Tra i molteplici temi che hanno svolto un ruolo evocativo per quel movimento culturale conosciuto come ‘Rivoluzione Conservatrice’, che ha svolto un ruolo non marginale in Germania nel periodo tra le due guerre mondiali, si può annoverare la ‘guerra dei contadini’, ovvero quella serie di tumulti avvenuti tra il 1524 e il 1526 nel cuore del Sacro Romano Impero sfociati in qualcosa di ben più grande prima di essere poi soffocati nel sangue. Passata alla storia appunto con l’epiteto di guerra, essa si diversificò dalle precedenti rivolte per il numero degli individui mobilitato, per l’estensione geografica delle zone coinvolte e per la radicalità delle rivendicazioni. Anticipazioni della stessa possono essere rintracciate nella formazione del Bunschuh (ovvero Lega dello scarpone) nel 1513 e nella rivolta dell’Armer Konrad nel 1514. Ma il suo prodo
La guerra dei contadini inizia nel 1524 con una serie di sommosse di rustici che all’inizio dell’anno seguente si organizzano in schiere armate (haufen). Al comando del più famoso, lo Schwarzer Haufen, troviamo l’ex condottiero dei lanzichenecchi Floryan Geyer (1490-1525). Nobile di nascita, aderente alla riforma luterana che aveva creato il sostrato culturale per le rivolte (anche se poi Lutero condannerà violentemente gli insorti ed i loro propositi), egli reclamava il ristabilimento del potere imperiale, la destituzione dei principi e il sequestro dei beni ecclesiastici. Morirà il 9 giugno del 1525, assassinato a Rimpar dopo esser scampato alla distruzione del castello di Ingolstadt, dove aveva organizzato l’ultima resistenza del Battaglione Nero. Il suo nome vivrà nella leggenda. Altra figura carismatica ripresa poi dai rivoluzionar-conservatori nel XX secolo fu quella di Gotz von Berlichingen (1480-1562) che con un arto di ferro a sostituzione del braccio destro perso nel 1508 in battaglia comandò i ribelli nel distretto di Odenwald contro i principi del Sacro Romano Impero. I nomi di Geyer, von Berlichingen, di von Hutten e di von Sickingen ricorreranno più volte negli scritti di Arthur Moeller van der Bruck (figura di riferimento dei jungkorservativen e centrale nella RC), dello storico Friedrich Stieve o del popolare scrittore Hermann Lons. Sia detto per inciso, a Gotz von Berlichinger e Floryan Geyer, eroi conosciuti da tutte le fasce della popolazione vennero intitolate altrettante divisioni delle Waffen SS durante la seconda guerra mondiale, con buona pace di chi nega ogni collegamento tra la Rivoluzione Conservatrice ed il successivo regime nazionalsocialista.
Un’urbanizzazione che erodeva con gli espropri gli spazi per l’agricoltura e lasciava i piccoli proprietari terrieri senza terra e senza la possibilità di sostentarsi, un’accumulazione di capitale bancario tramite l’usura e di rendite finanziarie, l’impoverimento progressivo e la perdita di prestigio dell’antica nobilità rurale, la corruzione e l’arroganza del clero romano: queste sono le condizioni che permisero di vedere bande di contadini inquadrate da cavalieri. Con il passaggio dall’economia feudale ai primi abbozzi di un sistema capitalistico emersero nelle campagne tali disagi sociali che inevitabilmente trovarono uno sbocco violento. Sbocco che dopo delle vittorie iniziali, s’arrestò e viene represso in modo belluino, come monito a venire. Quindi, fallendo, la guerra dei contadini non scardinò l’ordine sociale ma lo consolidò definitivamente. Ferma a quei casi che abbiamo citato, la saldatura tra popolo e tradizione nazionale non si realizzò completamente e le 12 tesi che rappresentavano le doglianze del movimento rimasero inapplicabili, accontentandosi quest’ultimo di singole vendette personali sui nobili e sulle loro proprietà, peraltro limitate alle fasi iniziali. Il comune interesse la comune volontà di restaurare simboli di giustizia e di riscatto sociale, da ricercare tramite l’unità del popolo tedesco, di fatto non si realizzò. Pur idealizzando le figure cui abbiamo accennato gli autori della Rivoluzione Conservatrice questo lo ebbero a mente molto lucidamente e lo misero nero su bianco negli scritti che incitavano ad un riscatto nazional-popolare. Anche da tali suggestioni prese le mosse quel movimento politico che arrivò al potere in Germania, con un programma che mirava a rettificare gli straniamenti economici e sociali della modernità senza negarla e che con il pragmatismo e la prassi quotidiana inverò nel reale le teorizzazioni dei pensatori che lo avevano preceduto e al quale un numero assai cospicuo di loro aderì, vedendo nello stesso la logica continuazione politica delle loro idee.
Giovanni Pucci
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