8 Ottobre 2024
Avanguardia

Aquarius – parte quinta – Gabriele Adinolfi

Due parole che iniziano per esse

Vogliamo essere più precisi? Abbiamo descritto quale dev’essere l’ordine gerarchico dal punto di vista funzionale dei vari tipi di realtà a marchio identitario (partiti, movimenti, movimenti d’opinione, lobbies, strutture sociali, rete, centri studi, direzione strategica). Abbiamo chiarito che la gerarchia funzionale dipende dall’incisività nel sostanziale che le diverse strutture hanno per la propria specifica natura, un’incisività che in genere è inversamente proporzionale alla visibilità. Abbiamo anche rilevato come i veicoli migliori siano i partiti aperti e poco ideologici, argomentando che al netto delle emozioni epidermiche la scelta elettorale identitaria può avere solo alcune funzioni pratiche e perseguire degli obiettivi che non sono quelli della scalata istituzionale, la quale ultima è possibile solo in contenitori ampi e non eccessivamente connotati. Abbiamo sostenuto che questa scalata istituzionale ha un valore molto relativo perché il potere oggi si trova più in alto e più in basso di queste dimensioni e la sola prospettiva concreta risiede nella capacità di crearne – di potere proprio – in basso e d’incidere in alto assumendo potere contrattuale reale e maturando così una tattica finalmente strategica e non sempre e solo approssimativa.
Per questi motivi abbiamo ribadito che nel mondo identitario si deve appunto dare a coloro che si avvicinano, identità, ma profonda, e soprattutto formazione. Spirituale, etica e politica. Quella politica dev’essere però condivisibile con il mondo e dev’essere sia attuale che attivamente operativa.

A chi insistesse ad aggrapparsi a schemi che gli sono pavlovianamente cari, proponendo magari esempi vittoriosi degli anni Venti o Trenta, ricordiamo che non c’è più nulla di comparabile. Altro è ispirarsi agli archetipi e ai modelli altro copiare i moduli di gioco, perché con i moduli del rugby non si gioca a badminton e nulla potrebbe negare quei modelli così creativi più di una loro sbiadita scimmiottatura. Una volta digerite queste pillole, si comprenderà che il futuro dipende da due parole che iniziano per esse: strategia e sinergia. Già sulla strategia ci sono ostacoli non da poco visto che la linea più gettonata è quella reazionaria ed anglodipendente dell’anti-europeismo e del sovranismo economicista d’ispirazione bottegaia. Questi temi sono due pregiudizi trasformati in dogmi che provengono da visioni strategiche altrui e impediscono di sviluppare una strategia indipendente e animata da volontà di potenza. Tuttavia la totale ininfluenza che riesce ad avere nei destini del mondo un piccolo numero di reazionari, quale oggettivamente è come posizionamenti politici e psicologici l’ultradestra, fa che siano irrilevanti e insignificanti quest’appartenenza inconsapevole ma concreta ai partiti dell’Alta Finanza Wasp, e questa coniugazione del verbo antieuropeo e antitedesco di una nuova Gladio suscitata dai documenti del Council on Foreign Relations (CFR), il centro che da un secolo fa e disfa la politica mondiale e promuove le guerre. Più importante è il bacino umano in cui si ritrova una certa valida antropologia la quale non è che collettivamente debba esprimere una strategia, che è compito di pochi, i quali pochi devono però cambiare parecchio e molto presto. In altre parole: benché sia condizionata dall’esterno e ripeta a pappagallo delle autentiche bestemmie, la base d’area è buona in sé, ma va mossa strategicamente invece di farle subire il verbo e la volontà dei principali nemici.

