18 Luglio 2024
Attualità

I dubbi ai tempi del coronavirus – Enrico Gatto

Ho aspettato e riflettuto molto per cercare di farmi un’idea più precisa e completa su questo tema drammatico e nevralgico. Non sono tuttora convinto di fare bene a contribuire, nel mio piccolo, al dibattito, poiché, col passare del tempo e il continuo evolvere dello scenario, non ho maturato alcuna certezza ma soltanto (e sempre più) dubbi. Consapevole poi che ciascuno di noi, chi più chi meno, si lascia inconsciamente dominare dai propri bias cognitivi e tende a rifugiarsi nella propria rassicurante echo chamber, non so nemmeno quanto possa essere utile il mio pur piccolissimo apporto alla discussione. Cartesio diceva però che il dubbio è l’inizio della conoscenza e perciò condivido con chi mi leggerà questo modesto spunto di riflessione (rischiando pure di sbagliare su tutta la linea) cosicché qualcuno di più autorevole e preparato di me, magari, possa arrivare a delle valide conclusioni. Mi trattengo dall’esprimermi in ambito tecnico medico, sull’origine del virus, sui numeri e sulle percentuali poiché non ne ho le competenze (e tra chi le ha il dibattito è tutt’altro che concorde). Le uniche cose da poter dire con sicurezza sono che i tagli effettuati negli ultimi trent’anni, la (brutta) spesa pubblica improduttiva da abbattere, non hanno fatto per nulla bene al Servizio Sanitario Nazionale [1] e che i tanto demonizzati medici e infermieri sono in realtà degli indispensabili eroi (ma demonizzarli era funzionale a ottenere l’appoggio dell’opinione pubblica a politiche di smantellamento del welfare a favore delle privatizzazioni spacciando alternativamente i diritti per “privilegi” o “sprechi”).

Da questo punto di vista quindi, purtroppo a prezzo terribilmente alto, la crisi potrebbe anche dimostrarsi un’occasione per ravvedersi e invertire la rotta. Un’altra occasione da cogliere, offertaci da questa terribile emergenza, è quella di poterci riappropriare del tempo, liberi dalla consueta frenesia. La malattia, nella sua crudeltà, spesso può essere opportunità di cambiamento. Veniamo ai provvedimenti biopolitici adottati per la prima volta nella storia (non è un giudizio ma solo una constatazione): sono consapevole che le draconiane misure di contenimento al contagio siano con ogni probabilità necessarie (anche se altrove l’approccio è, per ora, diverso [2]), è da rilevare però un attrito in punto di diritto tra le libertà democratiche e fondamentali dell’Uomo e questa gestione emergenziale in stato d’eccezione (Schmitt). Non suggerisco assolutamente di non dare priorità alla salute o di non rispettare i Decreti ma quantomeno di notare pure il vulnus giuridico (tanto più marcato dopo decenni ove l’unico orizzonte è stato il liberalismo più sfrenato).

