La “perfetta simmetria” di cui si parla, non è affatto perfetta, ma è solo perversa. Si tratta di un fraintendimento molto diffuso, spacciato come cosa buona e giusta e obbligatoria, poiché, a loro dire, legge cosmica. Esplicitamente sostenuta da chi dà il bene e il male come perfettamente simmetrici e quindi in rapporto democratico e egualitario tra loro, o dai fisici moderni che postulano la “perfetta simmetria” tra la materia e l’antimateria, così come dalla dialettica idealista che normalizza i contrari dialettici e fa dell’antagonismo reattivo la propria ragione d’essere. Se esiste il Bene, allora deve esistere anche il Male, altrimenti la realtà sarebbe sbilanciata, poiché non simmetrica. Che è come dire: se esiste il maschio, allora deve esistere anche l’anti-maschio (checca), altrimenti la realtà umana non sarebbe simmetrica! Questa è la “perfetta simmetria” dei contrari dialettici e vale solo per loro, quei contrari dialettici che abbiamo già visto essere un’anomalia e una perversione della natura, perciò tale “perfetta simmetria” è solo la normalità dell’anormale, tant’è vero che gli opposti complementari, che sono il giusto, il vero, il normale, non sono affatto “perfettamente simmetrici” fra di loro, ma solo analoghi, di un’analogia per certi versi inversa, da qui il grande abbaglio preso che si è tradotto nel concetto erroneo della “perfetta simmetria”.
I fisici moderni non hanno saputo trarre le debite conseguenze dalla logica del riflesso speculare, da cui hanno tratto il loro concetto di “perfetta simmetria”, logica di un’evidenza assoluta, che afferma che soltanto ciò che produce il riflesso è vero e reale, il suo riflesso, quand’anche gli assomigliasse in tutto e per tutto, è solo una proiezione illusoria. Non può quindi esserci nessuna “perfetta simmetria” tra colui che sta davanti allo specchio e il suo riflesso nello specchio, poiché tale “perfetta simmetria” implicherebbe la materializzazione e l’incarnazione del riflesso, vale a dire, la perversione della sua natura. È proprio questo ciò che postulano i “perfetti simmetristi”, la loro concezione erronea e malsana avrà come fatale conseguenza logica il costringere e obbligare tutti i riflessi prodotti a incarnarsi e a materializzarsi, trasformandoli così in feroci dualismi antagonisti che si contrappongono a ciò che li ha suscitati (è la realtà dialettica o sistema chiuso, governato dalla causa estrinseca, dove ogni ombra proiettata si materializzerà all’istante, dando luogo a una reattività antagonista). Ci vuole poco a rendersi conto che il contrario dialettico è sempre e solo il riflesso speculare materializzato e incarnato. Due locomotive che si muovono contro su di uno stesso binario sono perfettamente speculari fra di loro, ma si tratta di un’anomalia e di una perversione, tale “perfetta” simmetria speculare va sempre accuratamente evitata, altro che renderla obbligatoria o trasformarla in legge universale!
Il riflesso che tu produci nello specchio ti assomiglia in tutto e per tutto, ma quello non sei tu, se per “tu” intendi un essere vero, reale e in carne ed ossa! Davanti allo specchio ci sei tu, essere vero e reale e in carne ed ossa, poi c’è la linea dello specchio e a questo punto i “perfetti simmetristi” vorrebbero che dietro tale linea o all’interno dello specchio esistesse un tuo perfetto sosia anch’esso in carne ed ossa, che però sia orientato al contrario e funzionasse al contrario, una pretesa apparentemente intelligente ma in realtà incredibilmente stupida. Le cose stanno bene così come sono: soltanto tu che sei davanti allo specchio sei un essere vero, reale e in carne ed ossa, il riflesso che produci nello specchio è solo una proiezione illusoria che non ha né può avere il tuo stesso grado di realtà, né sono possibili equivoci, perché fa fede il diritto di precedenza, tu puoi esistere ugualmente anche senza specchiarti e senza la tua immagine nello specchio, ma lo stesso non si può dire per il riflesso speculare. Tra ciò che produce il riflesso e il riflesso prodotto, deve sempre permanere una differenza di condizione, se non di natura, ed è questo che i “perfetti simmetristi” non accettano, essi pretendono di stabilire rapporti democratici, egualitari e interdipendenti tra colui che produce il riflesso e il riflesso prodotto. Il riflesso che tu produci nello specchio è vero e reale anch’esso, però non ha lo stesso tuo grado di realtà, è vero e reale solo come riflesso, al di fuori di questa sua vera natura, eventuali altre sue pretese sono soltanto arbitrarietà. Non ti conviene nemmeno eliminare questa differenza di natura, magari incarnando e materializzando il tuo riflesso, perché troppo tardi ti accorgeresti che quello che hai suscitato non è affatto il tuo alter ego, è il tuo anti, è un dualismo antagonista che ti negherà e cercherà di annientarti. Questa è la morale da trarre: il riflesso, visto e gestito per ciò che effettivamente è, ti conferma, è il tuo fedele testimone, ma se è impugnato o dinamizzato, che significa gestirlo per ciò che non è, ti si rivolterà contro e ti negherà, perché hai pervertito la sua natura. D’altronde, porsi il quesito di chi dei due sia reale, se tu che sei davanti allo specchio o se il tuo riflesso nello specchio, questo denuncia già una paurosa crisi d’identità. Impugnare o dinamizzare un riflesso o identificarsi con esso, in questo è già implicito il misconoscere e il rinnegare ciò che si è, tutto il resto sarà fatale conseguenza logica.
