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Giordano Bruno (1548-1600), oltre a distruggere la concezione aristotelica-tolemaica di universo finito (chiuso), teoria fino ad allora ritenuta verità indiscussa dalla stragrande maggioranza degli intellettuali dell’Europa rinascimentale, non credeva nel ‘mito dell
Dal paragrafo ‘Dio e la Natura – La materia come matrice divina della vita’ riportiamo quanto segue: “Caparbio e furioso predicatore, Giordano Bruno, domenicano di formazione, anche se lasciò presto l’abito, difese a spada tratta il suo pensiero per cui Dio esisterebbe nella molteplicità del suo essere“. Come abbiamo già ricordato, Bruno fu indubbiamente un gigante dal punto di vista intellettuale, ma, soprattutto, a nostro modo di vedere, fu una delle poche personalità che nel corso della propria esistenza capì l’essenza del Divino più di qualsiasi altra persona che viveva in quell’Europa tormentata del XVI secolo, dilaniata dalle divisioni, bagnata dal sangue delle guerre di religione, e dove persecuzioni e torture erano all’ordine del giorno. Il XVI secolo non conosceva, come lo conosciamo noi oggi, il concetto di tolleranza, e, per le medesime ragioni, fu un secolo per certi versi spietato e sanguinario. In questo contesto storico Bruno si muove all’interno di una posizione filosofica distintamente originale che per sua natura entrava in conflitto con quelle che erano le correnti della filosofia, della religione e della politica del suo tempo. Il Nolano, oltre a coltivare un sublime intuito, sviluppò un’intelligenza più unica che rara; la sua mente riusciva davvero a capire e a carpire le meccaniche celesti e le dinamicheterrestri, e, anzitutto, era in grado di comprendere cosa realmente ci fosse dietro tutto ciò; per meglio dire era capace di vedere una logica preponderante, ‘eterna’ e ‘infinita’, elaborata dalla ‘mente di Dio’. Il filosofo di Nola, potenziando in vita la propria intelligenza attraverso l’arte della memoria, oltre a ricordarsi tutta la Bibbia a mente, era in grado di proiettare la sua coscienza nel ‘mondo delle idee’ che secondo Platone è ‘sede sovracelesteea-spaziale’, nella quale risiedono le ‘sostanze immutabili’ o ‘archetipi divini’, per poi ritornare in questa dimensione e ricordare tutto:
“ Una sola cosa è quella che definisce tutte le cose, uno solo è lo splendore della bellezza in tutte le cose, un solo fulgore luccica dalla moltitudine delle specie. Se tu congetturi ciò, tra i tuoi occhi e le cose visibili in modo universale interporrai un tale oculare che non c’è niente che possa assolutamente sfuggirti. Cadiamo nell’errore e nell’oblio, poiché presso di noi vige la composizione della forma con l’informe. In quanto formazione di un mondo corporeo, questa è una forma inferiore, poiché è composta dalla deforme traccia del mondo stesso. Perciò ascendi là dove le specie sono pure, dove niente è informe e dove ogni essere formato è la forma stessa ”.
(Giordano Bruno – De umbris Idearum)
Gli archetipi, essendo verità primordiali condivise a livello inconscio da tutta l’umanità, riprendevano in tal modo vita all’interno della mente del filosofo di Nola rinvigorendola a livelli massimali. Solo dopo questo loro trasmigrare, dal ‘mondo delle idee’ al mondo fisico, gli archetipi prendono corpo e vengono accolti nell’intimo delle genti per poi essere elaborati dalla mente attraverso i simboli e le immagini feconde: le “vestigia della verità”. Gli archetipi presenti nel nostro subconscio sono sostanzialmente chiavi per aprire un mondo del tutto celeste. E’ come se riconoscendo l’archetipo la grande cortina di pioggia di questo mondo si aprisse smisuratamente e il pensiero sorpassasse la volta celeste per andare in un luogo metafisico dove tutto è luce che si tramuta continuamente in cibo sacro per l’anima la quale in qualche modo viene ristorata attraverso la ‘memoria’ rigenerata dalla gnosi, la conoscenza superiore, portando frutto:
“ Grazie alla scrittura interiore siamo regolati e rivolti ad intendere, a ragionare, a desiderare, ed anche a sentire come vogliamo (percepire e cogliere), e l’essenza di tale capacità è radicata nell’anima profondamente… Le forme esteriori sono dette “Vestigia delle idee” e quelle interiori ombre di queste stesse idee. Si ritiene che le “Forme” nei corpi altro non siano che “Immagini delle Idee divine” e queste stesse immagini, nei sensi interni degli uomini, con quale nome migliore si possono chiamare se non con quello di “Ombre delle idee divine”, dal momento che distano dalla realtà delle cose naturali quanto le naturali sono distanti dalla realtà metafisica? … L’Ombra non è tenebra, ma “Vestigio della tenebra” nella Luce o della Luce nella tenebra, o un composto di Luce e tenebra… Come le Idee sono le forme archetipiche, i “Principi formatori delle cose” che nascono e periscono, similmente noi diamo forma in noi stessi ad “Immagini”, ossia alle “Ombre” di quelle “Idee” ”.
