11 Ottobre 2024
Filosofia

Il futuro modifica il passato: per una nuova visione del tempo – Emanuele Franz

Ho sempre considerato profondamente insoddisfacenti le diverse considerazioni sul tempo nella storia della filosofia e mai sono rimasto pago da esse, tanto che pur di darmi delle risposte diverse sulla questione del tempo ho dedicato lunghi anni di ricerca. Già nel mio Le basi esoteriche della microbiologia, principi per una nuova teoria della vita bastata sul Pensiero Esteso, al quale ho dedicato quasi un decennio di studi, avevo affrontato la questione del tempo da una prospettiva nuova. Trattando dell’origine della vita mi sono accorto che per millenni l’uomo si è interrogato sul tempo e sul suo mistero; ciononostante, con infinite sfaccettature e varianti, non è mai uscito da una visione ternaria dei suoi stati, delle sue modalità di espressioni. Tre dimensioni del tempo infatti hanno accompagnato qualsiasi tipo di visione su di esso: il passato, il presente e il futuro. Dalle riflessioni di Sant’Agostino alla “durata” di Henry Bergson non si è riusciti a separarsi da questo schema ternario.

La triade di questi stati permette, per combinazione di essi stessi, l’emergere di diverse filosofie attorno ad esso. Ad esempio se la sequenza procede dal passato al presente e al futuro se ne ha una visione lineare mentre se dal futuro si ripete uno stato isomorfo al passato e così via se ne evince una visione ciclica, circolare, del tempo. Visione lineare e circolare hanno anche contraddistinto tipiche visioni del mondo occidentali (lineari) e orientali (circolari). Nietzsche identificò, con un titanico slancio del pensiero, linea e cerchio, essere e divenire, con il suo eterno ritorno dell’identico. Kant lo definì una “forma a priori della sensibilità” spazializzando il tempo, infatti per Kant il problema fu di dove collocarlo, dentro o fuori dal soggetto. Dal mio punto di vista non è possibile trovare una valida spiegazione sulla natura del tempo senza fuoriuscire da questa visione tridimensionale del tempo.

Il quarto stato temporale

Chi, come i mistici, (od anche Parmenide) e come lo stesso Einstein sulla sua visione finale sul tempo, ritiene vi sia un eterno ed infinito presente immobile, sta sempre reiterando lo stesso modello mentale, questa volta ponendo tutto sul presente. Si potrebbe immaginare infatti che un seme e un fiore coesistono nell’universo in un presente diluito in cui, per una nostra limitatezza organica, vediamo defluire dall’uno all’altro. Ma si mette sempre in gioco una certa visione lineare e ternaria, quella del passato del presente e del futuro. Queste diverse prospettive filosofiche sul tempo sono solo lo spostare l’attenzione su uno dei suoi tre termini, un giocare con essi in diverse combinazioni ma si tratta sempre dello stesso modello mentale. Nei miei studi ho avuto l’ardire di postulare un quarto stato temporale, la quarta dimensione del tempo, immaginando in questo quarto stato temporale un tempo conico, invece che circolare o lineare. A differenza dell’eterno presente dei mistici, che vede immobile il seme e il fiore, eterni e sempre presenti, ma pur distinti, nel quarto stato gli enti sono fusi assieme in uno stesso stato ontologico in cui il seme e il fiore non sono distinti, ma sono la stessa cosa.

A lungo si è parlato di simultaneità temporale mentre qui abbiamo a che fare con una simultaneità spaziale. Le cose potrebbero esistere in questo stato a priori, non ancora distinte in classi o nelle Idee che le rappresentano, e solo successivamente venire scisse nella loro realtà temporale che conosciamo con l’esperienza. Si tratterebbe quindi di una lisi ontologica a monte, precedente alla nostra rappresentazione logica e sensibile. In questo stato ogni cosa è ogni altra e ogni cosa influenzerebbe ogni altra. Come avrebbe detto Plotino nelle Enneadi:

Tutte le cose dipendono l’una dall’altra. Tutto cospira.”

La storia come organismo vivente

Deciso a venire a capo del problema del tempo, negli anni, mi sono spostato dal problema dell’origine dalla vita alla filosofia della storia. Nel mio libro La storia come organismo vivente ho formulato una teoria sul tempo e sulla storia che finalmente ha appagato la mia sete di domande, ma per farlo ho dovuto completamente rovesciare i nostro comune modo di intendere il tempo e la storia. Ancora una volta, come abitualmente faccio nei miei studi, rovescio i termini del discorso. Il tempo, questo sconosciuto, siamo abituati a vederlo e figurarlo come qualcosa di astratto e fluente, forse evanescente, per dirla con Agostino, da me viene visto come un corpo. Un organismo, con un peso, con degli organi. Così nel tempo io vedo un corpo, nella storia un organismo. La teoria prende le mosse da una storia comparata delle civiltà per dedurre che la storia intera è regolata in due fasi che si alternano fra il Principio contrattivo, lunare, indirizzato alla collettività, alla moltitudine e all’uguaglianza, volto all’esterno del soggetto e il Principio espansivo, solare, indirizzato alla volontà del singolo individuo, alla diversità, volto quindi all’interno del soggetto. Monarchie, dittature e rivoluzioni epocali rispondono a questo moto alterno che è una pulsazione: il battito di un cuore. Ne emerge che la storia, tutt’altro che essere un percorso caotico, è invece un organismo vivente, che pensa e “respira”. Tuttavia, questo processo ricorsivo non è fine a sé stesso ma origina un percorso lineare andando a formare quelli che sono gli organi di questo organismo vivente, o altrimenti età della Storia, che qui vengono identificati in sette età.

