Capitolo XLVI
Il Regno sotterraneo
«Fermo!» mormorò la mia vecchia guida mongola un giorno che attraversavamo la pianura presso Tzagan Luk. «Fermo!».
Si lasciò scivolare giù dal cammello, che s’inginocchiò spontaneamente. Il Mongolo levò le sue mani innanzi al volto in atto di preghiera e cominciò a ripetere la frase sacra: «Om! Mani padme Hung!» [1]. Gli altri Mongoli fermarono immediatamente i loro cammelli e cominciarono a pregare. «Cos’è successo?» pensai, mentre guardavo la tenera erba verde attorno a me, il cielo senza nubi e i raggi del sole della sera dolci come in un sogno. I Mongoli pregarono per un po’ di tempo, si scambiarono qualche parola sottovoce, strinsero le cinghie dei bagagli ai cammelli e si ripartì. «Hai visto», chiese il Mongolo, «come i nostri cammelli muovevano le orecchie per la paura? Come la mandria di cavalli nella pianura si è fermata improvvisamente attenta e come le greggi di pecore e di armenti si sono acquattate al suolo? Hai notato come gli uccelli non volassero, le marmotte non corressero e i cani non latrassero? L’aria vibrava sommessamente e portava da lontano il suono di un canto che penetrava i cuori degli uomini, come quelli degli animali e degli uccelli. La terra e il cielo avevano cessato di respirare. Il vento non soffiava e il sole si era fermato. In un momento come quello, il lupo che si avvicina furtivo alla pecora si arresta dove si trova; il branco delle antilopi spaventate improvvisamente ferma la sua selvaggia corsa; al pastore che sta sgozzando un montone cade il coltello di mano; il feroce ermellino smette di far la posta all’ignara salga [2]. Tutte le creature viventi in preda alla paura sono spinte involontariamente a pregare e attendono il proprio fato. Ecco cos’è appena accaduto. Così accade ogni qual volta il Re del Mondo nel suo palazzo sotterraneo prega e scruta i destini di tutti i popoli della terra» [3].
fatti crescere; uomini vecchi e deboli possono divenire giovani e coraggiosi; e il morto può essere resuscitato. In strane macchine a noi sconosciute essi corrono attraverso le strette fenditure all’interno del nostro pianeta. Alcuni Brahmani indiani e Dalai Lama tibetani, durante le loro faticose scalate alle cime di montagne che nessun altro piede umano aveva mai calcato, trovarono lì iscrizioni incise sulle rocce, impronte nella neve e tracce di ruote. Il beato Sakkia Mouni rinvenne sulla cima di una montagna delle tavole di pietra con iscritte parole che comprese solo nella propria vecchiaia e in seguito penetrò nel Regno di Agharti, da cui riportò briciole del sacro insegnamento conservato nella sua memoria. Là in palazzi di cristallo meraviglioso vivono gli invisibili governanti di tutte le persone pie, il Re del Mondo o Brahytma, che può parlare con Dio come io parlo con voi, e i suoi due assistenti, Mahytma, che conosce le finalità degli eventi futuri, e Mahynga, che governa le cause di questi eventi». «I santi Pandita studiano il mondo e tutte le sue forze. A volte i più sapienti fra loro si riuniscono e mandano inviati in quel luogo dove gli occhi umani non sono mai penetrati. Questo è descritto dal Tashi Lama vissuto 850 anni fa. I più elevati Pandita pongono le loro mani sugli occhi e alla base del cervello dei più giovani e li costringono in un sonno profondo, lavano i loro corpi con un infuso di erbe e li rendono immuni al dolore e più duri delle pietre, li avvolgono in panni magici, li legano e poi pregano il Grande Dio. I giovani pietrificati giacciono con gli occhi e le orecchie aperte e vigili, vedono, sentono e ricordano ogni cosa. In seguito un Goro si avvicina e mantiene a lungo lo sguardo fisso su di loro. Molto lentamente i corpi stessi si sollevano da terra e scompaiono. Il Goro si siede e scruta con gli occhi immobili verso il luogo dove li ha inviati. Fili invisibili li uniscono alla sua volontà. Alcuni di essi girano tra le stelle, osservano le loro manifestazioni, i loro popoli sconosciuti, la loro vita e le loro leggi; ascoltano i loro discorsi, leggono i loro libri, capiscono le loro fortune e sventure, la loro santità e i peccati, la loro pietà e il male. Alcuni si mescolano con la fiamma e vedono la creatura di fuoco, rapida e feroce, eternamente in lotta, fondendo e martellando i metalli nelle profondità dei pianeti, bollendo l’acqua per i geyser e le sorgenti, fondendo le rocce ed eruttando lava fusa sulla superficie della terra attraverso le aperture nelle montagne. Altri corrono insieme alle sempre sfuggenti, infinitamente piccole, trasparenti creature dell’aria e penetrano nei misteri della loro esistenza e nelle finalità della loro vita. Altri scivolano nelle profondità dei mari e osservano il regno delle sagge creature dell’acqua, che trasportano e diffondono il giusto calore su tutta la terra, governando i venti, le onde e le tempeste … In Erdeni Dzu viveva un tempo un Pandita Hutuktu, che era venuto da Agharti. In punto di morte, raccontò del momento in cui viveva secondo la volontà del Goro su una stella rossa a Oriente, fluttuava nell’oceano ricoperto di ghiaccio e volava tra i fuochi tempestosi nelle profondità della terra».