(Giordano Bruno – De umbris Idearum)
“ L’immaginazione è per l’uomo un meccanismo creativo tangente a quello utilizzato dalla natura, per creare le innumerevoli forme partendo dalle “idee” in essa diventate “vestigia”… Quindi come avviene in natura, che da pochi elementi essa sarà capace di trarre specie infinite e infinitamente contaminate, così potremo noi attraverso le nostre “immagini” ottenere una moltitudine di “immagini” infinita tanto da ottenere “uomini alati” o esseri misti di tutti i tipi ”.
(Giordano Bruno – Camoeracensis Acrotismus)
Nei meandri della mente dell’uomo la ‘memoria’, attraverso l’utilizzo dell’Ars memoriae, si colloca fra l’intelletto umano e quello universale, consentendo in tal modo di scalare, alla stessa maniera degli insegnamenti lulliani, quella ‘catena aurea’ fra Terra e Cielo, fra l’uomo e Dio; non è un cercare di annientare l’ego per mezzo della mente come potrebbero suggerire alcune pratiche del Buddismo Zen che evocano potenze abissali volte a domare l’Io, ma un rafforzare la ‘memoria ancestrale’ della nostra anima per far ritornare in sintonia la nostra essenza con le leggi del Cosmo per connetterci nuovamente nel migliore dei modi ad esso:
“ Certamente, se una concordia pressoché indissolubile connette le estremità finali dei primi elementi agli inizi dei secondi e unisce il calcagno di quelli che precedono alle teste di quelli che seguono immediatamente, tu sarai capace di abbracciare con la mente quell’aurea catena che si forma sempre tesa dal cielo alla terra; così pure, come puoi avere fatto una discesa dal cielo, facilmente potrai ritornare al cielo per una salita ordinata ”.
(Giordano Bruno – De umbris Idearum)
Come più volte espresso, il Dio presentato dalla ‘Nolana filosofia’ è un Dio diverso da quello concepito dalle religioni ufficiali; si tratta di una Divinità universale, inconoscibile, che però è anche insita in ogni punto dell’universo. Bruno non trovò Dio nelle Sacre Scritture,ma nelle varie forme presenti in natura. Attingendo da concetti presenti nel testo ‘De rerum natura’ di Lucrezio dove sono presenti teorie epicuree inerenti ad un universo atomistico, materialistico e meccanicistico, Bruno sviluppa una nuova visione di universo. Il Nolano arriva ad immaginare un ‘universo infinito’costituito da un’infinità di mondi e di esseri che presumibilmente li abitano; arriva ad elaborare tutto ciò non per mezzo di studi matematici o astronomici bensì grazie all’introspezione, alla pura filosofia e alla ‘magia naturalis’ da sempre connessa alla ‘gnosi ermetica’ (nel prossimo capitolo vedremo tutto in maniera più dettagliata). E’ curioso notare come nel pensiero di Lucrezio sia assente l’idea di creazione, di provvidenza e di beatitudine da parte di un Ente supremo così come lo intendono invece le religioni ufficiali. Questo modo di vedere la nascita e lo sviluppo della manifestazione materiale senza ricorrere necessariamente al cosiddetto ‘mito della creazione’ lo riscontriamo, non a caso, anche nella filosofia bruniana. Il mondo e l’universo sono per Bruno governati da un ‘principio primo‘che è Dio stesso: “Mens super omnia”, ossia da una “Mente al di sopra di tutto ciò che esiste”. Dio è causa, ovverosia un’energia produttrice che determina una realtà pur rimanendo separata da questa, ma allo stesso tempo ‘principio’, cioè l’elemento costitutivo che è insisto in ogni cosa nel creato. Per Bruno Dio, sorgente inesauribile, in quanto ‘causa e principio’, crea ‘infiniti mondi’rimanendo all’interno di essi. In tal senso Dio è unica realtà e ‘causa eterna’ della natura. Per il Nolano Dio è quel ‘principio primario’ che governa ed è presente nella natura e, al tempo stesso, è quella forza che la trascende in quanto al di sopra di essa. Da questo ‘infinito principio’, secondo l’ottica bruniana, deriverebbero ‘infiniti effetti’; la natura e l’universo, con tutti gli astri e gli illimitati mondi creati, vengono, per le medesime ragioni, intesi dal filosofo napoletano come l’essenza stessa di Dio, ovvero infiniti.
