Sicuramente avrete notato nella serie di tematiche che ho affrontato sulle pagine di “Ereticamente” negli ultimi tempi, un’alternanza che può sembrare curiosa, una sorta di movimento pendolare che va dal remoto passato, come quelli che sono compresi sotto il titolo di “Una Ahnenerbe casalinga” a tematiche futuribili, alle ipotesi sul futuro offerteci dalla fantascienza che ho trattato in un’altra serie di articoli, Narrativa fantastica, una rilettura politica.
In realtà, il rapporto fra questi due ambiti è più stretto di quello che potrebbe apparire a prima vista. Nel quarto della serie di articoli dedicati alla Narrativa fantastica, infatti mi sono occupato dell’anti-utopia che George Orwell ha disegnato in 1984. Rispetto alla profezia orwelliana, la democrazia che oggi, per disgrazia dell’umanità, domina da un capo all’altro questo sventurato pianeta, è indubbiamente meno truce e molto più ipocrita, abile a celare sotto una maschera umanitaria il suo volto tirannico, tuttavia i meccanismi del potere attuale sono proprio quelli che Orwell aveva profeticamente descritti; si pensi alla manipolazione dell’intero sistema semantico del linguaggio con lo spostamento del significato delle parole, ad esempio “razzista” non è più chi sostiene la supremazia della propria razza su altre, ma chi semplicemente si accorge che le razze esistono. Tutta la political correctness democratica è uno strumento di manipolazione orwelliano dello stesso tipo. Come lo scrittore inglese aveva giustamente previsto, la falsificazione del passato è uno strumento principe per la dominazione delle coscienze che risponde alle finalità del potere “democratico”.
Onestamente, ero in dubbio se collocare anche questo articolo sotto il titolo della Ahnenerbe, ossia dello studio dell’eredità degli antenati, perché quello che ho da dire al riguardo non è molto né particolarmente nuovo od originale, quello su cui invece vorrei richiamare stavolta la vostra attenzione, sono le falsificazioni imposte dalla vulgata democratica, in modo da creare un’immagine del nostro passato del tutto distorta.
Quel che possiamo affermare positivamente, non è particolarmente originale né inconsueto, né qualcosa che esuli dal modo di vedere di chi riesce a considerare la prospettiva storica con un minimo di buon senso: fino alla nostra epoca di decadenza (una decadenza particolare in cui all’ipertrofia tecnologica corrisponde la crescente pochezza umana, e che siamo soliti chiamare “progresso”) tutte le civiltà conosciute si sono sviluppate su di una base sostanzialmente mono-etnica, e lo stesso vale per culture, nazioni e imperi. Nell’esaltare la presunta fecondità creatrice del meticciato, il prendere le innovazioni sempre da qualcun altro, coloro che stanno dietro la baracca del potere mondiale e condizionano “la cultura” a livello planetario, svelano involontariamente la loro mentalità, che è quella dei ladri e parassiti.
Ciò su cui invece possiamo soffermarci con ampiezza, è appunto la falsificazione orwelliana del nostro passato. Al riguardo, sembra che nella trentottesima parte di questa serie di articoli, un “pezzo” che ha avuto molti commenti sul web, e mi pare sostanzialmente positivi, ho toccato un punto forse ancor più nodale di quel che avevo pensato, la “negrizzazione” di personaggi storici e mitici demandata alla grancassa mediatica hollywoodiana attraverso film e serial televisivi, l’affidare la loro rappresentazione ad attori di colore, con il chiaro intento di creare l’illusione che le società multietniche siano qualcosa di normale e sempre esistito.
Qui c’è un discorso che andrebbe fatto in premessa: il potere di suggestione del mezzo cinematografico e televisivo. A livello inconscio quel che “si vede” “è vero” per definizione, anche se coscientemente sappiamo o dovremmo sapere che le cose non stanno così, che ad esempio non sono mai esistiti un Annibale né un Lancillotto, né legionari romani e tanto meno guerrieri vichinghi di colore, perché la consapevolezza razionale è fragile ed è facilmente scavalcata da ciò che viene (fraudolentemente) fatto registrare a livello inconscio.
