Il gruppo di Ur rappresenta un caso eccezionale nel panorama della tradizione esoterica: il tentativo di raccogliere attorno ad un centro unico, ad una Azione comune, cercatori provenienti da diversi percorsi operativi. Niente a che vedere, naturalmente, con certi sincretismi (anche se sarebbe meglio parlare di mescolanze caotiche) tipici delle moderne carnevalate neospiritualiste. Si tratta, piuttosto, della volontà di giungere ad una superiore sintesi : separare il sottile dallo spesso, il contenuto essenziale dalle forme che son servite per esprimerlo, al fine di riconoscere il fondamento unico, l’impulso originario che anima ogni via che affonda le sue radici nella Tradizione Ermetica. Se meta di ogni ricerca esoterica è giungere a svelare il mistero dell’Anima risvegliandone le facoltà sopite, se questo è il fine ultimo di ogni Ricerca, che senso ha allora definirsi kremmerziani, steineriani, evoliani e chi più ne ha più ne metta? Rinchiudersi in un sistema di insegnamento equivale ad un processo di auto castrazione, ad un innamoramento per la forma che è l’ultimo raffinato inganno dell’ego. Lo stolto si invaghisce del dito che gli indica la luna e finisce col dimenticarsi della luna stessa. Fin dal principio del cammino occorre coltivare una speciale attitudine interiore, una intelligenza sveglia (mercuriale si direbbe) non dissimile dalla sagacia di un raffinato furfante, per mezzo della quale riuscire a cogliere il meglio, ciò che occorre in quel particolare momento del nostro cammino, da ogni insegnamento. A questo scopo è necessario avere sempre coscienza non solo di ogni dettaglio tecnico, ma anche e soprattutto degli “effetti” (così come dei possibili contro effetti) di ogni pratica interiore che si va a eseguire. Il fondamento unico di ogni vero percorso iniziatico, dunque, può essere espresso con le parole che, non a caso, compongono il titolo dei tre volumi in cui sono raccolte le monografie prodotte dal gruppo di Ur : Introduzione alla Magia quale Scienza dell’ Io. Questi due ultimi termini, Scienza ed Io, sono strettamente congiunti e rappresentano la chiave di tutto il discorso.
La Magia, di là da ogni sterile dogmatismo ed astratta filosofia, è Scienza nel senso più alto del termine.Essa ci suggerisce di seguire la disciplina interiore quale nuda tecnica, impersonalmente, rifuggendo ogni coinvolgimento mentale e slancio mistico. Occorre, infatti, il medesimo distacco di uno sperimentatore per mettersi al riparo dagli inganni del “basso astrale”, di quella zona oscura, serbatoio dei pensieri e delle emozioni umane, che sta sotto la soglia della coscienza (ciò che la psicologia moderna ha cominciato ad intravedere parlando di inconscio) e con la quale, inevitabilmente, entra in contatto chi aspira alla Luce spirituale.
Introducendo i tre volumi di Ur, Evola scrive che il nichilismo, l’esperienza del “deserto”, è, specialmente nel nostro tempo, la via che conduce l’Uomo sul sentiero della Magia. Quando si smarrisce ogni superiore punto di riferimento, quando crolla ogni convinzione religiosa o filosofica, quando la vita, la nostra stessa esistenza, si svuota di senso, l’Uomo sperimenta la più terribile solitudine. Questa profonda crisi interiore obbliga a fare i conti con sé stessi. Nudo, l’Uomo è costretto a guardare nel profondo del proprio essere: occorre un coraggio eroico per non vacillare. Occorre la determinazione di non arrendersi, la volontà capronica di andare avanti, fino in fondo. La disciplina magica, allora, diviene il solo sostegno che permette alla coscienza di restare salda in sé stessa, mentre si discende sempre più in profondità. Ed è a questo punto, quando ogni speranza sembra perduta, nel cuore dell’oscura notte dell’Anima, che si scorge il primo bagliore dell’Io immortale. Oggi più che mai, per condizione fatale dei tempi in cui ci troviamo a vivere, queste parole di Evola suonano come una sveglia interiore contro ogni immobilismo pseudo tradizionalista.
Daniele Laganà
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