L’età dell’Essere-della Ragione-della Volontà -dell’Io-del Popolo-del Sogno e della Sapienza. Con la scrittura, Gilgamesh e i Babilonesi ha inizio la prima età. Con i Greci la Ragione, con i Romani la Volontà, con il Rinascimento l’Io, con la rivoluzione francese il popolo. E le età future ancora da venire sono il Sogno e la Sapienza. La visione della storia universale in quest’ottica non è unicamente né circolare né lineare, non è né ricorsiva né finalistica ma è sia circolare che lineare. Il movimento vivente della sua palpitazione ricorsiva determina il formarsi dei suoi organi, necessari alla sua formazione, e questa formazione lineare procede fino alla sua ultima maturità quando la storia vivente ha in sé tutte e sette le sue componenti. I sette organi così formati, le sette età della storia universale, rendono l’organismo completo e maturo. Di conseguenza alle diverse epoche storiche appartengono dei veri e propri organi di un organismo vivente.

Babilonesi → ossa
Greci → sistema nervoso
Romani → arterie
Rinascimento → cuore
Illuminismo → polmoni
Età contemporanea → stomaco
Età futura → reni, sistema endocrino

Come nello schema riassuntivo seguente:

La visione del tutto innovativa che ne emerge è che il tempo non è una linea, né un cerchio che si chiude in sé stesso, piuttosto è un sistema vivente. Più che la somma delle sue componenti, delle sue epoche o, per meglio dire, dei suoi organi, quello che lo rende vivo e attivo è la relazione delle sue componenti. In questo modo si può intendere l’organismo vivente storico poiché dal momento che il tempo è un corpo esso ha anche i suoi organi come un qualsiasi altro organismo.

Le azioni hanno effetti retroattivi: il futuro modifica il passato

In un corpo vivente tutto è in comunicazione con tutto, ogni parte forma un sistema che non può definirsi dalla somma delle sue componenti. È un insieme la qual complessità dipende dalla comunicazione costante di ogni suo organo con gli altri organi. Questi non sono autonomi ma sono interdipendenti a formare appunto il vivente. Se il cuore ha un problema ne risente anche il rene, il sistema nervoso coordina le informazioni di tutto il corpo e lo stato di una parte va a interagire sull’intero sistema modificandolo. Qui si tratta del fatto quindi che, come in un corpo vivente, anche nella storia vivente un epoca non è indipendente dalle altre ma ne viene influenzata e determinata e questo avviene non solo in modo lineare ma anche dal punto di vista retroattivo. Così come nel sovraesposto quarto stato temporale il tempo storico essendo un organismo vivente fa vivere in sé in modo coesistente il passato, il presente e il futuro. Il quarto stato temporale è appunto la storia vivente.

Ovviamente un organo non può mutare la natura di un altro organo. Un rene rimane sempre un rene, può tuttavia mutarne lo stato e trasmettergli informazioni o altrimenti acquisirne. Questo significa che così come noi apprendiamo informazioni sull’epoca romana allo stesso modo i romani possono apprendere da noi informazioni. Sembra assurdo da credere. Ma per quanto sia assurdo questi fenomeni di simmetria temporale accadono già nel livello infinitamente piccolo della materia. Con gli esperimenti della meccanica quantistica si è infatti scoperto che l’informazione sullo stato di un sistema può di fatto “viaggiare indietro nel tempo” per influire sul risultato di una misura compiuta in precedenza. In altre parole la stessa particella subatomica, in base all’esperimento che si vuol fare, determina il suo stato passato.

La percezione che abbiamo noi oggi del medioevo, ad esempio, è assolutamente differente da quella che ne aveva l’uomo rinascimentale. Il termine medioevo è stato infatti coniato nel XV secolo a definire una epoca oscura in contrapposizione alla rinascita del pensiero umano avvenuta con l’umanesimo. Mentre oggi invece sappiamo che il medioevo non è stato così oscuro e retrogrado come lo hanno inteso i rinascimentali, ma anzi, ha conosciuto opere di grande levatura intellettuale. La questione è che nel rinascimento l’uomo si trovava in un punto dell’organismo vivente diverso rispetto ad oggi e le informazioni che scambiava con il medioevo ( appartenente a un altro organo ancora ) si influenzavano a vicenda.

La tesi che qui sostengo, per quanto eretica possa sembrare, è che il medioevo di oggi non è il medioevo del rinascimento. Il medioevo non è finito. Esiste ancora ed è in continuo mutamento. Tutte le epoche storiche vivono ancora nell’arco più generale della storia come organismo vivente. Il nostro modo di pensare un epoca passata è in verità lo stato in cui si trova quell’epoca, come organo, al momento in cui la intendiamo, e intendendola in un modo o nell’altro non stiamo pensando a un passato finito e immodificabile, ma lo stiamo modificando noi in quello stesso momento in cui pensandolo interagiamo con lui. La circonferenza della terra era stata già misurata con estrema precisione da Eratostene secoli prima di Cristo ma dovevamo aspettare Copernico quasi duemila anni dopo affinché Eratostene vivesse di nuovo. La storia non scompare, le età non muoiono, ma siamo noi a generarle in un modo o nell’altro. Le nostre azioni oggi possono modificare le nostre azioni di ieri. Se solo l’uomo uscisse da questa visione lineare del tempo si renderebbe conto delle infinite potenzialità di questa nuova visione del tempo.

