1. La massoneria italiana tra ‘800 e ‘900
Le logge massoniche si diffondono nella penisola italiana a macchia di leopardo fin dalla metà del XVIII secolo: la prima loggia viene fondata da alcuni massoni inglesi a Firenze tra il 1731 ed il 1732 (1). Con l’avventura napoleonica, la massoneria si espande in tutta Italia mediante la penetrazione delle idee della Rivoluzione Francese, idee già in periodo prerivoluzionario divulgate proprio
La Massoneria, dunque, è protagonista del processo di abbattimento dell’ancien régime, che in Italia solo casualmente coincide con la realizzazione dell’antica aspirazione all’unità della Nazione, ed alla diffusione, in un’accezione solo in parte “nuova”, di un concetto antico, quello di “nazione”. Raggiunta l’unità della nazione italiana con la coincidenza di Kulturnation e Staatnation, la massoneria si “appropria” del “mito” di quello che viene chiamato “Risorgimento”, attribuendo all’azione dei massoni sia il crollo delle monarchie assolute, sia l’Unità d’Italia. A dire il vero, sono i gesuiti di Civiltà Cattolica che, con forzature notevoli, presentano l’intero processo risorgimentale come una sorta di “complotto massonico” (3). Fin dall’inizio, infatti, la Massoneria aveva avuto un nemico: la Chiesa Cattolica. Con la costituzione apostolica In eminenti apostolatus specula del 1738, Clemente XII commina la scomunica latæsententiæ ai massoni. La scomunica viene ribadita da Benedetto XIV nel 1751 con la bolla Providas Romanorum Pontificum.
In Italia l’unificazione viene raggiunta contro la Chiesa rappresentante la religione maggioritaria, che costituiva anche la religione ufficiale del Regno di Sardegna (4), il cui espansionismo costituì il regno d’Italia. Pertanto, la ricostruzione del risorgimento quale “complotto massonico” da parte degli ambienti cattolici che vedono Porta Pia come un sacrilegio prima che un’usurpazione, è strumentale alla tesi del Risorgimento come complotto contro il cattolicesimo romano. La Massoneria non confuta la tesi di Civiltà Cattolica, anzi: la rilancia. Dai testi immediatamente successivi alla raggiunta unità (5), fino alla pubblicistica più recente, i massoni rivendicano un ruolo decisivo nel processo risorgimentale arrivando a sostenere: «… il ruolo della Massoneria nell’unità d’Italia – soprattutto attraverso la cosiddetta Carboneria – fu ancora più importante che nella fondazione degli Stati Uniti» (6).
L’affare “Giordano Bruno”
Individuata la Chiesa Cattolica come “nemico”, la Massoneria compie un’altra operazione propagandistica, “appropriandosi” dei perseguitati dalla Chiesa Romana, accomunandoli tutti nell’unica categoria di “liberi pensatori”. Questa operazione diventa eclatante con la creazione del mito di Giordano Bruno “protomassone”, che tocca la sua acme quando, nel 1889, auspice il Presidente del Consiglio Francesco Crispi (massone di rito scozzese), viene inaugurata una statua del Nolano in Campo dei Fiori. Fin dal 1886 Giordano Bruno era stato elevato a simbolo della Massoneria italiana, con l’istituzione dell’Ordine di Giordano Bruno quale massima onorificenza dell’associazione. In effetti, i massoni si “appropriano” della figura di Giordano Bruno, compiendo una vera e propria mistificazione del pensiero del frate “eretico”, tanto da far dire: «Che cosa c’è di più bigotto di quei fieri atei, tutti convinti che un mistico sovrano come Giordano Bruno fosse uno dei loro? La Chiesa, che lo ha bruciato, sapeva assai meglio con chi aveva a che fare. Loro invece gli hanno