9 Ottobre 2024
Medicina Tradizionale

EreticaMente intervista Giancarlo Russo a cura di Luca Valentini

Giancarlo Russo è un Fisioterapista specializzato nella riabilitazione dei disordini muscolo scheletrici e in riabilitazione pediatrica, allievo diretto del professor Karel Lewit della Scuola di Praga del quale ne divulga idee ed approccio in Italia ed all’estero attraverso seminari e conferenze.

Giancarlo si occupa di Ipnosi da circa 25 anni ed è il primo Fisioterapista ad avere inserito protocolli ipnotici all’interno della pratica riabilitativa fisioterapica.

Ipnologo certificato USA e GB, si interessa di Ipnosi in ambito sanitario, comunicazione ipnotica e comunicazione non verbale.

Svolge conferenze sull’ipnosi in ambito sanitario in tutto il mondo e tiene seminari sulle applicazioni cliniche delle strategie ipnotiche sia in Italia che in altri paesi esteri.

Nel 2016 ha inserito l’IPNOSI all’interno dell’Università’ degli Studi di Napoli Federico II insegnando a medici, psicologi, fisioterapisti ed infermieri le tecniche di induzione ipnotica più diffuse e le applicazioni pratiche in campo sanitario.

Cultore e praticante di Arti Marziali e seguace delle antiche Tradizioni Occidentali.

1 – Tu sei conosciuto per essere un apprezzato terapeuta: quali sono le tecniche che utilizza la tua pratica?

Un apprezzato terapeuta, questo è un complimento spero meritato.

L’apprezzamento verso le prestazioni terapeutiche che fornisco è in effetti un giudizio espresso dal paziente che per soddisfare alcune esigenze si rivolge a me con fiducia.

Adesso, la chiave che potrei dirti che è fondamentale è appunto la fiducia ma, chiedo e mi chiedo, la fiducia in cosa ed in chi?

In me?

Nella tecnica che utilizzo?

La fiducia che il paziente nutre in se stesso?

Al di là di queste piccole questioni filosofiche – operative che però condizionano in parte e guidano la mia pratica professionale quotidiana, ti rispondo, se davvero vuoi sapere quale tecnica uso, che uso un approccio del tutto personale, approccio che nel corso degli anni si è raffinato vista la sua natura assolutamente plastica e modificabile ma che di base appoggia e si configura su basi neuro-funzionali e su strategie comunicative di stampo ipnotico.

2 –  Abbiamo notato che una rilevanza importante ha assunto negli ultimi anni l’ipnosi: è diventata una vera passione più che una semplice applicazione terapeutica o ci sbagliamo?

Ero molto giovane quando incontrai l’ipnosi durante un’attività di ricerca di sviluppo personale e, colpitone dalla struttura assolutamente logica ed operativa, ne ho fatto diventare parte della mia vita.

L’ipnosi, va detto, non è una tecnica come le altre, richiede infatti doti particolari da parte di chi la applica e ci dedica il tempo.

Nei miei corsi dico ai partecipanti che l’ipnosi è, come del resto molte altre cose, una questione vocazionale…

Devi sentirtela dentro, deve essere un impulso…

In caso contrario si snaturerebbe diventando un freddo approccio, freddo e meccanico il che contraddirebbe istantaneamente la natura stessa relazionale della tecnica.

3 – Tu, con somma soddisfazione, sei invitato in molti consessi universitari italiani ed anche europei e mondiali: l’ipnosi è ormai sdoganata dai pregiudizi del passato?

Con molta felicità ti dico che in moltissimi paesi l’ipnosi è ormai entrata di diritto e stabilmente all’interno di numerose procedure sanitarie, sia negli ospedali che nell’attività privata dei professionisti della salute.

In Italia come sempre e come accade in numerosi altri settori, i cambiamenti sono spesso restii a compiersi.

Mettici in più la disinformazione imperante sull’argomento ed ecco qua che il lavoro di diffusione della tecnica ipnotica incontra, nel nostro paese, il limite del pregiudizio e, consentimi il termine, dell’ignoranza dominante.

Se ne sentono di tutti i colori non appena sanno che fai ipnosi, vengono fuori luoghi comuni, vengono fuori i “sentito dire”, vengono fuori le idee personali spesso basate su vecchi film di cassetta o condizionate da paure pregresse ed ingiustificate.

Ma poco male, vado avanti sempre più forte e senza timore alcuno.