Temo la pandemia possa venire strumentalizzata mutuando da Friedman la Shock Doctrine: la crisi elevata a metodo di governo fa divenire politicamente inevitabile ciò che è socialmente inaccettabile. Questo renderebbe ancor più tragica la situazione sul lungo periodo. Non so se al rientrare dell’emergenza (rientrerà? [3]) il “sedimento che rimarrà”, che “renderà tutto non pienamente reversibile” [4], sarà – oltre che economico e giuridico – di carattere sociologico e antropologico: allo stadio attuale delle cose, “individualizzati” a forza, la realtà dei rapporti sociali (e lavorativi) è necessariamente sempre più mediata dalla tecnologia e chissà se nelle nostre coscienze si depositerà a fondo la docile obbedienza e la ferrea disciplina del #rispettiamoleregole. Rispettiamole, direi io, ma teniamo la mente criticamente accesa. Purtroppo però, essendo quasi tutti ai “domiciliari”, la cosa sempre accesa è la TV (che qualcuno definì il Potere in salotto). Con questa psicotica “infodemia” (la sto alimentando a mia volta?!) ci sono già dei delatori che, presi dall’angoscia e dal panico indotto, si scagliano con ferocia contro alcuni “irresponsabili” concittadini accusandoli di uscire di casa per pericolose passeggiate mettendo a repentaglio la salute pubblica e facendo sì che si riempiano le rianimazioni. Questi paladini della salute e della legalità sembra esorcizzino la frustrazione della “reclusione” e l’angoscia nei confronti dell’impalpabile virus trasformandola in paura e odio verso un oggetto determinato: in questo caso il loro vicino di casa, l’untore [5] (c’è sempre bisogno del proprio Goldstein [6]). Poi ci sono pure i veri irresponsabili che, senza un briciolo di buon senso, non badano minimamente alle norme vanificando, con conseguenze potenzialmente esiziali, il sacrificio e il comportamento virtuoso della maggioranza. È comprensibile in una tale situazione si inneschino simili atteggiamenti e reazioni e la responsabilità credo sia attribuibile innanzitutto al “circo mediatico” (e alla martellante, ansiogena e macabra “conta dei morti”): l’ “informazione” non dovrebbe né minimizzare né allarmare – in medio stat virtus – ma nella società dello spettacolo (Debord) si è scordato l’equilibrio. A mio avviso, se intorno a casa i luoghi sono poco frequentati, evitando assembramenti e mantenendo le distanze di sicurezza, una rilassante passeggiata [7] al sole (per la cruciale vitamina D) e all’aria aperta col proprio nucleo familiare credo possa fare solo bene al corpo, allo spirito e al sistema immunitario [8].

Se al morbo (alla natura) non si comanda, se non cercando di contrastarne la diffusione (evitando i contatti stretti e combattendolo con le mutile ma eroiche forze sanitarie schierate in prima linea e con la ricerca), dal punto di vista economico, invece, si può (e si deve) fare tutto, affinché le ricadute socioeconomiche – che a loro volta si ripercuotono sulla salute – non siano più tragiche, a lungo termine, di quelle sanitarie. Non essendo l’economia una scienza dura, esatta, ma una scienza sociale, basata su idee, teorie, modelli, ideologie, “basta” la volontà politica di cambiare paradigma (l’origine e le criticità del modello attuale, causa di molte delle nostre sciagure, le ho provate a tratteggiare in un mio saggio breve sul neoliberismo). È ovvio che con la “chiusura dell’Italia” le ripercussioni saranno devastanti [9], per centinaia di miliardi di Euro (non è un ragionamento grettamente economicistico in quanto il contesto socio-economico influisce tanto quanto i fattori biologici e comportamentali sulla nostra speranza di vita). Non si può ovviare ad un simile trauma straordinario (chiusura di imprese, calo della produzione e aumento della disoccupazione, calo delle entrate fiscali, caduta della domanda interna, calo dell’export) con interventi ordinari e convenzionali; occorre ricorrere alla helicopter money (sbarazzandosi dello spauracchio dell’inflazione fondato su distorsioni della teoria e false credenze monetariste) per salvare aziende, lavoratori e, di conseguenza, il sistema-Italia (anche da potenziali e nefasti futuri disordini sociali). Deve divenire chiaro che le Banche Centrali creano moneta fiat dal nulla [10], con un click, e il denaro, davanti la vita e la morte delle persone, non deve essere gestito nella logica della scarsità né tantomeno con la legge della domanda e dell’offerta come fosse una merce o con la fobia distorta del debito pubblico, ma, soprattutto, deve smettere di essere il fine e tornare a essere il mezzo di un’economia al servizio e a sostegno dell’essere umano. Nella congiuntura attuale è però molto complesso mettere in atto misure di questo tipo per una serie di problemi [11] legati alla struttura (profondamente ideologizzata) delle istituzioni e dei vincoli €uropei, alle competenze della BCE [12] e dei singoli Stati [13], alla forte competizione tra questi (stabilita dai Trattati [14]) e agli interessi nazionali perseguiti da ognuno senza quella solidarietà per decenni decantata [15] (la pappa del cuore per le anime belle direi con Hegel).