Il riflesso che tu produci nello specchio è anche una proiezione, la quale non può sfuggire del tutto alla logica dell’inversione; se ti collochi davanti allo specchio con la faccia rivolta a nord, il tuo riflesso nello specchio avrà la faccia rivolta a sud; se tu muovi il tuo braccio destro, il tuo riflesso nello specchio muoverà il suo braccio sinistro etc., ecco perché è nel tuo interesse gestire il riflesso che hai prodotto per ciò che esso effettivamente è: proiezione virtuale, perché in questo caso ti confermerà, altrimenti ti negherà. La dinamizzazione di un riflesso, sfocerà fatalmente nel pervertimento incrociato, perché se da una parte si pretende di gestire il riflesso come se fosse una cosa vera e reale e in carne ed ossa, dall’altra si mirerà a rendere virtuale l’essere reale, invece la legge da seguire è la legge di sempre, la legge dell’Essere, ogni cosa è ciò che è, tale è e per tale dev’essere agita e gestita; il riflesso è riflesso, tale è e per tale deve essere agito e gestito etc. La legge dell’Essere conferma in pieno il principio di non contraddizione, perché contraddirsi significa negarsi e quindi smentire la logica del ciò che è; la contraddizione implica comunque l’esistenza di due fattori che però sono entrambi gestiti a rovescio, altra assurdità logica e cosa priva di senso, poiché questi due fattori offrono ampia possibilità di manovra e di scelta, assurda quindi la pretesa di gestirli entrambi a rovescio.
Contrari dialettici: due locomotive che si muovono contro su di uno stesso binario, dove l’una è solo il riflesso invertito e pervertito dell’altra. Opposti complementari: due locomotive che si muovono in direzione opposta su due diversi binari. La “perfetta simmetria” esiste solo nei contrari dialettici, proprio perché uno è solo il riflesso speculare invertito e pervertito dell’altro, mentre negli opposti complementari non c’è nessuna “perfetta simmetria”, ma solo corrispondenza analogica o proiezione ortogonale.
I dialettici e i cultori della “perfetta simmetria” , oltre ad essere dei disonesti e dei bari intellettuali, sono anche dei cattivi osservatori, nel senso che se avessero osservato attentamente e senza paraocchi la realtà cosiddetta naturale, avrebbero scoperto che essa evita accuratamente la loro “perfetta simmetria”, proprio perché essa è contraddittoria e perciò nullificante, così come evita di creare inutili doppioni e di fomentare contraddizione in se stessa, tant’è vero che la natura ha escogitato tutta una serie di strattagemmi per evitare questa presunta “perfetta simmetria”, cioè queste contraddizioni. Alcuni di questi strattagemmi sono riconducibili alla logica dei due binari, nel senso che la natura evita l’antagonismo reattivo attraverso la diversificazione dei campi o della natura dei fattori in gioco.