4 – Nello specifico, quali possono essere i benefici che hai riscontrato nell’utilizzo dell’ipnosi per la cura di patologie diversificate?

Guarda, i benefici che l’ipnosi consente di ottenere sono, visti i tempi moderni, documentati e documentabili attraverso una ricerca su qualsiasi banca – dati medica dove è facile reperire numerosissime evidenze scientifiche di funzionamento della tecnica su altrettanto numerosissime condizioni patologiche dell’essere umano.

Si va dal controllo e dalla modulazione del dolore (di qualsiasi natura) alla gestione di problematiche di calibro internistico, dermatologico, ginecologico, cardiologico, ortopedico, neurologico, pediatrico sia fisico che comportamentale e chi più ne ha più ne metta.

La mia grande esperienza, nel nostro paese, è relativa all’utilizzo dell’ipnosi in Riabilitazione, essendo io un Fisioterapista, dove applico la tecnica con successo sulle problematiche relative al mio ambito specifico di competenza e quindi dolore neuro muscolo scheletrico di diversa natura, ricostruzione schemi corporei compromessi da patologia di origine traumatica o vascolare, kinesiofobia (paura del movimento) eccetera.

All’estero invece, dove mi sono formato conseguendo il titolo di Hypnotherapist, la professione è regolata diversamente ed ho avuto esperienza di trattamento di patologie di altro calibro, svolgendo anche un periodo di pratica all’interno del reparto oncologico di una struttura sanitaria estera, dove l’ipnosi viene utilizzata per gestire i disturbi derivanti dalla somministrazione della chemioterapia nei pazienti affetti da neoplasia.

5 – Quanto il confronto con colleghi in tutte le parti del pianeta ha arricchito il tuo bagaglio professionale ed umano?

Adoro viaggiare ed adoro confrontarmi con le culture straniere, sia quelle più vicine alla nostra che quelle diametralmente opposte.

Il confronto con i miei colleghi stranieri, va detto, va considerato sempre con un occhio rivolto alla condizione socio – economico – sanitaria del loro paese, essendo che questa si riflette poi nella loro pratica.

A parte ciò, mi è sempre piaciuto confrontarmi con i colleghi, sia italiani, dei quali ho una enorme stima, che stranieri ritenendo che dal confronto, sempre con mentalità aperta e senza dogmi, si può ottenere una buona possibilità di crescita.

In questo momento, dopo avere viaggiato negli ultimi periodi in Asia, comincio a notare molte differenze non soltanto di calibro sociale ed educativo con tali  persone ma anche di calibro prettamente fisico.

Noi fisioterapisti, che sia chiaro, siamo pagati per toccare e se sei addestrato bene nella splendida “arte del tocco” riesci a cogliere la differenza.

Ed è meraviglioso tutto questo, anche a livello antropologico.

6 – A fronte della tua profonda esperienza, ritieni che in Italia vi sia la giusta maturità e la doverosa comprensione delle cosiddette “cure alternative”?

Qua si arriva alle dolenti note.

Il nostro paese vive situazioni al limite del paradosso.

Prendi l’agopuntura ad esempio, in qualsiasi parte del mondo chiunque può praticare l’agopuntura, mentre in Italia no, devi necessariamente essere medico.

Ma il paradosso è che la medicina ufficiale non riconosce i presupposti dell’agopuntura, hai presente la teoria dei meridiani, degli organi e quelle storie là?

Bene.

E sai qual è la giustificazione per tale paradosso?

Che la diagnosi e la terapia sono competenza medica (idem l’infissione dell’ago).

Allora se da una parte non fa una piega dall’altra ti chiedi come si concilia il non credere nel presupposto di una tecnica e poi arrogarsene l’uso ed applicarla.

La medesima cosa avviene per l’omeopatia e per altre medicine, passami il termine, “non convenzionali” essendo che “alternative” implicano l’esclusione di quella ufficiale.

L’ipnosi, per fortuna, è scienza.

E su questo non si discute.

7 – Quali sono, a tuo parere, i settori nel mondo terapeutico in cui in Italia possiamo ancora migliorare rispetto ai traguardi raggiunti oltre – confine?

Il reale miglioramento andrebbe fatto, a livello mondiale, nella relazione operatore (medico, fisioterapista, infermiere ecce cc) – paziente.

Qua non ti ascolta nessuno se stai male.

Spesso i miei pazienti mi dicono che neppure li hanno guardati in faccia durante la visita e che forse neppure li stavano ascoltando mentre raccontavano i loro guai.