Un nostro pensiero oggi può essere recepito da abitanti nel passato, nel remoto passato rispetto agli abitanti dove il pensiero iniziale ha avuto origine. Non c’è linea progressiva nel tempo, nemmeno circolare. Ci sono azioni che vengono percepite in quello che per noi è il passato, e che tuttavia è ancora presente e attivo nell’organismo vivente del tempo. Di conseguenza quello che scrivo non viene letto solo nel futuro ma anche nel passato. Non mi stupirei se i miei scritti venissero letti da un uomo del Rinascimento. Occorre che io abbia cura di usare un linguaggio comprensibile ai miei avi.

Emanuele Franz

20 Comments

  • Dario Lodi 18 Novembre 2017

    Notevole lo sforzo di Emanuele Franz per dire qualcosa di nuovo. Un plauso!

  • Dario Lodi 18 Novembre 2017

    Notevole lo sforzo di Emanuele Franz per dire qualcosa di nuovo. Un plauso!

  • Antonio 19 Novembre 2017

    L’ipotesi di questo autore, che sembra così suggestiva, che il futuro possa influire sul passato, è più che altro la conseguenza di un’impostazione sbagliata o non molto conforme. Di solito si parla del tempo come se fosse un’entità autonoma che possa esistere di per sé, in realtà il tempo è strettamente associato a un fenomeno o a un evento e non potrebbe nemmeno esistere senza di questo, allora è meglio portare l’attenzione sul fenomeno stesso, che è il vero protagonista, invece che sul tempo. In un qualsiasi fenomeno o evento sono sempre potenzialmente presenti i tre modi del tempo, senza per questo che ciò implichi la loro confusione o rimescolamento in un ipotetico quarto stato del tempo che, a ben vedere, non è affatto del tempo, poiché è il fenomeno stesso ad essere a suo modo il quarto, anche se in realtà è il primo, perché con la sua esistenza e il suo inizio ha dato luogo ai tre modi del tempo. Un fenomeno o un evento ha inizio, durante l’esecuzione del fenomeno (il presente) questo inizio diventa il passato e la conclusione del fenomeno diventa il futuro, che è anche il fine o la sua fine. Se il seme, la pianta e il fiore sono lo stesso essere, per quale motivo dovrebbero stare incollati assieme in forma indistinta, più che logica la manifestazione di queste possibilità fatte in sequenza, che appunto per questo fanno intervenire il tempo, perché il tempo riguarda solo il manifestare e non l’essere. Chi concepisce un evento, darà automaticamente luogo ai tre modi del tempo, che corrispondono all’inizio, all’esecuzione e alla fine o al fine. E’ chi ha concepito l’evento ad essere padrone dei tre modi del tempo, e come tale non ha alcun interesse a rimescolare tra loro questi tre modi in nome di un presunto ideale unitario. Certamente si può dire, molto impropriamente, che nel passato è già presente il futuro e nel futuro il passato, ma questo riguarda più che altro il fenomeno o l’evento, più che il tempo. Si concepisce un evento, per esempio, lo spostamento da Milano a Roma, poi si dà luogo a questo evento (lo si manifesta); durante il tragitto (il presente), il punto d’inizio diventerà il passato e il punto d’arrivo il futuro, ma dire che Roma ha condizionato Milano, questo è francamente assurdo, è più logica la tesi opposta, che dice che l’obbiettivo Roma era presente fin dall’inizio a Milano. La concezione dell’andata da Milano a Roma è atemporale, invece la sua realizzazione pratica lo è, richiede l’intervento del tempo, perché la Realtà manifesta è la Realtà dei fenomeni, perciò il tempo riguarda solo il manifestare, non può riguardare l’essere, e siccome oltre la Realtà manifesta c’è anche la Realtà non manifesta, ciò che può esserci di là dal tempo è il “non tempo” e il “senza tempo”, mentre il quarto stato del tempo è solo una teoria di copertura, così come l’indefinito copre e vela l’infinito, gli universi paralleli coprono e velano gli ordini molteplici di realtà e l’immanentismo copre e vela la trascendenza, ciò che si potrebbe chiamare anche imitazione parodistica, o anche proiezione analogica inferiore. Uno che è a Milano può immaginarsi di essere in qualsiasi altro posto, ma se vuole andarci fisicamente, è costretto a manifestare la sua intenzione, con il conseguente intervento del tempo. Un eventuale “teletrasporto” in nessun caso nega la linearità del tempo, la aggira soltanto. La “circolarità” del tempo è un altro equivoco, ogni circolo chiuso è un circolo vizioso e quindi un autocondizionamento. E’ certamente vero che ogni fenomeno, come evento manifestato e quindi soggetto al limite, è vittima di un certo autocondizionamento, ma questo riguarda il fenomeno e non il tempo, che si adegua di conseguenza. L’ “eterno ritorno” è un altro equivoco, è solo un modo di dire, nell’Universo non esistono circoli chiusi ma solo spirali, gli unici circoli chiusi sono le rotondità dei soli e dei pianeti. Una molla composta da molteplici spire è in realtà fatta da un unico filo, che anche se si avvolge su se stesso, ha un capo e una coda.C’è poi il solito modo ambiguo di fare, non potendo portarsi oltre il tempo perché si nega per principio la trascendenza, allora ci si inventa la solita unità orizzontale ottenuta rimescolando i tre modi del tempo; come a dire: non potendo trascendere i tre modi del tempo, allora li si imbastardisce, illudendosi così di aver ottenuto il miracolo della cosa una.

