La nascita del Regime e la Massoneria
Le temperie seguenti sono note: alle elezioni del 1924 il PNF conquista una maggioranza schiacciante, il deputato socialista Giacomo Matteotti viene assassinato dopo un durissimo discorso alla Camera, l’opposizione si ritira in un immaginario “Aventino”, non partecipando ai lavori parlamentari. Viene ventilato da più parti l’ipotesi di un “complotto massonico” che fomenta l’avversione al fascismo. I fascisti più intransigenti tuonano contro i camerati provenienti dalla massoneria, applicando ai massoni la regola ecclesiastica del semel abas, semperabas, per cui “il massone” non cessa mai di essere tale (1). Il risentimento antimassonico monta all’interno del mondo fascista, ed il 15 agosto 1924, il Gran Consiglio approva un deliberato durissimo. I massoni sono nemici del fascismo e vanno combattuti senza pietà. Il Ministro dell’Interno, il nazionalista Luigi Federzoni, noto antimassone, lascia che gli squadristi devastino le logge in tutta Italia senza far intervenire le forze dell’Ordine. È la premessa alla “stretta di freni” definitiva, che avverrà dopo qualche mese. Il 12 gennaio 1925, il Governo presenta alla Camera il disegno di legge sulla «Regolarizzazione dell’attività delle Associazioni, Enti ed Istituti e dell’appartenenza ai medesimi del personale dipendente dallo Stato, dalle provincie, dai comuni e da istituti sottoposti per legge alla tutela dello Stato, delle provincie e dei comuni».
Tale legge contiene due pilastri fondamentali:
1. l’obbligo, per qualunque associazione, di comunicare all’Autorità di Pubblica Sicurezza tutte le notizie inerenti all’attività dell’associazione, ivi compresi gli elenchi degli associati;
2. il divieto dei pubblici dipendenti di appartenere ad associazioni comunque legate al vincolo del segreto, sotto pena della destituzione.
La Massoneria non viene menzionata, ma è chiaro a tutti che costituisce il bersaglio principale della legge. Il 14 aprile 1925, nelle more della discussione parlamentare, l’Ufficio Massoneria del Partito nazionale fascista dirama a tutte le Federazioni la Circolare n. 4 (2), in cui si dice: «Le Federazioni tengano presente che la Massoneria costituisce in Italia l’unica organizzazione concreta di quella mentalità democratica che è al nostro partito e alla nostra idea della Nazione nefasta ed irriducibilmente ostile, che essa, ed essa soltanto, permette ai vari partiti, borghesi e socialisti, dell’opposizione parlamentare ed aventiniana, la resistenza, la consistenza e l’unità di azione». La discussione alla Camera è fissata per il 16 maggio (slitterà al 19). Relatore è il nazionalista Emilio Bodrero, uno dei protagonisti della “guerra alla massoneria” condotta dal suo partito nel 1912, conclusa con la sanzione dell’incompatibilità. Nella relazione, si legge: «Qualsiasi specie di società occulta, anche se, per ipotesi, il suo fine sia eticamente e giuridicamente lecito, è da ritenersi, pel fatto stesso della segretezza, incompatibile con la sovranità dello Stato», ed è chiarissimo il riferimento alla Massoneria, anche per il successivo “passaggio” sull’obbligo del segreto. Il primo a prendere la parola nel dibattito del 16 maggio è Gioacchino Volpe (3), il quale toglie ogni dubbio sul riferimento alla Massoneria: «… quando si dice società segrete, si dice massoneria» e sulla Massoneria ed il suo ruolo storico incentra tutto l’intervento: ne sminuisce il ruolo nel processo risorgimentale, ricorda la posizione antimassonica di varie organizzazioni e partiti che nella Massoneria vedevano «… l’equivoco politico, la degenerazione della vita pubblica, il confusionismo delle idee, la sopravvivenza di illuminismo e di ideologie settecentesche, il pacifismo spappolato, l’internazionalismo, la disorganizzazione dello Stato, lo strumento di stranieri interessi a danno del Paese, il vecchio e vacuo anticlericalesimo, specialmente l’intrigo e la camorra» (4).
