Gruppo Escursionistico Associazione Tradizionale Pietas – Nord Italia
Argentei scogli di roccia calcarea che si stagliano contro il cielo, emergenti dai boscosi pendii della Val Ravella, dalla cui sommità è possibile spaziare con lo sguardo sull’intero arco alpino occidentale, dal maestoso massiccio del Monte Rosa sino all’incombente sagoma delle minacciose Grigne e del Resegone, che lambiscono quel ramo del Lago di Como di manzoniana memoria, proprio nei dintorni di Lecco.
Questi sono i Corni di Canzo, montagne aspre, non particolarmente elevate (il Corno Occidentale¸ il più alto dei tre, tocca i -1.387 metri sul livello del mare), ma decisamente impegnative per qualsiasi escursionista, anche esperto e che, insieme al Monte San Primo, costituiscono senza alcun dubbio le vette più celebri e conosciute dell’Alta Brianza.
Una curiosa leggenda locale narra di una violenta battaglia avvenuta in queste zone, in tempi remotissimi, fra i Diavoli, capeggiati dal gigantesco Canzio, e gli Arcangeli. Uno di questi fu incaricato di porre finalmente fine alla lotta che si protraeva ininterrottamente da almeno quaranta giorni e, con uno stratagemma, soffiò sul volto di Canzio una mistura di polvere di elleboro; in conseguenza di ciò, Canzio starnutì così forte che la sua testa si conficcò in terra. Nel disperato tentativo di liberarsi, le corna e alcuni enormi denti gli si staccarono di netto e andarono a configgersi poco distante: sorsero così i Corni di Canzo, le Grigne e il Resegone. Le lacrime di Canzio, vinto dal dolore, diedero infine origine al fiume Lambro e le sue impronte, colmate d’acqua, diventarono il Lago di Annone¸ il Lago di Pusiano e quello di Alserio, che ancor oggi allietano le campagne della Brianza.
La nostra escursione prende le mosse dal centro storico di Canzo, in prossimità della Scalinata di S. Anna e del Castello, per poi proseguire su strada asfaltata, costeggiando il torrente Ravella, sino alla località Fonti di Gajum, dal quale si diparte una lunga mulattiera acciottolata che si inoltra in un fitto bosco di secolari conifere. Le pendenze ancora dolci, le temperature miti di questo preludio di Primavera, e il sole, che fa continuamente capolino attraverso i rami degli alberi, rendono particolarmente agevole raggiungere il Rifugio Terz’Alpe, dal quale si gode di una magnifica e spettacolare vista dei tre Corni, che appaiono imponenti all’orizzonte, verso oriente.
Giunti in prossimità delle ben curate e valorizzate rovine del Rifugio Second’Alpe svoltiamo a sinistra, imboccando il ripido Sentiero del Traverso, che si snoda sinuoso come un serpente lungo il pendio, salendo costantemente sino al ghiaione posto alla base del Corno Occidentale. Lungo il tragitto è possibile ammirare le meravigliose formazioni geologiche circostanti e scorgere le vette del vicino Monte Prasanto, del Cornizzolo e del Sasso Malascarpa¸ dai quali prendono spesso il volo i coraggiosi praticanti di parapendio, che veleggiano numerosi nel blu sopra le nostre teste.
La salita verso il pianoro, in mezzo a enormi trovanti (come vengono denominati nella zona i massi erratici di origine glaciale) e radici esposte, mette a dura prova le gambe, ma il panorama che si apre in mezzo al pianoro erboso è da mozzare il fiato e ci ripaga completamente della fatica appena provata.
Seguendo il sentiero pietroso che si inerpica verso la cima, ormai quasi totalmente libero dal ghiaccio e dalla neve degli scorsi mesi, inizia la vera e propria ascesa sotto l’ottimo auspicio di una grande poiana che si libra alta nel cielo. I passaggi a strapiombo, che alternano brevi tratti di erba e roccia, si presentano subito molto ardui e degni del più profondo rispetto. Definire “adrenalinica” la cresta molto stretta ed esposta (denominata Passo della Vacca), che conduce in cima, sarebbe quanto meno azzeccato, ma con la dovuta calma e determinazione è possibile rialzarsi nei tratti più impervi e conquistare la vetta.
Giove Ottimo Massimo e il Genius loci sono stati onorati.
Il Gruppo Escursionistico dell’Associazione Tradizionale Pietas dedica l’ascesa ai Corni di Canzo e questo resoconto ai Mani del piccolo Giulio Romano Valentini, tornato alla Dimora dei Numi col sorriso degli uomini liberi in volto.
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