«Un racconto da leggere in letizia, questo. Destinato a piccoli e grandi, adolescenti e adulti e vecchi smagati. A chi, insomma, non sente il bisogno di credere: nel peccato, nella redenzione dalla schiavitù del peccato, nel pentimento del peccato, nella penitenza per il peccato… Nell’aldilà e in un dio creatore onnipotente – sopra tutto, “infinitamente buono”...».
Così, la quarta di copertina di questo prezioso volumetto illustrato, diretto ed estremamente efficace nel suo scopo: parlare del monoteismo (anche) ai più piccini.
L’autore, Michael Schmidt-Salomon, è un progressista-razionalista-scientista. Ha ripugnanza per tutto ciò che proviene dalla “destra”, o piuttosto dal suo stereotipo più diffuso. Il libro è un manifesto dell’ateismo e ha destato scompiglio in Germania sin dalla sua pubblicazione, nel 2007: tacciato immediatamente di antisemitismo (tanto per cambiare), subito dopo si accodano i vertici degli altri due culti, e si mobilita addirittura il Ministero della Famiglia, presieduto allora dalla signora Ursula von der Leyen – sì, proprio lei. Per le Edizioni di Ar va bene così: il testo è valido, “in ordine”. Ed eccone, quindi, la prima traduzione italiana, nel 2008.
Porcellino e Piccolo Riccio, ignari di qualunque nozione spirituale se non quella, innata, di un’esistenza “normale” e secondo natura – e tanto basta loro per sentirsi felici ed appagati – un giorno vengono spinti alla cerca di Dio da un misterioso manifesto affisso sulla loro casa.
Durante il loro viaggio si troveranno di fronte le tre religioni monoteiste, e di ognuna faranno un’esperienza traumatica: il dio ebraico è violento e vendicativo; la tradizione cristiana si fonda sulla ripetizione ad libitum di un rito sanguinoso e cannibale, e su un terribile senso di (presunta) colpa; la pratica dell’Islam impone prescrizioni assurde e pedanti…
Come se non bastasse, i ministri dei tre culti litigano furiosamente tra loro con i pretesti più banali e fanno a gara a quale credo contempli, nell’aldilà, la punizione peggiore per i “peccati” della vita terrena. Ai due protagonisti non resta dunque che darsela a gambe, tornare alla loro vita originaria, stracciare il cartellone e dimenticare per sempre quelle parole – “Chi non conosce Dio manca di qualcosa” – che avevano portato solo sgomento e terrore.
Testo breve, semplicissimo, ma denso di significato. Ognuno ne tragga le proprie conclusioni: personali, spirituali, politiche…
«Penso che il signor dio […] se esiste davvero, allora non abita certo in quelle gabbie di matti!»
Alessandra Iacono
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