La stragrande maggioranza annuncia il voto favorevole. Il “fascista anarchico” Massimo Rocca (5), dal canto suo, annuncia il voto contrario, assumendo l’attuale “irrilevanza” della Massoneria, che egli rivendica di aver combattuto «allorché la massoneria era veramente una casta dirigente, tanto che soltanto i massoni potevano riuscire nella vita pubblica, aprirsi una carriera intellettuale, e trovare degli editori per stampare i loro libri e divulgare le loro idee». Egli teme che la legge sia una sorta di “grimaldello” per la «fascistizzazione che si vuol fare della nostra burocrazia». Violenta la posizione, contraria all’approvazione della legge, di Antonio Gramsci, che tuona: «Che cosa è la Massoneria? Voi avete fatto molte parole sul suo significato spirituale, sulle correnti ideologiche che essa rappresenta, ecc.; ma tutte queste sono forme di espressione di cui voi vi servite solo per ingannarvi reciprocamente, sapendo di farlo. La Massoneria, dato il modo con cui si è costituita l’Italia in unità, data la debolezza iniziale della borghesia capitalistica italiana, la Massoneria è stata l’unico partito reale ed efficiente che la classe borghese ha avuto per lungo tempo. Non bisogna dimenticare che poco meno che venti anni dopo l’entrata a Roma dei piemontesi, il Parlamento è stato sciolto e il corpo elettorale da circa 3 milioni di elettori è stato ridotto ad 800 mila. È stata questa la confessione esplicita da parte della borghesia di essere un’infima minoranza della popolazione, se dopo venti anni di unità, essa è stata costretta a ricorrere ai mezzi più estremi di dittatura per mantenersi al potere, per schiacciare i suoi nemici di classe, che erano i nemici dello Stato unitario». Come nota Aldo A. Mola (6), Gramsci «votò contro la legge, non per difendere la Libera Muratoria ma perché essa faceva presagire lo scioglimento coatto dei partiti di opposizione … ma il suo voto non può essere frainteso sino a farne un difensore della Libera Muratoria».
Viceversa, è in atto un’operazione di mistificazione storica, che viene condotta isolando dal contesto la frase “la Massoneria è stata l’unico partito reale ed efficiente che la classe borghese ha avuto per lungo tempo” (7) per presentarla a sostegno della tesi per la quale Gramsci avrebbe difeso la Massoneria affermando che essa «Rappresentava la parte illuminata della tradizione politica risorgimentale e si era scontrata con le correnti reazionarie e clericali che si erano impossessate del regime usando la forza del fascismo agrario» (8). Gramsci non sostiene questo, né lo lascia intendere. Anzi, sostiene che il vero bersaglio della legge non è la Massoneria, ma il movimento operaio, che l’eventuale sostituzione dell’egemonia massonica con l’egemonia fascista sarà solo un’operazione di facciata (9) «In realtà il Fascismo lotta contro la sola forza organizzata efficacemente che la borghesia capitalistica avesse in Italia, per soppiantarla nella occupazione dei posti che lo Stato dà ai suoi funzionari. La rivoluzione fascista è solo la sostituzione di un personale amministrativo ad un altro personale … La realtà dunque è che la legge contro la massoneria non è prevalentemente contro la massoneria: coi massoni il fascismo arriverà facilmente ad un compromesso». Chiusa la discussione del 16 maggio, al momento della votazione manca il numero legale, la seduta viene aggiornata e la proposta di legge viene approvata il 19 maggio con 289 voti contro 4. La legge diviene definitiva dopo l’approvazione da parte del Senato nella seduta del 22 novembre 1925. Lo stesso giorno, una balaustra di Torrigiani scioglie tutte le logge aderenti al GOI, ma non scioglie il GOI, che continua la sua opera. Certamente quella della ricerca esoterica. E, forse, anche quella “esterna”, soprattutto di collegamento tra “fratelli”. Raoul Palermi, nel frattempo, scioglie l’obbedienza di piazza del Gesù e comincia una peregrinazione “elemosinando” benemerenze al Regime, dopo di che, sparisce nel nulla, vivacchiando con un vitalizio assegnatogli da Costanzo Ciano, vecchio massone “in sonno” fin dalla sancita incompatibilità tra iscrizione al PNF ed affiliazione alla Massoneria (10). La Massoneria di piazza del Gesù è scomparsa.