In questo universo infinito esiste una ‘provvidenza universale’ in virtù della quale ogni cosa in esso compresa vive e si muove. E’ ciò che Dante Alighieri (1265-1321) indica nell’ultimoCanto del Paradiso, al termine della sua opera più famosa (La Divina Commedia): “l’Amor che move il sole e l’altre stelle”. In sostanza l’intera creazione non può essere considerata se non come lo sviluppo dell’essenza divina: Dio che si contrae per poi aprirsi e disperdersi nell’universo – la Kabbalah elaborata dal mistico ebreo Yitzhak Luria (1534-1572) chiama questo processo di contrazione del Divino per creare il mondo Tzimtzum. Per Giordano Bruno Dio coincide con la natura e viceversa; e nel ritmo divino in cui si pronuncia l’inesauribile vita della natura, tutto si sviluppa, tutto muta e tutto è in divenire, ma nulla si ripete. La vita si perpetua in un perenne ciclo che tuttavia non ripropone mai le stesse dinamiche e le stesse identiche fasi nella loro puntuale e rigida identità. La morte stessa non è avulsa a questa legge poiché nulla si disperde e tutto si conserva e si trasforma secondo i ‘principi naturali’ delle cose. Per il Nolano, che sposò il pensiero del grande filosofo e teologo Nicola Cusano (1401-1464), il quale concepiva l’universo come ‘explicatio’ di Dio stesso, il Divino non viene concepito solo come ‘Mens super omnia’, ma anche come ‘Mens insita omnibus’, ovverosia “Mente dentro tutte le cose”: è l’Anima del mondo, la forza divina che vivifica, muove, ed è presente in tutto il creato. Il concetto filosofico di ‘Anima Mundi’, oltre che nell’ilozoismo presocratico, viene principalmente sviluppato nel pensiero di Platone, dove viene spiegato come la divinità, mescolando con complessa proporzione aritmetica le due nature dell’identico e del diverso, crea l’anima cosmica, ossia il ‘principio della vita’ che permea l’intero universo:
“ Mente sopra tutte le cose è Dio. Mente insita in tutte le cose è la Natura. Mente che tutte le cose pervade è la ragione. Dio prescrive e ordina. La Natura esegue e compie. La ragione contempla e discorre. Dio è la Monade fonte di tutti i numeri…La Natura è numero numerabile, grandezza misurabile, momento determinabile. La ragione è numero numerante, grandezza misurante, momento di valutazione ”.
(Giordano Bruno – De triplice minimo et mensura)
Per Bruno, che nel ‘De minimo’abbraccia senza riserve una concezione atomistica, Dio è partecipe in ogni punto dell’universo (‘implicatio dei’) e, a sua volta, la sua presenza si dispiega in tutta la manifestazione materiale (‘explicatio dei’):
“ Come il centro si esplica in un ampio cerchio, così uno spirito ordinatore, dopo essersi esplicato negli aggregati atomici, coordina il tutto, fino a che, trascorso il tempo ed infanto lo stame della vita, si ricopre nel centro e nuovamente si espande nello spazio infinito: tale evento viene solitamente identificato con la morte ”.
(Giordano Bruno – De triplice minimo et mensura)
La scienza ci dice oggi che l’essere umano stesso è un semplice insieme di particelle fondamentali della natura dato che gli atomi che ci compongono sono nati con la fusione nucleare nelle fornaci stellari – in sostanza noi tutti siamo polvere di stelle. Per queste ragioni, noi pensiamo, che tutti gli atomi presenti nella creazione materiale detengono in sé quel ‘principio ordinatore’(luce/energia/forza/vibrazione) che ha dato origine a tutto e che costituisce il tutto. Secondo la fisica teorica tutte le immagini presenti nel mondo materiale sono composte dalla luce ordinaria che è figlia della‘materia luminosa’. Per Giordano Bruno questo ‘processo divino’ o ‘atto creativo’ è principalmente opera della materia: è “l’infinito principio vivente ed onnipotente dell’energia formatrice di ogni cosa” (De la causa principio et uno). Qui sostanzialmente sta la grande intuizione e novità che propone il filosofo di Nola rispetto alle tradizioni ufficiali del suo tempo: per Bruno la materia è vivente e sempre attiva poiché Dio stesso è materia. Per la filosofia bruniana la materia non è né corpo e né spirito, è entrambe le cose: è l’origine di ambedue in quanto aspetto vitale capace di esser presente sia nella loro estrema contrazione che nella loro estrema dilatazione. Questo pensiero di Bruno esposto nei cosiddetti ‘dialoghi italiani’ prende vita nel personaggio Teofilo il quale incarna, come abbiamo già indicato, il ruolo del fedele relatore della Nolana filosofia. E’ per mezzo di Lui che Bruno parla del suo modo di intendere la natura e l’universo infinito in diversi suoi dialoghi filosofici. Nello ‘Spaccio della bestia trionfante’ il Nolano dichiara: “Natura est deus in rebus”, ossia “La Natura è Dio in tutte le cose”. Bruno ci dice in sostanza che il vero filosofo, se vuole realmente conseguire alla conoscenza del Divino, deve seguire le orme della natura, i suoi processi e la sua struttura o composizione poiché Dio è inequivocabilmente immanente in essa. La natura, sostiene inoltre Bruno, non si lascia misurare perché nel momento in cui proviamo a fare questa operazione lei, per le sue caratteristiche, è già trasformata. La natura, avendo al suo interno l’infinita potenza divina, è in eterno mutamento. Il pensiero bruniano si colloca in questo senso oltre il ‘determinismo’. Rimanendo in tema di creazione materiale come opera del Divino, nella filosofia di Cusano, “maestro” di Bruno, troviamo anche il concetto di ‘universo aperto’ e non finito; egli descrive il Cosmo come un ente ‘interminatum’, ossia senza un termine ultimo. Successivamente sarà però Bruno ad elaborare il concetto di ‘universo infinito’ dato che per Cusano solo Dio può essere infinito e per tanto si limitò a descrivere il Cosmo come “interminato” ma non come ‘infinito’ che ha un senso assai più ampio. Da Cusano, autore del celeberrimo libro chiamato ‘De docta ignorantia’, Bruno riprende per di più l’idea di ‘coincidentiaoppositorum’ dove il ‘minimo’ è la radice del ‘massimo’ e gli opposti, al limite, ‘coincidono’:
“…Il minimo è la sostanza delle cose e, sebbene sia espresso da un genere diverso da quello della quantità, costituisce il principio della quantità e della grandezza…Prescindi dal minimo e non ti rimarrà nulla…La contemplazione del minimo, oltre che essere necessaria, deve costituire anzitutto una scienza naturale, matematica e metafisica…”
(Giordano Bruno – De triplici minimo et mensura)
Sia Cusano che Bruno ci fanno capire nei loro sublimi lavori come il problema della contraddizione sia in realtà solo di natura razionale; quando di fatto si entra nella dimensione del Divino occorre applicare, oltre all’intuito, l’abbandono totale verso tutto ciò che è metafisico, vale a dire realizzare e fare proprie le dinamiche di quella sede superna in cui l’Uno, per sua natura, armonizza tutti gli opposti.
