18 Luglio 2024
Poesia

Arte e poesia per ritrovar la gentil Via – Stefano Codari

Non è molto semplice recensire un testo di poesia, per di più se il testo proviene da un’autrice che definire “ecclettica” è banale, dato l’uso del vocabolo oggi giorno. Liliane Tami è uno scrigno di gioielli che si può solo aprire con discrezione per poi esplorarvi tutte le sue peculiarità e sorprese. Donna di Kulturkampf e di ricerca in ambito di dottrine tradizionali che spaziano dalla Philosophia alla Scientia secondo i percorsi dell’ecosofia organicista, questo testo è assolutamente valevole per chi voglia addentrarsi in un percorso di riflessioni interiori ma anche comunitarie. Il suo lavoro dal titolo “Insurrezione e Resurrezione” (Novartico Editore)

, contiene una specifica che chiarifica subito le intenzioni dell’autrice ma anche la sua determinazione a mandare un messaggio forte e chiaro: “Bellicosa e regolar poesia in sfregio alla vil democrazia”. Per questa ragione chi scrive, leggendolo, risponde con una riflessione qual quella che ho riportato in testa alla presente, perché abbiamo bisogno tutti di Arte per coltivare noi stessi al Bello ma anche alla Virtus. Il fine non è quello di una mera riscoperta della cultura letteraria o una critica da venditori puri, cosa che non siamo pur auspicando che i libri si vendano. Ma il fine è quella “cosa” chiamata Via; poco da aggiungere oltre all’aggettivo “gentile”, che chi scrive ha inserito appositamente per far comprendere meglio il perché di questo libro.

Un testo da leggere con animo attento e meditativo poiché non sempre l’uomo di oggi è pronto ad approcciarsi con una struttura di carmi che assomigliano molto alle composizioni epigrammatiche di autori antichi di epoca classica, ma l’attenzione per i riferimenti classici dell’autrice non è a discapito della chiarezza linguistica ed espressiva, assolutamente lineare e senza funambolismi analogici. Lo stesso formato editoriale è chiaro e ben curato nella sua essenzialità secondo i crismi delle edizioni Novantico, dalla scelta delle immagini che interpolano le composizioni poetiche all’impaginazione con un buon impianto descrittivo che guida il lettore.

La scelta dell’autrice, infatti, è stata quella di creare un testo poetico con dei veri e propri carmi tematici, intervallati da immagini evocative di stile neoclassico o Völkisch, con delle specifiche a delineare il messaggio evocato dall’immagine stessa. Non per nulla il testo si chiude con una quarta di copertina recante la runa Ansuz che è una runa mercuriale, legata alla scienza ed alla comunicazione ma anche al legame sacro con la Sapienza Divina che ci guida e ci rende latori di messaggi presso il mondo degli uomini quando si tratti di parole di saggezza, di responsabilità, di conoscenza profonda e di consiglio per chi abbia bisogno di una guida per dirimere problemi o trovare il cammino.  La Runa Ansuz sigilla il finale del testo quasi come una chiusura di una raccolta sequenziale di formule; tutto ciò implica che si dovrebbe considerare la lettura di questo lavoro come un tutt’uno organico e coerente.  Un testo di carmi e immagini e spiegazioni ma, in finale, un messaggio finale compatto e ben definito quale filo conduttore delle intenzioni dell’autrice. Si aggiunga, a modesto parere dello scrivente, che questo esercizio di comprensione debba essere l’obbiettivo non solo per questo testo ma anche come suggerimento di modus operandi per la lettura impegnata in generale. Andando su specifiche più ordinarie si può affermare che, nella sostanza, il testo si legge volentieri e con una buona dose di bilanciamento tra messaggi tradizionali e considerazioni personali valevoli non solo per il “Miles del Fronte per la Tradizione” ma anche per uomini e donne di cultura o sensibilità tali da permettere una meditazione su concetti che riflettono le letture ed il percorso dell’autrice unitamente a considerazioni di vita vissuta.

Uno dei principali messaggi del testo e quindi della Tami è, infatti, la messa a terra nella vita reale di principii sovente enunciati ma difficilmente praticati, a volte per difficoltà oggettive a compiere scelte di rottura con un modus vivendi sterilizzato dalla contemporaneità e dalle sue rigidezze ma a volte anche dalla carenza di riferimenti chiari e certi per chi voglia intraprendere un cammino di evoluzione spirituale ed umana che portino alla libertà primaria che un essere umano dovrebbe perseguire: scoprire il proprio Essere ed essergli fedele.
Non per nulla se parliamo di ciò che l’autrice scrive nella specifica del titolo, già di per sé non equivoco per chi conosca meglio le sue esperienze e messaggi, troviamo dei suggerimenti interpretativi che starà al lettore specificare nella sua personale interpretazione di alcune parole. “Bellicosa e regolar poesia” sembrerebbe quasi una contraddizione ma il Marte Campestre porta in mente il Gladio come l’Aratro e quindi un lavoro regolato e determinati da fini e confini, com’è natura dei componimenti letterari in ispecie in forma poetica. Come definire altrimenti la scena descritta dall’Ariosto in un passaggio de L’Orlando Furioso quando tratteggia una improvvisa mischia di armati che, improvvisamente, si apparecchiano ad affrontare una incursione nemica onde sostenerne l’impatto?

Come non leggerne la poesia nella dinamica descritta, quasi fosse delineata da una sceneggiatura solo apparentemente casuale?

Di qua, di là si sente gridar all’arme,
Come usati eran far quasi ogni giorno.
Monti chi è a piè, chi non è armato s’arme.
Alla bandiera ognun faccia ritorno,
Dicea con chiaro e bellicoso carme,
Più d’una tromba che scorrea d’intorno:
E come quelle svegliano i cavalli,
Svegliano i fanti i timpani e i taballi.

Quasi viene da dire, senza il rischio di sembrare un po’ troppo arditi nell’autoreferenzialità, che cogliere un verso simile da parte di un lettore non vuol dire solo leggerne le rime ma anche eccepirne il significato profondo quale esempio esistenziale che risolva in forma, stile e sostanza una vera e propria Insurrezione contro la decadenza per avviare una Resurrezione di un Homo Novus che tutti noi ci sentiamo di auspicare.

Stefano Codari

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