Questi sono i racconti che udii nelle yurte [12] dei principi mongoli e nei monasteri lamaiti. Queste storie erano tutte raccontate in un tono solenne che vietava ogni discussione e dubbio.
Mistero …
Capitolo XLVII
Il Re del Mondo al cospetto di Dio
Durante il mio soggiorno a Urga cercai di trovare una spiegazione a questa leggenda sul Re del Mondo. Naturalmente, il Buddha Vivente avrebbe potuto dirmi più di chiunque altro e così mi sforzai di conoscere la storia da lui. In una conversazione con lui menzionai il nome del Re del Mondo. Il vecchio Pontefice bruscamente voltò la testa verso di me fissandomi con i suoi immobili occhi ciechi. A malincuore dovetti tacermi. Il nostro silenzio fu lungo e dopo il Pontefice continuò la conversazione facendomi capire che non gradiva accogliere il suggerimento del mio riferimento. Sui volti dei presenti notai espressioni di stupore e paura provocate dalle mie parole, e questo valeva specialmente per il custode della biblioteca del Bogdo Khan. Si può facilmente capire come tutto questo mi avesse solo reso più ansioso di approfondire la ricerca. Mentre stavo lasciando lo studio del Bogdo Hutuktu, incontrai il bibliotecario che si era avviato avanti a me e gli chiesi se mi poteva mostrare la biblioteca del Buddha Vivente, utilizzando con lui un semplicissimo ma scaltro stratagemma. «Sapete, mio caro Lama», dissi «una volta ho cavalcato nella pianura nell’ora in cui il Re del Mondo parlava con Dio ed ho avvertito la solenne maestosità di quel momento». Con mio grande stupore, il vecchio Lama mi rispose senza turbarsi: «Non è giusto che i Buddhisti e la nostra Fede Gialla lo tengano nascosto. Il riconoscimento dell’esistenza dell’uomo più santo e più potente, del regno benedetto, del grande tempio della scienza sacra è una tale consolazione per i nostri cuori peccaminosi e le nostre esistenze corrotte che nasconderlo al genere umano è un vero peccato … Beh, ascoltate», proseguì, «per l’intero corso dell’anno il Re del Mondo guida il lavoro dei Pandita e dei Goro di Agharti. Solo a volte egli si reca alla cripta del tempio dove il corpo del suo predecessore giace imbalsamato in un sarcofago di pietra nera. Questa grotta è sempre buia, ma quando il Re del Mondo vi entra le pareti si rigano col fuoco e dal coperchio della bara appaiono lingue di fiamma. Il Goro più anziano gli sta di fronte col capo e il viso coperti e con le mani incrociate sul petto. Questo Goro non si leva mai il cappuccio, ché la sua testa è un cranio nudo con gli occhi vividi e una lingua che parla. Egli è in comunione con le anime di tutti coloro che ci hanno preceduto». «Il Re del Mondo prega per un lungo periodo di tempo e successivamente si avvicina al sarcofago e stende la mano. Le fiamme guizzano più ardenti; le strisce di fuoco sulle pareti svaniscono e riappaiono, e intrecciandosi formano misteriosi segni dell’alfabeto vatannan [13]. Dalla bara fasci diafani di luce appena percettibile cominciano a emanare: sono i pensieri del suo predecessore. Repentinamente il Re del Mondo si ritrova avvolto in un’aura di questa luce e lettere di fuoco scrivono e scrivono sui muri i desideri e gli ordini di Dio. In questo momento il Re del Mondo è in comunione con i pensieri di tutti gli uomini che influenzano la sorte e la vita di tutta l’umanità: con Re, Zar, Khan, capi guerrieri, Sommi Sacerdoti, scienziati e altri uomini forti. Si rende conto di tutti i loro pensieri e progetti. Se questi sono graditi a Dio, il Re del Mondo li asseconderà in modo invisibile, se sono sgraditi al cospetto di Dio, il Re li porterà verso il fallimento. Questo potere è conferito ad Agharti dalla misteriosa scienza dell’“Om”, con cui iniziamo