Tornando indietro nel tempo, a partire dalla preistoria, l’uomo ha sempre provato una fatale attrazione per l’orrore, tramandatoci nei secoli attraverso il mito, cioè a dire storia sacra avvenuta in illo tempore che costituisce un modello esemplare per tutta le civiltà del globo terracqueo (1). Se riflettiamo con attenzione, infatti, il: «Più antico e intenso sentimento umano è la paura, e il genere di paura più antico e ponte è il terrore dell’ignoto (2)».
In ambito letterario, H.P. Lovecraft è stato uno degli autori che hanno maggiormente contribuito a descrivere il terrore con dovizia di particolari attraverso la diffusione della letteratura weird sulle riviste pulp americane del secolo scorso.Non a caso Jacques Bergier lo ha definito un “Poe cosmico (3)”. Guardandoci attorno, sfogliando i giornali, il web e i social network, è innegabile che il Solitario di Providence abbia inciso profondamente sulla coscienza collettiva mondiale, visto che assistiamo a una vera e propria proliferazione delle sue opere, di imitazioni da parte degli scrittori, di giochi di ruolo, di videogame e di film ispirati al suo universo narrativo, senza considerare la caterva di gadget presenti sul mercato tra cui spicca la maglietta con raffigurato Cthulhu.
Ma non è sempre stato così. Le prime apparizioni in Italia dei volumi di Lovecraft, che risalgono agli anni Sessanta, non hanno infatti avuto successo e hanno invece incontrato ostilità da parte del pubblico, probabilmente a causa delle traduzioni non impeccabili e talvolta anche sunteggiate (4). Questa iniziale diffidenza riguardo all’orrore cosmico è stata superata grazie alla meritoria opera di divulgazione di Gianfranco de Turris e di Sebastiano Fusco, che hanno posto rimedio ai sommari lavori usciti in precedenza curando la pubblicazione di alcune antologie lovecraftiane per Fanucci (I miti di Cthulhu, 1975; Nelle spire di Medusa, 1976; La sfida dall’infinito, 1976). Tra il 1989 e il 1992 è stata inoltre pubblicata parte della narrativa di Lovecraft in quattro volumi (a cura di Giuseppe Lippi) per Mondadori, su controllo dei testi da parte S.T. Joshi, opera che è stata poi ristampata in un unico volume nel 2015 (H.P. Lovecraft, Tutti i racconti, a cura di Giuseppe Lippi, Mondadori, Milano, 2015).
Venendo ai giorni nostri, siamo felici di comunicare che è stata pubblicata I miti di Cthulhu (Mondadori, 2019, 795 pagine, 18,75 euro), nuova edizione dell’antologia del 1975 che è statacurata dal compianto Giuseppe Lippi, da Gianfranco de Turris e da Sebastiano Fusco. Sotto un profilo prettamente sistematico, il libro mantiene una perfetta adesione allo schema del precedente, ma con alcune lievi modifiche. Sono infatti stati inseriti racconti di autori italiani quali Errico Passaro, Giulio Leoni, Marco De Franchi e Riccardo Levegni, nonché tre storie scritte dai predecessori di Lovecraft, e in particolare da Algernon Blackwood, Arthur Machen e Abraham Grace Merritt. Inoltre il Faro di Edgar Allan Poe è stato sostituito daLa rovina della casa degli Usher, e al posto de Notte squarciata di Hodgson si è scelto Casa sull’abisso,sempre del medesimo scrittore. Segnaliamo altresì che l’antologia vede una postfazione nella quale Andrea Vaccaro effettua una ricognizione della situazione attuale dell’universo lovecraftiano, affrontando non solo il dominio della letteratura ma anche quello del cinema, dei giochi di ruolo e dei videogame.
