Molto spesso siamo portati a pensare ai “miti” come a delle semplici fiabe nate o partorite dalla fantasia di qualcuno, dimenticando che invece in prevalenza derivano dal patrimonio culturale e religioso di una comunità, rivelandone le credenze e talvolta le aspirazioni più intime.
Il termine “mito” di chiara origine greca (mythos) è in realtà una narrazione “sacrale” che si riferisce alle origini del mondo ed ai vari passaggi che il mondo stesso, con le sue creature viventi, ha compiuto per raggiungere lo sviluppo presente, cambiando prospettiva ed obiettivi, a seconda dei vari contesti socio-culturali o più in particolare dei popoli specifici. All’inizio le vicende narrate precedono l’epoca dell’utilizzo della scrittura, che la storiografia moderna fa risalire ai Sumeri, essendo tramandate oralmente e, pertanto, ancora di più suscettibili di modifiche e variazioni con il passare del tempo. Quando si dice che il mito è una “narrazione sacrale”, si intende che esso può diventare una “verità di fede”, soprattutto nell’ambito delle religioni cosiddette “rivelate”, ma ovviamente ciò non implica che esso possa essere considerato “vero” o “falso”. In primo luogo nell’antichità i miti, legati in maniera salda ai riti propiziatori nei confronti delle divinità, costituivano un modo per soddisfare la necessità di dare una spiegazione ai fenomeni naturali, ai grandi interrogativi sul valore dell’esistenza e sul cosmo. L’uomo che si sentiva “preda” delle forze naturali sentiva l’intimo bisogno di darsi delle risposte sulla sua origine, sulla sua vita, sulla sua destinazione finale. La razionalità umana finita, ma tendente all’infinito, riusciva a prefigurarsi alcune immagini che, in qualche modo, riuscivano ad infondergli un senso di sicurezza e di appagamento. I miti, dunque, avevano la funzione di ordinare la realtà, superando e risolvendo le contraddizioni della natura, mediante la ricerca delle regole profonde sulla vita e la morte, i successi e le sconfitte, l’alternarsi delle stagioni, lo scorrere del tempo e così via…
Molte volte il mito si è presentato come un vero e proprio racconto strutturato, in cui vi è una storia da narrare, con dei lati anche drammatici, dove ci sono dei personaggi individuabili ed una trama quasi letteraria. In questi casi il mito, come la parabola o la fiaba ha soprattutto scopi di carattere etico, volendo indirizzare i destinatari verso principi di ordine morale, stimolando il coinvolgimento emotivo. Alla ragione umana spetta, poi, occuparsi delle eventuali contraddizioni ed alla disposizione degli avvenimenti nel loro giusto ordine, con metodi scientifici ed empirici, ma il grande valore presente nel mito non cambia, se riesce ad illuminare i cuori di quanti lo apprendono. E non esiste ambiente socio-culturale, sia in epoca antica che moderna, più o meno civilizzato, dove non si siano sviluppate le storie mitiche. E’ stato notato ed ampiamente documentato che alcune narrazioni delle Americhe sono molto simili a quelle di popolazioni dell’Asia, dell’Africa o dell’Europa. Nei vari contesti cambiano i nomi dei personaggi, mutano le condizioni degli scenari geografici, ma le trame di fondo ed i significati fondamentali risultano straordinariamente comuni. Ciò è stato spiegato con il fatto che alcune intuizioni e determinate esperienze umane sono cosi’ simili, da portare ad esprimere le medesime immagini ed invenzioni. Ma non mancano affascinanti ricostruzioni che individuano nella somiglianza dei miti fra popolazioni così lontane geograficamente, il segno di una derivazione comune da un’unica civiltà supermondiale, scomparsa per motivi ancora non accertati, forse legati a grandi cataclismi, che continuerebbe a riecheggiare nei racconti delle popolazioni successive. A ciò si aggiunge il dato, ormai acquisito come pressoché incontrovertibile, che la conoscenza del nostro lontano passato sia ancora molto lacunosa e frammentaria, nonostante i notevolissimi passi in avanti compiuti dalle scienze empiriche e da quelle umanistiche, non più separate da una contrapposta metodologia d’indagine, ma indirizzate in maniera univoca verso la ricerca della verità. E la nascita della filosofia, originata dalla meraviglia dell’uomo davanti al creato, come scienza basata sui principi di “identità ” e di “non contraddizione”, non ha dimenticato i miti, ma ha cercato di interpretarli in chiave razionale, attribuendo ad essi una maggiore dignità, come ha poi cercato di fare, in seguito, la teologia nei confronti delle cosiddette religioni rivelate.