Una linea di pensiero che dai lettori di “Ereticamente” che hanno commentato l’articolo ho avuto incoraggiamenti ad approfondire.
Riguardo all’Annibale nero, Bilancini ha commentato:
“Purtroppo non è un caso isolato. La serie televisiva Beowulf presenta la medesima situazione: un maniscalco forgiatore di spade negro. Solo per aver fatto presente l’anacronismo del personaggio in una saga con ambientazione scandinavo-sassone fui bannato. Siamo appena agli inizi”.
In democrazia, qualunque insulsaggine ha libero corso, ma dire la verità è proibito, e fare presente che in Scandinavia nell’epoca vichinga non c’erano neri, non è altro che la pura e nuda verità dei fatti.
Charles Vinson ha osservato:
“Sei maschio, bianco, occidentale (meglio se europeo) e quindi hai sempre ed automaticamente torto.
Naturalmente, i mass media (film, TV, pubblicità) si adeguano a questo mainstream, – se non altro per meri motivi di sopravvivenza commerciale – e quindi giù a cascata nella spirale viziosa. E’ un riscontro facile facile: sintonizzatevi su un qualsiasi telefilm o sit com, specialmente se d’oltreoceano, e vedrete come il personaggio maschio, bianco e occidentale sia necessariamente il più idiota o immorale o infantile del mazzo”.
Lo scoperto razzismo anti-bianco è una cosa grandemente diffusa nel sistema mediatico. Fra le altre cose, ricordiamo una serie veramente infame da questo punto di vista, “Criminal minds” i cui protagonisti non hanno solo sviluppato l’arte del profiling a livelli incredibili, così da poter dedurre dall’impronta di una scarpa che l’assassino è “maschio, di età fra i 25 e i 35 anni, bianco”, ma è sempre invariabilmente bianco, i neri sembra che siano degli angioletti e non commettano mai atti di delinquenza, quando se andiamo a vedere le statistiche reali, scopriamo una propensione a delinquere cinque volte maggiore rispetto ai bianchi o agli asiatici.
Ancora un altro commento postato da Primula Nera:
“Quella del politicamente corretto è la piaga dei nostri anni. Nel campo delle arti è il Cinema quello che ne subisce gli effetti più nefasti. Alle vostre segnalazioni,aggiungo una serie TV come “Merlin, che presenta un giovane e biondissimo re Artù innamorato perso di una serva di colore di nome Ginevra,il tutto in una Camelot più multiculturale di New York…; i film sull’antica Roma poi, oltre a mettere in cattiva luce il suo impero (l’unica pellicola rispettosa della sua storia è “The Eagle” da voi recensito in questo sito), presentano continuamente legionari neri (gli immancabili numidi…)…Ma questa tendenza vi è un po’ ovunque, sono riusciti ad inserire persone di colore persino in un film che riguardava Cappuccetto Rosso (“Cappuccetto Rosso sangue”).
Qualche anno fa il produttore di una fortunata serie televisiva poliziesca inglese (“L’Ispettore Barnaby”) venne licenziato, perché non dava abbastanza spazio a soggetti di origine straniera nei suoi telefilm…”.
Si tratta naturalmente di capirsi, per “soggetti di origine straniera”, non penso che il nostro amico intenda nativi dell’Unione Europea, svizzeri, canadesi, russi o magari serbi; si intendono chiaramente extracomunitari, la cui presenza deve essere imposta dai media in modo da fare il lavaggio del cervello alla gente, fino a indurla a percepirla come normale.
Vediamo qui in azione la terza grande arma della democrazia verso i dissidenti, che è, dopo la censura e la violenza, il ricatto, sotto forma di ricatto economico (perdita del posto di lavoro).
