16 Luglio 2024
Tradizione

L’elastico e la molla – Vittorio Varano

Un uomo con un elastico legato alla schiena viene sparato come un proiettile : più procede in avanti, più l’elastico si tende, finché non raggiunga la sua massima lunghezza possibile ; a quel punto il movimento si ferma, l’uomo rimane bloccato in un apparente equilibrio in cui la forza d’inerzia che lo spinge a proseguire è bilanciata esattamente dalla resistenza dell’elastico, poi l’energia accumulata si esaurisce, prende il sopravvento la trazione esercitata a tergo, inverte la rotta, ed inizia a tornare indietro. Al termine del tragitto si ritrova al punto di partenza, si schianta su una molla, la molla si schiaccia, poi reagisce alla forza che la comprime, rilascia la tensione delle sue spire, e lo scaglia lontano, ricominciando da capo la fase di andata dello stesso percorso appena compiuto camminando come un gambero a ritroso, come un salmone che risale la corrente del fiume fino ad arrivare alla sorgente.

Ma contrariamente a quello che credono i suoi adoratori, la fatica del ritorno all’Unico è completamente inutile, perché se l’Uno è il Principio di Tutto, in Esso è implicita una propensione-propulsiva che funziona come un’inespressa proibizione, come se Lì vi fosse affisso un cartello di divieto con scritto “PERMANENZA NON PERMESSA” ; l’Origine di ogni cosa si comporta necessariamente come l’immagine che ho descritto : l’apertura scambiata per una porta della caverna cosmica è in realtà la bocca di un cannone che viene preparato ad esplodere un nuovo colpo da chi ci s’introduce illudendosi di uscire dalla ruota della ricorrenza, mentre invece, per una pallottola, rientrare nel caricatore della pistola è la premessa per essere spedita un’altra volta ancora verso il bersaglio. L’idea che il ritorno alla Fonte sia il risveglio dal sogno della vita universale, è assurda quanto lo sarebbe ritenere che l’inspirazione metta fine alla respirazione, come se la respirazione consistesse solamente nell’espirazione. Non serve squarciare il velo di Maya se lo si fa per gettarsi tra le braccia del Sarto che lo tesse : i fili che intrecciandosi formano l’arazzo sul quale ricama le scene della rappresentazione da cui la nostra mente si lascia intrappolare, sono i rami di cui si compone la chioma intricata di un albero che dalla potatura non è estirpata e non scompare, ma anzi con la potatura si irrobustisce, e a cui neanche il taglio del tronco, finché ne rimane la radice, impedirebbe di ricrescere, e magari ancor più rigogliosa di prima.

Poiché l’apparire della conseguenza dipende dall’agire della causa, soltanto la cessazione dell’attività della causa può avere come effetto la cancellazione della conseguenza ; e poiché la causalità coincide con la sua operazione ( non ne è occupata solo nel senso di impegnata-in ma anche di riempita-da ) non c’è sistema per ottenere l’estinzione della conseguenza all’infuori dell’eliminazione della causa : chi conserva la causa conferma la conseguenza. Una cosa si può reggere in due modi : se appoggia-su o se è appesa-a ; poiché il Principio non può essere soppresso, si può liberarsene non per sottrazione ma per sostituzione, se a prenderne il posto è qualcosa che gli corrisponda ma capovolga il rapporto che si ha con la realtà. Una nave ancorata al fondale marino è al sicuro dalle onde e dai venti che la farebbero andare alla deriva, ma non è al rischio di venir risucchiata da un gorgo, perché l’ancoraggio impedisce di spostarsi in orizzontale ma non di affondare, perché, per la nave, affondare significa proprio dirigersi verso quel punto a cui la si è voluta saldare ( proprio verso quel punto alla cui stabilità ci si è voluta affidare ) ; per salvare la nave bisogna salpare ( cioè staccare l’ancora dalla superficie della terra sottostante la superficie del mare ) non per viaggiare verso una riva a cui approdare ( che sarebbe pur sempre terra, e il passaggio dal legame con una superficie terrestre sottostante la superficie marina al legame con una superficie terrestre sovrastante la superficie marina non è rilevante, perché è relativo : la differenza fra terre sommerse e terre emerse è una differenza secondaria ) ma per lanciare in alto l’ancora per agganciarla al cielo.

Ma né il cerchio zodiacale né il disco solare né il ciclo lunare sono utilizzabili come carrucole per sollevarla, perché girano per conto loro : il meccanismo che provoca il movimento ascensionale deve essere azionato dalla corda tirata con la forza delle nostre braccia, altrimenti non si arresta al momento opportuno ossia all’arrivo alla Meta ( il καιρός non è l’hic-et-nunc del carpe-diem epicureoraziano ) ma permanendo nel suo moto perpetuo vanifica ogni conquista : la svolta lungo una linea curva non è conclusiva se la linea continua, ed ogni linea chiusa è una linea continua. Chi compie lo scambio tra la Causa e il suo “contrario” ( la scelta dello Scopo / il rifiuto di fare ritorno al Luogo Originario ) ormai non è più un essere vivente fissato al Fondamento ma d’ora in poi un essere volente issatosi alla Finalità : il θεός = τέλος ( che trascende l’ἀρχή ) il cui fraintendimento riduttivo in chiave temporalmondana è la leggendaria “evoluzione delle specie” / utopia progressista.

Vittorio Varano

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