Sulla sinergia le difficoltà sono generate da svariati fattori. Il primo è la difficoltà di adattarsi ai tempi, agli scenari e alle nuove forme di lotta. Su questo o si fa uno sforzo mentale e subito o si finirà con l’adeguarcisi in ritardo, trascinati dalla corrente, ma meno efficacemente. Esiste poi la somma di due fattori sociologici e psicologici: la tribalizzazione urbana e la spettacolarizzazione quotidiana nei ghetti social, due elementi che sommati tra loro inducono ogni singolo soggetto a sentirsi in concorrenza con gli altri, specie i più simili, che diventano drammaticamente e pateticamente i suoi nemici schmittiani. Un terzo elemento interviene imperioso a sclerotizzare le menti: la pretesa assurda che chiunque possa e debba fare tutto. Abbiamo maturato la pessima abitudine per la quale qualunque individuo si arroga il diritto di giudicare e perfino d’insultare; non troppo diversamente qualsiasi soggetto politico ritiene di poter coprire tutti i ruoli e le funzioni e ha la follia di credere che sarà il salvatore quanto meno della Patria se non dell’umanità. Quando tutti capiranno che ognuno è utile e nessuno è indispensabile (individui, sigle, gruppi, movimenti, partiti) allora comprenderanno automaticamente la sinergia, così come intenderanno cos’è la gerarchia funzionale e che in essa le stesse persone possono assumere ruoli diversi, in dimensioni diverse, senza bisogno di etichette o di marchi sotto i quali possono comunque militare. Se è giusto che i militanti si offrano ai capi, bisognerebbe che costoro imparassero che i militanti non appartengono loro, che nei loro confronti hanno un impegno importante al quale non si può adempiere appieno senza umiltà e impersonalità, e senza tener sempre presente che qualunque comunità o tribu nasce e muore e soprattutto appartiene a un’Idea, non viceversa, a prescindere dal grado nel quale l’impersona.

Si badi che sinergia nulla ha a che vedere con la tanto rimasticata “unità dell’area”, perché non è di questo che si tratta nel modo più assoluto in quanto si fonda sull’unità nella pluralità, ma parte dall’abbandono dei sensi di superiorità, con rigetto delle gelosie e dei personalismi, negandosi una buona volta alle derisioni degli altri, anche quando siano oggettivamente giustificate, e iniziando ad aborrire una buona volta la zizzania e i frazionismi. Scaturisce nella capacità di divenire un’orchestra di più strumenti impegnata in un’unica sinfonia che deve avere una finalità ideale, spirituale, etica e strategica. Un’azione strategica e a più dimensioni che si sviluppa in piccola parte sul piano del visibile e molto di più in modo essenziale e sostanziale, impegnata a modificare in profondità, nel tempo e in modo duraturo.

Un ventaglio di possibilità

A tutto quello che abbiamo indicato sono già impegnate più persone in più nazioni e di diversi ambienti. Non si tratta quindi di un parto intellettuale buttato giù in poltrona, né di un prodotto della fantasia. Per propria natura azioni di questo tipo non si mettono in vetrina e perciò dal di fuori se ne recepiscono soltanto gli effetti, e neanche tutti, quasi mai rendendosi conto di chi li abbia prodotti. Sono, quindi, ben poco visibili ma vanno in profondità. “Non è intorno a chi fa grande strepito ma a chi crea nuovi valori che silenziosamente gira il mondo”. Nietzsche docet. Poca visibilità ma frutti duraturi, nella discrezione, nell’impersonalità e nella sinergia. Posto che le sinergie possono essere inconsapevoli e che anche quelli che credono di fare tutto da soli ne beneficiano costantemente, non è così necessario stimolare allargamenti nelle partecipazioni.

Comprendiamo però l’inquietudine esistenziale, talvolta l’angoscia, di molti che mordono il freno, che non si sentono colmati da un’appartenenza tribale o virtuale né da una rappresentatività sempre e comunque scenica. Tutti costoro si chiedono cosa possono fare. Non ci metteremo, ovviamente, a rilanciare incontri tra componenti, gruppi ecc, per costruire qualcosa che non funzionerà mai, noi puntiamo alle cose concrete, quindi a consentire, a chi lo voglia, di modificare in senso costruttivo quello già che fa, ma di modificarlo lui, perché il primo passaggio dev’essere effettuato nella propria testa e lo si compie da soli. Se c’è zavorra da gettare e se ci sono gesti nuovi da apprendere, si deve essere maestri di se stessi, si deve com/prendere la via, il resto è un esercizio che o si fa o non si fa, ma che nessuno farà al posto nostro. È solo a quest’esercizio compiuto, o almeno intrapreso, che i soggetti potranno entrare consapevolmente e volontariamente in sinergie rispondenti allo spirito qui descritto e alle necessità dell’epoca.

