di Pietro Cappellari
Il Biennio Rosso 1919-1920 fu caratterizzato da un’esplosione di violenza antireligiosa senza precedenti nella storia d’Italia, sulla quale ci siamo già soffermati nel nostro studio sugli Stupri di Ottobiano (Pavia) del 13 Maggio 1920, ai quali rimandiamo per un inquadramento generale.
Ovviamente, i fatti registratisi ad Ottobiano non furono l’apice di una violenza divenuta endemica, ma la progressione di questa violenza verso forme più abiette e “totalitarie”, in attesa del prossimo scatenamento della rivoluzione bolscevica e della proclamazione della dittatura del proletariato che avrebbe cancellato per sempre le “superstizioni” religiose, insieme al “potere dei Preti”.
Anche partecipare alle funzioni era diventato pericoloso e le stesse processioni, che da secoli caratterizzavano la vita di tuti i paesi d’Italia coinvolgendo l’anima del popolo, divennero pretesto per offese gratuite e blasfeme da parte dei sovversivi, se non per veri e propri assalti.
Il 13 Giugno 1920, a Rho (Milano), i massimalisti avevano assaltato una chiesa, uccidendo un cattolico e ferendo gravemente due Preti:
Era il 13 Giugno del 1920 e, come ogni anno, la Domenica dopo l’ottava del Corpus Domini, si festeggiava la Festa del Sacro Cuore; alle due del pomeriggio, al suono delle campane, i rhodensi cominciarono ad affluire sul piazzale del santuario della Beata Vergine Addolorata. In quel momento giunse sul piazzale anche un gruppo di socialisti, arrivati a Rho con il tram da Milano per l’inaugurazione di alcune bandiere; dopo aver insultato i presenti sul piazzale, e averli offesi gridando bestemmie, spezzarono l’asta di un’orifiamma con il simbolo del Comune di Rho, e bruciarono lo stendardo. I presenti tentarono di reagire, ma furono presi a bastonate; intervenne anche un Oblato, Padre Rebuzzini, ma venne ferito gravemente con un colpo di bastone spezzato sul suo capo. Ad un certo punto sul piazzale echeggiarono alcuni colpi di rivoltella: uno colpì Natale Schieppati, ma l’orologio da tasca deviò il colpo e gli salvò la vita; un altro ferì mortalmente Angelo Minotti, che spirò dopo mezz’ora di agonia.
Inaugurate le bandiere, i socialisti risalirono sul tram, non prima, però, di aver sparato altri colpi di rivoltella in aria.
Il fatto destò un’impressione enorme in città. Il giorno seguente fu sospeso il mercato e furono proclamati il lutto cittadino e l’astensione totale dal lavoro; alle diciotto dello stesso giorno fu celebrato il funerale, con una enorme partecipazione di popolo, la presenza di gran parte delle associazioni cittadine e dell’onorevole Cavazzoni, deputato del Partito Popolare.
“Angelo Minotti fu sepolto in terra comune. Era povero”.
Incredibilmente, il giornale socialista l’“Avanti!” accusò i cattolici di aver aggredito con le armi la manifestazione socialista: “Ieri, a Rho, contro un corteo socialista si sono preparati i bastoni ed i sacchetti di sabbia per colpire, si sono innalzate delle bandiere politiche in chiesa, si è suonato a stormo le campane, si è sparato. E perché nella mischia uno dei loro è caduto, si proclama oggi lo sciopero di protesta, gridando assassini agli avversari”.
La stessa accusa fu lanciata, in modo ancor più grottesco, dal giornale anarchico “L’Umanità Nuova”: “Certo è che a un certo punto dalla chiesa incominciarono a sparare sulla folla la quale reagì assaltando la chiesa ed i suoi difensori. Vi fu uno scambio nutrito di bastonate ed anche qualche colpo di rivoltella. Rimase ucciso un ‘bianco’ ed altri cinque sono feriti, di cui uno dicesi gravemente”.
Non ci fu alcuna inchiesta sull’omicidio[1].