La Massoneria durante il Regime
Nell’affrontare la disamina dell’azione massonica durante il regime, bisogna rifuggire dall’errore di confondere “il massone” con “la massoneria”. Che – ad esempio – il grande matematico Arturo Reghini rimanga massone pur collaborando con il regime (11), non significa certo che “la massoneria” abbia in qualche modo parte nelle vicende del Ventennio. Che – al contrario – siano massoni molti fuoriusciti, non significa di per sé che “la Massoneria” tessa le sue “trame” contro in Regime, come spesso si enfatizza, sia da parte fascista e neofascista, sia da parte massonica. Che non si debba incorrere nell’errore di interpretare l’azione del massone con l’appartenenza alla massoneria, è sufficiente un esempio: durante la guerra d’indipendenza americana, quasi tutti i comandanti in entrambi i campi erano massoni (12). Di conseguenza, ci sia o no Luigi Capello (alto dignitario del GOI) dietro la preparazione dell’attentato di Tito Zaniboni (altro affiliato al GOI – l’attentato è sventato in via preventiva da un’operazione di polizia), ci sia o no Colonna di Cesarò (teosofo, massone dell’obbedienza di piazza del Gesù) dietro l’attentato di Violet Gibson, non significa che “la massoneria” abbia organizzato gli attentati al Duce (13). Con la recrudescenza delle manifestazioni ostili della polizia nei confronti dei Massoni, molti “fratelli” riparano all’estero, soprattutto in Francia, dove è ancora vivo il ricordo dell’opera del GOI in favore dell’entrata in guerra dell’Italia a fianco dell’Intesa. Sospettato di aver contatti con i fuoriusciti, a loro volta sospettati di “tramare” contro il Regime, Torrigiani viene inviato al confino a Lipari, e lascia la reggenza della Gran Maestranza al Gran Maestro Aggiunto Giuseppe Meoni. Ma all’estero è già riparato Giuseppe Leti, gran segretario cancelliere del Supremo consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato all’interno del GOI. A Parigi, dove morirà nel 1939, riorganizza le fila del GOI tramite i massoni fuoriusciti e tende all’ingresso della Massoneria come Istituzione nella “Concentrazione di azione antifascista” promossa dal “Fratello” Alceste De Ambris (14).
Le funzioni del GOI in quel periodo sono svolte, però, dalle logge argentine (la balaustra del 1925 aveva sciolto solo le logge italiane, non le logge del GOI operanti all’estero), coordinate da Alessandro Tedeschi. La riorganizzazione “ufficiale” del GOI in esilio avviene a Londra nel 1930, eleggendo secondo Gran Maestro Aggiunto Eugenio Chiesa ed affidandogli la “reggenza” dell’Ordine (il Gran Maestro restava ancora Torrigiani). Alla morte di Chiesa, la “reggenza” è affidata al socialista napoletano Arturo Labriola. Non c’è dubbio che il GOI in esilio si attivi nel tentativo velleitario di rovesciare il regime, con la suddetta “Concentrazione”, e con “Giustizia e Libertà”, formazione fondata da Carlo Rosselli nel 1929 (15), nella quale si scioglierà nel 1934 la “Concentrazione” (16), ma all’interno di tali formazioni, deve scontrarsi con la diffidenza degli altri fuorusciti, che temono una sorta di opera “anestetizzante” dei massoni nei confronti della lotta antifascista (17). Quel che più conta, è che tale azione si perde già nel fallimento di tutto il fuoriuscitismo, tanto è vero che nel 1936 i comunisti, che vedono al suo apice il successo popolare del Fascismo, lanciano un appello alla conciliazione ai “Fratelli in camicia nera” (18), dicendo: «Solo la unione fraterna del popolo italiano, raggiunta attraverso alla riconciliazione tra fascisti e non fascisti, potrà abbattere la potenza dei pescicani nel nostro paese e potrà strappare le promesse che per molti anni sono state fatte alle masse popolari e che non sono state mantenute … I comunisti fanno proprio il programma fascista del 1919, che è un programma di pace, di libertà, di difesa degli interessi dei lavoratori … Noi proclamiamo che siamo disposti a combattere assieme a voi.». Non solo, ma le logge europee, durante il convegno internazionale del rito scozzese del 1937, riconoscono che Mussolini in Italia e Hitler in Germania hanno il consenso della popolazione, onde si esclude che la Massoneria come istituzione possa impegnarsi in una lotta contro i suddetti totalitarismi (19).