La questione della “perfetta simmetria” è solo la conseguenza di una logica malsana, secondo la quale, se esistesse solo un unico binario e un unico treno, esisterebbe solo un unico unilateralismo, perciò la realtà sarebbe sbilanciata. D’altronde, neanche l’esistenza di due locomotive che si muovono in direzione opposta su due binari differenti risolverebbe il problema, perché non sono riflesso speculare l’una rispetto all’altra, e ognuna isolata in sé sarebbe di nuovo un elemento particolare, quindi nessuna “perfetta simmetria”. In realtà la questione è irrisolvibile, né si deve risolverla, perché ogni elemento soggetto a un limite è necessariamente asimmetrico rispetto all’universale o al nulla-tutto originario, perché di fronte a questo è un semplice particolarismo limitato e unilaterale, tale apparente non simmetria e non completezza va accettata e non eliminata, in special modo deve essere accettata dal singolo elemento particolare. Da questo punto di vista, la “perfetta simmetria” o simmetria perversa è un tentativo di risolvere il particolarismo unilaterale della cosa finita al suo stesso livello, senza cioè uscire dal suo essere finita e limitata, questo è chiaramente un errore ed è soprattutto una contraddizione suscitata in sé.
La conclusione fatale sarà il rendere obbligatoria la logica del riflesso speculare. C’è una locomotiva che si muove su di un binario; è un evidente particolarismo unilaterale che si tende a risolvere al suo stesso livello e nell’unico modo possibile, contrapponendogli un’altra locomotiva che gli muove contro sullo stesso binario, che si presenta appunto come il suo riflesso speculare materializzato. Quand’anche si partisse da due locomotive che si muovono in direzione opposta su due diversi binari, la conclusione sarebbe la stessa, poiché tali locomotive sarebbero relativamente equilibrate nell’insieme globale, ma isolate in sé rimarrebbero comunque particolarismi unilaterali. Il voler rendere queste due locomotive simmetriche nel loro particolare, questo implica di nuovo suscitare nel loro mondo un antagonismo reattivo che le nega, ed è così che tutti questi particolarismi susciteranno il loro anti. Maschio-antimaschio (checca); materia-antimateria; bene-antibene (male); vita-antivita (morte); piacere-antipiacere (dolore); etc.
L’onda è rappresentata da un sinusoide, il quale in sé è completo anche se non simmetrico, se per simmetria si intende la logica del riflesso speculare. Le due semi-onde o semi-sinusoidi se vogliono essere ciò che sono, non devono andare soggette alla logica della “perfetta simmetria” derivante dal riflesso speculare, isolate in sé devono essere asimmetriche, pena svanire nel nulla. La semi-onda positiva ha sotto di sé il nulla e la semi-onda negativa ha sopra di sé il nulla. Si vede di nuovo che il singolo elemento particolare e unilaterale non deve ricercare la sua perfezione e completezza all’interno del suo particolarismo, ma può solo completarsi unendosi a un particolarismo opposto. In questo caso la completezza e la perfezione esiste solo nella linea retta centrale, di cui i due semi-sinusoidi possono essere visti come momentanee modificazioni. Nel sinusoide completo c’è proiezione ortogonale più che simmetria, l’onda si espande a causa della proiezione ortogonale che la fa muovere e la mantiene sempre identica a sé, più che a causa di una presunta “perfetta simmetria”. I cerchi che si formano nell’acqua sono certamente simmetrici, ma tale simmetria non è la causa del movimento dell’onda, ma solo la sua conseguenza, la causa sta nella proiezione ortogonale, causata dal fatto che la semionda è una realtà aperta poiché non è chiusa né simmetrica in se stessa.
La “tesi” della filosofia idealista, data come un assoluto, per tener fede a questo e costretta a cercare la perfezione e la completezza in sé, e lo fa attraverso l’incarnazione del riflesso speculare, dando luogo all’antitesi. In realtà la “tesi” non potrà mai essere il vero principio iniziale, poiché semplice particolarismo unilaterale, essa deve risuonare e completarsi con un’altra tesi o con la non tesi.