anche dedicato un monumento, come fosse il Milite Ignoto. E gli illuministi? Se davvero esistessero, dovrebbero evitare innanzitutto di credere nei Lumi. Ecco la nuova “gente pia”, neppur protetta nella sua bigotteria dalle mediazioni cerimoniali, dall’arcano pragmatismo di una Chiesa. Non sanno su quali presupposti agiscono e non amano che qualche irriverente sofista glielo chieda. Meglio che lo coprano con le loro pratiche superstiziose» (7). In modo meno corrosivo e quasi “giustificativo” di questa sorta di “appropriazione indebita”, si è scritto: «L’elevazione del Nolano a emblema della Massoneria … non va giudicata sotto il profilo della rispondenza filologica tra il suo sistema filosofico e gli orientamenti prevalenti nella Famiglia … bensì va apprezzata per la sua efficacia rappresentativa. Per i massoni (che non ne conoscevano il pensiero) Bruno era la vittima del dogmatismo teocratico di Roma in combutta con i sordidi intrighi dell’assolutistica diplomazia veneziana. Al tempo stesso era l’uomo che fra il rogo e la rinunzia alle sue più profonde convinzioni scelse il martirio, onorando, quindi, non l’ateismo o il rifiuto del cristianesimo (come poi asserito da certo malinteso positivismo) ma la libertà di “ricerca” e, quindi, la libertà di religione» (8). L’opera propagandistica della Massoneria italiana a cavallo tra i secoli XIX e XX tende dunque ad accreditarsi quale protagonista del Risorgimento e della “lotta all’oscurantismo”, incarnato dalla chiesa cattolica (9). Due note a margine di tale precisazione: il più importante studioso italiano di Giordano Bruno, Gabriele La Porta, nelle sue trasmissioni televisive e nelle sue numerose pubblicazioni, ha ribadito più volte quanto la dottrina del Nolano nulla abbia a condividere con il mondo delle idee illuminate e del libero pensiero, essendo, al contrario, inserita nel solco arcaico della tradizione ermetica; Benito Mussolini, durante le trattative con la Chiesa Cattolica per il Concordato, si oppose alla richiesta di abbattimento della famosa statua a Campo dei Fiori, concedendo solo il divieto di svolgervi manifestazioni anticlericali.
La penetrazione nella società civile
Il suo porsi come contraltare all’antirisorgimento (10) ed al clericalismo, unito alla scomparsa per naturale esaurimento delle sette segrete che avevano operato durante il periodo risorgimentale, polarizza verso la Massoneria tutti coloro per i quali il Risorgimento era un mito e la Chiesa Cattolica sentina di ogni male. Il non expedit di Mastai Ferretti impedisce ai cattolici legati alla Chiesa di occuparsi di politica, onde si può dire, come noterà poi Gramsci (11), che la scena politica italiana, fino alla fondazione del Partito Popolare Italiano(1919), è monopolizzata dalla Massoneria. Nonostante Aldo Alessandro Mola (12) sostenga che si tratti di una “leggenda” alimentata dagli stessi massoni, è innegabile che, nel periodo postunitario, fino alla vigilia della Grande Guerra, vi sia una massiccia presenza massonica nelle posizioni di verticedi tutti i “blocchi” del dibattito politico italiano (13). L’analisi del Mola, infatti, si ferma all’aspetto “quantitativo” della presenza massonica nella burocrazia, laddove – invece – è caratterizzante l’aspetto “qualitativo”. Per rendere l’idea, basterebbe ricordare che dei due comandanti supremi delle FF.AA. nella Grande Guerra, è massone il comandante delle forze di mare Paolo Thaon de Revel (14), ed è in “odore di massoneria” il comandante supremo Armando Diaz (15).
