Gennaio è giunto e siamo a Capodanno, l’inizio del mese, per tradizione, più lungo e freddo. Cupo, soprattutto. Perché è vero che da Natale il Sole ha cominciato il suo cammino ascendente, ma in Gennaio questo lo si avverte ancora a fatica. Ché le temperature rigide e i cieli grigi, le nebbie, la neve, non ci fanno ancora sentire l’azione della luce. E del calore. La Terra è chiusa, ancora, in se stessa. Un cristallo di ghiaccio sospeso nel cosmo.
Nel più antico Calendario di Roma, gennaio non esisteva. E così febbraio. I mesi erano solo dieci. L’anno finiva con Dicembre, e cominciava con Marzo. Gennaio e Febbraio, semplicemente, non venivano computati. Mesi intercalari. Di vuoto. Di sospensione. Della vita e di ogni attività. Quel Calendario viene comunemente detto Romuleo. Ma risale ad epoche molto più remote di quella, già avvolta dalle nebbie del mito, in cui fu fondata Roma. Quando gli avi dei Latini probabilmente dimoravano molto più a Nord. In terre sub-artiche. Dove i due mesi del profondo inverno erano solo gelo e tenebra. E inattività:
“Giano è collocato nel tempo storico al posto che gli spetta: cioè agli esordi. Si diceva che egli fosse stato il primo re del Lazio, re di un’età dell’oro, in cui uomini e dei vivevano insieme (Ov. F., 1, 247-248)” (2)
Fu Cesare a volere che l’anno iniziasse il suo corso con il primo di Gennaio. Sacro due volte a Janus. Perché primo mese e primo giorno. E al Dio dai due volti era sempre consacrato il primo giorno di ogni mese. Giano è la “porta”, in latino “janua”. L’inizio. Il principio. Ed ha due volti, uno giovane che guarda verso il futuro. Uno vecchio, o meglio antico che è volto al passato.
È il tempo, nel suo scorrere. Ma non è il Kronos greco che divora ogni cosa, tanto che nella radice del suo nome si può intravedere il Corvo, l’uccello che si pasce di cadaveri. I latini avevano una concezione ben diversa del Tempo. Saturno è il Dio dell’età dell’oro, Padre benevolo per eccellenza. Giano rappresenta il costante evolversi, o meglio incontrarsi di passato e futuro. Che, poi, è il presente, sempre fugace, inafferrabile. Il tema del Faust di Goethe. Riuscire a dire all’attimo : Fermati ! Sei bello. Che implica, segretamente, il ritorno proprio all’età dell’oro…
Dunque Capodanno, o più esattamente lo scoccare della mezzanotte, rappresenta un’occasione. L’occasione di cogliere l’incontro dei due attimi, il passato e il futuro che si confondono e intrecciano. Certo, è solo un istante. Ma se presteremo attenzione, mangiando ai rintocchi delle campane 12 chicchi di uva o di melograno secondo antico uso propiziatorio, forse coglieremo, in un cielo gelido, il profilo di un duplice volto tracciato dalle nebbie. O dalle stelle:
“…un Dio prettamente italico, Giano, era il Dio dell’iniziazione ai Misteri, quegli che custodiva le porte ed in particolare apriva e chiudeva la porta, la janua, del tempio iniziatico” (3).
E, forse, lo vedremo sorridere…
Note:
1 – G. Dumèzil, La Religione Romana Arcaica, BUR, Milano, 2001, p. 291;
2 – Ivi, p. 293;
3 – Pietro Negri (Arturo Reghini), Sulla Tradizione Occidentale, in Introduzione alla Magia, vol. II, Edizioni Mediterranee, Roma 1987, p. 71.
Andrea Marcigliano