“…Si vogliono trattare questi argomenti per insegnare a ricercare, meditare e realizzare l’unità in ogni molteplicità, l’identità in ogni diversità. Chi infatti non dispone, non cerca, non comprende e non realizza l’unità, chi non consegue dai molteplici livelli di conoscenza a uno solo e unico senso e un’unica cognizione, non possiede nessun senso, nessuna cognizione, chi infine non conosce la cognizione stessa e non opera tramite essa, non conosce niente e niente opera. Secondo i gradi di partecipazione all’unità, invece, alcuni agiscono e conoscono partecipando ad essa ”.
(Giordano Bruno – Sigillus Sigillorum)
Questa concezione di vedere interiormente una realtà più profonda è collegata al modo di concepire la natura in cui tutto sarebbe inequivocabilmente collegato all’Uno. L’Intelletto, per mezzo della matematica (geometria), viene quindi considerato uno strumento per capire l’esistenza di Dio, ma non per comprenderlo o realizzarlo totalmente. Per contemplare e capire Dio in tutta la sua interezza occorre donarsi completamente, aprirsi all’esistenza stessa attraverso l’Amore, il ‘Divino fuoco’ che arde un po’ ovunque in natura, ma soprattutto vive all’interno dell’uomo pneumatico (spirituale). L’Intelletto è la spada che penetra il cuore del mistero; è lo strumento con cui realmente l’uomo può creare un nuovo mondo attraverso le “idee”. Per Bruno sono tre le funzioni intelligibili che corrispondono ai tre ordini divini: lafisica (Natura), la matematica (Mente), la metafisica (Dio). Tre metodi differenti per comprendere l’unico oggetto necessario: il minimo e/o Dio. Tre sono anche i ‘principi costitutivi’ del suo universo: la ‘Monade’, il ‘Numero’, la ‘Figura’. La ‘Monade’ rappresenta l’elemento costitutivo della realtà, mentre il ‘Numero’ simboleggia l’elemento simbolico ‘magico e filosofico’ di natura pitagorica; infine la ‘Figura’ rappresenta per Bruno il mezzo con cui introiettare ed elaborare le verità superiori provenienti dal ‘mondo delle idee’ o Iperuranio (a tal riguardo rimandiamo al nostro capitolo incentrato sull’operatività deiSigilli ermetici bruniani). Per il filosofo partenopeo ogni realtà corporea è costituita da un numero definito di parti; sottraendo numero a numero, ci imbattiamo necessariamente nella Monade e nell’atomo, perché la divisione di qualsiasi grandezza deve per forza di cose osservare la corrispondenza tra realtà e numero. Se invece facciamo un processo inverso, ovvero sommiamo i numeri anziché sottrarli, ci incamminiamo verso l’infinito. Queste nozioni venivano aspramente rigettate dagli intellettuali del tempo. I peripatetici (seguaci di Aristotele), infatti, non ammettevano l’esistenza di tali minime realtà così come non accettavano la concezione dell’infinito perché giustificavano il limite come quell’ultima “sfera” rappresenta per l’universo: un goffo limite ascensivo di impronta aristotelica che l’uomo non era in grado di varcare:
“ La natura è attingibile da un’intelligenza finita quale la nostra, come in uno specchio, allo stesso modo in cui [ciò accade] a coloro che si trovano nell’Antro di Platone, i quali, voltati osservando il fondo, non essendo loro possibile, rivolgere uno sguardo diretto su di esso, possono contemplare non la luce, ma il vestigio della luce, non le specie e le idee, ma le ombre delle specie e delle idee, dove lo specchio consiste in un corpo diafano, nel quale non sarebbe possibile scorgere l’immagine se non fosse delimitato dall’opacità dell’ombra. È così che noi possiamo contemplare il suo volto, se non attraverso i vestigi e gli effetti che troviamo presso la materia ”.
