Come ogni anno, il “New Earth Circle Project” mette a disposizione di chiunque sia interessato ad un percorso evolutivo di natura ascendente, nel pieno dell’epoca discendente del Kali Yuga, un percorso formativo strutturato su sette incontri. Durante questi incontri vengono affrontati temi cari alla Tradizione quali:
– la Dottrina dei Cicli Cosmici
– Thule come Patria Primordiale e Centro del Mondo (e tutti i simboli ad essa connessi)
– le 4 Ere dell’Umanità
– i 4 doni dei Thuata De Danann e i 4 Stati dell’Essere
– la Ruota dell’Anno, ovvero i Solstizi, gli Equinozi e le 4 date intermedie
– la Meditazione Trascendentale
– La mitologia Nordica e le Rune quale strumento evolutivo.
Questa Via, seguendo le indicazioni date da Evola in “Rivolta contro il Mondo Moderno, è stata ribattezzata “Via del Nord”. Giunti al terzo incontro, ci sembrava interessante soffermarci in modo particolare sul mito di Prometeo, che risulta essere di particolare interesse. Se è vero che la Tradizione racconta la Vera storia dell’umanità attraverso i miti, quello di Prometeo rientra a pieno titolo in quei resoconti, trasformati appunto in mito per essere facilmente compresi dalla mente umana, che nascondono delle indicazioni molto precise su ciò che realmente avvenne in un tempo ormai lontanissimo e remoto. Ora, districare una tale matassa, come si può ben immaginare, non è affatto semplice. Quindi, al di là di un mero resoconto sui fatti raccontati dal mito, può risultare molto interessante individuare alcuni contenuti. Prima di cominciare la nostra analisi è bene però sottolineare che non si può assolutamente scindere il mito di Prometeo da quello di Pandora, perchè, come vedremo più avanti, sono strettamente connessi tra di loro. Cercando di essere schematici, possiamo dire che gli elementi centrali del mito di Prometeo sono:
– lo schierarsi in una guerra
– la creazione dell’uomo
– l’inganno a buon fine
– il furto del fuoco e il suo dono all’umanità insieme alla teknè
– il supplizio subito per questo
– infrangere un divieto
– la caduta dell’umanità da una posizione privilegiata ad una tribolata
– l’eterna afflizione per l’umanità all’alimentazione e alla riproduzione
Giusto per dovere di cronaca, è doveroso accennare al fatto che il mito di Prometeo riporta tutta una serie di contenuti che si ritrovano nei miti scandinavi, in quelli egizi, in quelli babilonesi e, come non aspettarsi il contrario, in quelli biblici. Come appunto si accennava prima, quasi ad indicare il fatto che tutte le tradizioni ricordano e raccontano tutte la stessa storia. Nonostante il fatto che, grazie al suo eterno fascino, il mito di Prometeo sia stato raccontato e riscritto decine e decine di volte nell’arco dei millenni, la fonte più importante ed eminente, dalla quale si estrae tutto ciò che c’è da sapere sul mito, resta sempre e comunque Esiodo.
Ma passiamo ai fatti.
Prometeo, che significa “colui che vede prima”, è un Titano, e grazie alla sua capacità di veggente, vede il futuro esito della Titanomachia (battaglia tra gli dei dell’Olimpo e i Titani) che si sta per combattere e per questo motivo si schiera con Zeus, nonostante non abbia molta stima del padre degli dei. Possiamo notare come già in questa prima occasione ricordi Loki (che è un gigante, uno Jotun) della mitologia nordica. Nonostante esistessero già svariate versioni nel mito greco sulla nascita dell’uomo, a seguito della vittoria sui Titani, Zeus concede a Prometeo di creare (forgiare per la precisione) una nuova umanità. Un’umanità ben diversa da quella che si era manifestata fino a quel momento, che spuntava da sola all’improvviso dalla terra , o cadeva dagli alberi come frutti maturi. Nel racconto di Prometeo, con la benedizione di Zeus, subentra per la prima volta la figura del “demiurgo”, ossia una santa e illuminata e benevola figura superiore, che con un atto consapevole d’Amore, plasma con le sue mani e i suoi poteri, dal fango, dall’argilla o dalla creta a seconda delle versioni, delle figure umane a immagine e somiglianze di quelle divine.