Sempre quel 13 Giugno, analoghi incidenti si verificarono a Lucca, contro le processioni organizzate per la Festa di S. Antonio: “Come già avevano fatto per quella del Corpus Domini, provocando con grida sediziose un conflitto con un ferito; una bandiera bianca è lacerata ed è calpestata la Croce”[2].
Il 27 Giugno, a Sarezzo (Brescia), alcuni anarchici spararono contro un comizio dei sindacati bianchi (Federazione delle Unioni Cattoliche del Lavoro – Sezione Tessile) uccidendo il Carabiniere Reale Paolo Renzi: nella reazione armata dei Militi che ne seguì rimarranno uccisi quattro sovversivi. Un quinto socialista morirà successivamente per le ferite riportare.
La attività dei Sacerdoti nel campo sindacale si esplicò spesso tra le difficoltà ed attacchi di ogni sorta, come nel caso clamoroso dei cosiddetti “fatti di Sarezzo” del 27 Giugno 1920. Nella cittadina della Val Trompia erano convenuti numerosi operai cattolici per la celebrazione di una festa operaia, nella quale alcuni Sacerdoti propagandisti dovevano tenere discorsi. Durante l’adunanza, un anarchico esplose dei colpi di arma da fuoco ed uccise un Carabiniere; al che i militi reagirono sparando sulla folla ed uccidendo quattro persone e ferendone una quindicina.
Il gravissimo episodio determinò una violenta campagna dei socialisti contro i Sacerdoti propagandisti delle organizzazioni operaie cattoliche, accusati di aver provocato i disordini ed in particolare le accuse calunniose riguardarono Don Gennari, Curato di Villa Cogozzo nelle vicinanze di Villa Carcina. Sul suo conto si insinuò di aver addestrato al tiro della rivoltella i giovani frequentatori del ritrovo cattolico.
L’accusa venne recisamente smentita dal “Cittadino” nel suo primo numero dopo una forzata interruzione delle pubblicazioni a causa di uno sciopero dei tipografi[3].
Quasi ogni settimana, durante il Biennio Rosso, si dovettero registrare turpi violenze in odium fidei:
[1° Luglio 1920] A Luci [Bari] è assalito e percosso il proprietario Michele Gioia e sono feriti il Sacerdote Leonardo Capurso e il possidente Pinto.
Il 9 a Castel Maggiore [Bologna] è organizzato lo sciopero generale; si effettua una vasta battuta attraverso le campagne a caccia di liberi lavoratori; una ventina di questi vengono catturati, messi in fila e, col Parroco e un Cappellano a capo fila, sono obbligati a portare la bandiera rossa.
25 Luglio – A Ospitale, nel Modenese, i socialisti assaltano una processione religiosa per strappare la bandiera tricolore; i Carabinieri intervenuti vengono aggrediti e ne sono feriti 5; essi rispondono uccidendo due dimostranti e ferendone altri.
Agosto – Nel Padovano una criminosa attività di propagandisti anarchici frutta dei torbidi. Vengono gettare bombe contro la chiesa e la canonica di S. Salvaro [di Urbana][4].
È in questo scenario che si verificò uno degli episodi simbolo di quella Estate “rossa” del 1920: l’eccidio dell’Assunta[5].
Scrisse Roberto Farinacci:
Efferata fra tutte fu la strage ad Abbadia si S. Salvatore, dove il 15 Agosto un’orda di popolo ubriacato dalle parole dell’On. Luigi Mascagni e dal vino si scagliò contro una processione di vecchi, di donne e di bambini: fu ucciso un Carabiniere, fu ucciso il Frate Angelico Galassi sulla porta della chiesa sotto gli occhi della madre, furono uccisi un impiegato e un bracciante, fu ucciso un bambino, molto i feriti.
