, in un atmosfera di colpa e maledizione. La Chiesa era tollerante riguardo alle contaminazioni tra medicina e astrologia (le sale stesse dei palazzi pontifici e cardinalizi erano gremite di allegorie mitico-astrologiche); condannava invece con forza l’oltraggio del cadavere. Perciò tra i medici, lo studio dei corpi non più animati si diffuse con un fare furtivo: la dissezione era una ulteriore forma di “occultismo” dell’epoca. Un occultismo decisamente più pratico e forse ancor più tenebroso.
Probabilmente anche Michel, studente a Montpellier, si diede a operazioni del genere. Operazioni che, leggendo le descrizioni di storie dell’epoca, evocano nell’immaginazione le scene da umorismo macabro del film “Frankenstein Junior”: gli studenti e i ricercatori di medicina entravano nei cimiteri di notte, bevevano un vinello insieme al guardiano per farselo amico, dissotterravano un morto recente e lo trafugavano per poi sminuzzarlo. Esperto o no di dissezioni di cadavere, Michel de Nostredame vestì ben presto la toga rossa dei medici.
Da studente era stato un tipo riservato, alieno dagli eccessi della goliardia e disinteressato alle scaramucce che per tradizione contrapponevano gli studenti di diritto e quelli di medicina. Però in compenso amava la letteratura, anche gaia, come quella carica di umori vitali di Rabelais.
Anche ai tempi di Nostradamus la professione medica si prestava alle vanità degli uomini e delle donne. Nel Cinquecento non si potevano prevedere i fasti della chirurgia estetica degli anni Duemila e tuttavia i medici ugualmente affermavano di avere strumenti per curare due malattie molto particolari: la vecchiaia e la bruttezza. Anche Nostradamus una volta divenuto medico elaborò elisir di giovinezza e belletti; negli anni tra il 1533 e il 1535 fu spesso in giro tra Avignone, Bordeaux, Tolosa per offrire al pubblico i suoi ritrovati.
Nostradamus si muoveva anche al di fuori della Francia e forse per motivi meno frivoli. Vi è chi ha ipotizzato un incontro col grande mago rinascimentale Cornelio Agrippa di Nettescheim; un emiro persiano, Nosrateddine Ghaffary, ammiratore del veggente, ha addirittura favoleggiato che Nostradamus si fosse spinto fino in Persia per studiare i segreti della filosofia di Avicenna e apprendere dai Sufi le loro tecniche ascetiche. Un po’ come per i grandi personaggi della antichità, i viaggi spirituali di Nostradamus diventano il simbolo di una saggezza ampia acquisita nei vari “santuari” del sapere scientifico ed esoterico.
Paola Giovetti riferisce anche il curioso esito di un passaggio di Nostradamus in Italia. Trovandosi nelle Marche, il veggente avrebbe incontrato un gruppo di fraticelli francescani. Per un attimo, come incantato, si soffermò a guardare uno dei frati. Poi, commosso, si inginocchiò a baciargli la mano. Ai francescani che imbarazzati chiedevano il motivo di tale deferenza, Nostradamus rispose che aveva reso omaggio a un futuro Papa: la mano baciata apparteneva infatti a Felice Peretti, che di lì a pochi anni sarebbe divenuto Vescovo di Sant’Agata de Goti e poi Papa, uno dei più illustri del suo tempo, con il nome di Sisto V. L’aneddoto potrebbe assomigliare a uno dei tanti che ruotano attorno alle figure di veggenti e che non si sottraggono alla incerta nebulosa di inverificabilità. Ma sta di fatto che a tramandare questa storia non sono seguaci più o meno entusiasti del veggente, ma proprio gli archivi francescani delle Marche.
Dopo un certo girovagare, Nostradamus passa un periodo nel convento di Orval, adattandosi ai ritmi della regola dei circestensi. L’episodio del “ritiro monastico” è interessante per comprendere il complesso rapporto che il veggente intratteneva con l’istituzione religiosa. Man mano che gli anni passavano, la stagione rinascimentale tramontava e all’orizzonte si addensavano le nubi delle guerre di religione. Nel periodo umanistico, la Chiesa aveva concesso ampie libertà intellettuali a quei dotti che coltivavano studi esoterici e sincretismi vari. Però con l’avvento di Lutero il clima cambia: il grosso della contestazione del monaco tedesco era appunto fondato sulla tesi che la Chiesa Cattolica fosse degenerata in un neo-paganesimo. Di fronte a questa accusa, il mondo della controriforma reagiva polemizzando con i protestanti, ma anche reprimendo quegli intellettuali che con il loro sincretismo potevano avvalorare l’accusa di Lutero e Calvino. Erano finiti i tempi in cui Marsilio Ficino inseriva Orfeo, Pitagora, Zarathustra, Platone tra i profeti di Cristo; si avvicinavano i tempi in cui il monaco domenicano Giordano Bruno veniva arso al rogo.