Poi, quando Prometeo insieme a suo fratello Epimeteo (“colui che vede dopo”, “il postveggente”) ricevettero l’incarico di distribuire un numero limitato di “buone qualità”, Epimeteo in modo avventato e sprovveduto, cominciò a distribuirle agli animali. Quando fu il turno degli uomini, non vi era più nulla per questi. Prometeo allora rimediò subito, rubando ad Atena uno scrigno in cui erano riposte l’intelligenza, la tecnica, la memoria, le arti , le scienze, l’architettura, l’astronomia, l’agricoltura e tutte le forme di sapere (riassunte nella parola greca “teknè”) e le donò agli umani. In questo passo invece ricorda Thot della tradizione ermetica egizia. Zeus saputo ciò, considerando i doni del titano troppo pericolosi, perché gli uomini in questo modo sarebbero diventati sempre più potenti e capaci e si sarebbero affrancati dal giogo degli dei, decise di distruggerli.
A quell’epoca, gli uomini erano ammessi alla presenza degli dei, con i quali trascorrevano momenti conviviali di grande allegria e serenità. Durante una di queste riunioni tenuta a Mekone (o Mecone) fu portato un enorme bue, del quale metà doveva spettare a Zeus e metà agli uomini. Il signore degli dei affidò l’incarico della spartizione a Prometeo che, intuite le intenzioni di Zeus, approfittò dell’occasione per vendicarsi del re degli dei e per mostrare ancora una volta l’amore per le sue creature. Prometeo tagliò a pezzi il bue e ne fece due parti. Agli uomini riservò i pezzi di carne migliori, nascondendoli però sotto la disgustosa pelle del ventre del toro. Agli dei riservò le ossa che mise in un lucido strato di grasso. Fatte le porzioni, invitò Zeus a scegliere per primo la sua parte, il resto andava agli uomini. Zeus accettò l’invito e prese la parte grassa ma, vedendo le ossa abilmente nascoste, si infuriò e lanciando una maledizione sugli uomini, li punì colpendo indirettamente Prometeo e tolse loro il fuoco e lo nascose.
E qui veniamo al cuore del mito.
Prometeo non sopportando l’idea di dover vedere i suoi “figli” morire di freddo e di fame per l’assenza del fuoco, lo rubò agli dei per restituirlo all’umanità. Esistono diverse versioni di questo furto: il fuoco rubato proveniva dal Sole (Elios), dalla fucina di Efesto oppure dal fuoco sacro di Athena. Zeus dall’alto del suo trono, vedendo nuovamente brillare dei fuochi sula terra nel buio della notte, comprese ciò che era accaduto e a quel punò architettò il suo piano definitivo di vendetta e punizione. Tralasciando le varie versioni e i piccoli dettagli che differiscono, quello che avvenne dopo fu l’incatenamento di Prometeo e la creazione di Pandora. Prometeo venne incatenato sulla cima più alta del Caucaso, dove tutti i giorni un’aquila (simbolo della regalità di Zeus) gli divorava il fegato e/o anche gli altri organi. Questi durante la notte ricrescevano, per dare di nuovo inizio al supplizio il giorno dopo, e così fino alla fine dei tempi.
Anche in questo episodio ricorda Loki. Una volta stabilita per Prometeo la punizione di un tormento eterno, Zeus si concentrò sulla punizione da riservare ai “figli” del Titano. Siccome fino a quel momento l’umanità sembra essere composta da esseri androgini o da soli maschi che non avevano bisogno del sesso (ma alcune volte amavano e si univano con Oceanine, Naiadi e altre varie figure femminili mitiche e non umane), Zeus ordinò ad Efesto e a Hermes di creare (forgiare) “la prima donna”, Pandora (“colei che è ricca di doni” o “che porta tutti i doni”). Anche tutte le altre divinità accorsero e contribuirono alla creazione dell’essere più bello mai visto, ma dotato, come riportano gli scritti di Esiodo, di “un’indole ingannatrice e l’anima di una cagna” (donati da Hermes). Le diedero come dono di nozze un vaso pieno di tutti i mali del mondo: la vecchiaia, la gelosia, la malattia, la pazzia ed il vizio. E la spedirono in sposa a Epimeteo. Questi, nonostante avvisato dalla veggenza del fratello, non fu in grado di rifiutare la donna a causa della sua bellezza divina e disarmante, e la prese in sposa. Una volta stabilita la convivenza tra i due poi, a seconda delle versioni, ad un certo punto uno dei due (ma più presumibilmente Pandora stessa, per via della sua “natura”) infranse il divieto di aprire il vaso (che qui sembra ricordare il divieto biblico infranto da Eva riguardo al frutto della conoscenza). Tutti i mali si abbatterono sull’umanità rendendola mortale, caduca e sottomessa alla loro azione distruttrice, per volere degli dei.