tutte le nostre preghiere. “Om” è il nome di un antico Sant’uomo, il primo Goro, che visse 330 mila anni fa. Egli fu il primo uomo a conoscere Dio e che insegnò agli uomini a credere, sperare e lottare contro il Male. Allora Dio gli diede potere su tutte le forze che governano il mondo visibile». «Dopo la sua conversazione con il proprio predecessore, il Re del Mondo riunisce il “Gran Consiglio di Dio”, giudica le azioni e i pensieri dei grandi uomini, li asseconda o li distrugge. Mahytma e Mahynga trovano il posto per queste azioni e pensieri nella catena causale che governa il mondo. Successivamente il Re del Mondo accede al grande tempio e prega in solitudine. Il fuoco appare sull’altare, e gradualmente si diffonde a tutti gli altari vicini, e attraverso la fiamma che brucia appare gradualmente il volto di Dio. Il Re del Mondo con reverenza annuncia a Dio le decisioni e le determinazioni del “Consiglio di Dio” e riceve a sua volta agli ordini Divini dell’Onnipotente. Quando esce dal tempio, il Re del Mondo irradia la Luce Divina».
Capitolo XLVIII
Realtà o fantasia religiosa?
«Ma qualcuno ha visto il Re del Mondo?» chiesi. «Oh, sì!» rispose il Lama. «Durante le feste solenni dell’antico Buddhismo in Siam e in India il Re del Mondo apparve cinque volte. Montava uno splendido carro trainato da elefanti bianchi e ornati di’oro, pietre preziose e tessuti pregiati; era vestito di un manto bianco e una tiara rossa con pendagli di diamanti che gli celavano il volto. Egli benedisse il popolo con una mela d’oro sormontata dalla figura di un Agnello. Il cieco riacquistava la vista, il muto parlava, il sordo udiva, lo storpio si muoveva liberamente e il morto risorgeva, laddove gli occhi del Re del Mondo si posavano. È apparso anche 540 anni fa, nel Erdeni Dzu, è stato in un antico monastero di Sakkai e a Narabanchi Kure. Uno dei nostri Buddha Viventi e uno dei Tashi Lama ricevette un suo messaggio, scritto con segni sconosciuti su tavolette d’oro. Nessuno poteva leggere questi caratteri. Il Tashi Lama entrò nel tempio, pose la tavoletta d’oro sulla sua testa e cominciò a pregare. Grazie a ciò i pensieri del Re del Mondo penetrarono la sua mente e, senza aver letto gli enigmatici segni, egli comprese e realizzò il messaggio del Re». «Quante persone sono state ad Agharti?» lo interrogai. «Moltissime», rispose il Lama, «ma tutte queste persone hanno mantenuto segreto ciò che videro laggiù. Quando gli Oleti [14] distrussero Lhasa, uno dei loro distaccamenti nelle montagne del Sud-Ovest penetrò fino alle propaggini di Agharti. Qui appresero alcune fra le scienze misteriose minori e le portarono sulla superficie della nostra terra. Ecco perché gli Oleti e i Calmucchi sono stregoni abili e profeti. Anche dai paesi orientali alcune tribù di gente nera penetrarono ad Agharti e lì vissero molti secoli. Successivamente essi furono scacciati dal regno e restituiti alla terra, portando con sé il mistero delle predizioni attraverso le carte, le erbe e le linee del palmo della mano. Sono i Gitani [15] … Da qualche parte nel Nord dell’Asia esiste una tribù che ora si sta estinguendo e che è venuta dalle grotte di Agharti, abile nel richiamare gli spiriti dei morti che fluttuano nell’aria». Il Lama rimase in silenzio e poi, come se stesse rispondendo ai miei pensieri, continuò: «Ad Agharti i dotti Pandita scrivono su tavole di pietra tutta la scienza del nostro pianeta e degli altri mondi. I sapienti Buddhisti cinesi lo sanno bene. La loro scienza è la più alta e pura. Ogni secolo un centinaio di saggi della Cina si riuniscono in un luogo segreto sulle rive del mare, dalle cui profondità emergono un centinaio di tartarughe immortali. Sui loro