Nostradamus vive con una certa inquietudine la transizione. Fa ripetuto omaggio alla fede cattolica e non abbiamo motivo di dubitare della sua sincera devozione. Tuttavia, almeno in un’occasione dovette subire gli interrogatori della Inquisizione. Quella esperienza fu particolarmente amara perché il veggente fu denunciato da un uomo che gli era stato amico e che in seguito, non sappiamo per quali controversie personali, aveva aizzato l’Inquisitore contro di lui. Nostradamus tuttavia non ricevette dalla Inquisizione nessuna censura e nessuna condanna: l’astrologia godeva ancora di un particolare rispetto, tale da garantire una sorta di immunità.
Rasserenato nell’animo dal ritiro monastico, Nostradamus è ormai un vigoroso quarantenne, con fama di ottimo medico. Comincia per lui una nuova stagione di viaggi. Stavolta sono le città della Francia a contenderselo per risolvere i drammatici problemi epidemiologici che le attanagliavano.
Nel maggio del 1546 è a Aix, dove era esplosa una epidemia di peste nera. Il medico Nostradamus impone un severo regime di profilassi, raccomanda il rispetto di ogni norma di pulizia. Elabora personalmente dei rimedi contro la peste, impiegando l’aloe, le essenze di iris e di rose. L’azione di Nostradamus dovette rivelarsi efficace, se è vero che la città di Aix gli concesse un vitalizio per ringraziarlo del servizio reso. Come è nella natura delle umane cose, mentre la popolazione di Aix lo applaudiva, altri medici del tempo lo criticavano e sminuivano il suo apporto.
Negli anni successivi Nostradamus viene chiamato in altre città per affrontare altre pestilenze. Crea una pillola rosa che a suo dire avrebbe reso immuni dal contagio. Chiamato alle prime avvisaglie di epidemia nella città di Salon, finisce con lo stabilirsi in quel luogo, trovandovi anche moglie. Da quel momento ha in sorte una vita felice e ricca di soddisfazioni: nonostante le critiche dei suoi colleghi (alternativamente medici o astrologi), la sua fama si accresce. Ora vive in un palazzo sontuoso, al cui ultimo piano allestisce un osservatorio astronomico e il baricentro della sua attività si sposta decisamente dalla medicina all’astrologia.
Sul suo tavolo di studio affluiscono sempre più numerose le richieste di consulti astrologici: borghesi e nobili chiedono a Michel di leggere il loro futuro nelle stelle. Dopo poco tempo saranno anche i reali di Francia a convocarlo come consigliere a corte.
Per venire incontro alle esigenze di un pubblico sempre più numeroso e devoto Nostradamus comincia a pubblicare a partire dal 1550 degli Almanacchi annuali: indicazioni astronomiche, previsioni per l’anno in corso, consigli generali di salute racchiusi in albi di straordinario successo.
La penna di Nostradamus è elegante, con quel tocco di mistero e di allusione non-detta che caratterizzeranno in seguito le sue Centurie. Nessuno ha mai messo in dubbio la sua profonda cultura umanistica, nutrita dalle letture dei grandi storici latini. La frequentazione dei classici conferisce alla pagina di Nostradamus un tono marziale, una concitazione solenne: qualità che suscitavano impressione tanto nei borghesi, quanto nei potenti di corte.
Nostradamus non era uno snob, partecipava con puntualità alle celebrazioni religiose che radunavano tutta la comunità di Salon. Accontentava volentieri i suoi concittadini quando gli richiedevano la scrittura di una lapide, di un epitaffio. Accumulava, forse con divertita accondiscendenza, i titoli onorifici che gli venivano conferiti e tuttavia nel suo intimo rimaneva un esoterista e un mistico.