Proprio in questi giorni, un mio contatto su facebook, la democraticissima creatura di Mark Zuckerberg (nome che è tutto un programma) mi ha segnalato di aver subito un periodo di bannatura per aver scritto in un post la parola “negro” invece di “nero”, “extracomunitario”, “subsahariano”, “diversamente caucasico” o qualcun altro dei soliti eufemismi (che poi di solito gli eufemismi si usano per non essere troppo espliciti circa qualcosa di vergognoso, schifoso o osceno). “Negro”, per inciso, non è altro che “nero” in lingua spagnola. È la lingua di Cervantes un linguaggio particolarmente ingiurioso od offensivo?
Bisogna dire “neri”, quella “g” bisogna assolutamente togliergliela. Vista la propensione che hanno costoro a compiere reati sessuali, io non toglierei loro la “g” ma qualcos’altro.
Al di fuori dei commenti – sempre graditi – dei lettori di “Ereticamente”, di novità in questo periodo non ce ne sono molte. Un amico, uno di quelli senza il cui contributo – diretto o indiretto – tenere questa rubrica risulterebbe impossibile, il nostro Mamer, mi ha segnalato un articolo per la verità non recente, ma penso che tutti voi vi rendiate conto che il web è un mare magnum dove è impossibile stare dietro a ogni cosa con la tempestività che sarebbe auspicabile. L’articolo s’intitola L’Europa genetica, non è firmato ed è apparso sul sito “Hescaton” (www.hescaton.com) in data 26 gennaio 2013 (quattro anni fa, un discreto lasso di tempo, ma bisogna fare i conti con la vastità del web). E’ da questo articolo che ho tratto la carta genetica dell’Europa che correda il mio pezzo.
Esaminando la cartina, si riconoscono un’area germanica (in azzurro) che comprende la Germania settentrionale, la Scandinavia, l’Islanda, parte dell’Inghilterra; un’area di transizione celto-germanica (in indaco) che comprende la Germania occidentale e meridionale, l’Austria, la Svizzera, il Belgio, la parte più orientale della Francia, gran parte dell’Inghilterra; un’area celtica che comprende Irlanda, Scozia, Galles, Cornovaglia e Bretagna; un’area slava (in arancione) che comprende Russia, Bielorussia Polonia, Ucraina, Slovenia e Croazia; un’area baltica (slavo-finnica) (in ocra) che interessa Russia settentrionale, repubbliche baltiche e Finlandia; un’area di transizione slavo-germanica (Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria), un’area greco-slava (Bosnia, Serbia, Macedonia, Bulgaria, Romania, Moldavia); un’area greco-anatolica che comprende Turchia, Grecia, Albania, meridione italiano; infine, un’area incongruamente denominata celtico-mediorientale (in color bordeaux) che, con l’eccezione del meridione italiano dove prevale l’impronta genetica greca, coinciderebbe abbastanza bene con l’area di diffusione in Europa delle lingue neolatine.
Ora, il dato più interessante che emerge, è precisamente la coincidenza piuttosto buona fra queste suddivisioni dell’Europa determinate su di una base esclusivamente genetica con le aree linguistiche, storiche e culturali del nostro continente.
Come si spiega questo fatto? Io credo che sia il caso di ribadire un concetto che vi ho già espresso più volte: all’errore e alla menzogna altrui, non è giusto né conveniente alla lunga rispondere con un errore simmetrico ma con l’obiettività, con la verità nella misura in cui le nostre conoscenze e le nostre forze ci permettono di raggiungerla. Nello specifico, al tentativo di sinistri e democratici di destituire l’eredità genetica di una qualsiasi importanza, non dobbiamo rispondere sostenendo l’onnipotenza della genetica (magari intesa nel senso in cui l’applicheremmo ad animali da allevamento), ma cercando di capire il rapporto fra fattori genetici e storico-culturali.
