25 Giugno 2024
Tradizione Primordiale

La Via del Nord: Valerio Crusco ed il ritorno all’Origine – Luca Valentini

Ricordati Malcolm che nella vita, per essere un vero Uomo e membro del Clan,

devi imparare a guardare sempre nella giusta direzione.

Verso Nord, verso Thule, l’antica sede della Tradizione primordiale.

Dove tutto è cominciato. Questo vuol dire la frase incisa nel marmo!” (1)

Un marinaio esperto, che tante lune, tanti porti, tante tempeste ha salutato, possiede un bagaglio di esperienze e professionale, che davvero pochi “specialisti” moderni possono pensare minimamente di eguagliare, e tra le sue maestrie rientra sicuramente la conoscenza delle stelle, dei venti, ed ovviamente dei mari. Ad primo mozzo alla sua prima navigazione l’esperto navigante insegna alcuni comportamenti essenziali di orientamento, che poi saranno fondamentali per la propria maturazione di mare: se dovesse, il mozzo trovarsi sperduto, senza mezzi di comunicazione, senza orientamento, senza bussola, per orientarsi e navigare, dovrebbe alzare lo sguardo al cielo e fissare il Nord, prendendo il Grande Carro dell’Orsa come riferimento. Il Nord quale Origine è segnato anche dal magnetismo della Bussola, è l’inizio con la Tramontana della descrizione nella Rosa dei Venti dei marinai. E tale nostro iniziale riferimento, non sembri fuorviante per il tema che ci siamo prefissi di approfondire, perché le tecniche nautiche spesso sono associate alla mitologia ancestrale dei popoli, alla cultura primordiale, alla correlazione strettissima  che perdura tra l’Uomo, il Divino e le manifestazioni della Natura. La direzione di Settentrione non è una semplice variante della ordinamento cardinale, ma ne costituisce il Polo, l’inizio, il Principio da cui ogni cosa si palesa e si sviluppa. Come testimoniano testi tradizionali come i Veda o il Mahabharata, la terra ove il Sole non tramonta mai, spiritualmente è identificata al deva-yana, la via agli stati super-individuali a cui si può accedere durante la celebrazione del Solstizio d’Inverno, denominata, non casualmente Via del Nord:

Secondo la tradizione, in un’epoca dell’alta preistoria che viene a corrispondere alla stessa età dell’oro e dell’ <<essere>>, la simbolica isola o terra <<polare>> sarebbe stata una regione reale situata nel settentrione, nella zona dove oggi cade il polo artico della terra; regione abitata da essere i quali, in possesso di quella spiritualità non-umana…” (2).

Sorge il tema della mitica Thule, come sempre Evola fece notare (3), della mitica isola Ogigia, evocata da Omero (4), degli Iperborei legati al culto di Apollo (5) ed alle aurea figura di Abaris (6) e di Pitagora (7) a tale nume associate.

In tale solco tradizionale, si inserisce il bel romanzo di Valerio Crusco, La Via del Nord, pubblicato per le Edizioni “Passaggio al Bosco”, in cui una possibilità si determina, anche tramite una separazione violenta, anche tramite una malattia, tramite un lutto, la morte del padre del protagonista Malcolm. La bella e magistrale penna dell’autore tratteggia la vicenda di un uomo in carriera, immerso nella demonia del denaro, simboleggiata perfettamente tramite la City londinese, che quasi violentemente, inesorabilmente, la perdita del padre riconduce alle proprie memorie, alle proprie radici, non solo familiari, ma principalmente a quelle culturali, d’identità, spirituali. La morte, come direbbe forse un Hillman, è il processo di autocoscienza maggiormente adeguato alle grandi imprese, in particolare l’intrapresa che conduce al ritrovamento del proprio Io ancestrale.

E nelle belle pagine, anche come qualità e dettagli di stampa, di Valerio Crusco si rivivono tutte le emozionalità sottili dei Clan scozzesi dell’Evo antico, la magia runica ad esse inevitabilmente ricollegata, le fantastiche atmosfere de “Le nebbie di Avalon” di Marion ZImmer Bradley, quale riferimento costante della narrazione:

Per noi, la ricchezza sta nella diversità delle persone e nella loro dignità, sentirsi parte di un mondo antico eppure vivissimo, come le braci che continuano ad ardere sotto la cenere. Per noi le ricchezze sono l’onore, la giustizia, la correttezza, l’onestà ed il coraggio” (8).