La vita interna della Massoneria era stata fin da subito travagliata, con scissioni, litigi, reciproche diffidenze, onde sarebbe veramente difficile tracciare un “asse medio” della posizione politica della Massoneria in quanto istituzione (nel senso che a tale termine darà Santi Romano). Certamente, un punto nodale nella storia della Massoneria italiana è la cosiddetta “scissione di piazza del Gesù”. Il 24 giugno 1908, giorno natale di Giovanni il Battista, patrono del rito scozzese antico e accettato, dal Grande Oriente d’Italia si distacca un gruppo di massoni aderenti a tale rito, guidati dal calabrese Saverio Fera, Sovrano Gran Commendatore del rito in seno al GOI, dando vita alla Serenissima Gran Loggia d’Italia, successivamente denominata Gran Loggia d’Italia degli ALAM (Antichi Liberi Accettati Muratori). La scissione è determinata dalla battaglia per l’elezione del Gran Maestro del GOI, conclusa con l’elezione di Ettore Ferrari, il quale imbocca la deriva del Grande Oriente verso il «principio democratico nell’ordine sociale» (16). È da allora che nella Massoneria si crea la diatriba politica tra l’obbedienza del GOI, accusata dagli ALAM di essere “demagogici” e gli ALAM, accusati dal GOI di essere “reazionari” (17). Come detto, massoni sono presenti in tutti le formazioni politiche. Si crea, comunque, all’interno di qualcuna di queste, il problema della compatibilità tra l’appartenenza alla massoneria e l’appartenenza a determinati partiti.
Particolarmente intenso il dibattito tra i socialisti. Per due volte (1905 e 1908), il partito indice un referendum tra gli iscritti sul tema, ma non raggiunge un numero di adesioni sufficienti ad impegnare il Congresso, per cui il tema viene portato per la prima volta all’XI Congresso di Milano del 1910, in cui da Mondolfo, Mastracchi, Salvemini e Angelica Balabanoff presentano una mozione che invita «i socialisti che non sono massoni a non entrare nella massoneria e quelli che vi appartengono di uscirne» (18). L’OdG non viene approvato. Situazione rovesciata nel XIV congresso, che si svolge ad Ancona dal 26 al 29 aprile 1914. Giovanni Zibordi presenta una mozione con cui si chiede di sancire l’incompatibilità tra appartenenza alla massoneria ed iscrizione al partito, dichiarando: «Noi combattiamo la Massoneria non per le sue remote né per le più recenti origini filosofiche, ma per la sua funzione attuale, che reputiamo perniciosa per l’educazione socialista». Benito Mussolini, allora direttore dell’Avanti, si era già schierato su posizioni antimassoniche nel 1905, 1908 e nel 1910, e nel Congresso di Ancona chiede l’approvazione di OdG più radicale, che prevede la “cacciata” dei massoni dal partito, mentre nel presentare il suo originario OdG, Zibordi aveva detto: «Tutti quei nostri compagni massoni i quali sentono profondo il loro amor e devoto per il partito, sentiranno che questo loro sentimento non è compatibile colla serenità della loro coscienza massonica, essi si ritireranno dalla Massoneria per rimanere fedeli al partito. La massoneria può corrompere i corruttibili, non può corrompere le coscienze salde dei nostri compagni». L’OdG Zibordi viene integrato con la proposta di emendamento di Mussolini, che alle parole «dichiara incompatibile per i socialisti la entrata e la permanenza nella Massoneria» aggiunge: «ed invita le sezioni ad espellere quei compagni che non si conformassero nella loro condotta avvenire nelle norme su esposte». La mozione così emendata è accolta a maggioranza schiacciante.