Per quanto concerne Lovecraft, sappiamo che il suo maggiore punto di forza sta nell’aver creato un immaginario del tutto innovativo per l’epoca. Ci troviamo dinanzi a un contesto terrificante nel quale la Terra viene colonizzata, eoni or sono, da alcune mostruose entità provenienti dalle profondità siderali dello spazio come Azathoth, Yog-Sothoth, Nyarlathotep, Cthulhue Shub-Niggurath, chiamati “the Old Ones”, ovvero “gli Antichi”. Essi non assumono alcun atteggiamento psicologico assimilabile ai nostri ideali, bensì sono caratterizzati da un’assoluta indifferenza nei confronti dell’intero cosmo (5). Viene pertanto rimossa la distinzione manichea presente nella stragrande maggioranza delle opere di speculative fiction, in cui osserviamo plasticamente una visione del mondo distinta tra buono e malvagio, edulcorata e artefatta. Le conoscenze proibite che l’uomo carpisce agli Antichi (come nel caso del Necronomicom) sono il frutto di casi fortuiti a cui consegue la morte o la follia dei soggetti che incontrano le deità blasfeme (6).
Per quanto concerne la distinzione delle divinità facenti parte del pantheon lovecraftiano, Dirk W. Mosig ha cura di specificare che gli “Elder Gods”, o “Dei Primigeni”, non esistono, dato che Lovecraft non vi fa riferimento (7). Al riguardo lo studioso americano ci fa capire sino a dove si possa giungere per corroborare la propria tesi, riferendo che August Derleth ha pubblicato un falso documento, manipolando addirittura le parole del Solitario di Providence e facendogli dire che: «Tutti i miei racconti […] anche se possono sembrare non collegati fra loro, sono basati su di una leggenda fondamentale, secondo la quale questo mondo fu abitato, un tempo, da un’altra razza che, per aver praticato la magia nera, perse il suo dominio e venne scacciata, ma vive tuttora al di fuori, sempre pronta a riprender possesso della Terra (8).»
In realtà Lovecraft non ha mai scritto nulla di simile. Si tratta invece di una mera invenzione di Derleth, creata allo scopo di distorcere l’opera lovecraftiana al fine di conferirle una visione cristiana e di gettare le basi per la vendita commerciale di una serie di pubblicazioni derivate da quell’universo narrativo (9). Per distanziare la propria posizione da quella di Derleth, Mosig preferisce inoltre definire questo preciso genere come il “ciclo mitico di Yog-Sothoth” invece di Miti di Cthulhu, specificando che: «Un altro punto che deve essere chiarito riguarda il fatto che il ciclo mitico di Yog-Sothoth (o i Miti di Cthulhu, se si preferisce ancora tale etichetta inadeguata) fa riferimento a diverse entità aliene, culti, libri e luoghi, ma i racconti in se stessi (sia di Lovecraft, sia di Derleth come di chiunque altro) non “appartengono” e non possono appartenere al ciclo mitico. Tutte le storie di Lovecraft sono in qualche modo connesse da tematiche comuni, località, leggende, e da particolari concezioni filosofiche: ma affermare che alcuni di questi racconti «appartengono ai Miti di Cthulhu» e altri no, è cosa priva di senso. Al contrario, dovremmo dire che in certi racconti gli elementi del ciclo mitico di Yog-Sothoth sono di importanza fondamentale, mentre in altri assumono un ruolo marginale, e in altri ancora sono assenti (10)».
Mosig ha cura anche di evidenziare che Lovecraft era un “materialista meccanicistico”, avulso da qualsivoglia credenza religiosa, esoterica o spirituale e ciò pare confermato anche dai suo carteggi, tanto che in una lettera a Donald Wandrei del 1927 Lovecraft afferma che: «Io nutro sempre il più profondo riguardo per l’intelletto puro: sono un assoluto materialista e meccanicista, credo che il cosmo non abbia né scopo né significato, sia un groviglio di cicli alterni di condensazione e dispersione elettronica: una cosa senza principio, né direzione permanente, né fine, fatta soltanto di forze cieche che agiscono secondo schemi fissi ed eterni inerenti alla loro essenza. È appunto perché sono totalmente scettico e cinico, e non discerno qualità come bene e male, bellezza e bruttezza (11)».