Nella grande casa in cui abitava vi era una stanza in cui si ritirava in meditazione. In quella stanza, col passare dei mesi prendeva forma un’opera che non era un semplice Almanacco: le previsioni che in quell’opera si addensavano spaziavano nell’arco di secoli. Tutto l’impianto dell’opera era solenne: dieci “centurie” vale a dire mille quartine. In ogni quartina balena un’immagine quasi sempre drammatica. Uno splendido rompicapo per chi attribuisce alle Centurie valore profetico, affascinante espressione di letteratura fantastica per chi vede in esse l’ultimo elegante lusus rinascimentale.
All’apice del suo successo Nostradamus approdò alla corte di Francia quando essa ruotava attorno a una dama italiana, la regina Caterina de Medici. Lì svolse la funzione di un tradizionale astrologo, convocato per svelare i segreti dei temi natali dei principi di Valois. Alcuni biografi sostengono anche che la regina Caterina si fosse spinta a partecipare a strani rituali con specchi magici officiati da Nostradamus per indagare il futuro: rituali che rimandano al modus operandi tipico della magia rinascimentale ( e ricordano le storie degli occultisti Dee e Kelley alla corte d’Inghilterra).
Nel 1564, in tempi in cui il ricordo del Rinascimento ermetico sbiadiva, Michel de Nostradamus moriva onorato da popolani, nobili e teste coronate. Re Carlo IX insieme alla regina Caterina si chinarono al suo capezzale nel palazzo di Salon. Nostradamus era stato un protagonista eccentrico, ma a suo modo dignitoso del tardo Rinascimento. Le inquietudini delle sue Centurie, così cariche di sangue annunciato, evocano una nuova epoca dilaniata dalle guerre di religione, dalle competizioni tra Stati nazionali sempre più corazzati e centralizzati. La poesia barocca di certi suoi versi ancora oggi emana un arcano fascino e continua a inquietare i contemporanei per coincidenze più o meno marcate con l’attualità.
Come tutti gli esercizi di previsioni, siano essi in prosa o in rima, le Quartine di Nostradamus evidenziano tre elementi problematici:
– la indeterminatezza dei contenuti.
– la comprensibilità acquisita solo “post eventum”.
– la reiterabilità delle situazioni descritte.
Parecchie quartine sono state attribuite di volta in volta a Napoleone o a Hitler o a personaggi anche minori dell’attualità politica. Questo ovviamente nuoce alla causa di quanti vorrebbero utilizzare il barocco poema di Nostradamus come un “navigatore” per intercettare con esattezza i percorsi della storia.
E tuttavia a volte i critici di Nostradamus, eccedendo in manierismo razionalista, finiscono con il valorizzare inopinatamente le sue profezie. È il caso di Massimo Polidoro, appartenente al comitato di scettici di professione del CICAP, che imputa al veggente di aver fornito poche volte delle date precise di previsione e di aver commesso gravi errori quando si è azzardato a datare una profezia. L’accusa è generalmente sensata e tuttavia gli esempi addotti da Polidoro sono improvvidi.
Secondo Polidoro Nostradamus avrebbe avuto il torto di prevedere per il 2000 la fine del mondo e per il 1792 l’inizio di una grave persecuzione religiosa.
In verità le profezie di Nostradamus si estendono per molti secoli dopo il Duemila – che pure rappresenta uno spartiacque significativo alla luce di eventi tragici che si stanno verificando sotto gli occhi della nostra generazione – quindi è escluso che il veggente intendesse fissare al 2000 il suggello dell’avventura umana. Alcuni datano la sua più remota profezia al 3797…
Quanto poi al 1792, siamo sicuri che in quella data – che coincide con la fase più calda della rivoluzione francese – non sia avvenuta alcuna persecuzione religiosa? Non è forse la rivoluzione giacobina a produrre la prima e drammatica persecuzione anti-cristiana dei tempi moderni? Approfondiremo di seguito l’argomento citando le interessanti considerazioni di Vittorio Messori.
In un opera organica, sarebbe nostra intenzione approfondire le possibilità di una “profezia politica” basata sulle quartine di Nostradamus proprio in riferimento a tre scenari storici rilevanti: la rivoluzione francese, l’espansione dell’islam su territorio europeo, l’ascesa al soglio pontificio del cosiddetto Papa Nero.
Alfonso Piscitelli