Quanto pesa la storia sulla vita dell’uomo? E’ questa la domanda di fondo a cui Nietzsche intende rispondere nel secondo saggio della raccolta Considerazioni inattuali dal titolo Sull’utilità e il danno della storia per la vita(1874). In una Germania – quella del XIX secolo – impregnata di storicismo, si erige “inattuale” lo scritto del filologo tedesco.
Il testo si apre con delle parole che si ispirano a Leopardi (1): l’uomo prova invidia nell’osservare il modo non storico di vivere degli animali, questi – a differenza di chi osserva – non devono sopportare il peso del passato. Nietzsche anticipa fin dalle prime pagine qual è la risposta alla domanda iniziale, affermando che <<ciò che non è storico e ciò che è storico sono ugualmente necessari per la salute di un individuo, di un popolo e di una civiltà>> (2); il modo di pensare “storico” sta ad indicare l’idea secondo cui per agire nella storia, bisogna conoscere il passato, interpretandone le azioni e le idee, gli uomini storici <<credono che il senso dell’esistenza verrà sempre più alla luce nel corso del suo processo, guardano indietro solo per imparare, in base alla considerazione del processo finora avvenuto, a capire il presente e a desiderare più ardentemente il futuro; non sanno affatto quanto poco storicamente, nonostante tutta la loro storia essi pensano ed agiscano.>>(3) Critica la concezione progressista della storia nata con l’Illuminismo: secondo questa idea la storia dell’umanità segue una linea retta che porta al progressivo miglioramento dell’uomo, questa concezione sarà alla base del pensiero di Hegel, Comte e in diversa misura anche di Marx ed Engels (materialismo storico). Sessant’anni dopo Evola ricorderà questo cambiamento di rotta <<Se l’uomo moderno fino a ieri aveva concepito e esaltato come una evoluzione il senso della storia a lui nota, la verità conosciuta dall’uomo tradizionale è stata l’opposta. In tutte le antiche testimonianze dell’umanità tradizionale si può sempre ritrovare, nell’una o nell’altra forma, l’idea di un regresso, di una caduta: da stati superiori e originari gli esseri sarebbero scesi in stati sempre più condizionati dall’elemento umano, mortale e contingente.>>(4). Storia di decadenza, non di progresso.
L’orizzonte dell’uomo storico è limitato, in quanto il sapere e il sentire storico, le catene che lo legano al passato, ne limitano le aspettative e lo portano all’inerzia. Bisogna quindi sollevarsi ad un punto di vista sovrastorico, con questo Nietzsche non intende liberarsi della storia ma usufruirne, distinguendo “tre specie” di storia: monumentale, antiquaria e critica.
Storia monumentale: il passato serve in primis – a colui che vuole scrivere la storia – come modello e fonte d’ispirazione, modelli che non si trovano tra i contemporanei. La storia è in grado di consolare, se in passato si manifestò tale grandezza, l’uomo attivo crede che questa grandezza sia ancora possibile, nonostante gli uomini intorno gli remino contro affermando che la grandezza del passato è irripetibile. Egli scrive <<dovrebbe rafforzarlo il constatare che la cultura del Rinascimento si edificò sulle spalle di una siffatta schiera di cento uomini!>>.
Storia antiquaria: il modo antiquario di considerare la storia è ostile alla vita, l’anima dell’uomo antiquario contempla il passato con venerazione rigettando “il nuovo e ciò che diviene”. L’eccesso di storia stronca la vita; <<il fatto che qualcosa sia diventato vecchio genera ora la pretesa che debba essere immortale>>, per l’uomo antiquario <<appare temerario o persino scellerato sostituire una tale antichità con una novità>>. La storia rappresenta le radici di un uomo, di un popolo, essa diventa qualcosa da preservare, ma questo modo di considerare la storia, conserva ma non genera vita.
Storia critica: il terzo modo di considerare la storia è quello critico. La storia serve alla vita solo se viene portata innanzi a un tribunale per essere giudicata e condannata; l’uomo deve avere <<la forza di infrangere e di dissolvere un passato per poter vivere>>.
Facendo una critica dell’educazione impartita agli alunni del suo tempo eccessivamente storica, il filosofo di Rocken giudica la cultura moderna come una cultura solo interiore, sterile per i fini pratici; si è come delle “enciclopedie ambulanti” totalmente estranee alla realtà storica. Si verifica un contrasto tra interno ed esterno, l’idea deleteria secondo cui lo spirito (interno) sia superiore al corpo (esterno) ha portato ad una cultura cumulativa sterile, a tal proposito Nietzsche nella prefazione riporta le parole di Goethe “Del resto mi è odioso tutto ciò che mi istruisce soltanto, senza accrescere o vivificare immediatamente la mia attività”.(5) Secondo il filosofo tedesco, sarebbe meglio per un popolo seguire solo i propri istinti nudi e crudi che ricevere un tale tipo di cultura.
Se non c’è crescita nell’uomo eccessivamente storico, lo stesso accade in un individuo privo di senso storico <<ogni vivente può diventare sano, forte e fecondo solo entro un orizzonte; se esso è impotente a tracciare un orizzonte intorno a sé, e d’altra parte troppo egocentrico per rinchiudere il suo sguardo in un estraneo, si avvia in fiacchezza o in concitazione a fine prematura.>> La storia fornisce dei servizi alla vita (monumentale, antiquaria, critica).
Gli uomini attivi che non restano invischiati nella storia, paralizzati dal passato ma osservano i grandi uomini del passato per trarne ispirazione “non devono chiedere alla storia i modi e i mezzi”, perché essa non può essere di alcuna utilità. Nietzsche condanna anche i filosofi per la loro mancanza di senso storico, qualche anno dopo in un altro testo scriverà <<Tutti i filosofi hanno il comune difetto di partire dall’uomo attuale e di credere di giungere allo scopo attraverso un’analisi dello stesso. Inavvertitamente <<l’Uomo>> si configura alla loro mente come una aeterna veritas, come un’entità fissa in ogni vortice, come una misura certa delle cose. Ma tutto ciò che il filosofo enuncia sull’uomo, non è in fondo altro che una testimonianza sull’uomo di un periodo molto limitato. La mancanza di senso storico è il difetto ereditario di tutti i filosofi; molti addirittura prendono di punto in bianco la più recente configurazione dell’uomo, quale essa si è venuta delineando sotto la pressione di determinate religioni, anzi di determinati avvenimenti politici, come la forma fissa dalla quale si debba partire>> non si può parlare di un “uomo eterno” infatti <<tutto è divenuto; non ci sono fatti eterni: così come non ci sono verità assolute. Per conseguenza il filosofare storico è da ora in poi necessario, e con esso la virtù della modestia.>>(6)
L’uomo attivo che scrive la storia, è l’uomo che va contro il proprio tempo, controcorrente, contro l’educazione impostagli, usando termini correnti, è l’uomo che rigetta il pensiero unico dominante. E tutti gli altri? La massa composta dai figli del proprio tempo, coloro che hanno abbandonato la propria “personalità al processo del mondo”, a null’altro serve se non come strumento nelle mani degli uomini attivi. Il filologo tedesco ribadisce a più riprese che un nuovo corso storico viene inaugurato da pochi uomini; egli confida nell’istinto della gioventù ed afferma che è meglio seguire questo istinto – ovunque esso porti – che restare “a traballare ancora nell’infinità scettica e priva di speranza”. Come detto poc’anzi con questo suo breve trattato Nietzsche non intende liquidare la storia ma sostenere che <<la storia viene sopportata solo dalle personalità forti, quelle deboli, essa le cancella completamente>>; ci si può servire della storia nel triplice senso di monumentale, antiquaria e critica. Le sue invettive sono rivolte ad un tipo di sapere che riempie all’interno senza che questa cultura agisca nel presente, in favore di una cultura che non sia solo di ornamento. Nietzsche fa appello agli uomini speranzosi capaci di liberarsi di quella malattia storica che frena, agli uomini coscienti che la vita supera la conoscenza sterile e che l’oblio (della storia) è necessario per la vita.
Nel saggio Il crepuscolo degli idoli leggiamo <<Erano per me scalini, sono salito passando su di essi, – per ciò me ne sono dovuto allontanare. Ma essi credevano che io volessi fermarmi su di loro per sempre…>>
Note
(1)Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, poesia di Giacomo Leopardi (1831)
(2)Sull’utilità e il danno della storia per la vita, F. Nietzsche (Adelphi Edizioni)
(3)Ibid. (tutte le citazioni senza riferimento bibliografico rimandano alla medesima opera)
(4)Rivolta contro il mondo moderno, Julius Evola (Edizioni Mediterranee, 3° edizione 2003) pg.219
(5)Lettera di Goethe a Schiller del 19 dicembre 1798.
(6)Umano troppo umano, F. Nietzsche (Mondadori, testo a cura di G. Colli e M. Montinari)