In quel Congresso, il delegato polesano Giacomo Matteotti vota perché venga mantenuto l’originario ordine del giorno Zibordi (19). Si tratta, dunque, di una mistificazione storica quello che sostiene Alfonso Maria Capriolo (20), secondo il quale a Mussolini che proponeva l’incompatibilità «… tenne testa un giovane delegato del Polesine, Giacomo Matteotti, quasi anticipando quella contrapposizione che, dieci anni dopo, avrebbe condotto all’assassinio del leader dei socialisti riformisti, con l’avallo del capo del fascismo». Matteotti è favorevole a sancire l’incompatibilità. A votare affinché venga mantenuta la possibilità per i massoni di iscriversi al partito, è gente come Poggi, Raimondi, Lerda. Anche i nazionalisti si pongono il problema della compatibilità tra appartenenza all’associazione ed alla Massoneria. Eppure, la Massoneria italiana, vista la scarsa penetrazione del suo anticlericalismo, aveva abbracciato la scelta patriottica. Su tale “svolta” del GOI (in contrapposizione alla “Universalità” dell’istituzione massonica), significativa la balaustra inviata dal Gran Maestro del GOI Ernesto Nathan del 25 luglio 1896 ai Maestri Venerabili delle logge italiane, in cui – tra l’altro – scrive: « …bisogna che l’Ordine nostro promuova la solenne pubblica affermazione del patriottismo italiano e la contrapponga, in tutta la maestà della coscienza nazionale, alle trame sottili dei nemici della Patria» (21).
Dal contesto della balaustra si evince chiaramente che il patriottismo è invocato da Nathan in contrapposizione alla Chiesa cattolica, accusata di “tessere trame sottili” contro la Patria. In occasione della guerra di Libia, il GOI accelera la sua posizione. Ancora una volta, significativa la balaustra inviata dal Gran Maestro Ettore Ferrari il 4 novembre 1911: «Dai lontani lidi d’Africa giunge, con l’eco delle vittorie, il grido dei forti che cadono gloriosamente per la nuova affermazione della civiltà italica. Quel grido commette alla Patria la sorte degli orfani, delle spose e delle madri dei caduti. Il supremo appello si ripercuote nella grande anima italiana. La Massoneria, alta espressione della coscienza nazionale, deve, ora come sempre, immediatamente e degnamente rispondervi» (22). Il GOI apre una sottoscrizione per i soldati italiani partiti per la Tripolitania e la Cirenaica e stanzia £ 15.000,00 dal fondo comune. Gli “scissionisti” della Serenissima si mostrano ancor più estremisti sul punto. Grande entusiasmo del Sovrano Gran Commendatore Saverio Fera, che annuncia la fondazione di tre logge tra Cirenaica e Tripolitania a guerra finita e, successivamente, respinge con sdegno le accuse di crudeltà mosse alle truppe italiane (23). Nonostante ciò, come detto, anche i nazionalisti si pongono il problema della compatibilità con la massoneria. L’A.N.I. (Associazione Nazionalista Italiana), pur denominandosi “Associazione”, si organizza da subito come un partito, con una struttura piramidale tipica dei partiti organizzati, con congressi annuali, con le correnti incarnanti le diverse anime.
Fin dal primo congresso svoltosi a Firenze nel 1910, è posto il problema della compatibilità tra l’appartenenza alla massoneria e iscrizione al partito. Dopo l’introduzione, nel 1912, del suffragio universale maschile, la polemica antimassonica dei nazionalisti scoppia con maggiore veemenza. L’allargamento della base elettorale spinge ad evitare “infiltrazioni massoniche” in un partito che aspira a diventare di massa. «Il settimanale dell’Associazione “L’Idea Nazionale” propose tre quesiti taglienti a personalità di spicco: la sopravvivenza di una società segreta, quale la Massoneria, era compatibile con le condizioni della vita pubblica moderna? Il razionalismo materialistico e l’ideologia umanitaria e internazionalistica, a cui la Massoneria nelle sue manifestazioni si ispirava, corrispondevano alle più vive tendenze del pensiero contemporaneo? L’azione palese e occulta della Massoneria nella vita italiana, e particolarmente negli istituti militari, nella magistratura, nella scuola, nelle pubbliche amministrazioni, si risolveva in un beneficio o in un danno per il Paese?» (24). L’esito del referendum, ricalcato su quelli dei socialisti di cui si è detto, ha una netta prevalenza di posizioni antimassoniche. L’Idea Nazionale lancia anche un altro quesito: è compatibile l’appartenenza alla Massoneria e l’appartenenza alle Forze Armate? Anche qui, la totalità degli intervistati risponde negativamente, soprattutto riguardo al giuramento massonico, ritenuto confliggente con il giuramento di fedeltà alla Patria ed al Re a cui è tenuto il militare (25).
