11 Ottobre 2024
Politica

Primi fuochi di guerriglia (chi la fa, l’aspetti) – Umberto Bianchi

Urlano e strillano le nostre ochette buoniste, come non mai. L’indicibile, l’evento cataclismatico, il tanto temuto giorno, è venuto. Dopo il codino subire anni di soprusi, violenze e prepotenze d’ogni tipo da parte della dilagante presenza di una multicolore truppa di stranieri abusivamente sbarcati ed altrettanto abusivamente insediatisi sul territorio di un paese sovrano, con la compiacenza di politici e padroncini venduti ai Poteri Forti, qualcosa che “loro”non si aspettavano proprio, si è invece verificato.

All’indomani dell’orrenda fine di una connazionale di soli diciotto anni, squartata dopo esser stata forse uccisa dalla “dose letale”, amorevolmente vendutale da un “immigrato/invasore” nigeriano, un giovane italiano, in preda ad un acceso di rabbia, ha ferito a colpi d’arma da fuoco sei persone, per lo più “migranti” africani. Ed allora giù urla, strilli, condanne, comitati per l’ordine pubblico…addirittura l’Europa del circo di Bruxelles ha avuto da dire la sua sulla vicenda.

Certo, sparare non è né bello, né rappresenta il massimo della legalità, anzi. Ma, d’altronde, cosa altro potevamo aspettarci in un paese attanagliato da una crisi economica oramai senza uscita, a cui, tanto per dare un ulteriore colpo di grazia, è stato conferito l’incomodo ruolo di caritatevole ostello per turme di poveri, emarginati, malati, prostitute, criminali, pederasti ed avventurieri di mezzo mondo? Cosa potevamo, dunque, aspettarci con gente che campa sulle spalle di una cittadinanza sempre più immiserita ed indebitata, grazie a sovvenzioni, regalie e quant’altro? Gente che vive, tra l’altro, ai margini della società, attraverso espedienti che, troppo spesso, degenerano in una impressionante serie di crimini.

Furti, spaccio, violenze carnali ed ora, dulcis in fundo, l’orrenda fine di una giovane connazionale, forse morta per una dose letale, ma impietosamente fatta sparire nel più orrido dei modi, perché si potesse far sparire ogni traccia di quell’imprevisto incidente di percorso, dal brillante curriculum di un solerte spacciatore nigeriano. Anzi. La reazione del giovane ed avventato maceratese si è anche verificata con sin troppo ritardo, su quelle che dovrebbero essere le normali “tabelle di marcia” della reattività di un popolo, da troppi anni oramai, frustrato dalla invadente ed incontrollata presenza di stranieri, la cui sgradita presenza è stata imposta, tramite un’operazione di forzoso ed innaturale innesto, da un ceto politico, totalmente asservito ai “desiderata” dei Poteri Forti. Più Europa, meno frontiere, più immigrazione, meno benessere. Nei fatti, questo sembra essere il devastante programma a cui Lor Signori stanno cercando, in tutti i modi, di farci assuefare. Ma, come la Storia dovrebbe insegnarci, esistono degli elementi imprevisti ed imprevedibili, che sfuggono ad ogni logica o, quantomeno, a quelle forme di logica unicamente dettate da una visione superficiale e minimalista delle cose. Qualche imbecille sostiene che la multiculturalità o multirazzialità che dir si voglia, è, oramai, indissolubilmente iscritta nel destino di quelle genti europee, troppo vecchie e rammollite da decenni di benessere per reagire e che, pertanto, la piccola Europa, dovrebbe rassegnarsi ad un destino di subalternità davanti ai cosiddetti “paesi emergenti” ed alle loro maggiori risorse umane e geopolitiche.

Discorsi che fanno leva sull’ignoranza di determinati fattori storici, tipo quello di un continente il cui Dna o fenotipo genetico che dir si voglia è, da tempo immemorabile, rappresentato dalla razza europide, bianca o caucasica che dir si voglia, indoeuropea e non, ma sempre e comunque, bianca. Nel corso della sua lunghissima storia, l’Europa ha subito invasioni di tutti i tipi e generi. Quelle perpetrate da popoli extraeuropei si sono, però, sempre concluse con la disfatta finale di questi ultimi, magari anche dopo secoli, come avvenuto con gli Arabi in Andalusia o in Sicilia nell’Evo Medio. Le popolazioni barbare che penetrarono nell’Impero Romano, sino a stravolgerne vita ed istituzioni, essendo anch’esse indoeuropee, finirono con l’incardinarsi nell’humus spirituale,contribuendo alla genesi delle nazionalità europee, così come le conosciamo oggi. Allora di fronte al dato obiettivo di millenni e millenni di civiltà europea “bianca” o europide che dir si voglia, si dovrebbe avere l’onestà intellettuale di porsi la domanda su come ciò sia stato possibile.

La risposta sta nella collaudata capacità degli europei e degli occidentali di saper cadere e rinascere senza soluzione di continuità, assorbendo o agglutinando, sino a far sparire totalmente o quasi, tutte quelle genti e culture non europee che, nel corso dei millenni, hanno tentato di affacciarsi sul proscenio del cosiddetto “Vecchio Continente”. E questo, a costo di soluzioni non sempre indolori, anzi. Pertanto, di fronte ai millenni della nostra Storia, bisognerebbe chiedersi se, quanto si sta ad oggi verificando con i cosiddetti “ migranti”, altri non sia che un momento degli ultimi quaranta/cinquanta anni di una vicenda di ben altra portata e se, non sia il caso di correre ai rimedi, prima che si verifichi un’altra di quelle epocali tragedie, a cui la nostra lunga storia ci ha abituati.

