Se avete in casa una invasione di scarafaggi attraverso una crepa nel solaio o nel muro di uno scantinato, non vi venga in mente di chiudere quel buco. Sarebbe un comportamento intollerabile, un attentato contro le tante ditte di disinfestazione che per questo rischierebbero di restare senza lavoro.
Anzi, solo incrementando il flusso degli scarafaggi e di altri simili animali potreste garantire adeguati livelli occupazionali e la sussistenza di quelle imprese.
Lo stesso ragionamento lo fanno i progressisti cattocomunisti con gli immigrati. Guai a non farli arrivare e, addirittura, guai a trasferirli da un CARA (come avvenuto con quello di Castelnuovo di Porto) perché così si mettono in mezzo alla strada i lavoratori della cooperativa (come la Auxilium) che opera in quel centro e che campano sull’immigrazione. Insomma, i problemi della permanenza in Italia di migliaia di irregolari non vanno affrontati nè risolti perché questo toglierebbe risorse ai professionisti dell’accoglienza, a quelle associazioni che teoricamente dovrebbero essere costituite da volontari, ma che prolificano e speculano sul fenomeno migratorio, usufruendo dei soldi pubblici erogati per la gestione dei vari CDA, CARA, CPR, CAS, HOTSPOT e SPRAR.
Manca il lavoro in Italia e milioni di italiani sono sotto la soglia di povertà, ma il “volano per lo sviluppo e la crescita” la sinistra l’ha individuato nell’afflusso incontrollato di stranieri e nel proliferare di cooperative che hanno costruito la loro fortuna sul business dell’immigrazione che, come diceva un tale Buzzi condannato per Mafiacapitale, rende più della droga.
Nella logica capovolta degli accoglienti, le emergenze diventano una risorsa, i problemi si trasformano in un’opportunità, le nuove figure professionali da incrementare sono i “mediatori culturali”, la nuova merce per il nuovo mercato del lavoro sono i “migranti”, ma tutto resta rigorosamente a carico degli italiani e dei ceti più deboli e disagiati.
“Piatto ricco mi ci ficco” recita un aforisma e progressisti di sinistra, organismi pastorali e movimenti laicali d’ispirazione cristiana si sono buttati a pesce sulla ricca apparecchiatura dell’accoglienza imbandita con i soldi dei cittadini.
Perciò guai a rompere loro il giocattolo. Reagiscono con furore rabbioso.
Seguendo il loro paranoico percorso mentale, infatti, i clandestini vanno raccolti e non si possono lasciare le navi delle ONG senza fornire loro un porto d’approdo che, una volta raggiunto, consenta lo sbarco di tutti. A sostegno di questo delirio invocano il diritto del mare, l’obbligo di soccorrere i naufraghi e denunciano, come un sequestro di persona, il loro eventuale trattenimento a bordo e il divieto di sbarco. In queste condizioni, un Paese sovrano non avrebbe alcun appiglio giuridico né alcun diritto a opporsi all’invasione di chiunque volesse valicare le sue frontiere. Sussisterebbero solo obblighi: di soccorso, di accoglienza, di mantenimento, di integrazione e accettazione dello sfruttamento del welfare costruito dai cittadini e per i cittadini.
Si tratta evidentemente di una situazione paradossale, che vedrebbe uno Stato sovrano e i suoi cittadini costretti ad aprire le loro frontiere a chiunque senza poter porre alcun limite all’ingresso di stranieri e all’appropriazione da parte di questi di ogni bene pubblico del Paese.
E’ evidente che tale assurda impostazione debba essere completamente rigettata e capovolta.
Ed è altrettanto evidente che non è possibile continuare ad affrontare nuove e inusitate emergenze utilizzando regole e strumenti superati dalle circostanze contingenti e dagli eventi internazionali.