Del resto, non solo questo esercizio di tumulti, di insurrezioni e di rivolte che suscitavano ed esaltavano le speranze nuove e più arditi propositi, non solo la impunità che la presenza di Giolitti al Governo assicurava con la massima autorevolezza, ma le grandi vittorie della Russia sulla Polonia nel Giugno e nel Luglio 1920, e l’aumento progressivo del costo della vita, esagitavano con intensità crescente tutto il mondo operaio.
[…] Sebbene l’intervento dello Stato nella vita economica e il suo non-intervento nella vita politica avessero accresciuto il male economico e il male politico fino al parossismo, si diffondeva ogni giorno di più una mentalità socialista, anzi uno stato nevrastenico di socialismo fra il mistico e l’anarcoide, quanto più aumentavano gli attriti e le difficoltà della crisi, le disarmonie fra la realtà e le speranze economiche, politiche e sociali, la sfiducia nel Governo, la fiducia nella Russia. Tutto il male si metteva nel conto del capitalismo, tutto il bene nella vittoria “immancabile” della rivoluzione bolscevica.
Così i nostri operai vivevano in uno stato di ebbrezza, di orgasmo, di febbrile aspettazione. Qualcosa doveva avvenire che era nell’aria, qualcosa di grande, che non sapevano bene quel che si fosse essi stessi e però aveva più forza di accenderli.
Tutta la loro vita era posta in questo avvenimento imminente, e tutto il resto non aveva più valore: essi odiavano e disprezzavano ogni altra cosa, anche il lavoro, che ormai pareva il segno umiliante della loro schiavitù[6].
Al termine della “insurrezione rossa” del 15 Agosto 1920, si conteranno sei morti: tre assassinati dai sovversivi, due vittime innocenti colpite negli scontri tra le opposte “fazione” e un socialista…
Come ogni anno, nel Comune di Abbadia S. Salvatore (Siena), era prevista la tradizionale processione in onore dell’Assunzione in Cielo della Vergine Maria. Tuttavia, quel 15 Agosto, anche la locale Sezione della Federazione Nazionale Proletaria fra Mutilati ed Invalidi di Guerra aveva indetto una manifestazione per l’inaugurazione della sua bandiera, alla quale partecipò – ospite d’onore – il Deputato socialista Luigi Mascagni. Alla festa aderirono le Leghe rosse del circondario e tutto il paese fu ammantato di bandiere rosse e di emblemi con la falce e martello, simboli della prossima rivoluzione “liberatrice”.
Il Sindaco Angelo Baiocchi, un liberale con un passato giovanile da repubblicano, predispose il comizio socialista per le 14:00 e posticipò la processione religiosa di mezz’ora, alle 17:30, certo che le due “fazioni” non si sarebbero incrociate. Tuttavia, gli oratori iniziarono a parlare con un’ora di ritardo, pregiudicando non poco il “piano” di Baiocchi.
Al comizio di Piazza XX Settembre avevano assistito più di 3.000 persone, tutte inebriate dopo le parole infuocate dell’Onorevole massimalista che, con la retorica che gli era propria, aveva trascinato e mandato in visibilio la folla accorsa.
Gli animi dei sovversivi erano piuttosto esaltati, quando, improvvisamente, al grido di «Morte alla sbirraglia! Abbasso il Governo! Viva la rivoluzione!», si formò un minaccioso corteo che, con tanto di banda in testa, marciò contro la locale caserma dei Carabinieri Reali. Ci fu un attimo di tensione quando un manifestante cercò di togliere lo stemma dell’Arma dal caseggiato, tentativo che fu respinto dal pronto e risoluto intervento del Mar. Armando Pegli Pagliaroni. Vista la mala parata, i sovversivi si recarono in massa in località Pian della Madonna, per consumare la prevista merenda comune.
Intanto, alle 17:30 – posticipata per ordine pubblico di mezz’ora – per le vie della città si snodava la processione dell’Assunta, composta in gran parte da donne, vecchi e bambini.
Un primo incidente si ebbe quando il corteo cattolico, in Via XX Settembre, appena uscito dall’Abbazia di S. Salvatore, incrociò due autocarri carichi di socialisti che si esibirono nei soliti insulti blasfemi per una banale discussione nata sul “diritto di precedenza”, cui risposero per le rime alcuni cattolici.