Non è con la repressione buonista, né con una persuasione mediatica da strapazzo che si fermano determinate dinamiche storiche. La “piccola” Europa è, da tempo immemorabile, sede di Dei, Dee ed Eroi, fondatori di città ed intere civiltà. Lo sguardo sull’Europa è, in verità, lo sguardo su una silenziosa schiera di archetipi viventi, in Italia ed in Grecia, in particolare. Ogni qualvolta Europa ha corso pericoli dall’esterno, ha saputo trovare la forza di rialzarsi e reagire, proprio in quegli archetipi che sembravano essere lontani ed assenti. Così fu alle Termopili, quando il gigantesco Impero Persiano le prese di santa ragione dalle piccole, ma coese “poleis” elleniche. Così fu per Cartagine che, con Annibale, pensava di fare di Roma uno scalo portuale mediorientale, alle dirette dipendenze della sponda nordafricana del mare Nostrum. Così fu a Poitiers quando le ordinate ed eleganti cavallerie islamiche, ce le presero dai più rozzi guerrieri Svevi e Burgundi. E fu anche così, quando i Serbi di Krajna ressero l’urto delle orde turche in avanzata verso Vienna o quando, a Lepanto, l’Europa umiliò e colò definitivamente a picco la flotta ottomana e le rispettive speranze di far del nostro continente una “dependance” islamica.

Quello degli ultimi sessant’anni di liberal democrazia buonista, rappresenta solamente un momento, un soffio nella millenaria storia europea. Un fisiologico momento di “defaillance” seguito a due conflitti mondiali ed ai precedenti decenni di guerre “urbi et orbi”. Non è la prima volta che il nostro Continente, si sveglia d’improvviso e si trasforma in una colossale macchina di morte, in un immenso campo di battaglia, da cui non esiste possibilità di fuga alcuna. Quei colpi di pistola, sparati in quel di Macerata, quasi a casaccio, altri non sono che i primi seri, segnali di una rivolta che, ben presto potrebbe assumere, con le incipienti tensioni sociali, ben altro e più grave tenore ed, oltretutto, dovrebbero far capire a tutti che è iniziata la fine di un’epoca. Che se ne avvedessero le nostre sciagurate classi politiche e che, al posto di uno smielato e deleterio buonismo, torni a far capolino il buon senso. Il liberismo globale, il buonismo, l’egualitarismo idiota e livellatore, l’edonismo fine a sé stesso, hanno i giorni, anzi, le ore, contati. Smantellare pezzo per pezzo le scelte neoliberiste e globali, dovrebbe divenire l’imperativo categorico della politica prossima ventura.

Coloro che sinora hanno brigato per mantenere inalterato l’attuale andazzo, alla luce di certi episodi dovrebbero avere l’onestà intellettuale di capire di avere sbagliato ed iniziare a porre rimedio. Dovrebbero, ma non lo faranno mai, per una forma di strana malafede accompagnata ad una conclamata e patologica imbecillità senile chiamata “buonismo”. Questa “lue” dell’anima occidentale importata dalle sponde del Mediterraneo Orientale, da genti che del commercio sleale, della malversazione e dell’usura (agli altri, sic!) avevano fatto la propria unica risorsa materiale e spirituale e che, già, aveva colato a picco l’Impero Romano, oggi va ripresentandosi in forme nuove ed inedite ma, pur tuttavia, antichissime. Ieri le sponde orientali del Mare Nostrum, oggi quelle orientali dell’Atlantico, a Wall Street. Il denaro prodotto dal nulla e prestato a tasso maggiorato sulla pelle dei popoli frutta, eccome. Cacciare via interi popoli dalle proprie terre, come ora accade in Africa, per farli soppiantare da ipertecnologiche e aziende, sede di multinazionali, sponsorizzate da “fondi sovrani” americani, cinesi, britannici o francesi, frutta eccome. Come anche il pianto, nella veste di quella continua ed oscena giaculatoria buonista, che tanto ricorda il sinistro latrato di una iena pronta a scagliarsi su una vittima, quello, statene tranquilli, frutta sempre. Il vittimismo che a lui si accompagna, rivela la peggiore delle menzogne: quella di chi vuole nascondere l’essenza della vita, imperniata su un anelito di potenza al di là del bene e del male, nel nome di una visione edulcorata ed ipocrita del mondo.

Ed allora, cari buonisti, non aspettatevi nulla di buono da questo tormentato scorcio di nuovo millennio. Se credevate che i popoli europei si lasciassero distruggere,umiliare, schiavizzare impunemente, senza reagire, allora vi sbagliate di grosso. Se credete di fermare la Storia con divieti, faccette truci e proclami altisonanti, allora si vede che non avete capito proprio nulla. Macerata è il primo, spontaneo squillo di un qualcosa che, voi, e solo voi, avete evocato con politiche folli e suicide ed il cui insostenibile prezzo stanno pagando i popoli europei. Ed allora, lasciamo pure che l’eterno ruota del Samsara della Storia torni a girare ed Europa torni ad essere quello che sempre è stata e sempre sarà. Al di là di momenti, contingenze epocali e dei vostri stessi pianterelli. Tanto non vi crede più nessuno….

UMBERTO BIANCHI

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