  • Antonio 19 Novembre 2017

    L’ipotesi di questo autore, che sembra così suggestiva, che il futuro possa influire sul passato, è più che altro la conseguenza di un’impostazione sbagliata o non molto conforme. Di solito si parla del tempo come se fosse un’entità autonoma che possa esistere di per sé, in realtà il tempo è strettamente associato a un fenomeno o a un evento e non potrebbe nemmeno esistere senza di questo, allora è meglio portare l’attenzione sul fenomeno stesso, che è il vero protagonista, invece che sul tempo. In un qualsiasi fenomeno o evento sono sempre potenzialmente presenti i tre modi del tempo, senza per questo che ciò implichi la loro confusione o rimescolamento in un ipotetico quarto stato del tempo che, a ben vedere, non è affatto del tempo, poiché è il fenomeno stesso ad essere a suo modo il quarto, anche se in realtà è il primo, perché con la sua esistenza e il suo inizio ha dato luogo ai tre modi del tempo. Un fenomeno o un evento ha inizio, durante l’esecuzione del fenomeno (il presente) questo inizio diventa il passato e la conclusione del fenomeno diventa il futuro, che è anche il fine o la sua fine. Se il seme, la pianta e il fiore sono lo stesso essere, per quale motivo dovrebbero stare incollati assieme in forma indistinta, più che logica la manifestazione di queste possibilità fatte in sequenza, che appunto per questo fanno intervenire il tempo, perché il tempo riguarda solo il manifestare e non l’essere. Chi concepisce un evento, darà automaticamente luogo ai tre modi del tempo, che corrispondono all’inizio, all’esecuzione e alla fine o al fine. E’ chi ha concepito l’evento ad essere padrone dei tre modi del tempo, e come tale non ha alcun interesse a rimescolare tra loro questi tre modi in nome di un presunto ideale unitario. Certamente si può dire, molto impropriamente, che nel passato è già presente il futuro e nel futuro il passato, ma questo riguarda più che altro il fenomeno o l’evento, più che il tempo. Si concepisce un evento, per esempio, lo spostamento da Milano a Roma, poi si dà luogo a questo evento (lo si manifesta); durante il tragitto (il presente), il punto d’inizio diventerà il passato e il punto d’arrivo il futuro, ma dire che Roma ha condizionato Milano, questo è francamente assurdo, è più logica la tesi opposta, che dice che l’obbiettivo Roma era presente fin dall’inizio a Milano. La concezione dell’andata da Milano a Roma è atemporale, invece la sua realizzazione pratica lo è, richiede l’intervento del tempo, perché la Realtà manifesta è la Realtà dei fenomeni, perciò il tempo riguarda solo il manifestare, non può riguardare l’essere, e siccome oltre la Realtà manifesta c’è anche la Realtà non manifesta, ciò che può esserci di là dal tempo è il “non tempo” e il “senza tempo”, mentre il quarto stato del tempo è solo una teoria di copertura, così come l’indefinito copre e vela l’infinito, gli universi paralleli coprono e velano gli ordini molteplici di realtà e l’immanentismo copre e vela la trascendenza, ciò che si potrebbe chiamare anche imitazione parodistica, o anche proiezione analogica inferiore. Uno che è a Milano può immaginarsi di essere in qualsiasi altro posto, ma se vuole andarci fisicamente, è costretto a manifestare la sua intenzione, con il conseguente intervento del tempo. Un eventuale “teletrasporto” in nessun caso nega la linearità del tempo, la aggira soltanto. La “circolarità” del tempo è un altro equivoco, ogni circolo chiuso è un circolo vizioso e quindi un autocondizionamento. E’ certamente vero che ogni fenomeno, come evento manifestato e quindi soggetto al limite, è vittima di un certo autocondizionamento, ma questo riguarda il fenomeno e non il tempo, che si adegua di conseguenza. L’ “eterno ritorno” è un altro equivoco, è solo un modo di dire, nell’Universo non esistono circoli chiusi ma solo spirali, gli unici circoli chiusi sono le rotondità dei soli e dei pianeti. Una molla composta da molteplici spire è in realtà fatta da un unico filo, che anche se si avvolge su se stesso, ha un capo e una coda.C’è poi il solito modo ambiguo di fare, non potendo portarsi oltre il tempo perché si nega per principio la trascendenza, allora ci si inventa la solita unità orizzontale ottenuta rimescolando i tre modi del tempo; come a dire: non potendo trascendere i tre modi del tempo, allora li si imbastardisce, illudendosi così di aver ottenuto il miracolo della cosa una.