(Giordano Bruno – Lampas Triginta Statuarum)
Abbiamo visto come nella Nolana filosofia ciò che è in alto (lo spirituale) e ciò che è in basso (lamateria) collimano: sono due piani della medesima realtà che si compenetrano perennemente pur facendo un tutt’uno. Dai suoi trattati filosofici Bruno sembra anticipare la dicotomia che è tutt’oggi più che viva nel mondo della fisica teorica, ovverosia lo scontro tra due teorie di fondamentale importanza che si occupano del metodo scientifico volto a studiare, misurare e quantificare la gravità, l’energia, la massa, lo spazio e il tempo: la teoria della relatività, la quale si occupa delle cose “infinitamente grandi”, e la meccanica quantistica, che si occupa invece delle cose “infinitamente piccole”. Nel ‘De la causa principio et uno’ il Nolano contempla ciò che oggi la scienza sta continuando a studiare per capire l’origine dell’universo in materia di fisica. E gli sta dando ragione. Addirittura nel ‘De l’infinito universo et mondi’ Bruno sembra accennare alla gravità delle onde gravitazionali recentemente scoperte dalla scienza. Queste due branche della fisica sono in totale antitesi tra loro, ma Bruno ci fa capire dai suoi scritti, come abbiamo accennato, che in realtà ciò che sembra essere impossibile per la logica dell’uomo, nel mondo dell’infinito, ovvero in altre dimensioni, non è così. Del resto tutti noi viviamo in un ente costituito da infiniti enti. A noi piace pensare che la Nolana filosofia rappresenti una sorta di anello di congiunzione tra la ‘fisica teorica’ e la ‘fisica quantistica’, dove al suo interno tra l’altro è presente la concezione di ‘universi paralleli’, e perché no: ci piace pensare che sia anche l’anello di congiunzione tra fede e scienza – più precisamente tra la ricerca filosofica e la ricerca scientifica. La scienza oggi ci dice che per ogni oggetto che si vuole studiare ci sono sempre due facce appartenenti alla stessa medaglia: quella ‘macroscopica’ e quella ‘microscopica’. Tutto ciò Bruno l’aveva realizzato e ben rimarcato più volte nei suoi scritti. Nella dimensione spirituale, tanto cara ai neoplatonici, le contraddizioni sembrano armonizzarsi, sembrano congiungersi tra loro; in Dio, infatti, gli opposti coincidono e le differenze scompaiono come se la materia e l’antimateria, che di norma quando entrano in contatto si annichiliscono tra loro, in realtà si fonderebbero e diverrebbero un’unica cosa come all’origine del Big Bang quando tutto era concentrato in un ideale microscopico punto al di fuori dello spazio e del tempo.
Questo sembra essere a tutti gli effetti il concetto dionisiaco adottato dagli iniziati secondo cui il dio Dioniso (Διόνυσος), essendo la divinità dell’ebbrezza e della contraddizione, incarna colui che manda in crisi la ‘ratio’ e al tempo stesso armonizza gli opposti. In sostanza la figura di Dioniso a livello simbolico collima con il concetto di ‘coincidentiaoppositorum’ della ‘nova filosofia’bruniana. Il filosofo partenopeo conosceva benissimo ciò che si cela dietro i miti ed abbracciò senza riserve la ‘dottrina dell’unità e dei contrari’ esposta dal filosofo greco antico Eraclito (535 a.C.-475 a.C.). Nei suoi scritti Bruno considera la Terra un essere vivente animata dall’Anima del mondo, e persino gli astri, e con essi tutte le costellazioni, sono per il filosofo partenopeo “animali vivi e divini” come divino è tutto ciò che è presente in natura.
Questa visione panteistica e immanentistica, per ovvie ragioni, entrava in totale collisione con tutto il mondo cristiano dell’epoca ed è proprio per queste ragioni che la ‘nova filosofia’venne considerata, ed è considerata ancora oggi, non solo eterodossa, ma eretica ed inconciliabile con la fede cristiana. Per Giordano Bruno, trascendendo in tal senso il pensiero platonico, ‘forma’ e ‘materia’, così come le “idee” e le “cose”, coincidono; il Nolano supera in maniera egregia anche il pensiero gnostico pessimista che, oltre a distinguere in maniera netta l’anima dal corpo, così come lo spirito dalla materia, vede nella creazione materiale una fonte di depravazione e sofferenza per l’anima incarnata. Per Bruno è invece il contrario: la natura è divina perché è egli stessa Dio. Nella visione bruniana il Divino viene infatti concepito sia come “causa” che come “effetto”, come se il ‘principio creativo’ e la creazione stessa collimassero in un ciclo continuo. Le varie creature, così come gli stessi uomini, sono tutti ‘figli della materia universale’, mentre la natura viene concepita come specchio di Dio. Ciò che nella metafisica orientale (indù) vengono chiamati ‘Puruṣa’ (principio maschile immutabile e luminoso del Divino) e ‘Prakṛti’ (la manifestazione materiale) sono per Giordano Bruno, se pur in modo totalmente differente da quanto esposto invece dal Vedānta, una cosa sola. Nella Nolana filosofia l’Uno si dispiega nel tutto e il tutto si risolve nell’Uno; in questo senso Dio risulta essere la Monade che costituisce ogni particella della materia, fonte di tutto ciò che è presente in natura:
“ Tutto ciò che è dopo l’uno è inevitabilmente molteplice e numeroso. Perciò, tranne l’uno e primo, tutte le cose sono numero. Donde sotto l’infimo gradino della scala della natura c’è il numero infinito o materia; invece nel sommo gradino c’è l’infinita unità e atto puro. Pertanto, la discesa, la dispersione e l’espansione avvengono verso la materia; l’ascesa, l’aggregazione e la delimitazione avvengono verso l’alto. Attraverso i numeri gli enti si rapportano a ciò che veramente è, o vero ente, come la materia attraverso l’abbozzo delle forme si rapporta alle forme ”.