Ma il GOI deve scontrarsi con un’altra difficoltà, tutta interna all’Istituzione. Le fratellanze non riconoscono l’attività massonica del GOI all’estero. Accolti individualmente come “fratelli”, non lo sono come “organizzazione”: la loro attività all’estero in quanto logge italiane contrasta con il principio della Massoneria Universale sulla territorialità dell’organizzazione, principio per il quale un Ordine non può operare nel territorio in cui è presente un’altra fratellanza (20). Nel solstizio d’Estate del 1937, il GOI cerca di trovare un rimedio a questa situazione, onde Alessandro Tedeschi, divenuto Gran Maestro del GOI nel 1931, convoca presso il suo domicilio le fratellanze di Portogallo e Germania in esilio (21) al fine di unire «… le massonerie perseguitate che non hanno trovato in quelle non perseguitate una solidarietà efficace» (22), onde viene fondata quella che viene definita una “intesa cordiale”, a cui viene dato il nome di “Alliance des Francs-maçonneries persecutées” (23). Letteralmente nulla l’attività “esterna” di questa “Alleanza”. Last, butnotleast, il silenzio totale della Massoneria sull’introduzione, nel 1938, delle leggi razziali da parte del regime fascista, silenzio che, in realtà, è di tutto l’universo antifascista in Patria, e che vede poche voci di protesta tra i fuorusciti (24). Tirando le fila del discorso, e considerando:
1. la irrilevante o nulla incidenza dei fuorusciti sulla stabilità del Regime;
2. la irrilevanza della presenza del GOI nelle organizzazioni antifasciste all’estero;
3. la irrilevanza del GOI in esilio nell’ambito della Massoneria internazionale, appaiono del tutto sproporzionate sia le ossessioni fasciste per le “logge” viste perennemente sul piede di una guerra aperta all’Italia fascista (25), sia le rivendicazioni massoniche di grandi meriti nella lotta antifascista tra il 1927 ed il 1939 (26).
Note:
1 – Mola 2018, p. 643;
2 – Pubblicata in «Rivista massonica», I (nuova serie), 11-12, 1966, pp. 225-28;
3 – L’illustre storico è il redattore della relazione finale dei lavori della Commissione dei quindici (presieduta da Giovanni Gentile) su “Le origini e l’opera della Massoneria”, che accompagna la presentazione del disegno di legge;
4 – Questo e gli altri interventi citati, sono tratti dagli atti Parlamentari della Camera dei Deputati – XXVII legislatura del Regno – 1asessione – discussioni – tornata del 16 maggio 1925;
5 – Tra i primi a seguire Mussolini dopo l’uscita dal Partito Socialista, ed eletto nelle file fasciste alle elezioni, ed espulso subito dopodal PNF, dichiara di parlare da “oppositore” (sarà dichiarato decaduto dalla carica parlamentare nel 1926);
6 – op. cit., pos. Kindle 8364-8365;
7 – L’operazione è ancor più evidente nella trasmissione televisiva “La storia siamo noi”, andata in onda su Rai3 il 13 luglio 2018, in cui la frase suddetta viene isolata dal contesto inquadrando gli atti parlamentari, ma mettendo in luce solo quella, “oscurando” il resto;
8 – Isastia, “Massoneria e fascismo: la grande repressione”, cit., pos. Kindle 3267-3269
9 – È da notare che tutti gli interventi, anche quelli contrari alla legge, danno per scontata l’occupazione della burocrazia da parte della massoneria, cfr. supra;
10 – Mola 2018, pp. 649 ss. Logicamente, non seguiamo i “pettegolezzi” sparsi qua e là su questa figura, di cui – semplicemente – si perdono le tracce nel 1929. Riapparirà dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, come vedremo. Sull’appartenenza di Costanzo Ciano alla Massoneria e sulla sua obbedienza alla sanzione di incompatibilità, cfr. Eugenio Di Rienzo, “Ciano”, Salerno Editrice, Roma 2018, pos. Kindle 535;
