di Michele Rallo
Novembre 2011: Silvio Berlusconi è sfiduciato dalle agenzie di rating. Lo spread a quota 500 lo costringe alle dimissioni. Al suo posto viene chiamato Mario Monti — uomo graditissimo ai mercati — che vara un governo tecnico di larghe intese all’insegna di “lacrime e sangue”. A Monti — che si era montato la testa — succede nell’aprile 2013 Enrico Letta, sostenuto dalla stessa maggioranza che aveva alimentato il potere montiano.
Lo spread — fra Monti e Letta — scende rapidamente, e si assesta attorno ai 250 punti, la metà circa dei 500 degli ultimi tempi berlusconiani. Come mai? Perché la situazione italiana è cambiata in meglio? Perché il debito pubblico è diminuito? Perché hanno chiuso meno imprese? Perché sono state licenziate meno persone? Perché la povertà è arretrata di un millimetro? Nulla di tutto questo. Anzi, il contrario. Il debito pubblico ha sfondato il tetto dei 2.000 miliardi di euro, mentre aumentano fallimenti, licenziamenti e miseria.
Come mai, allora, lo spread è sceso invece di salire? Semplice, perché i mercati amano i governi di larghe intese. E perché li amano? Perché soltanto questo tipo di governi può attuare una politica di asfissìa economica della popolazione senza il timore che un forte schieramento d’opposizione mobiliti l’opinione pubblica (e le piazze) contro il potere costituito. Immaginate — tanto per fare un esempio — cosa sarebbe successo se una “legge di stabilità” come quella confezionata da Jo Condor e soci l’avesse fatta Berlusconi: i partiti di sinistra e i sindacati sarebbero stati costretti — anche soltanto per salvare la faccia — a proclamare mobilitazioni popolari e scioperi generali. Stessa cosa se una tale manovra fosse stata varata da un governo del PD: in questo caso sarebbe stato il Cavaliere a vestire i panni del populismo e ad arringare la piazza contro “i comunisti”. Con le larghe intese, invece, questo non succede: tutti allineati e coperti, pronti a obbedire ai voleri della Goldman Sachs ed ai capricci di Standard & Poors, lieti di poter fornire ai potenti d’Oltreoceano la prova della ragionevolezza e del senso di responsabilità che contraddistinguono i partiti italiani. E volete che lo spread non si commuova, non si sciolga in brodo di giuggiole di fronte a tanta lungimiranza, a tanta moderazione, a tanta disponibilità ai sacrifici “necessari”?
Certo — penseranno in altissimo loco — questi governi vanno premiati e incoraggiati. In fondo, sono loro che — massacrando il popolo di tasse e di tagli — consentono allo Stato italiano di pagare i salatissimi interessi sui debiti contratti con la speculazione finanziaria. D’altro canto, anche se ci sono nemici, i mercati non vogliono ucciderci; preferiscono mantenerci con un barlume di vita, per poterci succhiare il sangue goccia a goccia, per poterci rubare anche gli ultimi scampoli di economia reale, le ultime “partecipazioni” di quella che, una volta, era la formidabile “industria di Stato” italiana. I partiti delle larghe intese sanno queste cose, ma fingono di non saperle; si odiano ma siedono al tavolo dello stesso Consiglio dei Ministri; sanno che questa politica ci porterà a sbattere, ma si accontentano della condivisione delle responsabilità, paghi del fatto che il partito avverso non potrà trarre giovamento dall’esplodere della crisi.
Jo Condor, intanto, è stato a pranzo da Obama ed ha ricevuto encomi e pacche sulle spalle per come il suo governo sta affrontando l’emergenza. Oh, che bella soddisfazione!
Nota di Ereticamente
Ringraziamo l’Autore per l’invio. L’articolo è stato pubblicato in cartaceo sul periodico Social di Trapani