Si parte da un’unica locomotiva che si muove su di un unico binario. Questo è un evidente particolarismo unilaterale che si pretende di risolvere attraverso la materializzazione del riflesso speculare. Si tratta di un unilateralismo che pretende di risolvere il suo unilateralismo senza uscire da sé, cioè senza cessare di essere unilateralismo, un’assurdità logica che porta a negare se stessi tramite una contraddizione suscitata in sé. C’è un elemento incompleto che pretende di uscire dalla sua incompletezza senza rinunciare ad essere incompleto, questo si tradurrà in una fatale contraddizione introdotta in sé che lo farà svanire nel nulla, che a suo modo è una cosa completa! Se si vuole essere completi e perfetti, bisogna volgersi a ciò che è già completo e perfetto per forza propria, e non pretendere di trasformare l’imperfezione nella perfezione, o cercare la perfezione nell’imperfezione. L’ignoranza non può evolvere nella conoscenza, dice il vedantino Raphael, può solo morire a se stessa per lasciare posto alla conoscenza. Che possibilità ha un elemento limitato, incompleto, unilaterale e quindi imperfetto di completarsi in sé, da sé e per sé, cioè senza uscire dalla sua incompletezza e imperfezione? Praticamente nessuna, questa è un’assurdità logica e un’impossibilità di fatto, come pretendere di essere infiniti restando finiti, o voler essere incondizionati restando condizionati. In tutto questo è implicita una contraddizione e non è un caso che la contraddizione è l’elemento base della dialettica idealista, derivante dal fatto che all’inizio si mette sul trono e si parte da un principio sbagliato.
Il singolo elemento unilaterale e incompleto è costretto a contraddirsi perché pretende l’impossibile, e tutto questo accade con una rigorosità matematica. L’impossibile è ciò che non può essere né esistere, quindi se io pretendo l’impossibile, sarò costretto a contraddirmi, la coerenza con questa mia pretesa mi impone di contraddirmi, che significa negarmi e svanire nel nulla, perché non posso esistere, poiché l’impossibile non può essere. Pretendere di realizzare veramente ciò che non è possibile, questo porterà fatalmente a rinnegare se stessi, a contraddirsi, a negare ciò che si è, perché l’impossibile è ciò che non può essere. Un quadrato che pretende di essere cerchio restando quadrato, pretende l’impossibile e l’unica cosa che otterrà sarà il rinnegare se stesso come quadrato. Anche l’impossibilità è un dato di fatto reale, certe cose non sono possibili, per esempio, un quadrato non può essere cerchio rimanendo quadrato, così come abbiamo visto che il finito non può essere infinito rimanendo finito. Tutto quanto è definito e finito è soggetto al Principio di esclusione, che afferma che se tu sei triangolo, non sei né devi essere cerchio o quadrato, e se sei topo, non devi essere gatto o bue etc.
Alla base di questi abbagli noi troviamo il solito trasferimento illecito di libertà; le possibilità che competono soltanto al principio trascendente e incondizionato delle origini, sono trasferite “tali e quali” al singolo elemento particolare, che in questo modo non può certo diventare perfetto, ma può solo dissolversi. Certe differenze, opposizioni, apparenti dualità, si possono risolvere solo facendo intervenire un terzo elemento, che in realtà è il primo perché era da prima, che per questo è signore e padrone di tutti questi elementi differenziati, che può riunirli in sé e magari anche tramutarli uno nell’altro, ma solo finché sono sue potenzialità interne. Il singolo elemento particolare manifestato, invece, deve rimanere ciò che è: il quadrato è quadrato, tale è e tale deve rimanere, il cerchio è cerchio, il finito è il finito e l’infinito è l’infinito, la tesi è solo la tesi, la semi-onda è solo semi-onda etc. (ciò che si chiama “principio di non contraddizione”).
I sostenitori dei sistemi chiusi come possono essere i dialettici e gli immanentisti, non potendo tollerare alcun Principio Incondizionato delle origini che trascende ogni particolarismo manifestato, sono costretti per forza di cose a mettere all’apice di tutto un elemento secondario, come può essere l’Idea, la Tesi, il Mentale, l’Uomo, l’Anima, etc. Errore fatale basato su di una prevaricazione, perché questo fattore secondario si arroga diritti e possibilità che competono solo al Principio Incondizionato delle origini. La conseguenza fatale sarà una contraddizione introdotta in questo presunto principio, che così rischia di svanire nel nulla. Difatti soltanto il Principio immutabile e incondizionato delle origini può essere l’effettivo padrone delle tante possibilità opposte: del Finito e dell’Infinito, del Fare e del Non Fare, della Tesi e della Non Tesi o altra Tesi, dell’Essere e del Non Essere etc. e può esserlo perché le trascende tutte, possedendo una valenza realizzativa propria non rimandabile ad altro, nemmeno a ciò che differenzia o manifesta. La pretesa di un singolo fattore secondario di arrogarsi la stessa possibilità, farà fatalmente nascere in esso una contraddizione distruttiva che lo annullerà, e comunque, in nessun caso riuscirà ad ottenere ciò che vuole: essere al vertice della piramide, essere padrone delle due possibilità e questo per un’impossibilità di fatto.
Antonio Filippini
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