In poche parole, non possiamo ipotizzare un’influenza diretta della genetica sulla lingua e gli aspetti esteriori di una cultura, è più verosimile un’influenza dell’elemento culturale sulla genetica. Nelle comunità umane, è il parlare la stessa lingua o il parlare due lingue diverse che nel corso del tempo ha perlopiù favorito od ostacolato il riconoscersi come membri di una stessa comunità e fatto sì che le differenze linguistiche e genetiche tendessero a coincidere, poiché la tendenza naturale è quella ad accoppiarsi piuttosto con un connazionale che non con uno straniero, ed è per questo motivo che la lingua è un buon indicatore della nazionalità (“buono”, s’intende, non significa “perfetto”; ad esempio, l’inglese è una lingua di ceppo germanico, ma penso che tutti noi abbiamo un’ovvia riluttanza a considerare un afroamericano “un germanico” per quanto anglofono possa essere).
La genetica è la base da cui non si può prescindere, ma la cultura costruisce su questa base: un uomo e tanto più una comunità umana non sono un mero accidente biologico, ma una sintesi di sangue, suolo e spirito.
Un arrivo di fine dicembre 2016 è un articoletto di Gianfredo Ruggiero presidente del Circolo Culturale Excalibur, Le migrazioni della preistoria sono veramente avvenute?, che è un estratto del suo libro Ecologia sociale di prossima pubblicazione.
L’impressione che ho avuto leggendo questo testo, è che egli sostenga un’esigenza molto giusta e condivisibile con argomenti che forse non sono i migliori. L’esigenza è quella di mettere un freno al moderno “migrantismo”, chiamiamolo così, ossia la tendenza a persuaderci che fenomeni migratori come quelli cui assistiamo oggi siano sempre avvenuti nella storia umana, e che pertanto noi dovremmo accettare le migrazioni in quanto fenomeno “storicamente fisiologico”, e questa è un’enorme falsità che Ruggiero fa benissimo a rifiutare, tuttavia gli argomenti che egli adduce mi pare pecchino di ingenuità; ad esempio, non dobbiamo pensare alle migrazioni preistoriche come a fenomeni organizzati ma unicamente come l’effetto del vagabondare di gruppi umani demograficamente eccedenti che si spostavano da un’area all’altra in modo affatto casuale e anche su tempi estremamente lunghi alla ricerca di nuove risorse (la penetrazione dell’uomo di Cro Magnon in Europa, ad esempio, avrebbe richiesto qualcosa come 20.000 anni, vale a dire quattro volte la lunghezza di tutta la storia documentata), e certamente essa non è avvenuta nell’età glaciale quando non avrebbe avuto alcun senso spostarsi verso regioni più fredde, ma con il declinare dell’età glaciale stessa, quando l’avvento di condizioni più favorevoli gli avrebbe permesso di trovarsi avvantaggiato rispetto all’uomo di neanderthal, che invece al freddo era particolarmente adattato (si veda a questo riguardo C. S. Coon).
Tuttavia, ammettendo le migrazioni come fenomeno storico (e preistorico), e questo è il punto assolutamente fondamentale, la morale che se ne può trarre è esattamente l’opposto di quella che vorrebbero instillarci le sinistre, le Chiese, i professionisti del pietismo verso i cosiddetti migranti (o rifugiati che scappano da guerre inesistenti), perché questi movimenti di popolazioni del passato, o sono andati a colonizzare aree spopolate che oggi in Europa non esistono, o là dove c’era una popolazione nativa preesistente, l’hanno travolta e portata all’estinzione. Questo è quello che è sempre successo: dai Cro Magnon che hanno provocato l’estinzione dei neanderthal, ai coloni yankee che hanno provocato quella degli americani nativi (i cosiddetti pellirosse), e sarà certamente questo anche il destino che toccherà a noi se non ributteremo a mare gli invasori.
2 Comments