Ora, facendo un’analisi precisa sul mito, il racconto del sacrificio di Mēkṓnē e l’episodio della creazione di Pandṓra appaiono come due momenti simmetrici e complementari che sembrano avere a che fare con un più complesso mito della “caduta” dell’uomo, rispetto ad una condizione edenica primordiale. La dura reazione di Zeús ha ridimensionato la natura umana, rendendola mortale, e colpendola in due punti fondamentali per la sopravvivenza, l’alimentazione e la sessualità:
– Alimentazione: lavoro quotidiano per strappare il cibo alla terra per il sostentamento, rispetto ad una condizione precedente dove gli alberi e la terra davano spontaneamente frutti e messi.
– Sessualità: introduzione della divisione in sessi e dell’accoppiamento per la riproduzione della razza umana.
E i responsabili sembrano essere appunto i due fratelli Prometeo e Epimeteo. Chi vede prima e chi vede dopo. Quindi che non sono avveduti. Ora, senza proseguire oltre, e inseguire tutte le varie versione su ciò che accadde dopo, vorrei concentrarmi su quello che a mio personalissimo avviso, si può estrarre da questo mito, alla luce di tutto quello finora raccontato. Provando ad osservare quello fin qui riportato con gli occhi di un iniziato, il mito di Prometeo sembra raccontare avvenimenti accaduti in un tempo fuori dal tempo, che hanno coinvolto almeno minimo tre razze di esseri viventi: i Titani, gli dei dell’Olimpo e l’umanità. Gli dei, a seguito di guerre vinte per il potere sulla terra, si dedicano a più riprese alla creazione di un tipo di umanità atta ad essere soggiogata ai loro voleri. Non tutti quelli coinvolti nell’esperimento sostengono queste posizioni, e fanno tutto quello che è in loro potere per aiutare gli uomini a migliorare la loro condizione. In più, nell’ottica tradizionale, aggiungerei che fanno anche tutto quello che ritengono “GIUSTO” fare senza guardare alle conseguenze. Anche se alla fine, secondo quanto ci racconta il mito, vi è stata una vittoria da parte degli dei nel far perdere all’uomo una sua condizione edenica privilegiata, quell’unica cosa rimasta nel vaso di Pandora, la “Speranza”, possiamo affermare che è ciò su cui possiamo fare leva per affrancarci dalla nostra condizione materiale. Non una speranza infima e becera da rivolgere in un’ipotetica fortuna, ma una speranza di genere universale riposta nell’
“Agire senza guardare ai frutti, senza che sia determinante
la prospettiva del successo e dell’insuccesso,
della vittoria e della sconfitta, del guadagno o delle perdite,
e nemmeno quella del piacere e del dolore,
dell’approvazione e della disapprovazione altrui.”
Come riporta Evola e come ci mostra con coraggio Prometeo, poiché “un uomo è un dio mortale, e un dio un uomo immortale”. E se è vero che “…tutti gli uomini hanno una rupe, e i mostri non muoiono. Ma quello che muore è la paura che t’incutono”, e che quel fuoco che Prometeo rubò e che ci donò è la scintilla Divina che si cela in noi, ora sappiamo che grazie al “SACRO FUOCO” che arde in noi, donatoci da Prometeo con coraggio e con amore, e che ci spinge ad AGIRE, possiamo liberarci da ogni catena e paura e tornare a riprenderci il posto che ci spetta nell’ Universo.
Valerio Avalon
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