(Giordano Bruno – De la causa principio et uno)
Come abbiamo visto in precedenza, per Bruno l’universo fisico è uno ed infinito, mentre due sono i principi del mondo e/o le potenze indivisibili e indissolubili che lo regolano: l’Anima Mundi (principio attivo del Divino) e la materia (principio passivo del Divino). Questi due principi vengono intesi dal Nolano come due somme potenze riconducibili ad unico principio, superiore a tutte le dissomiglianze in cui si consegue l’armonia degli opposti; tale principio risulta essere ‘infinito’ ed agisce rivelandosi in tutto il creato. Per Bruno Dio è l’Onnipresente, è il Divino vigente dappertutto:
“ L’Anima del mondo, come è atto di tutto e potenza di tutto, ed è tutta in tutto; onde al fine (dato che siamo innumerabili individui) ogni cosa è uno; e il conoscere questa unità è lo scopo e termine di tutte le filosofie e contemplazioni naturali: lasciando ne’ sua termini la più alta contemplazione, che ascende sopra la natura, la quale a chi non crede è impossibile e nulla. Questo (la luce soprannaturale) non hanno quelli, che stimano ogni cosa esser corpo, o semplice, come lo etere, o composto, come li astri e cose astrali; e non cercano la divinità fuor de l’infinito mondo e le infinite cose, ma dentro questo e in quelle…In questo solo mi par differente il fedele teologo dal vero filosofo ”.
(Giordano Bruno – De la causa principio et uno)
Bruno, magnetico “sommo cantore dellanatura”, riconosce anche la presenza di un Dio trascendente la cui concretezza, però, non si dissolve nel regno materiale, nel mondo fisico; la Sua essenza è percepibile e conoscibile solo dal suo effetto, allo stesso modo di chi vede una statua ma non può, per ovvie ragioni, vedere lo scultore:
“… dalla cognizione di tutte cose dependenti non possiamo inferire altra notizia del primo principio e causa che per modo men efficace che di vestigio, essendo che il tutto deriva dalla sua volontà o bontà, la quale è principio della sua operazione, da cui procede l’universale effetto. Il che medesimo si può considerare ne le cose artificiali, in tanto che chi vede la statua, non vede il scultore; chi vede il ritratto di Elena, non vede Apelle, ma vede lo effetto de l’operazione che proviene da la bontà de l’ingegno d’Apelle, il che tutto è uno effetto degli accidenti e circostanze de la sustanza di quell’uomo, il quale, quanto al suo essere assoluto, non è conosciuto punto… Tanto che conoscere l’universo, è come conoscer nulla dello essere e sustanza del primo principio, perché è come conoscere gli accidenti degli accidenti ”.
(Giordano Bruno – De la causa principio et uno)
Nella Nolana filosofia è dunque presente un duplice aspetto del Divino, uno “assoluto” (totalmente trascendente), di cui non possiamo saper nulla in quanto l’essere umano è un essere finito e non infinito, e uno “comunicato”, ossia che può essere osservato e capito attraverso la natura. Per Bruno il Dio comunicato è dunque immutabile e infinito, causa eterna che si risolve in un continuo divenire, come l’universo stesso che è in continua espansione. Dio viene in questo senso concepito dal grande filosofo come una forza creatrice unica ed indissolubile, di qualità infinita, la quale, in quanto potenza produttrice, crea su innumerevoli mondi un’infinità di esseri finiti che possiamo riscontrare in natura.
“ È dunque l’universo uno, infinito, inmobile. Una, dico, è la possibilità assoluta, uno l’atto, una la forma o anima, una la materia o corpo, una la cosa, uno lo ente, uno il massimo ed ottimo; il quale non deve posser essere compreso; e però infinibile e interminabile, e per tanto infinito e interminato, e per conseguenza inmobile. Questo non si muove localmente, perché non ha cosa fuor di sé ove si trasporte, atteso che sia il tutto. Non si genera; perché non è altro essere, che lui possa desiderare o aspettare, atteso che abbia tutto lo essere. Non si corrompe; perché non è altra cosa in cui si cange, atteso che lui sia ogni cosa. Non può sminuire o crescere, atteso che è infinito; a cui come non si può aggiongere, cossì è da cui non si può suttrarre, per ciò che lo infinito non ha parte proporzionabili. Non è alterabile in altra disposizione, perché non ha esterno, da cui patisca e per cui venga in qualche affezione ”.