11 – Arturo Reghini fu un grande esoterista, oltre che illustre matematico, fondatore del gruppo esoterico “I Pitagorici”, comunque attivo durante il Regime. Collaboratore nella rivista Ur con Julius Evola, dopo i dissidi con quest’ultimo, rifondò con Giulio Parise l’altra rivista esoterica “Ignis” (già pubblicata da Reghini un decennio prima). Sospettato di aver mantenuto i rapporti con la massoneria, apparentemente cessò ogni attività esoterica, dedicandosi all’insegnamento ed alla pubblicistica, ottenendo anche riconoscimenti ufficiali dal Regime. Ma dalla prefazione del suddetto Parise al libro di Reghini “Considerazioni sul rituale dell’apprendista libero muratore”, si apprende che egli non cessò mai gli studi esoterici. Sul presunto progetto di Reghini di una massoneria “parallela”, che condizioni il Fascismo dall’interno, al fine di intraprendere una strada “pagana”, sulle segnalazioni poliziesche ed il conseguente accantonamento del progetto, cfr. Fedele, “La massoneria sotto il fascismo tra esilio e clandestinità: la questione Torrigiani” in AA.VV., “La massoneria italiana da Giolitti a Mussolini: Il gran maestro Domizio Torrigiani”, cit., pos. Kindle 1852
12 – Baigent, Leigh, op. cit., p. 194;
13 – La formazione ideale di chi scrive porterebbe ad interpretare il rapporto fascismo – massoneria sotto un’altra luce, metastorica, ma si è deciso di dare al presente lavoro un “taglio” rigorosamente storicistico, per cui si rimanda, per altri piani, alla pregevole raccolta “Esoterismo e fascismo: storia, interpretazioni, documenti”, a cura di Gianfranco De Turris – Edizioni Mediterranee, Roma 2006;
14 – Mola 2018, pp. 836 ss;
15 – ci sono circoli massonici lombardi dietro il tentativo insurrezionale sventato dalla polizia nell’ottobre 1930 con l’arresto dei “cospiratori”;
16 – Mario Giovana, “Giustizia e libertà in Italia: storia di una cospirazione antifascista, 1929-1937”, Bollati Boringhieri, Torino 2005;
17 – ibidem, p. 128;
18 – Leonardo Pompeo D’Alessandro, “‘Per la salvezza dell’Italia’. I comunisti italiani, il problema del Fronte popolare e l’appello ai ‘Fratelli in camicia nera’”, in Studi storici, a. LIV, n. 4, ottobre-dicembre 2013, pp. 951-987;
19 – Pierre Chevallier, Histoire de la Franc-Maçonnerie française, La Maçonnerie, Eglise de la République (1877-1944), Librairie Athène Fayard, Paris 1975, p. 123 ;
20 – Mola 2018, pp. 580 ss;
21 – La massoneria è fuori legge in Germania ed in Portogallo dal 1935;
22 – Mola 2018, ibidem;
23 – Fedele, “La massoneria italiana nell’esilio e nella clandestinità 1927-1939”, Franco Angeli, Milano 2005, pp. 168 ss.; id.: “La massoneria sotto il fascismo tra esilio e clandestinità: la questione Torrigiani”, cit.;
24 – Vittorio Foa, “Questo Novecento”, Einaudi, Torino 1996, p. 151;
25 – Per tutti, il discorso di Torino del 23 ottobre 1932: «Eppure, oltre le frontiere, ci sono dei farneticanti, i quali non perdonano all’Italia fascista di essere in piedi. Per questi residui e residuati di tutte le logge, è veramente uno scandalo inaudito che ci sia l’Italia fascista, perché essa rappresenta una irrisione documentata ai loro principii, che il tempo ha superato. Essi hanno inventato il popolo, non già per andargli incontro alla nostra franca maniera; ma lo hanno inventato per mistificarlo, per dargli dei bisogni immaginari e dei diritti illusorii. Costoro non sarebbero alieni dal considerare quella che si potrebbe chiamare una guerra di dottrina tra principii opposti, poiché nessuno è nemico peggiore della pace di colui che fa di professione il panciafichista o il pacifondaio. Ebbene, se questa ipotesi dovesse verificarsi, la partita è decisa sin dall’inizio, poiché, tra i principii che sorgono e si affermano e i principii che declinano, la vittoria è per i primi, è per noi!». Le parole di Mussolini sono influenzate dai rapporti dell’OVRA (il servizio segreto), che attribuiscono a “trame massoniche” qualunque operazione antiregime che venga scoperta in Italia – cfr. Mario Giovana, op. cit., p. 124;
26 – cfr. Fedeli, op. cit.
(continua…)
Luigi Morrone per la Redazione di Ereticamente
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