Allo scoppio della guerra europea nel 1914, la Massoneria italiana si schiera inizialmente su posizioni neutraliste. La balaustra del Gran Maestro del GOI Ettore Ferrari del 31 luglio 1914 (26), sostiene l’aspirazione della Fratellanza alla Pace Universale, continuando:
1. nel caso di ineluttabilità del conflitto, l’Italia deve fare la sua parte, ed i Massoni non possono non essere a fianco della Patria,
2. il Governo non può essere spinto all’intervento dai moti di piazza.
Anche gli “scissionisti” della Serenissima hanno un’iniziale posizione neutralista. Il 1° agosto 2014, il Sovrano Gran Commendatore Saverio Fera intima: «Giù le armi! Tutti al Tribunale Internazionale della pace all’Aja» (27). Senza scadere nel complottismo, l’inversione di tendenza di ambo le obbedienze verso l’interventismo si verifica dopo che il 6 agosto 1914, l’ambasciatore d’Italia a Londra, marchese Guglielmo Imperiali di Francavilla, informa il ministro degli Esteri Antonino di San Giuliano che Alfred Rothschild gli aveva confidato nel massimo segreto che, se si fosse schierata con la Triplice Intesa, l’Italia avrebbe reso “incalcolabili vantaggi alla causa della pace” e, con successivo, più articolato dispaccio dell’11 agosto, chiariva che Rotschild “non parlava a titolo personale” (28). Il barone Alfred Rotschild, è non solo ai vertici del più grande gruppo bancario europeo, ma è anche un influente dignitario della United Grand Lodge of England (29), che la Massoneria Universale considera dappertutto “madre” di tutte le massonerie. Sta di fatto che, immediatamente dopo tali comunicazioni, il GOI dà il proprio avallo alla costituzione di un corpo di volontari massoni al fine di provocare l’Austria e provocarne una reazione armata (30). Secondo la ricostruzione degli storici di tendenza massonica, tale inversione è, comunque, determinata dalle scelte di altri partiti, dalle pressioni dei fratelli legati alla causa risorgimentale, ma soprattutto, la contrapposizione con gli ambienti clericali, votati al pacifismo (31), pacifismo che i massoni ritengono nasconda la volontà di perpetuare regimi assoluti molto permeati dalla religione (cattolica in Austria, luterana in Germania, ortodossa in Bulgaria, islamica in Turchia) (32).
Per gli “scissionisti”, decisiva l’azione del fratello Gabriele D’Annunzio, campione dell’irredentismo ed affiliato alla loggia XXX ottobre di Fiume, la cui rivendicazione di italianità è conclamata nella sede della Gran Loggia, nel frattempo insediatasi a Piazza del Gesù (da cui prenderà il nome). L’interventismo porterà ad un avvicinamento dei massoni ad antichi avversari come Mussolini ed i nazionalisti. Difatti, com’è naturale, i nazionalisti si schierano subito per l’intervento, anche se con profonde lacerazioni tra i sostenitori dell’Intesa e quelli degli Imperi Centrali. Benito Mussolini ha, dal suo canto, abbandonato le posizioni pacifiste ed internazionaliste che aveva assunto nel 1911 (tanto da essere arrestato per una manifestazione contro la guerra di Libia): ha lasciato il Partito Socialista e la direzione dell’Avanti per fondare un nuovo giornale, Il Popolo d’Italia, il cui primo numero vede la luce il 15 novembre 1914, con un’apertura intitolata “Audacia”, di forte carattere interventista. Secondo Gianni Vannoni (33) il demiurgo della palingenesi di Mussolini in senso combattentistico è Massimo Rocca, le cui vicende successive s’intrecceranno con il fascismo attraversando fasi alterne. Non pensiamo, però, di