Probabilmente sto cercando con questi articoli su “Ereticamente”, di tenere insieme troppi filoni di discorso. Questo articolo, scavalcato varie volte da altri di maggiore attualità, risale a diverso tempo addietro, al momento più aspro del conflitto russo-ucraino. Oggi i riflettori della politica internazionale sui problemi dell’est europeo sembrano essersi spenti, ma questo non significa minimamente che questi ultimi siano risolti. Penso inoltre che non abbiano per nulla perso di attualità né la situazione di latente conflittualità fra la Russia e “l’Occidente” a egemonia americana, né le considerazioni sulla sostanziale stupidità che caratterizza la politica yankee e di riflesso degli “alleati” e reggicoda europei della politica USA. Inoltre è ben chiaro che la recente crisi siriana non è che la riproposizione su di un diverso teatro dello stesso conflitto: fra la potenza americana, primo servitore e strumento del Nuovo Ordine Mondiale, e la Russia, uscita dal caos conseguente al crollo del sistema sovietico in tempi molto più rapidi di quanto i santoni del NWO avessero probabilmente previsto. Fra la Russia, potenza europea non più sovietica né comunista, e gli Stati Uniti, potenza non europea nella quale l’elemento caucasico di origine europea è ormai prossimo a diventare una minoranza, guidata da un’élite circoncisa, che da settant’anni domina e opprime gran parte dell’Europa, a chi possano andare le nostre simpatie, non vi sarebbe dubbio nemmeno per un secondo.
Lo ammetto, sono diventato uno spettatore sempre più distratto del mezzo televisivo, sempre più nauseato dalla mistura di futilità e di volgarità che ci ammannisce quotidianamente, anche perché avendo tre donne in casa, ho lasciato che il telecomando diventi una specie di loro appannaggio.
Qualche tempo fa sono riuscito a intercettare in medias res uno stralcio di programma. Cos’era, “Le iene”, mi pare, ma ne sono tutt’altro che sicuro. Di fatto, parlava degli italiani che in giro per il mondo ancora oggi esercitano il non certo disonorevole mestiere delle armi, sono cioè vivaddio, e questa parola si può dire senza nessuna connotazione negativa, anzi con fierezza, mercenari.
Era intervistato un ragazzo diciannovenne che combatteva come soldier of fortune in Ucraina nell’esercito del Donbass. Il giovane ha spiegato di aver scelto questa via prima di tutto per motivi economici, perché in Italia non riusciva a trovare altro che lavori precari e sottopagati, ma di essere anche convinto della bontà della causa del Donbass, del diritto che ha questo popolo all’autodeterminazione.
“I russi”, ha raccontato, “Mi hanno accolto come un fratello. Io rimango italiano, profondamente italiano, ma non posso non ammirare questa gente attaccata alla patria, alla famiglia, alle proprie tradizioni”.
A una domanda dell’intervistatore, ha risposto che ci sono altri italiani che combattono nel Donbass, e altri ancora che sono in Siria con le forze russe a sostegno del governo legittimo di Assad, e che al caso, sarebbe anch’egli disponibile a combattere in Siria.
Subito dopo, la linea è tornata in studio, dove uno degli intervenuti, presumo uno dei soliti “intellettuali” sinistrorsi che frequentano gli studi televisivi, ha definito questa testimonianza “agghiacciante”.
Agghiacciante? Agghiacciante il fatto che nonostante settant’anni di “pedagogia democratica” vi siano ancora dei ragazzi italiani sani, che non tutti i nostri giovani siano invertebrati e rammolliti?
Al di là di ciò, noi capiamo che se è valido il principio di autodeterminazione per cui gli Ucraini hanno il diritto all’indipendenza dalla Russia, lo stesso principio vale per i Russi della Crimea e del Donbass che hanno altrettanto diritto a non sottostare agli Ucraini, Così come le popolazioni dell’Abkazia e dell’Ossezia meridionale hanno altrettanto diritto a non dipendere dalla Georgia, e i Serbi della Bosnia lo hanno a riunirsi ai loro fratelli che vivono a sud della Drina invece di dipendere dai mussulmani della Bosnia.