  • Evaristo 21 Novembre 2017

    Quindi Antonio, lei ha letto fino in fondo il libro del Dr. Franz? Ha sicuramente letto il libro per poter pubblicare un simile commento della sua opinione contraria al suo lavoro. Dico bene?

  • Evaristo 21 Novembre 2017

    Quindi Antonio, lei ha letto fino in fondo il libro del Dr. Franz? Ha sicuramente letto il libro per poter pubblicare un simile commento della sua opinione contraria al suo lavoro. Dico bene?

  • Lorenzo Peyrani 22 Novembre 2017

    Bello, un libro in controcorrente pieno di stimoli. Bravo Franz!
    Bella d’altra parte (anche se negativa) la critica di Antonio. Purtroppo però mi sembra che ci sia una confusione che porta l’analisi sull’impostazione (molto attenta) del secondo a criticare aspetti di cui probabilmente al primo non importa un fico secco. E cerco di spiegarmi.
    Franz non sta facendo Ontologia, bensì Metafisica.
    Io per esempio concordo con Antonio quando scrive che “chi concepisce un evento darà automaticamente luogo ai tre modi del tempo, che corrispondono all’inizio, all’esecuzione e alla fine o al fine”, ma proprio per questo non sono d’accordo con lui quando scrive “chi ha concepito l’evento è padrone dei tre modi del tempo”. Qui mi sembra che ci si confonda. Non è che Franz sostenga che il Tempo abbia un’Essenza Originaria e che non sia chi concepisce l’evento ad assegnargliela: però proprio su quell'”automaticamente” si inserisce il suo discorso. La “trascendentalità” di questa triplice divisione di qualsiasi fenomeno è legittima? Può, metafisicamente, il soggetto servirsi di altri concetti per Essentizzare (cioè assegnare l’Essenza) diversamente la Causalità (e la Finalità, e qualunque altra Cosa)?
    Mettere insieme pere e mele potrà anche essere una modalità tipica del pensiero umano, però ciò non significa che questo procedimento non possa essere filosoficamente mondato così da portare gli uomini a interrogarsi facendosi le giuste domande e lasciar perdere quelle oziose. “Chiarificare il Linguaggio” secondo alcuni è il vero scopo della Filosofia. Allora ecco che la chiarificazione di termini quali Tempo, Causa, Effetto ecc ha molto a che fare con Fisica e Ontologia ma non si tratta di nessuna delle due cose. La decostruzione dei nostri abituali concetti avviene per purificare il Linguaggio.
    Ogni volta che noi trattiamo una differenza (come un segmento, un periodo temporale o una lunghezza d’onda) confondiamo sistematicamente la differenza stessa in questione coi due vertici che ci servono per identificarla. Per esempio, per parlare del segmento AB io uso A e B che sono due punti e non lunghezze. Questo “logocentrismo” del linguaggio è talmente pervicace da confondere praticamente ogni nostro discorso; è paragonabile alla maledizione divina seguita al tentativo di costruire la Torre di Babele. Ed è tutta qua la “trascendentalità” della triplice (“automatica”?) divisione del fenomeno. Un errore logico, una somma mele+pere, di questo si tratta.
    Il lavoro di Franz non è male impostato. L’attacco alla forma trinitaria archetipica è un grande sforzo concettuale e non va ridotto a una mera speculazione scientifica: non c’è un esperimento che debba provare o confutare quello che dice, ma siamo noi che dobbiamo prenderci il Tempo 😉 di lasciare che i concetti nuovi siano vivificati dall’uso, invece di trattarli come tante “aspiranti verità”, confondendo mappa e territorio.
    Questi i miei due penny; Antonio: mi piacerebbe molto proseguire insieme il discorso perché mi sembra che tu abbia una sensibilità molto interessante. Dopodiché, bravo Franz, ancora una volta.

    • Antonio 24 Novembre 2017

      Grazie dell’apprezzamento; se Franz fa della metafisica, allora io dovrei essere un filosofo, mi sembra più vero l’opposto. In realtà io non mi considero affatto un filosofo, anzi, odio la filosofia, quando mi interesso di filosofia lo faccio solo per criticarla e limitarla o delimitarla.

      • Lorenzo Peyrani 26 Novembre 2017

        Criticare e delimitare la filosofia sono proprio le attività del Filosofo, credo; è chi non le riconosce un campo di pertinenza ad essere suo nemico.