aderire a tale tesi. L’evoluzione di Mussolini verso forme di movimentismo è determinata da molti fattori, ma – se proprio si deve cercare un “demiurgo” – questo non può che essere Vilfredo Pareto, con la sua teoria delle élites. Mussolini aveva seguito delle lezioni di Pareto a Losanna durante l’esilio e ne era rimasto subito folgorato. Dirà Mussolini al suo medico Georg Zachariae: «Da socialista convinto, tentai dapprima di realizzare nell’ambito del socialismo le idee che avrebbero dovuto portare a una soluzione delle grandi questioni sociali. Purtroppo, tali miei tentativi sono completamente naufragati, e per meglio spiegarle le ragioni di questo fallimento le racconterò un piccolo fatto, che mi capitò qualche anno avanti la prima guerra mondiale in una città dell’Italia settentrionale. Tenevo un discorso dinanzi a circa diecimila operai per incitarli a unire i loro sforzi e a combattere corpo e anima per gli ideali del socialismo. Venni acclamato vivamente ma allorché in lontananza si fecero vedere quattro carabinieri a cavallo gli operai dimenticarono il loro sacro entusiasmo e si squagliarono, lasciandomi là quasi solo. Quando potei di nuovo parlare a quegli operai dissi loro in faccia che erano dei vigliacchi e che non si sarebbe mai riusciti a vincere la battaglia per il trionfo del socialismo con della gente che alla vista di quattro carabinieri a cavallo scappava come lepri» (34). A convincerlo ad abbandonare i socialisti, è – dunque – la consapevolezza che le masse hanno bisogno del bagno della guerra per fare la rivoluzione (35), e che le masse stesse hanno bisogno di élites che le guidano.
Finita la guerra, l’Italia è attanagliata da una grave crisi economica e non solo, che analizzeremo infra. Il GOI, che aveva riportato Nathan alla Gran Maestranza negli anni della guerra, nel 1919 elegge a tale carica lo sconosciuto Domizio Torrigiani, mentre, morto Saverio Fera, gli “scissionisti” nel 1915 avevano elevato alla carica di Sovrano Gran Commendatore Raoul Palermi, che si muove fin da subito per partecipare attivamente alla vita politica. Mentre ambo le obbedienze maggiori continuano sulla linea del patriottismo, appoggiando l’impresa Fiumana dei legionari, convergono entrambe anche sul contrasto al montante bolscevismo, nel timore di un’espansione in Italia della Rivoluzione russa del 1917. Tuona Torrigiani: «Ma intanto il movimento operaio monta pauroso. Lo Stato par divenuto uno scenario vecchio; la sua autorità è in gran parte perduta. Noi, che concepiamo lo Stato moderno, nella sua sostanza immanente, quale suprema entità politica ed etica e quale organo necessario di realizzazioni democratiche sino alle più alte ed alle più lontane, lo vogliamo difeso, anzi restaurato, nelle funzioni sue: Resistemmo secondo le nostre forze, e resistiamo, alla minaccia di dittatura agitata dai demagoghi del proletariato, alla tirannide nuova non meno odiosa e più fosca delle antiche, che l’Ordine nostro atterrò» (36).
La Massoneria si rende conto che la borghesia italiana è una classe sclerotizzata nella difesa dei piccoli privilegi, e la ritiene incapace di opporsi al montante bolscevismo. Un “manifesto” del progetto massonico di ricostruzione dello Stato dalle macerie della guerra può rinvenirsi nella “Carta del Carnaro”, lo Statuto della Reggenza Dannunziana dell’Istria elaborata da Alceste De Ambris, massone dell’obbedienza di piazza del Gesù. Ed è in questo crogiuolo che nasce il fenomeno fascista.