Siamo nell’interregno dove il vecchio muore e il nuovo non può nascere (Gramsci); manca una visione d’insieme, olistica. C’è urgente bisogno di grande intelligenza, umiltà e coraggio per una necessaria, radicale e decisiva svolta [16] (problematizzando ciò che sopra ho necessariamente semplificato). Tempi avversi creano uomini forti. Uomini forti creano tempi tranquilli. Tempi tranquilli creano uomini deboli. Uomini deboli creano tempi avversi.

Note:

1. Il SSN come ogni servizio pubblico, o bene comune, dovrebbe rispondere a logiche diverse da quelle aziendalistiche del risparmio e del profitto per essere davvero efficace.

2. Spunti interessanti nell’articolo di Roberto Buffagni intitolato “Epidemia Coronavirus: due approcci strategici a confronto” e nell’articolo di Marco Faraci intitolato “Le falle dello “Stato di polizia anti-virale” in Italia e l’alternativa britannica”.

3. Gabriele Capolino riferisce, in un suo articolo, di un’indagine del MIT che esclude un ritorno alla normalità che conoscevamo.

4. Il virgolettato è ripreso (e lievemente riadattato) da un discorso di Mario Monti sulla necessaria funzionalità delle crisi alle cessioni di sovranità.

5. Ritengo condivisibile il pensiero di Dario Accolla espresso nell’articolo intitolato “Runner, untori e il bisogno di odiare chi esce di casa”.

6. “1984” di Orwell insegna ancora: Goldstein è il nemico pubblico, il capro espiatorio, contro il quale incanalare l’odio; ricordate, poi, i figli dei Parsons? Essi sono un maschietto e una femminuccia, rispettivamente di nove e sette anni. Entrambi sono stati cresciuti e allineati fin dalla nascita nell’ottica del Partito. Sono membri dell’associazione giovanile delle Spie, crescono ovvero con lo scopo di rintracciare più traditori e psicocriminali possibile. La figlia accuserà il padre Tom di psicoreato spedendolo direttamente al Ministero dell’Amore.

7. Ad oggi, 16 marzo 2020, non ho ancora ben capito se tale pratica sia considerata eversiva ma, ai fini del Decreto, credo che questo ultimo e unico briciolo di libertà, non lesiva del prossimo, sia da considerarsi assimilabile a una “situazione di necessità”.

8. Molti studi pubblicati hanno dimostrato la correlazione diretta fra stress (reclusione, isolamento e terrore lo aumentano) e incidenza di patologie infettive, ad esempio qui, qui e qui.

9. Valida l’analisi di Mario Pianta.

10. A riprova dell’assunto una risposta eloquente di Mario Draghi.

11. Descrive molto bene lo scenario economico Fabio Dragoni in questo intervento.

12. Il Sistema di Banche Centrali €uropee ha come primo obbiettivo, a cui si subordinano tutti gli altri, la stabilità dei prezzi (vedi art. 127 del TFUE – Trattato di Lisbona).

13. Gli Stati dell’Eurozona hanno le mani legate dovendo sottostare all’indipendenza della BCE e non potendo adottare sovranamente le proprie politiche monetarie.

14. Vedi art. 3 comma 3 del TUE – Trattato di Maastricht.

15. Solidarietà tra Stati di fatto vietata dall’art. 125 del TFUE.

16. Delle valide linee guida (ma potrebbero essere altre) le abbozza Paolo Maddalena in questo articolo o un possibile piano (tra i tanti) lo ha stilato Guido Grossi.

 

Enrico Gatto

 

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