gusci i cinesi scrivono tutti gli sviluppi della scienza divina prodottisi durante il secolo». Mentre scrivo sto involontariamente rimembrando il racconto di un vecchio bonzo cinese nel Tempio del Cielo a Pechino. Mi disse che le tartarughe vivono più di 3000 anni senza cibo né aria e che questo è il motivo per cui tutte le colonne del Tempio del Cielo azzurro furono poste su tartarughe vive per preservare il legno dal degrado. «Più volte i Pontefici di Lhasa e Urga hanno inviato emissari al Re del Mondo», disse il Lama bibliotecario, «ma non lo trovarono. Solo un certo leader tibetano dopo una battaglia con gli Oleti trovò la grotta con l’iscrizione: “Questo è l’ingresso per Agharti”. Dalla grotta uscì un uomo di bell’aspetto, gli donò una tavoletta d’oro con i segni misteriosi e disse: “Il Re del Mondo apparirà di fronte a tutti i popoli quando il tempo sarà giunto per lui di condurre tutte le buone persone del mondo contro tutte le malvagie; ma non è ancora venuto questo tempo. Il più malvagio tra gli uomini non è ancora nato”. Il Chiang Chün barone Ungern inviò il giovane principe Pounzig in cerca del Re del Mondo, ma questi tornò con una lettera del Dalai Lama da Lhasa. Quando il barone lo mandò una seconda volta, egli non ritornò più indietro».
Capitolo XLIX
La profezia del Re del Mondo nel 1890
L’Hutuktu di Narabanchi mi riferì quanto segue, quando lo visitai nel suo monastero agli inizi del 1921: «Quando il Re del Mondo apparve davanti ai Lama, favoriti di Dio, in questo monastero trent’anni fa fece una profezia per il seguente mezzo secolo. Essa era la seguente: “Sempre più la gente si dimenticherà la propria anima e si curerà del proprio corpo. Il più grande peccato e la corruzione regneranno sulla terra. Gli uomini diventeranno come belve feroci, assetati del sangue e della morte dei loro fratelli. La ‘Mezzaluna’ si offuscherà e i suoi seguaci sprofonderanno nella miseria e nella guerra incessante. I suoi conquistatori saranno colpiti dal Sole, ma non si eleveranno e due volte saranno visitati dalla sventura più grave, che culminerà nell’insulto dinnanzi agli occhi degli altri popoli. Le corone dei re, grandi e piccoli, cadranno … uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto … Ci sarà una battaglia terribile fra tutti i popoli. I mari diverranno rossi … la terra e il fondo dei mari saranno disseminati di ossa … regni saranno dispersi … interi popoli moriranno … fame, malattie, crimini sconosciuti alla stessa legge, mai visti prima nel mondo. I nemici di Dio e dello Spirito Divino nell’uomo verranno. Anche coloro i quali tenderanno la mano al prossimo periranno. I dimenticati e i perseguitati insorgeranno e cattureranno l’attenzione del mondo intero. Ci saranno nebbie e tempeste. Montagne spoglie saranno improvvisamente ricoperte da foreste. Si scateneranno terremoti … Milioni di uomini cambieranno le catene della schiavitù e dell’umiliazione con la fame, la malattia e la morte. Le antiche strade saranno coperte con folle erranti da un luogo all’altro. Le città più grandi e più belle periranno nel fuoco … una, due, tre … Il padre insorgerà contro il figlio, il fratello contro il fratello e la madre contro la figlia … Il vizio, il crimine e la distruzione del corpo e dell’anima seguiranno … Le famiglie saranno disperse … Scompariranno la verità e l’amore … Di diecimila uomini uno solo sopravvivrà; egli sarà nudo e folle, senza la forza e la conoscenza per costruirsi una casa e trovare il proprio cibo … Egli ululerà come il lupo rabbioso, divorerà i cadaveri, morderà la sua propria carne e sfiderà Dio a combattere … Tutta la terra sarà svuotata. Dio stesso le volterà le spalle e su di essa non vi