18 Luglio 2024
Attualità

Mascherina e Volto dell’uomo padano: la nuova religione covidista ha trasformato (simbolicamente) gli uomini in donne musulmane – Dana Lloyd Thomas

La mascherina, paramento più evidente della nuova religione atea del covidismo, ha trasformato i maschi in donne mussulmane. Ma fino all’altro ieri, non erano in tanti a dire “No” al velo, considerato come manifestazione di un dissueto e umiliante obbligo imposto alle donne dai chierici maschi? La dittatura medicalista ormai si configura come vera e propria setta in cui il Nuovo Vangelo globalista predica la sofferenza per propiziare il dio – inafferrabile, mutevole e sempre irato – chiamato nuovo coronavirus. Sofferenza che, guarda caso, ha aumentato vertiginosamente la concentrazione di ricchezze e di potere nelle mani dei pochi.

Esattamente come le altre “misure emergenziali” nell’Italia del 2020, la mascherina imposta alla popolazione generale si è rivelata essere al 99% di natura politica e al 1% di valore sanitario.

Un palese strumento di controllo, per nascondere il linguaggio del volto, mezzo di comunicazione di pari importanza a quella verbale. Lo scopo del velo/mascherina è di infondere la paura della propria morte, cagionata da una malattia misteriosa e implacabile. E da paura nasce paura: “Su la mascherina  signora”, “Su la mascherina signore” ripetono gli sfigati “addetti” alle stazioni, sui mezzi pubblici e altrove, costretti non tanto dal timore del “contagio” ma da quello, ancora più incalzante, di perdere il posto di lavoro sottopagato. La mascherina ha trasformato i maschi in donne mussulmane, facendo intravedere solo gli occhi (nella fattispecie del “niqab”). Esiste un dibattito tra studiosi su quanto il velo alle donne con svariate fogge sia una vera e propria prescrizione “canonica” , ma ci basta sapere che, in molte società islamiche, il velo alle donne, resti certamente una consuetudine ben consolidata alla quale si attribuisce spesso una valenza religiosa o morale, un po’ come il capo coperto delle donne nel medioevo europeo.

Nell’Italia del 21° secolo, l’uomo con mascherina, cappellino e occhiali scuri è come se avesse il burqa, in barba all’art. 85 del TULPS che vieta il mascheramento sulla strada pubblica. Il paradosso è lampante in Nord Italia, luogo di immigrazione dai Paesi di religione mussulmana ed anche di notevoli campagne politiche sulla “donna col velo”. Proprio in quelle zone “nordiche” dove, alla data di oggi, persiste l’obbligo della mascherina persino all’aperto, nonostante le alte temperature.

Gli esempi anche recenti non mancano, e il lettore ne troverà quante ne vorrà: “Salvini: Silvia Romano esibita velata da governo incapace; il problema è l’Islam fanatico” (Il Messaggero, 13/05/2020); “Matteo Salvini critica l’islam che si “auto-ghettizza”: “Il burqa è una inaccettabile forma di sopraffazione sulla donna”” (Il Giornale, 10/08/2018); “Salvini e burkini: ‘velo integrale’ fuorilegge anche in Italia” (Askanews 17/08/2016).

La cosiddetta “sinistra”, per non essere di meno, è passata dall’affermare che la donna non deve accettare imposizioni maschili nei comportamenti, alla difesa del “diritto” al velo, inseguendo per reazione la cosiddetta “destra” anti-velista oggi diventata mascherinista. C’è da chiedersi se il dio irato del “virus”, avendo fatto il “miracolo” di far sparire, si dice, il suo fratellino, la “banale influenza”, ne farà un altro, portando i devoti covidisti a Seattle, la Gerusalemme vaccinorosa di Gates. Ma non sanno che tale salvezza arriverà non su questa Terra, ma solo nell’al di là, dopo la deposizione definitiva delle mascherine.

Dana Lloyd Thomas

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