In primis il diritto del mare, che contempla obblighi di soccorso, con le sue stringenti norme dettate dall’esigenza prioritaria di trarre in salvo naufraghi e dispersi, appare assolutamente inadatto a operare nei nuovi scenari determinati non da eventi imprevedibili e tragici, ma da comportamenti umani consapevoli e volontari. Approntato per regolare situazioni di necessità in un’ottica universalmente condivisa, attualmente si dimostra una convenzione inadeguata di fronte a problematiche inusuali e impreviste. L’obbligo di soccorso dovuto a chi rischia la vita in seguito a un drammatico naufragio non appare, infatti, compatibile con l’aiuto da offrire a coloro che scientemente, intenzionalmente e con modalità programmate si pongono in condizioni di pericolo. Accettando di partire su gommoni fatiscenti, con poco carburante, senza scorte di viveri, senza riferimenti d’orientamento, senza documenti di riconoscimento, con qualsiasi condizione di mare e di tempo, ma muniti di un satellitare per la richiesta di aiuto, i così detti “naufraghi” si pongono oggettivamente, di loro spontanea volontà, in gravi condizioni di necessità e di pericolo, facendo affidamento esclusivamente sulle operazioni di soccorso, imposte come un obbligo col ricatto dell’emergenza umanitaria e del rispetto delle leggi del mare. In tal modo, i richiedenti asilo, di fatto, condividono le stesse finalità e accettano le stesse modalità di trasferimento pianificate e poste in essere dagli scafisti dei quali si pretendono essere vittime.
Infatti, questi “naufragi programmati” si compongono di una prima fase finalizzata all’intervento delle navi delle ONG che operano a poche miglia dalle coste, allertate mediante una piattaforma telefonica gestita dagli immigrazionisti denominata Alarm Phone, le quali raccolgono i presunti naufraghi e, ignorando deliberatamente ogni approdo sicuro in nord Africa, provvedono poi a trasferirli direttamente in Europa, dando vita alla seconda fase dell’operazione mirante alla loro immissione illegale nel Continente eludendone i confini e le regole di ingresso.
In realtà, sono tutti complici nell’esecuzione di un identico disegno criminoso, supportato da notevoli risorse finanziarie e da una pluralità di associazioni più o meno complici, che si concretizza nella immigrazione di clandestini nel territorio di uno Stato dal quale, successivamente, costoro pretendono assistenza, lavoro, case, riconoscimento di diritti e quant’altro.
Questa catena di illegalità ammantata di umanitarismo accogliente dev’essere spezzata mediante una nuova interpretazione delle regole del soccorso in mare oppure attraverso l’interdizione attiva della tratta dei clandestini mediante un blocco navale posizionato di fronte alle coste africane a opera delle navi europee.
Questa politica attiva di respingimento è tanto più necessaria in quanto è, al momento, carente ogni altra opportunità di rimpatrio degli irregolari a causa della scarsezza di mezzi e della difficoltà ad allacciare accordi di estradizione con i Paesi di provenienza.
E proprio questa difficoltà a espellere gli irregolari offre un altro subdolo espediente alla propaganda di quella sinistra che ha riempito il Paese di clandestini, ma oggi accusa il governo di incapacità nell’effettuazione dei loro respingimenti. Peraltro, la stessa sinistra politica e giudiziaria, ne rivendica l’integrazione e, anche se irregolari, pretende per loro la concessione di permessi di soggiorno umanitari, corsi di formazione, percorsi di introduzione nel mondo del lavoro e tutele sociali.
Anzi, l’ubriacatura immigrazionista è arrivata al punto di consentire ripugnanti giustificazioni anche alle condotte criminali dei “migranti” che spesso vengono assolti dalla magistratura, perché sebbene responsabili di illegalità vi sarebbero spinti dallo stato di necessità, ovvero pur riconosciuti colpevoli di reati sarebbero succubi dei loro differenti codici culturali. Con queste ignobili scusanti sono stati assolti spacciatori e stupratori, solo in quanto immigrati. E con altrettali stravaganti motivazioni sono stati assolti persino scafisti, mercanti di uomini considerati carnefici, ma a loro volta vittime, in quanto desiderosi di fuggire dall’inferno libico e, pertanto, meritevoli di comprensione. Senza, peraltro, considerare che all’origine di quei comportamenti illegali sussiste comunque la responsabilità personale di chi in quel presunto inferno s’è volontariamente introdotto col preciso scopo di farsi traghettare in Italia e in Europa.
Questa logica completamente rovesciata e surreale dev’essere respinta senza attenuanti.
Il forsennato delirio di chi vorrebbe un mondo senza frontiere e un’umanità indistinta e mescolata dev’essere combattuto senza tregua e con ogni mezzo, perché rappresenta l’ultima frontiera ideologica di una sinistra sempre più spregevole nella individuazione dei propri obiettivi politici e, allo stesso tempo, una battaglia per la vita di un’Europa che non voglia scomparire come entità sovrana, politica e spirituale.
Enrico Marino