  • Lorenzo Peyrani 22 Novembre 2017

    Bello, un libro in controcorrente pieno di stimoli. Bravo Franz!
    Bella d’altra parte (anche se negativa) la critica di Antonio. Purtroppo però mi sembra che ci sia una confusione che porta l’analisi sull’impostazione (molto attenta) del secondo a criticare aspetti di cui probabilmente al primo non importa un fico secco. E cerco di spiegarmi.
    Franz non sta facendo Ontologia, bensì Metafisica.
    Io per esempio concordo con Antonio quando scrive che “chi concepisce un evento darà automaticamente luogo ai tre modi del tempo, che corrispondono all’inizio, all’esecuzione e alla fine o al fine”, ma proprio per questo non sono d’accordo con lui quando scrive “chi ha concepito l’evento è padrone dei tre modi del tempo”. Qui mi sembra che ci si confonda. Non è che Franz sostenga che il Tempo abbia un’Essenza Originaria e che non sia chi concepisce l’evento ad assegnargliela: però proprio su quell'”automaticamente” si inserisce il suo discorso. La “trascendentalità” di questa triplice divisione di qualsiasi fenomeno è legittima? Può, metafisicamente, il soggetto servirsi di altri concetti per Essentizzare (cioè assegnare l’Essenza) diversamente la Causalità (e la Finalità, e qualunque altra Cosa)?
    Mettere insieme pere e mele potrà anche essere una modalità tipica del pensiero umano, però ciò non significa che questo procedimento non possa essere filosoficamente mondato così da portare gli uomini a interrogarsi facendosi le giuste domande e lasciar perdere quelle oziose. “Chiarificare il Linguaggio” secondo alcuni è il vero scopo della Filosofia. Allora ecco che la chiarificazione di termini quali Tempo, Causa, Effetto ecc ha molto a che fare con Fisica e Ontologia ma non si tratta di nessuna delle due cose. La decostruzione dei nostri abituali concetti avviene per purificare il Linguaggio.
    Ogni volta che noi trattiamo una differenza (come un segmento, un periodo temporale o una lunghezza d’onda) confondiamo sistematicamente la differenza stessa in questione coi due vertici che ci servono per identificarla. Per esempio, per parlare del segmento AB io uso A e B che sono due punti e non lunghezze. Questo “logocentrismo” del linguaggio è talmente pervicace da confondere praticamente ogni nostro discorso; è paragonabile alla maledizione divina seguita al tentativo di costruire la Torre di Babele. Ed è tutta qua la “trascendentalità” della triplice (“automatica”?) divisione del fenomeno. Un errore logico, una somma mele+pere, di questo si tratta.
    Il lavoro di Franz non è male impostato. L’attacco alla forma trinitaria archetipica è un grande sforzo concettuale e non va ridotto a una mera speculazione scientifica: non c’è un esperimento che debba provare o confutare quello che dice, ma siamo noi che dobbiamo prenderci il Tempo 😉 di lasciare che i concetti nuovi siano vivificati dall’uso, invece di trattarli come tante “aspiranti verità”, confondendo mappa e territorio.
    Questi i miei due penny; Antonio: mi piacerebbe molto proseguire insieme il discorso perché mi sembra che tu abbia una sensibilità molto interessante. Dopodiché, bravo Franz, ancora una volta.

    • Antonio 24 Novembre 2017

      Grazie dell’apprezzamento; se Franz fa della metafisica, allora io dovrei essere un filosofo, mi sembra più vero l’opposto. In realtà io non mi considero affatto un filosofo, anzi, odio la filosofia, quando mi interesso di filosofia lo faccio solo per criticarla e limitarla o delimitarla.

      • Lorenzo Peyrani 26 Novembre 2017

        Criticare e delimitare la filosofia sono proprio le attività del Filosofo, credo; è chi non le riconosce un campo di pertinenza ad essere suo nemico.

  • Lorenzo Peyrani 22 Novembre 2017

    “What happens when a new work of art is created is something that happens simultaneously to all the works of art which preceded it.”

    TS Eliot

  • Lorenzo Peyrani 22 Novembre 2017

    “What happens when a new work of art is created is something that happens simultaneously to all the works of art which preceded it.”

    TS Eliot

  • Elena 22 Novembre 2017

    Ho letto tutti i libri del Franz.

    Ne cito solo alcuni: “Noumenologia”, “Il Risveglio di Gregorio”, “Le basi esoteriche della microbiologia”, “La storia come organismo vivente”. Lo seguo nelle diverse originali iniziative da Lui proposte, come ad esempio “Il Premio Audax”.

    Perché fremo nell’attesa di una Sua nuova Opera?

    Perché nonostante io sia curiosa ed affamata di nuove Idee, come molti che seguono questo blog o che vi sono incappati, non riesco a placare questa fame attraverso autori più rinomati né tanto meno pubblicazioni accademiche. Trovo la stragrande maggioranza di tali scritti noiosi, in genere un esercizio linguistico o, ben che vada, un collage di idee di altri, magari rimaneggiate ma pur sempre già lette e già sentite, sostanzialmente autoreferenziali.

    Il Franz, invece, sta all’Italia Nord-Orientale come il Mistral sta alla Provenza.

    Ed i confini del primo territorio potrebbe essere, ragionevolmente, di gran lunga ampliati.

    Traccio dunque un minimo comun denominatore rispetto all’accoglienza di ogni nuova Idea del Franz, attraverso un percorso tipico: prima viene ignorata, soprattutto da Istituzioni e da chi avrebbe il potere di divulgarla, qualche volta viene derisa, poi viene combattuta ed infine provano a sostenere che “già si sapeva”.

    Ma possono solo provare a sminuire la portata innovativa delle Idee del Franz poiché, di fatto, ognuna di queste Idee è del tutto originale, frutto di un pensiero laterale che i più nemmeno immaginano, intuitiva. Questo mio sentire è avvalorato da opinioni ben più autorevoli della mia, riporto solo qualche esempio:

    “Franz deve essere sicuramente la reincarnazione di qualche grande filosofo perché ciò che scrive non l’ha appreso sui libri ma lo sa già.” Paolo Maurensig

    “Questa teoria sembra aprire completamente nuovi orizzonti.” Noam Chomsky, riferendosi a “Le basi esoteriche della microbiologia”.