I miti che ci sono stati tramandati hanno radici lontane ed hanno sempre affascinato l’immaginario collettivo , come fonte di una sapienza antica ed arcana. Nel passaggio dal “mythos” al “logos”, cioè nell’evoluzione dalla rappresentazione fantastica alla costruzione logica, le civiltà antiche, in primis quella greca, hanno compreso che alcuni racconti non potevano essere facilmente razionalizzati e che era preferibile lasciarne l’interpretazione all’immaginazione dei destinatari.
Il mio testo, I Miti: luci e ombre, nasce con l’idea di scattare “fotografie istantanee” ad alcuni grandi miti, che sono ormai entrati a far parte del nostro inconscio collettivo, tanto da non potersene distinguere con certezza i fondamenti fantastici da quelli reali. La struttura del libro è suddivisa in cinque parti, ciascuna suddivisa in capitoli, cercando di dare una certa sistematicità storica e contenutistica, partendo dai miti di origine biblica (1 e 2), per poi confluire in altri miti religiosi anche di origine non giudaico-cristiana (3), dedicando gli ultimi due blocchi (parti 4 e 5)a luoghi e personaggi che, a diverso titolo, hanno suscitato e continuano a suscitare particolare interesse. Gli argomenti trattati sono collegati in maniera eziologica e trasversale tra le diverse parti e capitoli, presentando intrecci abbastanza unitari, nonostante l’apparente eterogeneità.
Il mito della creazione e del diluvio universale, che si riscontrano nella maggioranza delle tradizioni dei popoli antichi, ci fanno pensare ad Atlantide ed alla Piramide di Giza, una delle sette meraviglie del mondo antico, come espressione di un’unica civiltà supermondiale. Alcune figure, assunte a simbolo iconografico della fede o dell’iniquità, come Abramo o come Giuda, sono analizzate in maniera obiettiva, senza indulgere troppa nella vulgata tradizionale, ma comprendendo anche interessanti e, per lungo tempo, trascurati legami con alcune teorie considerate eretiche e gnostiche, come l’apocatastasi, la sconvolgente redenzione finale di Satana. Gli enigmi del libro dell’Apocalisse di Giovanni di Patmos e la misteriosa simbologia del 666 della bestia si sviluppano nelle successive profezie di Ildegarda di Bingen e di Nostradamus, nel “Petrus Romanus” di Malachia, fino ad arrivare alla controversa figura di papa Bergoglio. Il messaggio evangelico, presentato in maniera diversa dai “sinottici” e da Giovanni, confrontato con i testi considerati “apocrifi”, troverà un’impareggiabile rappresentazione artistica nel famoso dipinto “L’ultima cena” di Leonardo da Vinci. Il razionalismo del pensiero greco, originato ad Ascea, l’antica Elea dei filosofi, sarà plasmato da Platone, reso scientifico da Ipazia di Alessandria, e sviluppato da pensatori originali come lo sfortunato Spinoza, condannato perché considerato eretico. La sirena Partenope continua a raccontarci le meraviglie del golfo di Napoli, città di incomparabile bellezza, legata alla francese Angers, ove è conservato il misterioso arazzo dell’Apocalisse, mentre Venezia, con i colori cangianti della sua laguna, rappresenta il nostro inconscio collettivo. La psicostasia di Osiride, la leggendaria “pesatura delle anime” compie un lungo viaggio, partendo dalle rive del Nilo, per arrivare a Parigi, la città cara ad Iside.
La lettura dei miti, in sintesi, ci fornisce la consapevolezza che siamo noi stessi ad indicarne la sacralità, superando le barriere del tempo ed i singoli contesti spaziali narrati, con l’intento quasi catartico di proiettare in essi la nostra individualità, attribuendo un significato religioso e spirituale.
I miti, pertanto, presentano “luci” ed “ombre”, perché contengono elementi che possono, allo stesso tempo, illuminare ed oscurare la nostra percezione della realtà, non mirando a soddisfare interessi scientifici, ma a colmare le lacune ontologiche presenti in ciascuno di noi.