Ora intendiamoci, io non ce l’ho con gli Ucraini, da un certo punto di vista hanno tutta la mia comprensione, pensiamo che questo popolo ha subito ad opera dell’Unione Sovietica il più spaventoso genocidio della nostra epoca, l’holodomor, lo sterminio per fame di un’intera nazione, decretato da Stalin, questo pazzo sanguinario che è stato l’epitome, il massimo – ma non il solo – interprete del massimo orrore della storia, della mistura di morte, atrocità e terrore che conosciamo come comunismo, ma la Russia di oggi non è l’Unione Sovietica, tanto quanto Angela Merkel non è Hitler, ed è molto triste e squallido il fatto che i Paesi dell’est già facenti parte del patto di Varsavia abbiano oggi aderito alla NATO (soprattutto dopo il comportamento criminale di questa organizzazione nella crisi della ex Jugoslavia); per prevenire il pericolo del ritorno a una sudditanza che non esiste più, si sono buttati nelle braccia di una sudditanza più forte e distruttiva, si sono messi spontaneamente al collo un guinzaglio che sarà impossibile spezzare.
La cosa spaventosamente ironica è che i boia del popolo ucraino aizzati da Stalin come il tristemente famoso Yagoda appartenevano in gran parte allo stesso gruppo etnico-religioso che governava e continua a governare dietro le quinte negli Stati Uniti, mentre il fatto che la nuova Russia faccia oggi una politica internazionale in contrasto con gli interessi del sionismo, fa pensare che sulla nuova Russia questo gruppo etnico-religioso abbia in qualche modo perso la presa.
Le rivendicazioni nazionali pienamente legittime dei Russi della Crimea e del Donbass, degli Abkasi, degli Osseti meridionali, dei Serbi di Bosnia, trovano un ostacolo spesso insormontabile nella politica internazionale degli Stati Uniti che ignorano che quando con la dissoluzione dell’Unione Sovietica e della Jugoslavia, quelli che erano dei semplici confini amministrativi all’interno delle rispettive confederazioni, sono diventati confini politici, hanno mutato completamente significato, per nulla dire della pretesa che le arbitrarie decisioni prese a Yalta nel 1945 rappresentino per sempre il meglio della saggezza umana in termini di stati e di confini politici. Da questa politica è dubbio che gli USA stessi traggano una qualsiasi utilità. Il comportamento di chi arreca danno ad altri senza ricavarne beneficio, ha una definizione “tecnica” precisa STUPIDITA’. Non c’è niente da fare, è un dato di fatto, come lo è il fatto che il fuoco brucia e l’acqua bagna: gli yankee sono stupidi!
Dietro questa stupidità, però c’è la mano di un burattinaio molto furbo. Se sei nato a nord della Drina devi essere bosniaco per forza anche se sei serbo, se sei nato entro i confini dell’Ucraina sovietica, devi essere ucraino per forza anche se sei russo. Questo serve ad affermare “il principio” che a fare la nazionalità sarebbe il territorio e non l’etnia, il sangue, il che è perfettamente coerente con la volontà di affermare dovunque società multietniche e meticce.
Il 4 agosto 1999, Sergio Viera de Mello, amministratore delle Nazioni Unite nel Kosovo, dichiarò: “I popoli razzialmente puri sono un concetto nazista. Proprio contro questo concetto hanno combattuto gli alleati nella seconda guerra mondiale È per lo stesso motivo che la NATO ha combattuto in Kosovo per impedire l’insorgere di un sistema di purezza etnica”.
Lo scopo di chi manovra dietro le quinte la politica americana non è altro che questo, l’affermazione ovunque del meticciato, della società multietnica.
“L’uomo del futuro sarà di sangue misto. La razza futura eurasiatica-negroide, estremamente simile agli antichi egiziani, sostituirà la molteplicità dei popoli”.
Di chi sono queste parole? Dell’ineffabile Robert Coudenhove Kalergi, e questa non è altro che l’essenza del suo piano. Ma non dobbiamo pensare che Kalergi non fosse, che i cosiddetti “europeisti” nemici dei popoli europei, l’alta finanza internazionale, gli zelanti realizzatori del suo piano, non siano a loro volta altro che strumenti. Ricordiamo un fatto biologico fondamentale: le caratteristiche fisico-antropologiche caucasiche sono le più fragili, quelle che vanno più facilmente perdute nel meticciato, dove l’impronta non-caucasica, non europea è assolutamente dominante, con la conseguenza che esso è destinato a produrre la sparizione delle genti che hanno sin qui popolato l’Europa.