Ti metti mai nei panni di un  paziente a cui è stato detto che ha un cancro?

Ti crolla il mondo addosso, non sai che fare, dove sbattere la testa, non sai con chi parlare e dove andare.

Una sola domanda in testa: “quanto vivrò?”

E poi si apre la triste trafila delle visite per stabilire la terapia, spesso in ambienti che non conosci a contatto con gente che soffre e che fino a pochi giorni prima neppure ne consideravi l’esistenza.

Una tragedia, in poche parole.

E neppure ti ascoltano quando ne hai bisogno.

8 – Tu hai una formazione umana e spirituale anche di natura tradizionalista: quanto e se ha influito nella tua professione?

Leva il “se”, una formazione Tradizionalista influisce ed investe tanti di quegli aspetti della vita che non puoi non farne sempre riferimento.

Anche nella vita professionale, nello stabilire il ruolo, consentimi ancora, quasi a livello di “missione” che ti sei scelto l’influenza Tradizionalista fa sentire il suo peso.

Noi nasciamo con un progetto dentro di noi, che deve necessariamente manifestarsi pena la sofferenza su diversi fronti e quello dobbiamo perseguire.

Lo scrive bene il Barone in Orientamenti, “questa è la mia Via, questo è il mio Essere”.

La mia professione si incentra totalmente su questa visione che, lungi dall’incarnarsi sotto la forma del sacrificio, vede la gioia caratterizzarne la pratica quotidiana, certo del contributo portato alla mia gente nel rispetto della Tradizione.

9 – Tu hai conosciuto il medico di Julius Evola, Placido Procesi: puoi regalare ai lettori di EreticaMente un tuo ricordo della sua straordinaria personalità?

Il “Dottore” come chiamavano Placido Procesi (medico delle Sette Sapienze) lo conobbi attraverso una persona che caratterizzò alcuni anni della mia vita, Romolo Benvenuti, cognato e successore di Massimo Scaligero, uomini questi ultimi di una levatura che definire impressionante è riduttivo.

Ci incontrammo durante una riunione e mi invitò, vista la mia pratica marziale, ad esercitarmi nel suo Dojo nel Kendo e nello Iai – Do.

Era una persona sopra le righe in tutto e per tutto, versatissimo nelle Arti Marziali Giapponesi, Iai-do, Kyudo e Kendo e nella Tradizione Occidentale, eccellente medico dotato di forte personalità e devozione verso il paziente.

Insisteva sempre su un concetto, sullo Specchiarsi quotidianamente e verificare la coerenza tra quello che si è e quello che si fa.

Un Uomo della Tradizione, un Gentiluomo.

10 – Infine, puoi indicarci quali progetti sono in fieri e in quali manifestazioni sarai coinvolto nel prossimo futuro? Ti ringraziamo per il tempo dedicato alla nostra Redazione.

Ci sono numerose iniziative a breve ed a lungo termine sia in Italia che all’estero.

La mia attività divulgativa sia dell’ipnosi che della particolare tecnica riabilitativa che porto avanti mi vedrà infatti impegnato in numerose località italiane e in paesi stranieri come il Brasile, dove sono invitato in aprile a Hipnosur (convegno di ipnosi e neuroscienze) con una lectio magistralis e due seminari, l’Ungheria, la Corea del Sud, la Spagna, la Repubblica Ceca, la Polonia e gli Stati Uniti d’America.

E poi, motivo di grande orgoglio per me, la rinnovata fiducia della prestigiosa Università degli Studi di Napoli Federico II che mi ospiterà nuovamente a giugno con il mio Corso Base di Ipnosi per professioni sanitarie, segno questo che qualcosa nel nostro paese sta cambiando.

E che questo cambiamento sta avvenendo in una città da forte significato simbolico – esoterico, Napoli, tanto cara a Cagliostro, a Sansevero ed a Kremmerz.

Nulla avviene per caso, grazie a voi della possibilità concessami.

Ad Maiora

 

2 Comments

  • Gaspare 11 Marzo 2017

    Davvero complimenti, da tempo anch’io nella mia pratica ho integrato tutte le conoscenze del mio essere (compreso elementi di cui si accenna nell’intervista) per focalizzarle in un unico atto “terapeutico”.

  • Gaspare 11 Marzo 2017

    Davvero complimenti, da tempo anch’io nella mia pratica ho integrato tutte le conoscenze del mio essere (compreso elementi di cui si accenna nell’intervista) per focalizzarle in un unico atto “terapeutico”.

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