Ci sono soggetti (pre)politici che l’esercizio lo hanno almeno intrapreso e poi ci sono individui che non chiedono altro che mettersi a disposizione, ma si domandano come. A loro forniamo un ampio ventaglio di possibilità, fermo restando che, qualsiasi sia l’azione politica in cui sono già coinvolti, se vogliono assumere una funzione attiva non possono limitarsi a eseguire le consegne di scuderia ma devono verificare la mentalità e la tecnica dell’operato quotidiano. È indispensabile che trovino il coraggio di voltare pagina e di gettare le stampelle psicologiche e le ritrite speranze salvifiche che viaggiano sempre in retromarcia. Quelli che intendono prendere finalmente atto dell’epoca in cui viviamo e decidono di attrezzarsi per farvi fronte attivamente e non passivamente, consapevolmente e non in automatismo, devono convenire sul fatto che se l’angoscia di quasi tutti è quella che li vuole protagonisti nella fiction epocale dove sono sempre e comunque comparse o caratteristi, noi rispondiamo con un’altra opzione: vogliamo diventare produttori e registi per dare tutt’altro sapore e tutt’altro corso a quanto va in scena.

Quelli che vogliono operare in questa prospettiva sappiano che c’è moltissimo da fare, in un settore o in più settori se preferiscono. Separatamente o insieme ad altri, addirittura come individui o come circoli, gruppi, correnti, comunità, direzioni locali o nazionali di movimenti o partiti, sezioni sindacali, centri studi ecc, ma sempre in una radicalità consapevolmente assunta e sapientemente coniugata. Sappiano ancora che se è necessario unire consapevolezza, metodo e intelligenza strategica, il compito e l’epoca non richiedono necessariamente un soggetto unico e centralizzato, purché la pluralità sia composta di soggetti che hanno compreso quanto è giusto fare e com’è giusto relazionarsi con gli altri e che convergendo verso una centralità condivisa non premettano a questa gli interessi singoli.

Non ci limitiamo perciò a enumerare gli strumenti già in uso – e ribadiamo che si tratta di strumenti e non di enti sovrannaturali o scopi di vita – quali sono Polaris, EurHope, i Lanzichenecchi e tutto quello che si articola attorno ad essi in diverse nazioni europee e non solo. Non è tanto di strutture o di organizzazioni che parliamo ma di funzioni da assumere, sia partecipando alle già esistenti, sia creandone di autonome e complementari. Con il grado d’interazione che si preferisca, l’importante è che la corrispondenza tra quello che si fa e le regole oggettive del metodo e dell’epoca siano rispettate, che la finalità sia quella che abbiamo qui chiarito e che ci sia disposizione alla relazione e alla reciprocità. Si tratta di progredire consapevolmente e senza baccano, settore per settore, in una rigenerazione totale, che parte dalla rimessa in ordine del proprio io, scisso nel mondo d’oggi, e giunge fino alla necessaria attualizzazione dei principii e alla realizzazione di proposte pratiche per la nuova organizzazione sociale. Le direttrici sono tracciate, le idee sono chiarite, alcuni strumenti sono attivi. Non resta che fare il salto in avanti e ci si accorgerà che ci si sarà ritrovati. Il resto viene da sé, felicemente.

……..

Quanto abbiamo scritto non è il tema per una tavola rotonda e neppure un bando di arruolamento: è uno stimolo per tutti e per nessuno, per chi voglia essere innanzitutto padrone di sé e quindi confrontarsi con l’epoca in cui vive, munito di strumenti adatti e deciso a non darla vinta all’Incultura dominante e alla distruzione dei popoli. Per chi voglia maggiori delucidazioni o intenda partecipare a quanto già è in campo:

ga@gabrieleadinolfi.it
https://www.facebook.com/gabriele.adinolfi
https://www.facebook.com/gabriele.adinolfipaginadue

Gabriele Adinolfi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *