Elémire Zolla ha svolto un ruolo rilevante nella cultura del secolo XX, tanto nell’ambito della critica sociale quanto in quello della storia delle idee. Ha attraversato e presentato a beneficio del lettore contemporaneo, culture inusitate, saperi antichi, sentieri di realizzazione spirituale, alla luce di un apparto erudito unico nel suo genere, e di una capacità di comparazione storica e spirituale fondata sua una conoscenza a tutto tondo della simbologia universale. Senz’altro meritoria è l’azione editoriale della Marsilio, mirata alla pubblicazion
In esso, Zolla si pone oltre il consueto approccio accademico al tema della realizzazione spirituale e punta a cogliere in modo diretto il senso ultimo dell’illuminazione spirituale che connota di sé le tre Vie della Tradizione indiana: le Vie della Conoscenza, della devozione fideistica e dei tantra, protese, nella diversità, a condurre a: «un oltre in cui il limite e l’illimitato, l’umano e il sovrumano si compenetrano» (p. 9). Il destino, la capacità di ognuno, rileva l’autore, così come le propensioni individuali, determinano la scelta del sentiero atto alla liberazione. Zolla ha intrattenuto un rapporto spirituale profondo, oltre che intellettuale, con l’India, che lo ha accompagnato per tutta l’esistenza e che si è manifestato in numerosi scritti. Lo studioso, allo scopo, si è avvalso di una non comune capacità di analisi e di registrazione oggettiva del mondo ideale indagato. Presentando le tre Vie, infatti, egli riferisce delle sue stesse esperienze, del portato esistenziale del suo incontro con i sentieri realizzativi, senza che per questo, la trattazione perda il tratto scientifico.
Per entrare nelle vive cose della lettura zolliana, è bene aderire al suggerimento della Marchianò: il lettore occidentale deve liberarsi delle categorie logocentriche e dicotomiche, sulle quali si è formato. Solo dopo aver fatto tabula rasa dei pregiudizi logico-linguistici potrà avere acconcio accesso alla lingua spirituale, cui alludono termini di non facile traduzione, quali yoga, samādhi, mokşa, bhakti, tantra. Dal testo emerge una qual propensione di Zolla per la Via della Conoscenza, per l’Advaita Vedanta ma, tra le righe, si mostra un’ attrazione malcelata per aspetti della altre due Vie. In cosa consista la prima Via è espresso dalla parola samādhi: «L’assorbimento della mente in se stessa quando la calma attenzione si pone al centro della vita e la consapevolezza colma l’intero spazio della percezione» (p.12). E’ possibile definire metafisica tale esperienza? Zolla precisa che a differenza dell’accezione occidentale del termine, che rinvia alla dimensione sovramondana e dualista, in India tale espressione è priva di questo riferimento. Si tratta di un considerazione essenziale, atta a far comprendere come l’esito ultimo dei darçana indiani, sia da individuarsi nel conseguimento della condizione sovrumana, cui allude il sottotitolo del libro.
La realizzazione ha il proprio incipit nel prāna, muove dal respiro che si manifesta fin dal primo vagito, ed è, in tal senso, condizione ineliminabile della vita aggiogata mentre, attraverso apposite tecniche, può trasformarsi in strumento di liberazione. Il controllo del respiro nella prassi yogica procura l’integrazione armonica di interno ed esterno, coscienza e mondo. Lungo tale iter si sperimenta l’identità non duale, l’Uno-Tutto. La Via della bhakti, della devozione, invece, persegue lo stesso obiettivo, ma utilizzando altra strumentalità. E’ la via del cuore, dell’amore caritatevole del simile: in ogni viso riesce a leggere l’immagine dell’Uno, a cui si concede in modo pieno e totalizzante. Il frutto finale del processo di devozione è: «una rivelazione dell’assoluto, il lampo che fuga ogni distinzione tra noi e l’essere, coinvolgendoli l’uno nell’altro, e ci trasmuta; […] è l’auto rivelarsi dell’essere a se stesso» (p. 48). Questo sentiero è aperto a tutti i puri di cuore, privo di sfondi esoterici. Infine la terza Via, del tantra, dello slancio erotico, della quale tra i primi in Occidente disse, con persuasività di accenti, Julius Evola. Essa è volta: «a far sì che il desiderio sensuale, una volta privato del suo fascino coercitivo, si tramuti in ascesi» (p. 13).
Per il sentiero tantrico, l’universo molteplice si mostra quale esplosione centrifuga, mentre l’Uno è implosione generatrice. Per questo l’uomo avverte dapprima i desideri centrifughi, ma, seguendo tecniche opportune, assecondandoli ed indirizzandoli convenientemente, riesce a tornare all’Uno. Tali pratiche sono dettami che possono sovvertire: «il regime alimentare, il sistema delle caste e l’etica vedica oltre a cancellare la moralità patriarcale» (p. 68). L’asceta erotico fa esperienza del sacrificio ininterrotto della vita-nella-morte e della morte-nella-vita. Egli incontra la potenza di Śiva.
Śiva è il corrispettivo indiano dell’ellenico Dioniso. Zolla è in sintonia, su questo tema, con la filosofia di Giorgio Colli. Questi lesse nel dionisismo, come opportunamente ricordato dalla Marchianò, l’esperienza conoscitiva dell’origine. L’eccitazione bacchica, giunta al proprio culmine, ripiegava su se stessa, realizzandosi in sguardo sul profondo, facendosi Sapienza. La visione di Eraclito, paradigma di tale Sapienza, esattamente come quella dello yogin, coglie il non duale, l’identità di coscienza e cosmo, di interno ed esterno. Sta «dentro», come la tartaruga che si ritrae nel carapace, identificandosi con esso. Il libro si conclude con l’individuazione della prossimità di medicina ed alchimia, con la presentazione del combattimento meditativo monastico e in una serie di comparazioni che consentono di comprendere come la cultura espressa dall’India, aliti, in Asia, in ogni manifestazione filosofico-realizzativa. Le tre Vie, non sono fughe dal mondo, al contrario! Possono donare la capacità, come suggerisce la curatrice del volume, di intercettare il bagliore dell’oltre nella realtà in cui siamo calati.
Giovanni Sessa