sarà che la notte e la morte. Allora io manderò un popolo, ancora sconosciuto, che estirperà la gramigna della pazzia e del vizio con mano forte e condurrà coloro che ancora rimangono fedeli allo spirito dell’uomo nella lotta contro il Male. Essi ritroveranno una nuova vita sulla terra purificata dalla morte delle nazioni. Nel cinquantesimo anno appariranno solo tre grandi regni, che esisteranno felicemente per 71 anni. In seguito ci saranno diciotto anni di guerra e distruzione. Allora i popoli di Agharti saliranno dalle loro caverne sotterranee alla superficie della terra”». In seguito, mentre viaggiavo oltre attraverso la Mongolia orientale e verso Pechino, ho pensato spesso: «E se … ? Che cosa succederebbe se interi popoli di diversi colori, fedi e tribù dovessero iniziare la loro migrazione verso l’Occidente?». E adesso, mentre vergo queste ultime righe, i miei occhi involontariamente si rivolgono a questo sconfinato Cuore dell’Asia su cui i sentieri del mio peregrinare s’intrecciano. Fra tormente di neve e vortici di sabbia del Gobi la memoria mi riporta al cospetto del Hutuktu di Narabanchi che, con voce pacata mentre indicava l’orizzonte con la sua esile mano, mi dischiuse le porte dei suoi più intimi pensieri: «Presso Karakorum e sulle rive del Ubsa Nor vedo gli immensi accampamenti multicolori, le mandrie di cavalli e bovini e le yurte azzurre dei capi. Sopra di loro vedo le antiche bandiere di Gengis Khan, dei re del Tibet, del Siam, dell’Afghanistan e dei Principi indiani; i sacri emblemi di tutti i Pontefici lamaiti; gli stemmi dei Khan degli Oleti e i semplici stendardi delle tribù mongole del Nord. Non odo il rumore della folla animata. I cantori non intonano le lamentevoli canzoni della montagna, della pianura e del deserto. I giovani cavalieri non si dilettano con le corse sui loro rapidi destrieri … Vi sono innumerevoli schiere di vecchi, donne e bambini e più oltre, a Nord e a Ovest, fin dove l’occhio si può spingere, il cielo è rosso come una fiamma, c’è il rombo e il crepitio del fuoco e il suono feroce della battaglia. Chi sta conducendo questi guerrieri che là sotto il cielo arrossato spargono il loro proprio sangue e quello degli altri? Chi sta guidando queste turbe di vecchi inermi e di donne? Vedo ordine severo, comprensione religiosa profonda di scopi, pazienza e tenacia … una nuova grande migrazione di popoli, l’ultima marcia dei Mongoli …». Il Karma [16] potrebbe aver aperto una nuova pagina di Storia! E se il Re del Mondo fosse con loro? Ma questo grande Mistero dei Misteri serba il suo profondo silenzio.
Note:
1. «Salve! Grande Lama nel Fiore di Loto!». René Guénon ricordava che a Ossendowski era stato rimproverato dai suoi critici di scrivere Om invece di Aum, «ma, se Aum è la rappresentazione del monosillabo sacro scomposto nei suoi elementi costitutivi, è pur sempre Om la trascrizione corretta che corrisponde alla pronuncia reale in uso sia in India sia in Tibet e in Mongolia» (R. Guénon, Le Roi du Monde, Paris, Librairie Charles Bosse, 1927; trad. it. Il Re del Mondo, Milano, Adelphi Edizioni, 1977, p. 14, nota 5) [N.d.T.].↩
2. Pernice grigia della prateria [N.d.T.].↩
3. René Guénon faceva notare in proposito come l’accostamento di un simile evento con il timor panicus degli antichi, suggeritogli da Arturo Reghini, fosse da considerarsi un’ipotesi “estremamente verosimile” (R. Guénon, Il Re del Mondo, cit., p. 13, nota 4) [N.d.T.].↩
4. Capitale della Mongolia [N.d.T.].↩
5. Gruppo etnico originario della Siberia occidentale [N.d.T.].↩
6. Il grado più elevato nella gerarchia monastica lamaista [N.d.T.].↩
7. Sacerdote autorizzato a compiere i sacrifici [N.d.T.].↩
8. Atlantide e Mu [N.d.T.].↩