Per converso, partendo proprio da tale affermazione, Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco invece ritengono che «L’universo concepito dalla magia tradizionale – è bene ricordarlo in quanto di solito si pensa esattamente l’opposto – è infatti rigidamente deterministico. In esso nulla accade senza una causa agente, nulla avviene per caso: il cosmo è un’immensa macchina, nella quale ogni più piccola struttura è legata a tutte le altre mediante una fitta rete di “contatti” e di corrispondenze, che operano in base a leggi immutabili. Per esprimere simbolicamente la natura deterministica dell’universo magico, gli antichi lo paragonavano a un corpo umano (il corpo dell’Adamo Celeste, l’Adam Qadmon della Kabbalah) nel quale tutti gli organi, benché diversi strutturalmente e destinati a funzioni diverse, sono strettamente interdipendenti, tanto che agire su uno di essi significa agire su tutti gli altri; nel loro insieme essi formano una «Cosa Unica», cioè un individuo dotato di caratteristiche e personalità ben definite. (12)». Muovendo da questa tesi, gli studiosi ritengono cheLovecraft, essendosi ispirato fortemente a Lord Dunsany, Arthur Machen, Algernon Blackwood, tutti occultisti della Golden Dawn che trasponevano le proprie fedi nella narrativa dell’immaginario attraverso espressioni mitico-simboliche, deve avere a sua volta importato tali credenze senza tuttavia aderirvi intimamente.
Resta comunque il fatto che la vasta opera del Solitario di Providence costituisce una pietra miliare nel mare magnum della narrativa dell’immaginario, alla quale va dato il merito di aver dischiuso ai lettori i battenti del cosmo, permettendoci di gettare lo sguardo oltre le abissali forze che dimorano nello spazio siderale ma che allo stesso tempo attendono il risveglio annidate nelle profondità ctonie.
Note:
1 – Cfr. Mircea Eliade, Miti, sogni e misteri, Rusconi, Milano, 1990, p. 17.
2 – Howard P. Lovecraft, L’orrore sovrannaturale nella letteratura, in H.P. Lovecraft, Teoria dell’orrore. Tutti gli scritti critici, a cura di Gianfranco de Turris, Bietti, Milano, 2018, cit. p. 315.
3 – Cfr. Jacques Bergier, Elogio del fantastico, Il Palindromo, Palermo, 2018, p. 257.
4 – Cfr. Gianfranco de Turris, Profeta del terrore cosmico, in H.P. Lovecraft, Teoria dell’orrore. Tutti gli scritti critici, a cura di Gianfranco de Turris, Bietti, Milano, 2018, p. 9.
5 – Cfr. Dirk W. Mosig, Lovecraft mitografo, in H.P. Lovecraft, I miti di Cthulhu, a cura di Giuseppe Lippi, Gianfranco de Turris, Sebastiano Fusco, Mondadori, Milano, 2019, edizione digitale.
6 – Ibidem.
7 – Ibidem.
8 – Ibidem.
9 – Ibidem.
10 – Dirk W. Mosig, Lovecraft mitografo, in H.P. Lovecraft, I miti di Cthulhu, a cura di Giuseppe Lippi, Gianfranco de Turris, Sebastiano Fusco, Mondadori, Milano, 2019, edizione digitale, cit.
11 – H.P. Lovecraft, L’orrore della realtà: La visione del mondo del rinnovatore della narrativa fantastica, a cura di Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco, Edizioni Mediterranee, Roma, 2015, edizione digitale, cit.
12 – Gianfranco de Turris, Sebastiano Fusco, Lovecraft tra razionalismo e magia, in H.P. Lovecraft, I miti di Cthulhu, a cura di Giuseppe Lippi, Gianfranco de Turris, Sebastiano Fusco, Mondadori, Milano, 2019, edizione digitale, cit.
Francesco La Manno