Dietro questa politica, a sua volta, non è poi così difficile riconoscere la mano di chi ha sempre visto nell’uomo europeo caucasico il proprio nemico atavico, e vede nel meticciato precisamente un mezzo per eliminarlo, nella prospettiva di poter stabilire un dominio illimitato su di un’umanità composta di meno intelligenti etnie “colorate”. Non per nulla, prima che si cominciasse a parlare del piano Kalergi, erano noti certi Protocolli.
Riparliamo di un testo che abbiamo già avuto varie volte modo di esaminare: Ebrei, islam e orientalismo di Irmin Vinson. Riguardo alla crisi della ex Jugoslavia, Vinson ha scritto:
“Quando la NATO decise di aiutare i terroristi musulmani nel Kosovo bombardando i Serbi a Belgrado, questa decisione, nominalmente occidentale, fu un chiaro segnale del venir meno di un’antica auto-rappresentazione culturale. Ogni considerazione sul fatto che i Serbi sono europei e i Musulmani alieni ed estranei era svanita”.
Tuttavia, quel che afferma Vinson non è del tutto vero, nel senso che se noi risaliamo a considerare le vicende storiche del passato, ci accorgiamo che questa antica auto-rappresentazione non è stata perlopiù molto efficace, nel senso che questi nostri fratelli europei dell’est, quando si sono trovati a richiedere l’aiuto degli occidentali per affrontare la minaccia islamica, perlopiù invece dell’aiuto hanno ricevuto la pugnalata alla schiena sulla base di considerazioni politiche destinate a dimostrarsi estremamente miopi, e in conseguenza delle quali il cuore del nostro continente si è ritrovato esposto per secoli all’aggressione ottomana, e questo quando l’Europa occidentale era ancora libera, non soggetta alla dominazione USA-sionista come avviene oggi.
Si è cominciato si può dire nel 1095, quando con la prima crociata, le terre che i Turchi avevano strappato ai bizantini e i crociati avevano ripreso loro, non furono affatto restituite all’impero d’Oriente, ma andarono a costituire i piccoli regni della Siria franca.
“I cristiani e le bestie”. Per la Chiesa cattolica, l’essere battezzati è sempre stata la condizione per essere realmente uomo e soggetto di diritti. Nel 1130 il papa investì i Normanni (che poi dovettero andarselo a conquistare) della sovranità del regno di Sicilia, che però non comprendeva solo l’isola in mano agli Arabi, ma anche le terre dell’Italia meridionale possesso dei Bizantini, il che dimostra che la condizione per essere considerati cristiani e quindi realmente uomini e soggetto di diritti, non era credere in Cristo, ma ubbidire al papa.
Si arrivò all’infame e vergognoso episodio del 1204, quando la crociata (la quarta) fu dirottata: invece di combattere gli islamici, i crociati andarono ad assalire Bisanzio, fu la classica pugnalata alla schiena. I bizantini riuscirono poi a liberarsi dall’occupazione crociata, ma l’impero che rinacque fu considerevolmente più debole, e meno in grado di resistere all’espansione turca. Quando la NATO assalì la Serbia, questo atto vergognoso e criminale che è stato l’azione più importante di questa organizzazione bastarda all’interno della quale gli Europei hanno solo il potere di dire sissignore al padrone americano, mi sembrò che fossero tornati i vergognosi tempi della quarta crociata.
Il 1438 fu l’anno del concilio di Firenze con il quale l’imperatore bizantino tentò di avere l’aiuto degli occidentali per resistere all’aggressione ottomana, offrendo la riunificazione della Chiesa ortodossa con quella cattolica. Il concilio di Firenze fu estremamente importante per l’Occidente europeo e per l’Italia, portò alla riscoperta della cultura greca e del pensiero di Platone, che diede l’avvio al movimento umanistico-rinascimentale, e Firenze, grazie al mecenatismo dei Medici, fu la culla della nuova cultura, ma Bisanzio non ricevette nessun aiuto, e nel 1453 cadde in mano agli Ottomani che, tanto per non smentirsi, fecero una sanguinaria strage della popolazione, premessa della trasformazione della città nella Istanbul turca.
