Edward Bernays, il nipote di Freud considerato uno dei cento uomini più influenti del secolo scorso, inventore del termine propaganda nell’attuale accezione e primo manipolatore “scientifico” dell’opinione pubblica, ammise una volta che almeno la metà delle notizie dei giornali sono, appunto, propaganda. In genere, non solo non lo capiamo, ma pochissimi riescono ad intuire i motivi della scelta delle notizie, del taglio con cui vengono fornite, il silenzio che cala su molti argomenti.
Tutto questo è chiaro a chi segue le rassegne stampa televisive ed i principali notiziari. In questi giorni si fa molto parlare di un dato aritmetico: ben 107.000 italiani hanno abbandonato la madrepatria nell’anno 2015. Una percentuale elevatissima è costituita da giovani, un altro nutrito gruppo statistico è quello dei pensionati. Le regioni da cui si emigra non sono, come si potrebbe immaginare, soprattutto quelle meridionali, anzi Lombardia, Piemonte, Emilia e Lazio sono in testa alle classifiche. Al di là di un moderato stupore iniziale, la prima reazione è riflettere sui motivi di un dato obiettivamente allarmante, per agire di conseguenza. Temiamo invece che sia più opportuno seguire le parole di Bernays, che di campagne di stampa si intendeva: venticinquenne, fu lui a suggerire al presidente americano Wilson le parole con cui giustificare l’entrata nella prima guerra mondiale, cui la popolazione era contraria “l’America non entra in guerra per ristabilire i vecchi imperi, ma per portare la democrazia in tutta l’Europa”.
Perché ci spiegano con tanta dovizia di cifre, particolari, statistiche e sottostatistiche che gli italiani sono tornati un popolo di emigranti? Non possiamo saperlo con certezza, ma siamo in grado di formulare qualche ipotesi; basta allargare il campo, voltare pagina e siamo raggiunti da altre notizie interessanti. La prima è che nei primi nove mesi del 2016 sono entrati 150.000 migranti, o rifugiati, o profughi. L’Aeroporto Italia funziona a pieno regime: al terminal delle partenze trolley e valigie di buona qualità, qualcuna di lusso per chi va. Sono giovani qualificati, padroni di un mestiere o di una professione, alcuni sono autentici cervelloni che avremmo dovuto trattenere ad ogni costo. Altri giovani sono messi un po’ peggio, hanno le valigette da volo low cost per non pagare supplementi, ma hanno forze e speranza per imprimere una svolta alle loro vite. Moltissimi altri hanno i capelli grigi e, dopo aver lavorato almeno quarant’anni (42 anni e 10 mesi per la pensione di anzianità) si accorgono che il loro reddito in Italia vale poco e vanno in cerca di benessere e tranquillità nel vasto mondo, aiutati da agenzie e siti specializzati, ovvero hanno ottime rendite e li vogliono spendere in paesi dove le tasse sono meno brutali, la burocrazia non ficca il naso in tutti gli angoli della vita, non si rischia di essere assaliti da rapinatori multietnici e quando ci si ammala non si viene rinviati a data da destinarsi.
Più in basso, al terminal arrivi lavora a pieno ritmo la Marina Militare, che fa la spola tra il basso Mediterraneo ed i porti del nostro meridione, come un traghetto della Tirrenia, e scarica giovani maschi dell’Africa nera, i nuovi italiani. Si tratta di un ambiente un po’ sporco, tutti gridano e si prodigano, nessuno sa davvero perché gli arrivi siano tanto numerosi, tanto meno si conosce il destino finale di questa gente (o meglio, non si dice apertamente, Bernays insegna….). Il saldo è positivo: più 43.000, perbacco. Intanto, le navette che distribuiscono gli ospiti non richiesti scaricano gente dappertutto, alle cure di caritatevoli organizzazioni politiche laiche e religiose che percepiscono 35 euro al giorno. Millecinquanta al mese, una cifra superiore a quanto ricevono parecchi milioni di pensionati. Qualche famiglia italiana è stata già sfrattata per fare posto a poveri cristi che abbiamo l’obbligo umano di sfamare all’arrivo, ma non di trattenere e mantenere.
A questo punto, le domande diventano tante, e le ipotesi, gli scenari si fanno inquietanti, come usa dire. Ci vuole un po’ di tempo da perdere, pazienza ed anche una dose massiccia di masochismo: basta andare avanti nella lettura, seguire qualche rassegna stampa in più, navigare sui siti più diversi e le cose diventano più chiare. La conclusione che trae chi scrive è sconsolante: l’emigrazione è voluta, incoraggiata, esattamente come lo è l’immigrazione di masse non qualificate e destinate a non essere assorbite nel mercato del lavoro, né integrate in quel che resta della comunità nazionale.
L’Italia è stata saccheggiata delle sue industrie, delle eccellenze di mille settori, bloccata nella ricerca scientifica, osteggiata nel suo sviluppo agricolo (la vecchia PAC, politica agricola comunitaria, ha favorito per decenni Francia, Germania e Nord Europa), espropriata delle banche nazionali – solo pochi ingenui credono che Unicredit ed Intesa San Paolo siano banche italiane. L’IRI non c’è più, Finmeccanica è sotto attacco giudiziario e finanziario, Fiat è a Detroit, anche la Ferrari è società di diritto olandese, magari il Cavallino diventerà arancione, la siderurgia è stata quasi azzerata. L’ Ilva genovese è stata spianata per due terzi, al suo posto c’è una strada, ma non c’è chi la percorre, dato che gli addetti, da 12.000 sono passati a poco più di mille. L’ILVA di Taranto è stata chiusa dalla Magistratura senza che il governo volesse o sapesse intervenire, in ossequio ai dogmi liberisti di Bruxelles. Il piccolo e medio commercio è in ritirata, ma per ogni impiego presso i giganti, quelli che i francesi chiamano grandi superfici, se ne perdono cinque tra i piccoli e medi che abbandonano. Magari i proprietari fanno una pernacchia, raccolgono il gruzzolo e si installano alle Canarie o perfino in Bulgaria. Quanto alla media impresa industriale, nerbo dell’ascesa italiana, è sufficiente una giornata in giro per le periferie industriali del Nord e Centro Italia per vedere capannoni abbandonati tra le erbacce o diventati dormitori per i nuovi arrivati, insieme con un gran numero di cartelli per vendita ed affitto.
Sull’edilizia, di cui si dice “quando vanno le costruzioni, tutto va” la crisi è ormai quasi decennale. Diciamolo con spietatezza e senza lacrime agli occhi, giacché ognuno di noi porta un pezzetto di colpa: l’Italia è un paese in via di sottosviluppo, destinato a diventare una Disneyland di parchi tematici, una lunga spiaggia popolata da bagnini che diventeranno dipendenti di grandi società internazionali, in omaggio alla direttiva europea Bolkenstein sui servizi, di camerieri che serviranno pizze e cocktail ai nuovi ricchi, che sempre più proverranno dall’Asia e dall’Europa dell’Est. I più istruiti metteranno a frutto la laurea in Beni Culturali ed Ambientali che tanto ha inorgoglito la nonna per fare la guida turistica dei monumenti del passato. Del passato, appunto.
Una canzonetta estiva di tanti fa aveva un ritornello che sembra alta sociologia: “E intanto fanno il bagno a Cesenatico, ma i furbi, come sempre, non affogano”. Infatti, la classe dirigente (la chiamiamo così per abitudine) continua a godersi stipendi dieci, venti, trenta volte superiori a quelli dei comuni mortali, che non hanno la tessera o le amicizie che contano, non hanno vinto i giusti concorsi, e che, ammettiamo anche questo con un certo disprezzo di noi stessi, non hanno capito niente della vita e dell’Italia. Qualcuno si ostina persino ad amarla, ma ormai non ama la Patria, bensì l’idea che ne aveva.
Perché non dovrebbe andarsene un laureato brillante (ce ne sono…) se dovrà fare il precario per decenni o accettare un posticino qualunque, dopo avere vinto la concorrenza al ribasso di fancazzisti, raccomandati ed immigrati? E un bravo fornaio, un capace elettricista, un falegname, non troverà in giro per il mondo quel lavoro che gli negano qui? Scorriamo le notizie: un quarantunenne campano si è suicidato perché, pompiere precario da anni ed anni, non poteva partecipare per limiti di età al concorso che l’avrebbe regolarizzato. In Puglia, le professoresse locali non vogliono raggiungere le sedi del Nord, ed il Tribunale dà loro ragione. Andiamo avanti: un almeno un giovane su tre è ormai disposto a lavorare senza ferie e diritti sociali: ragazzi, avete perso ed hanno vinto loro, quelli che prima vi hanno consegnato diplomi e lauree in nome dell’uguaglianza e del disprezzo sussurrato per i lavori manuali od artigianali, vi hanno convinto a diventare consumatori sciocchi e seriali, sono riusciti addirittura a riempirvi di costosi tatuaggi, ed ora vi dicono, no, per voi non c’è posto, se vuoi lavorare, sono quattro euro all’ora, e vi faccio un favore, perché Mustafà o Diop si accontentano di tre e cinquanta.
Ugualmente, che cosa trattiene qui una coppia di sessantenni in buona salute, senza figli o con l’unico figlio che se frega di loro, dal trasferire casa e denaro da qualche parte dove la pensione vale, e donde non vedranno il progressivo sfacelo dell’Italia di cui hanno il passaporto? Quanto a chi ha idee o capacità imprenditoriali, dovunque gli fanno ponti d’oro; qui arriverà a pagare quasi il 70 per cento del ricavato in tasse, tremerà alla vista di una divisa da finanziere, dovrà armarsi se ha comprato la villetta fuori mano, e per qualsiasi atto che riguardi la sua azienda, anche piccolissima, imbratterà cartigli di ogni tipo vita natural durante per ottenere permessi, licenze o un semplice silenzio-assenso.
Un geometra rientrato dal Brasile per assistere i genitori invalidi ha raccontato a chi scrive che a Porto Alegre, non a Zurigo o Los Angeles, ha aperto la sua attività professionale in meno di una settimana dal suo arrivo.
Intanto, dai giornali apprendiamo che il referendum costituzionale di dicembre è stato scritto sotto dettatura di JP Morgan, una banca d’affari che sembra avere in pugno il “nostro” governo. Vero, professor Monti, che hai pagato alcuni miliardini, quelli sì nostri, di penale per i derivati sottoscritti presso i benefattori in grisaglia e cravatta Regimental? Il ministro Padoan litiga accanito su pochi decimali di PIL, ma intanto, in termini reali il Prodotto Lordo è diminuito di almeno il venti per cento in pochi anni e continuiamo a pagare 70 miliardi di euro, pari all’ 7/8 per cento del bilancio statale per interessi sul debito a benemerite istituzioni come le grandi istituzioni finanziarie e bancarie internazionali.
Fortunatamente, il governo sa bene quali sono i problemi che agitano i nostri sonni: infatti il ministro della Difesa, la fascinosa signora Pinotti, ha annunciato porte aperte nelle forze armate per gli omosessuali. Chissà se godranno di facilitazioni di carriera tipo le quote rosa. La stessa onorevole sposerà personalmente due lesbiche genovesi, Pamela ed Elisabetta. Auguri e figli maschi. Ah, no, questo non si può più dire. Ma insomma, se vorranno, anche le due ragazze unite per la vita – o sino a quanto parrà a loro- dall’ossigenata ministra genovese potranno avere dei figli, o meglio figlie, date le circostanze. La Cassazione non avrà difficoltà ad autorizzare: il padre, giustamente non conterà nulla, poiché avrà solo donato o venduto il suo seme, e Pamela sarà la madre A ed Elisabetta la madre B. Così hanno già sentenziato di recente.
Gli italiani, però, non hanno figli: sfiducia nel futuro, odio per le responsabilità, orrore degli impegni definitivi e tanto altro ancora. Ma un altro ministro donna, Beatrice Lorenzin, è stato seppellito di insulti per una cautissima campagna mediatica a favore delle nascite il cui unico torto era di chiamarsi “fertility day”, come per i bovini di razza bruno alpina, naturalmente nel grottesco anglo-americano da colonizzati incolti che ci caratterizza come Mericoni Nando, la maschera di Alberto Sordi entusiasta degli USA che, però, ritorna alla pastasciutta, con il surreale, mitico, “Rigatone, m’hai provocato. Me te magno!”.
Un ultima notizia filtrata tra le tante, una voce dal sen fuggita, Assange, Wikileaks ed affini, dà ragione al vecchio Bernays, per il quale i popoli non sono che greggi di pecore da guidare, s’intende per il loro bene. Il filantropo ebreo americano ungherese Soros, quello che ha lucrato alcune migliaia di miliardi di lire nostre negli anni Novanta speculando sulla nostra valuta, aiutato dalla manina dei “nostri” governanti, spende milioni e milioni di euro ogni anno per finanziare le associazioni gay e i gruppi favorevoli all’immigrazione massiccia in Europa. “L’immigrazione deve essere considerata un nuovo standard di normalità”. Immaginiamo tutti la pena che costui si dà per gli africani poveri, che potrebbe, eventualmente, mantenere nei loro paesi. Quanto alla distruzione della famiglia naturale, 650.000 dollari all’anno, spiccioli, in fondo, per chi ruba ogni giorno a milioni di persone, vanno ad associazioni cattoliche destinate ad influenzare nella Chiesa atteggiamenti favorevoli al mondo LGBT (per i normali: Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali).
Vediamo bene quali siano le forze in campo e perché lavorino attivamente a grandiosi progetti quali la distruzione della famiglia naturale, la procreazione zootecnica, l’azzeramento dello stato sociale, la sostituzione dei popoli europei. Ci stanno sloggiando senza troppi complimenti, e, naturalmente, è sempre per il nostro bene.
Chi scrive, tuttavia, vorrebbe vivere e morire dove è nato, e dove sono vissuti sua madre I (Ines) e suo padre A (Aldo). O forse è meglio di no, meglio andarsene, per non intralciare il piano Kalergi. Al limite, c’è sempre l’eutanasia. Da Aeroporto Italia ad Obitorio Italia…..
ROBERTO PECCHIOLI
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