Con piacere, nella lettura del romanzo, abbiamo notato – qualità assolutamente rara e che va ascritta a titolo di merito all’autore – una profonda competenza dei riferimenti tradizionali trattati, non solo a livello mitico-simbolico, ma anche a livello di comprensione magico – trasmutatoria. Non ci si ritrova, infatti, dinanzi ad una storia in cui l’archetipo si adagia in una stantia e fumosa rappresentazione, ma, al contrario, ritrova nella prassi divinatoria, per esempio, un’esemplare esplicitazione del proprio portato metastorico, Di tutto ciò l’autore è profondamente cosciente e sapientemente informato, quando accenna all’ispirazione di Volundr, quale fabbro divino:

L’Odr, secondo la sua cultura e secondo i Godi, era una particolare condizione di trance che permetteva il prorompere selvaggio di uno stato interiore di intensa esaltazione mistica. L’Odr era ciò che donava l’irrompere della veggenza nel vate, la profezia nell’oracolo, la vita nel seme sepolto sottoterra, la visione dello sciamano, il furore nei guerrieri in battaglia, la furia nel Berserker e l’ispirazione poetica nel cantone. Volundr era un fabbro ed ora, grazie al Possente Vate, aveva acquisito lo straordinario potere di fabbricare un canto ogni qualvolta realizzava una delle magiche statuette” (9).

Sono immagini di magia simpatetica che conosceva i terghi della Tradizione Nostra, dai simulacri e le statue viventi di Plotino e Porfirio, alle bamboline votive ritrovate presso la fonte romana di Anna Perenna, fino a giungere a tutta quella conoscenza platonica, che sopravvisse all’ecatombe galilea nella tarda età antica, nel Rinascimento fiorentino, nella Napoli dei Misteri e ben oltre…Ogni riferimento è, a nostro giudizio, ben calibrato e non offerto casualmente ai lettori, dalla consapevolezza spirituale del “Dies Natalis Solis Invicti” dei Romani, alla rappresentazione del sogno quale realtà onirica esprimente precise dinamiche dell’anima: esemplari, infatti, sono i riferimenti al tronco d’albero che si trasmuta in un Re ed alla lunga trasvolata sul Mare del Nord tra lo Jutland e le Ebridi Esterne (10).

Valerio Cruco, in conclusione, ha saputo comporre una pregevole romanzo, che forse ripercorre parti importanti della propria esperienza personale, quale cultore e serio studioso delle tradizioni del Nord, ma anche delle tracce che le stesse si possono ritrovare in posti meravigliosi come sono le alture austere delle Alpi Apuane. “La Via del Nord”, infatti, è un cammino a ritroso che prima a poi ogni serio sodale della Tradizione deve necessariamente compiere, affinchè la Weltanschauung, la visione del mondo e della vita, che ci è propria, quale dato genetico e prenatale, non si riduca a sterile astrattismi o vuota agitazione da mercato rionale. E la chiusura non poteva che essere delle migliori:

Rinnovatevi con il Sole e con ogni Sole rinnovatevi

(Ezra Pound).

Note:
1 – Valerio Crusco, La Via del Nord, Edizioni Passaggio al Bosco, 2018, p. 15;
2 – Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Edizioni Mediterranee, Roma 1993, p. 234;
3 – Ibidem, p. 239;
4 – Omero, Odissea, V, descrizione di Ogigia, quale “remota isola … dove si conoscono i Numi”;
5 – Virgilio, Ecloga IV, 5-10;
6 – Giorgio Colli, La sapienza greca, vol. I, Edizioni Adelphi, Milano 1977, p. 322;
7 – Giamblico, La vita pitagorica, BUR, Milano 2001, XXVIII, p. 283ss;
8 – Valerio Crusco, op. cit., p. 113;
9 – Valerio Crusco, op. cit., p. 207;
10 – Valerio Crusco, op. cit., p. 294 – 5.

Luca Valentini

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