(Giordano Bruno – De la causa principio et uno)
In sostanza per il filosofo di Nola tutto l’universo sottostà alle medesime leggi universali e quindi ciò che accade sulla Terra accade anche su altri pianeti nella stessa identica maniera. Dio è in grado di generare tutto in natura allo stesso modo dell’intelletto dell’uomo che è abile nel creare miriadi di immagini oltre che concepire infiniti concetti. E’ ovvio che la presenza di una divinità trascendente all’interno della ‘nova filosofia’ci fa capire come questa non sia del tutto panteista perché, come è ovvio che sia, la concezione che ha di Dio va ben oltre il Panteismo:
“… Il centro dello spazio infinito può essere stabilito dovunque. Da ogni parte, ugualmente, infatti, si estende un’uguale grandezza. Bisogna, quindi, convincersi che non un limite incombe sui corpi della natura, ma l’armonia della vita, contemplata dal senso e dell’anima che è in essi ”.
(Giordano Bruno – De immenso et innumerabilibus, seu de universo et mundis)
Riformulando il pensiero dell’antico filosofo greco Empedocle e riprendendo da Cusano l’idea di ‘universo non finito’, per Bruno l’universo è uno, nonostante esso comprenda parti infinite, e, in quanto anch’esso infinito, non ha alcun centro e nessuna circonferenza potendo ogni suo punto essere sia centro che circonferenza:
“La natura di Dio è un cerchio il cui centro è ovunque e la cui circonferenza non è da nessuna parte”.
(Empedocle di Agrigento – V secolo a.C.)
“…Dunque, l’individuo non è differente dal dividuo, il simplicissimo da l’infinito, il centro da la circonferenza. Perché dunque l’infinito è tutto quello che può essere; è inmobile; perché in lui tutto è indifferente, è uno; e perché ha tutta la grandezza e perfezione che si possa oltre e oltre avere, è massimo ed ottimo immenso. Se il punto non differisce dal corpo, il centro da la circonferenza, il finito da l’infinito, il massimo dal minimo, sicuramente possiamo affirmare che l’universo è tutto centro, o che il centro de l’universo è per tutto, e che la circonferenza non è in parte alcuna per quanto è differente dal centro, o pur che la circonferenza è per tutto, ma il centro non si trova in quanto che è differente da quella. Ecco come non è impossibile, ma necessario che l’ottimo, massimo, incompreensibile è tutto, è per tutto, è in tutto, perché, come semplice e indivisibile, può esser tutto, essere per tutto, essere in tutto”.
(Giordano Bruno – De la causa principio et uno)
Per Bruno tutti gli esseri viventi sono fenomeni distinti di un’unica sostanza e forza universale, e per le medesime ragioni la natura viene concepita da lui come ‘principio unico della realtà’. Questo implica che Dio e la creazione tendono ad essere identificati o, quantomeno, assimilati come medesima oggettività. Come abbiamo già indicato, per comprendere questo speciale rapporto tra Dio e il mondo il filosofo partenopeo sviluppò il pensiero di “causa” e “principio” secondo cui questi elementi altro non sarebbero che l’energia creatrice di Dio (il primo) e l’effetto visto come elemento o materia (il secondo). Quindi Dio, in quanto ‘causa e principio’, crea il mondo e vi rimane in questo senza lasciarlo, come il seme che si tramuta in un albero: ‘causa’ in quanto energia produttrice dell’universo e ‘principio’come elemento costitutivo delle cose. Tutta la natura è per Bruno animata dallo Spirito di Dio, l’Anima Mundi, che mai si separa da esso. Secondo la scienza odierna la forza esplosiva del Big Bang, oltre a dare origine al Tempo, ha scagliato lo Spazio verso l’esterno e da allora l’universo continua ad espandersi a velocità sempre maggiore. Questo processo divino è ciò che Bruno chiama “natura naturans”, ossia la “forma della natura”, ed è al tempo stesso “natura naturata”, ovverosia “materia”. Questi due principi, uno attivo e l’altro passivo, sono in realtà due facce della stessa medaglia o, se preferiamo, sono due aspetti (speculari) della medesima realtà. Invisibili linee, viste come forze unificatrici del Divino, come le diverse figure geometriche che si rapportano le une alle altre mediante i numeri, si risolvono per Bruno in un elemento comune: la materia. Questo elemento risulta essere conseguentemente il basamento di tutte le forme che esistono in natura; la materia è quindi sia ciò che il Divino crea sia ciò che di nuovo viene riunificato nella dimensione extra-fisica, nel mondo spirituale delle‘idee’. Attraverso questi concetti Bruno, oltre a rivoluzionare il pensiero aristotelico che vedeva ‘materia’ e ‘forma’ come due sostanze separate, distrugge ogni idea di dualismo: Creatore e creazione; spirito e materia; sole e luna; uomo e animale, etc., etc.. Non c’è quindi alcuna dicotomia o distinzione, se non solo apparente, tra ‘materia’ e ‘forma’, così come tra ‘spirito’ e ‘materia’ come invece inteso dalle dottrine dualiste presenti nelle varie correnti gnostiche. Nel Naturalismo di Bruno l’infinita potenza di Dio sta anzitutto nel fatto di poter essere qualunque cosa e perciò “atto” e “potenza”, così come la natura stessa, e di conseguenza Dio, vengono concepiti da Bruno come coincidenti: filosofia,forma e materia, “essere” ed “essenza” sono indistinguibili.