9. Nome che aveva, fino al 24 Giugno 1939, l’attuale Thailandia [N.d.T.].↩
10. Monaci buddhisti di alto rango. Titolo conferito a coloro i quali sono stati istruiti nelle cinque scienze tradizionali: la scienza del linguaggio (śabdavidyā), la scienza della logica (hetuvidyā), la scienza della medicina (cikitsāvidyā), la scienza delle belle arti e mestieri (śilakarmasthānavidyā) e la scienza della spiritualità (adhyātmavidyā) [N.d.T.].↩
11. Sommo sacerdote del Re del Mondo [N.d.T.].↩
12. Tende mongole fatte di feltro [N.d.T.].↩
13. La lingua sacra parlata nel Regno sotterraneo, da cui deriverebbe la primitiva lingua indo-europea [N.d.T.].↩
14. Oleti o Oirati era il nome con cui era conosciuta originariamente la tribù mongola dei Calmucchi, prima che migrasse all’epoca di Gengis Khan per stabilirsi sui monti Urali e sulle rive del Volga in Russia. Il loro etnonimo, ojrad, sarebbe derivato dal mongolo Dôrvôn Ojrd, “I quattro alleati”, in quanto storicamente gli Oirati erano composti da quattro tribù maggiori. I Calmucchi sono gli unici abitanti dell’Europa la cui religione nazionale è il Buddhismo. Essi abbracciarono il Buddhismo Vajrayana nella prima parte del XVII secolo, e seguono tuttora gli insegnamenti del lignaggio Gelugpa (Via Virtuosa). Il Buddhismo Vajrayana divenne noto in ambienti anglosassoni nel XIX secolo con il termine dispregiativo di Lamaismo, dal termine tibetano lama, traduzione del sanscrito guru [N.d.T.].↩
15. Zingari, Zingani, Zigani o Gitani sono termini generici per indicare un insieme di diverse etnie, originariamente ritenute nomadi, provenienti dalle regioni situate nel Nord-Ovest dell’India. René Guénon precisava che «quando si parla di Zingari, è indispensabile fare una distinzione, che troppo spesso si dimentica: in realtà, vi sono due tipi di Zingari, i quali sembrano del tutto estranei fra di loro e che si trattano perfino da nemici; essi non hanno gli stessi caratteri etnici, né parlano la stessa lingua, né esercitano gli stessi mestieri. Vi sono gli Zingari orientali, o Zingari, che sono soprattutto domatori di orsi e calderai; e vi sono gli Zingari meridionali, o Gitani, chiamati anche, in Linguadoca e in Provenza, “Carachi”, che sono quasi esclusivamente mercanti di cavalli» (R. Guénon, Le Compagnonnage et les Bohémiens, in Le Voile d’Isis, Ottobre 1928, in Études sur la Franc-Maçonnerie et le Compagnonnage, Paris, Éditions Traditionelles, 1964, 2 voll.. Guénon continuava ponendo in evidenza i numerosi tratti di comunanza fra i Gitani e i Pellerossa d’America e considerava come degna di nota l’ipotesi di una comune origine atlantidea [N.d.T.].↩
16. Secondo l’accezione comunemente diffusa in Occidente, che qui sembra essere accolta dall’Autore, con tale termine si suole intendere una sorta di personificazione dell’idea di destino, assimilabile alla nozione greco-romana di Nemesi (Giustizia). È bene rammentare, d’altra parte, come in realtà «la parola karma ha un duplice significato: in generale è l’azione in tutte le sue forme, spesso opposta a jnâna, o la conoscenza, ciò che corrisponde nuovamente alla distinzione dei due ultimi darshana; in senso specifico e tecnico è l’azione rituale quale è prescritta nel Vêda» (R. Guénon, Introduction générale à l’étude des Doctrines Hindoues, Paris, Marcel Rivière, 1921, chap. XIII “Le Mîmânsâ”, trad. it. Introduzione generale allo studio delle dottrine indù, Milano, Adelphi Edizioni, 1989, cap. 13 “La Mîmânsâ”, p. 192) [N.d.T.].↩
* Estratto della Parte V del libro di Ferdinand Ossendowski, Beasts, Men and Gods, E.P. Dutton & Company, New York, 1922.
Ringraziamo la rivista di studi tradizionali Lettera e Spirito per la consueta collaborazione.