Note:
1 – Luigi Pruneti – La Massoneria e l’Europa: tendenze e caratteristiche in AA.VV.. La Massoneria: La storia, gli uomini, le idee, Mondadori, Milano 2004 – pos. Kindle 5420; Aldo Alessandro Mola, “Storia della Massoneria in Italia”, Giunti, Firenze 2018 (d’ora in poi: Mola 2018), p. 26;
2 – Eugenio Di Rienzo. “Sguardi sul Settecento. Le ragioni della politica tra antico regime e rivoluzione”Guida, Napoli 2007, pos. Kindle 2230 – cfr. Giuseppe Giarrizzo, “Massoneria e illuminismo nell’Europa del Settecento”, Marsilio – Venezia, 1994;
3 – Già la Rivoluzione francese era stata presentata come opera di un complotto massonico da autori cattolici come l’abate Jacques-François Lefranc ed il gesuita AugustinBarruel, ma con ben più solidi argomenti, sia pure con evidenti forzature;
4 – art. 1 dello Statuto Albertino. Sul peso negativo che tale “vizio d’origine” ha avuto nella creazione di un’identità nazionale, cfr. Gioacchino Volpe, “XX settembre – Italia e Papato”, discorso pronunciato a Venezia il 20 settembre 1924, pubblicato in Gioacchino Volpe, Pagine risorgimentali, II, Giovanni Volpe, Roma 1967;
5 – Oreste Dito, “Massoneria, carboneria ed altre società segrete nella storia del Risorgimento italiano”, Roux e Viarengo, Torino 1905, in cui l’autore sostiene che tutte le società segrete del Risorgimento, dalla Carboneria alla Giovine Italia, agli Scamiciati, alla Sacra Fratellanza, ai Filadelfi, agli Adelfi, ai Federati, sono riconducibili alla Massoneria;
6 – Michael Baigent, Richard Leigh, “Origini e storia della massoneria. Il Tempio e la Loggia”, Newton Compton, Roma 1998, p. 235;
7 – Roberto Calasso, “La rovina di Kasch”, Adelphi, 1983, p. 339;
8 Mola 2018, p. 197;
9 – emblematico è l’inno a Satana del massone Giosuè Carducci, in altri componimenti cantore del Risorgimento. Da notare che, per accentuare il valore simbolico del monumento a Giordano Bruno, alla sua base sono incisi i volti dei “martiri del pensiero”, associando in unico contesto JanHus, JohnWycliff, Miguel Servet,Antonio Paleario, Lucilio Vannini, Pietro Ramo, Tommaso Campanella e Paolo Sarpi, aventi quale unico denominatore comune le divergenze con la Chiesa Cattolica;
10 – sul cosiddetto “Antirisorgimento”, un’acuta analisi è contenuta in Di Rienzo – “Storici smemorati, A proposito del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia”, in NRS, 2010, vol. II, pp. 381-406
11 – v. infra;
12 – op. cit., pos. Kindle 3276
13 – sulpunto, cfr. Jean-Pierre Viallet, « Anatomie d’une obédience maçonnique: le Grand Orient d’Italie (1870-1890 circa) », MEFRM, 90, 1978, 1, pp. 185 ss.