    Il coraggio e la volontà del Franz, evidenti in ogni Suo scritto, sono concetti considerati vetusti ai giorni nostri, tali parole nemmeno si usano più: proprio perché inusuali io li trovo fonte di ossigeno puro nel mondo filosofico ed anche letterario e potenzialmente promotori di cambiamento.

    Anche in questo articolo, come negli altri suoi scritti, sarebbe utile prestare “Ascolto” a ciò che il Franz vuole comunicare, emancipandosi da lacci e lacciuoli della necessità di affermare il proprio punto di vista. Per cogliere ed apprezzare appieno la portata innovativa di tale Pensiero è necessario sospendere il Giudizio e, nel silenzio, rendersi psicologicamente disponibili al mondo del Franz, aiutati anche dal Suo modo di comunicare onesto e fluido, a tratti commovente.

    Se ne potrà trarre cibo per la mente e balsamo per il cuore.

  • Elena 22 Novembre 2017

    Ho letto tutti i libri del Franz.

    Ne cito solo alcuni: “Noumenologia”, “Il Risveglio di Gregorio”, “Le basi esoteriche della microbiologia”, “La storia come organismo vivente”. Lo seguo nelle diverse originali iniziative da Lui proposte, come ad esempio “Il Premio Audax”.

    Perché fremo nell’attesa di una Sua nuova Opera?

    Perché nonostante io sia curiosa ed affamata di nuove Idee, come molti che seguono questo blog o che vi sono incappati, non riesco a placare questa fame attraverso autori più rinomati né tanto meno pubblicazioni accademiche. Trovo la stragrande maggioranza di tali scritti noiosi, in genere un esercizio linguistico o, ben che vada, un collage di idee di altri, magari rimaneggiate ma pur sempre già lette e già sentite, sostanzialmente autoreferenziali.

    Il Franz, invece, sta all’Italia Nord-Orientale come il Mistral sta alla Provenza.

    Ed i confini del primo territorio potrebbe essere, ragionevolmente, di gran lunga ampliati.

    Traccio dunque un minimo comun denominatore rispetto all’accoglienza di ogni nuova Idea del Franz, attraverso un percorso tipico: prima viene ignorata, soprattutto da Istituzioni e da chi avrebbe il potere di divulgarla, qualche volta viene derisa, poi viene combattuta ed infine provano a sostenere che “già si sapeva”.

    Ma possono solo provare a sminuire la portata innovativa delle Idee del Franz poiché, di fatto, ognuna di queste Idee è del tutto originale, frutto di un pensiero laterale che i più nemmeno immaginano, intuitiva. Questo mio sentire è avvalorato da opinioni ben più autorevoli della mia, riporto solo qualche esempio:

    “Franz deve essere sicuramente la reincarnazione di qualche grande filosofo perché ciò che scrive non l’ha appreso sui libri ma lo sa già.” Paolo Maurensig

    “Questa teoria sembra aprire completamente nuovi orizzonti.” Noam Chomsky, riferendosi a “Le basi esoteriche della microbiologia”.

    Il coraggio e la volontà del Franz, evidenti in ogni Suo scritto, sono concetti considerati vetusti ai giorni nostri, tali parole nemmeno si usano più: proprio perché inusuali io li trovo fonte di ossigeno puro nel mondo filosofico ed anche letterario e potenzialmente promotori di cambiamento.

    Anche in questo articolo, come negli altri suoi scritti, sarebbe utile prestare “Ascolto” a ciò che il Franz vuole comunicare, emancipandosi da lacci e lacciuoli della necessità di affermare il proprio punto di vista. Per cogliere ed apprezzare appieno la portata innovativa di tale Pensiero è necessario sospendere il Giudizio e, nel silenzio, rendersi psicologicamente disponibili al mondo del Franz, aiutati anche dal Suo modo di comunicare onesto e fluido, a tratti commovente.

    Se ne potrà trarre cibo per la mente e balsamo per il cuore.

  • Mo 13 Luglio 2021

    Non conosco i libri del Dottor E. Franz, ma l’ipotesi che dal futuro si modifichi il passato è suggestiva; come, d’altro canto, lo sarebbe anche l’inverso, e cioè che dal passato si modifichi il futuro. Forse, l’una e l’altra cosa stanno già avvenendo, anche se ordinariamente non ne siamo consapevoli, o soltanto alcuni lo sono. Non è affatto detto che questa consapevolezza ricada sotto la comune coscienza, ma bensì sotto una coscienza opportunamente addestrata, e se per ipotesi fosse vero che possediamo, e normalmente mettiamo in atto, la facoltà di modificare il passato dal futuro e viceversa, saremmo autorizzati a “reimpostare fin dall’inizio il problema” concentrandosi esclusivamente, non sul fatto che la Natura agisca in questo modo, ma sul come ciò possa accadere e sul perché normalmente uno non si accorga che ciò accade. Se io, ad esempio, in passato ho compiuto un gesto di cui oggi mi pento, e sto lavorando per porre rimedio da ora in poi ai danni che a suo tempo produssi, questo mio antico gesto può in qualche modo venire cancellato? E con esso anche la memoria di colui al quale avessi recato offesa? Ed anche le eventuali cicatrici che all’epoca gli avessi lasciato sul corpo potrebbero sparire anch’esse? E tutta la catena di relazioni alla quale lui ed io, a partire da quell’episodio, abbiamo dato luogo nel mondo intero, verrebbe modificata? La risposta a tutte queste domande potrebbe non essere una serie di decisi “no”. Ma forse a questo punto si potrebbe anche abbandonare la nozione di tempo. Se il tempo non esistesse, allora non esisterebbe neppure la distinzione passato/futuro; esisterebbe solo un fluire di eventi verso un attimo presente senza tempo, eventi che sono tuttavia in eterno mutamento, eternamente suscettibili di essere cancellati e/o sostituiti, insomma mai niente di stabile e di definitivo, inclusa la memoria di essi e l’aspettativa per essi; eventi nei quali la distinzione fra passato e futuro non avrebbe più senso. Ma nel parlare così vi è ancora temporalità, e allora forse sarebbe più opportuno dire (pensare) che la nostra coscienza è uno strumento di configurazione del mondo e delle cose in perpetuo mutamento. E che questa configurazione crea, muta ed elimina gli eventi che riguardano noi e gli altri, inclusi ricordi e aspettative, togliendo qualsiasi reale significato alla sequenzialità, o causalità temporale. Si, l’ipotesi del Dottor Franz è davvero ispirante.