Dopo il crollo di Bisanzio, Venezia e l’impero romano-germanico, non più protetti dall’antemurale bizantino, dovettero difendersi dalle aggressioni e dalle incessanti scorrerie ottomane per secoli, ma nemmeno questo servì a tutti gli Europei occidentali per capire che l’Europa era – allora come oggi – minacciata dal nemico islamico contro il quale occorreva una difesa solidale. Nel 1739 l’impero romano-germanico fu costretto a cedere agli Ottomani la Serbia che aveva liberata dall’oppressione islamica nel 1718. Come mai, se già allora l’impero ottomano era in decadenza? Perché gli Ottomani furono equipaggiati, organizzati e comandati da ufficiali francesi, e la Francia si serviva dell’alleanza coi turchi per creare problemi all’impero asburgico.
Quale peso a lungo termine ha avuto questa frattura storica che ha impedito una ricomposizione politica del popolo serbocroato, l’abbiamo visto nella crisi della ex Jugoslavia.
L’aggressione NATO alla Serbia che ha distrutto l’antemurale del nostro continente contro la minaccia islamica ai Balcani e all’Europa, è stata motivata con un classico false flag. Essa fu giustificata con il cannoneggiamento di Sebrenica, che a distanza di più di un decennio si è scoperto non essere stato affatto opera dei Serbi, ma degli stessi mussulmani bosniaci dietro istruzioni NATO per creare il casus belli.
Dobbiamo avere chiaro che il problema dell’immigrazione da cui oggi siamo invasi, non è il terrorismo ma l’immigrazione stessa. A prescindere dal fatto che gli autori delle stragi che hanno ripetutamente insanguinato le città europee sono tutti immigrati islamici, talvolta di seconda o terza generazione – il che dimostra l’assurdità criminale e fallimentare della cosiddetta integrazione che non è altro che un’utopia sinistrorsa – e che proprio nelle comunità di immigrati i terroristi si trovano nel loro elemento come i pesci nell’acqua, l’immigrazione è causa diretta del terrorismo: a livello individuale, le motivazioni di questi fanatici possono anche essere “religiose”, ma a livello di collettività hanno il significato preciso di marcare il territorio, è un messaggio rivolto a noi europei nativi dal significato chiarissimo: “Guardate che questa non è più la vostra terra, ormai è terra nostra”.
Islamici, che poi significa arabi, magrebini e neri, cioè genti portatrici di una fondamentale differenza etnica rispetto all’uomo europeo, ed è questo il fattore veramente importante, perché di per sé la religione non conta una kippah.
Per il potere mondialista dietro le quinte, il terrorismo è certamente un problema, dal suo punto di vista sarebbe meglio che la sostituzione etnica avvenisse in maniera inavvertita, silenziosa, “indolore”, mentre così c’è il rischio che gli Europei, o una parte consistente di loro, si sveglino dal lungo letargo loro imposto, si rendano conto che li si sta spingendo sull’orlo della fossa come popoli, e si ribellino.
L’Europa orientale non solo è stata per secoli lo scudo dell’Occidente contro le minacce da est, ma mentre oggi l’Europa occidentale e l’America del nord rischiano ogni giorno di più di essere stravolte etnicamente dal meticciato, l’Europa orientale e la Russia sono probabilmente destinate a essere il santuario dei popoli caucasici, e forse il luogo da cui potrà partire la riconquista del nostro continente. I popoli usciti dalla lunga notte comunista oggi dimostrano una volontà di preservare la propria identità difendendosi dai flussi migratori, di cui non si trova traccia nell’Europa occidentale, nei popoli alienati dalla consapevolezza di se stessi da settant’anni di democrazia come nessun regime autoritario è mai riuscito a fare.
Se l’Europa riuscirà a rinascere, sarà essenziale in questa rinascita il ruolo dei nostri fratelli dell’est.
NOTA: Nell’immagine, i territori russofoni dell’Ucraina.