14 – Mola 2018, p. 479;
15 – Mola 1992, p. 435. L’appartenenza di Diaz alla Massoneria è affermata da Maria Rygier, “La fracmaçonnerieitaliennedevant la guerre et devant le fascisme”, Gloton, Paris, 1929, pp. 58 s., ma non c’è alcun documento probante. Certo, molte logge sono intitolate al “Duca della Vittoria”, ma ciò non è decisivo per affermare l’affiliazione di Diaz;
16 – Mola 2018, p. 219
17 – Michele Terzaghi, “Fascismo e massoneria”, Edit. Storica, Milano 1950, pp. 32-33;
18 – Giovanni Artero, “Massoneria, socialismo, anticlericalismo dall’età giolittiana al fascismo”, Buccinasco, Memoriediclasse, 2009, p. 8
19 – Il resoconto del dibattito congressuale è pubblicato su L’Avanti del 28 aprile 1914
20 – L’Avanti, 25 aprile 2014;
21 – Fulvio Conti, “La Massoneria e la costruzione della nazione italiana dal Risorgimento al fascismo”, in AA.VV.. “La Massoneria: La storia, gli uomini, le idee” cit., pos. Kindle 2921-2922
22 – Mola 2018, p. 409. Questa posizione è il culmine di una travagliata stagione per la Massoneria Europea, che aveva visto il GOI convocare, il 20 settembre 1911, un congresso internazionale al termine del quale si auspicò il sorgere un organismo internazionale intermassonico, che avrebbe dovuto, nelle intenzioni, costituire una sorta di “camera arbitrale” per le controversie tra stati per prevenire qualunque conflitto. Giuseppe Leti, uno dei relatori del GOI al congresso (cui parteciparono anche i massoni turchi) pronunciò un discorso inneggiante al “cosmopolitismo” massonico, che sarebbe apparso in conflitto con la successiva posizione assunta in relazione al conflitto italo-turco – v. Marco Cuzzi – “Dal Risorgimento al Mondo Nuovo” – Mondadori, Milano 2017, pos. Kindle 857 – Marco Novarino, “La Massoneria tra cosmopolitismo pacifista e interventismo” – in “Guerra e nazioni – “Idee e movimenti nazionalistici nella Prima guerra mondiale”, Guerini e Associati, Milano 2015, p. 224;
23 – Cuzzi, op. cit., pos. Kindle 903 ss.
24 – Mola 2018, p. 410;
25 – In realtà, la questione del giuramento è stata travisata allora, come sarà travisata anche in seguito (e lo è tuttora). Il giuramento massonico riguarda la sfera privata e non confligge con altri giuramenti afferenti all’azione pubblica dell’individuo, ma la questione è estranea al tema di questo lavoro;
26 – pubblicata in «Bollettino del Rito Simbolico Italiano», n. 57, ottobre 1914;
27 – Cuzzi, op. cit., pos. Kindle 1234;
28 – Ferdinando Martini, “Diario, 1914-1918: A cura di Gabriele de Rosa”, Mondadori, 1966, p. 137, n. 31;
29 – “The Freemason’s Chronicle”, voll. 51-52, p. 226;
30 – Conti, “Storia della massoneria italiana dal Risorgimento al fascismo”, Il Mulino, Bologna 2003, p. 239;
31 – il papa Benedetto XV il 1° novembre 1914 con l’enciclica Ad Beatissimi Apostolorum aveva lanciato un appello affinché tacessero le armi;
32 – Gustavo Canti, “La Massoneria italiana nell’ultima Guerra di redenzione”, Cooperativa tipografica Egeria, Roma 1923, p. 23;
33 – “Massoneria, Fascismo e Chiesa cattolica”, Laterza, Bari-Roma 1980, p. 18;
34 – Georg Zachariae, “Mussolini si confessa”, B.U.R., Milano 2004, p. 57;
35 – De Felice – “Mussolini il Rivoluzionario” Einaudi, Torino 1965, intitola il cap. 10 (pp. 288 ss):“Il mito della guerra rivoluzionaria” ;
36 – Discorso all’Assemblea costituente della massoneria italiana il 9 maggio 1920, Tip. Bodoni e Bolognesi, Roma 1920, p. 9 (ISRT, Archivio Torrigiani, s. III, fasc. 2.1.3), citato in Laura Cerasi, “Democrazia del lavoro, laicismo, patriottismo: appunti sulla formazione politica di Domizio Torrigiani”, in AA.VV., “La massoneria italiana da Giolitti a Mussolini: Il gran maestro Domizio Torrigiani”, Viella, Roma 2014, pos. Kindle 196.
(continua…)
Luigi Morrone per la Redazione di EreticaMente