  • Mo 13 Luglio 2021

    Non conosco i libri del Dottor E. Franz, ma l’ipotesi che dal futuro si modifichi il passato è suggestiva; come, d’altro canto, lo sarebbe anche l’inverso, e cioè che dal passato si modifichi il futuro. Forse, l’una e l’altra cosa stanno già avvenendo, anche se ordinariamente non ne siamo consapevoli, o soltanto alcuni lo sono. Non è affatto detto che questa consapevolezza ricada sotto la comune coscienza, ma bensì sotto una coscienza opportunamente addestrata, e se per ipotesi fosse vero che possediamo, e normalmente mettiamo in atto, la facoltà di modificare il passato dal futuro e viceversa, saremmo autorizzati a “reimpostare fin dall’inizio il problema” concentrandosi esclusivamente, non sul fatto che la Natura agisca in questo modo, ma sul come ciò possa accadere e sul perché normalmente uno non si accorga che ciò accade. Se io, ad esempio, in passato ho compiuto un gesto di cui oggi mi pento, e sto lavorando per porre rimedio da ora in poi ai danni che a suo tempo produssi, questo mio antico gesto può in qualche modo venire cancellato? E con esso anche la memoria di colui al quale avessi recato offesa? Ed anche le eventuali cicatrici che all’epoca gli avessi lasciato sul corpo potrebbero sparire anch’esse? E tutta la catena di relazioni alla quale lui ed io, a partire da quell’episodio, abbiamo dato luogo nel mondo intero, verrebbe modificata? La risposta a tutte queste domande potrebbe non essere una serie di decisi “no”. Ma forse a questo punto si potrebbe anche abbandonare la nozione di tempo. Se il tempo non esistesse, allora non esisterebbe neppure la distinzione passato/futuro; esisterebbe solo un fluire di eventi verso un attimo presente senza tempo, eventi che sono tuttavia in eterno mutamento, eternamente suscettibili di essere cancellati e/o sostituiti, insomma mai niente di stabile e di definitivo, inclusa la memoria di essi e l’aspettativa per essi; eventi nei quali la distinzione fra passato e futuro non avrebbe più senso. Ma nel parlare così vi è ancora temporalità, e allora forse sarebbe più opportuno dire (pensare) che la nostra coscienza è uno strumento di configurazione del mondo e delle cose in perpetuo mutamento. E che questa configurazione crea, muta ed elimina gli eventi che riguardano noi e gli altri, inclusi ricordi e aspettative, togliendo qualsiasi reale significato alla sequenzialità, o causalità temporale. Si, l’ipotesi del Dottor Franz è davvero ispirante.

  • Germano 14 Ottobre 2021

    Dopo queste letture si è rafforzata la mia fede con particolare riguardo alla comunione dei santi.
    Come noi preghiamo i nostri defunti che ci aiutino nel presente, sono sicuro che anche loro ci preghino per modificare e correggere i loro errori del passato.
    Come noi possiamo pregare le generazioni future ad aiutarci nel presente anche le generazione future possono pregarci
    di non fare errori ovvero di correggere eventuali errori che possano cambiare in meglio la loro vita.
    Capisco di non avere un linguaggio né filosofico né scientifico ma sono convinto che le varie forme di comunicazione hanno un comune denominatore, ovvero il tentativo di scoprire una verità che ci aiuti a vivere meglio nel mondo.

  • Germano 14 Ottobre 2021

    Dopo queste letture si è rafforzata la mia fede con particolare riguardo alla comunione dei santi.
    Come noi preghiamo i nostri defunti che ci aiutino nel presente, sono sicuro che anche loro ci preghino per modificare e correggere i loro errori del passato.
    Come noi possiamo pregare le generazioni future ad aiutarci nel presente anche le generazione future possono pregarci
    di non fare errori ovvero di correggere eventuali errori che possano cambiare in meglio la loro vita.
    Capisco di non avere un linguaggio né filosofico né scientifico ma sono convinto che le varie forme di comunicazione hanno un comune denominatore, ovvero il tentativo di scoprire una verità che ci aiuti a vivere meglio nel mondo.

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