Il Dio concepito e presentato dalla Nolana filosofia non è un Dio statico, è un Dio che cresce continuamente e si sviluppa insieme alla creazione; come l’universo che espandendosi si dilata e ogni suo punto rappresenta in realtà il centro di esso. Allo stesso modo il Divino accresce la sua essenza in ogni punto della galassia. L’immagine che oggigiorno la scienza usa per spiegare il concetto di espansione dell’universo è quella di paragonarlo ad un palloncino su cui vengono disegnati dei puntini, man mano che il palloncino si gonfia i puntini si allontanano tra loro, ma occupano sempre lo stesso punto sulla sua superficie. Per la scienza, inoltre, l’universo è limitato nello spazio, anche se lo spazio attorno non ha limiti: la gravità al suo interno ha una forza tale per cui lo spazio si incurva su se stesso – lo spazio viene rappresentato con quattro dimensioni (le tre dello spazio: lunghezza, larghezza e profondità più il Tempo) che hanno un’estensione finita. Bruno ha un’idea secondo la quale lo spazio e l’universo sono in realtà un’unica cosa poiché l’universo è composto di materia ed è la materia stessa a definire lo spazio (“lo spaccio”), dunque l’universo, pur comprendendo infinite parti e altrettante dimensioni finite, che sono soggette come lui scrive ad alterazioni innumerabili, è “inmobile, inalterabile, incorrottibile”. Sembra che Bruno, attraverso la sua visione naturalistica, voglia per forza di cose trasformare e combinare la metafisica in fisica avvalendosi di quel ‘principio unificatore’ proprio dei neoplatonici; in sostanza, vedendo Dio in tutte le cose, in quanto ‘forza divina costante e unificatrice del molteplice’, Giordano Bruno rapporta il tutto all’Uno ma al tempo stesso l’Uno è nel tutto: tutto è divinizzato poiché tutto dipende esclusivamente da Dio. Il Nolano concepisce tutto ciò che esiste in natura come divino: il mondo, la luna, il fiore, l’albero, il microbo, il pesce, il ragnetto, il cane, il maiale, il cavallo, il suo simile, etc, etc. Tutti questi elementi, in quanto creature viventi, sono parte integrante di Dio, ma non stimabili nella Sua totalità bensì nella Sua essenza: Dio in tutte le cose. Oltre a quanto appena espresso, più volte Bruno nei suoi scritti sembra evocare una realtà multidimensionaledove infinite linee convergono tra loro: tutto è unito al Divino.
(Continua…)
Note:
(1) Il naturalismo è un indirizzo filosofico secondo il quale la natura è, direttamente o indirettamente, l’oggetto primario dell’indagine filosofica. Secondo il naturalismo, la realtà può essere compresa esclusivamente o primariamente attraverso le leggi naturali, senza ricorrere a principi di ordine trascendente o spirituale. Il naturalismo può essere inteso pertanto come sinonimo di materialismo, in opposizione a spiritualismo e idealismo, o anche al finalismo teleologico. Si può parlare tuttavia di naturalismo in ambito religioso per riferirsi a quelle correnti filosofiche ascrivibili a concezioni immanentistiche che identificano il divino con la Natura, spesso inteso come ‘Anima del mondo’ che si auto-genera e vive all’interno di essa: in questo caso il termine diventa sinonimo di panteismo, e può avere correlazioni con l’animismo o con quelle forme di spiritualità riconducibili entro la cornice della cosiddetta Vecchia Religione.
Michele Perrotta,
autore del testo “Giordano Bruno e la dimensione simbolica del Mondo delle idee – un percorso esoterico nel cuore della Nolana filosofia’, in cui esamina gli aspetti iniziatici dell’Occidente, più esattamente di quell’esoterismo occidentale parente stretto della filosofia greca, dell’Ermetismo e del Rinascimento italiano di cui ‘Philotheus Jordanus Brunus Nolanus’ fu uno dei massimi esponenti. Questa ricerca non è improntata nel disquisire sul tanto cavalcato aspetto storico e biografico, più o meno leggendario, che vede Giordano Bruno come il martire del libero pensiero per eccellenza, bensì vuole rendere omaggio alla sua profonda visione filosofica e al suo sublime modo di realizzare e concepire esotericamente quella realtà prevalente che è figlia di una mente superiore, collocata al di sopra di tutto (“Mens super omnia”) e, al tempo stesso, presente in tutto ciò che esiste (“Mens insita omnibus”): “Iddio tutto è in tutte le cose”. La Nolana filosofia, per quanto sia curata nei minimi dettagli sotto l’aspetto filosofico, non è una sorta di foschia romantica dedita ad abbellire chissà quale elevato pensiero sotto la chiave poetica, ma una via operativa funzionale all’accrescimento interiore. Giordano Bruno, personalità inquieta e allo stesso tempo eroica del suo tempo, fu il filosofo che più di tutti percepì Dio realizzandolo nell’“infinito”. Questo saggio cercherà di rivelare quegli aspetti nascosti o quantomeno poco conosciuti del suo arcano, elevato e “magico” pensiero. Inoltre offrirà una chiave del tutto nuova sui famigerati Sigilli bruniani, i talismani incisi nel legno dal Nolano a Praga; strumenti esoterici capaci di creare una effettiva connessione tra il “mondo reale” e il “mondo ideale” e di risvegliare la “memoria immortale”, ovverosia la memoria dell’anima.
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