La situazione degenerò del tutto quando le masse sovversive da Pian della Madonna entrarono in paese. Molti, presi dai fumi dell’alcol, iniziarono la caccia ai cattolici.
Cominciarono a girare tra i paesani, incontrollate, le solite voci di “provocazioni”, chi addebitandole ad elementi del Partito Popolare, chi a quelli del Partito Socialista, fino ad arrivare addirittura alla notizia – dimostratasi poi infondata – di un assalto bolscevico all’Abbazia S. Salvatore con tanto di incendio “purificatore”.
In questo clima di tensione generalizzata, scoppiò il caos.
Per fermare le violenze in atto, il Mar. Pagliaroni mobilitò l’Appuntato Nazzareno Ciarrocchi con i Carabinieri Sebastiano Vanzan, Ottavio Bernabini, Benedetto Portolani, Giuseppe Sbardella, Giulio Ceni, Sante Buricchi, Amedeo Lucarelli, Ottavio Capacci, cercando di frapporsi tra i cattolici e i socialisti. Non ci fu nulla da fare, la massa sovversiva sommerse i Militi in Via XX Settembre, nei pressi del lavatoio pubblico: l’Appuntato Ciarrocchi venne ferito da due colpi di pistola. Il Milite venne subito soccorso dal Carabiniere Buricchi che, per tutta risposta, fu accoltellato da un sovversivo. Buricchi, vistosi spacciato, estratta la pistola, al terzo tentativo colpì l’aggressore, tale Ovidio Sabatini, portabandiera socialista, che cadeva ferito mortalmente a terra in un lago di sangue.
Ma ciò non fermò la folla che, aizzata dagli spari, si avventò contro i tutori dell’ordine in evidente difficoltà. I Carabinieri fuggirono e si trincerarono nella caserma, contro la quale iniziò l’assedio sovversivo. Almeno trenta colpi d’arma da fuoco vennero esplosi contro l’edificio.
Il Mar. Pagliaroni, constatato il taglio delle linee telefoniche e vistosi spacciato, ordinò ai suoi uomini di sparare. Iniziò un violento conflitto a fuoco al termine del quale rimarranno uccisi due innocenti: il contadino Giovanni Vagini (in Via Vittorio Emanuele) e un bambino di tre anni, Libero Pinzi (in Via S. Angelo), estranei ai fatti.
Liberata dall’assedio la caserma, il Maresciallo ordinò di potare subito all’ospedale l’Appuntato ferito, le cui condizioni sembravano gravi. Nonostante la corsa verso la salvezza, Ciarrocchi morirà il giorno successivo presso l’ospedale di Montepulciano. Il suo assassino non sarà mai identificato.
L’intera città era ormai in mano ai massimalisti insorti. Scomparsi, però, sia il Deputato Mascagni che il capo locale Angelo Tondi, entrambi dileguatisi dopo i primi spari.
Molti sovversivi, armati di roncole, falci, zappe, pugnali, rivoltelle, si recarono così verso la Chiesa di Santa Croce, dove sostava la processione e la gente presa dal panico per i disordini che si erano registrati.
Davanti alla chiesa, in Piazza Giosuè Carducci, scoppiò una rissa generalizzata tra sovversivi e cattolici, senza esclusione di colpi. Il Cappellano Sante Volpini venne ridotto in fin di vita, scaraventato a terra e colpito più volte alla testa. L’Arciprete Raffaello Volpini fu ferito al gluteo da un colpo di pistola. Don Angelo Avanzati – che si era premunito -, assalito da una turba imbestialita, estrasse un pugnale ed accoltellò un aggressore.
Quando la rissa sembrò placarsi, alcuni cattolici, che si erano barricati in chiesa, cercarono scampo da un’uscita laterale, in Via Maraghini. Tra questi vi erano il Frate Angelico Galassi, la madre sessantunenne e una cugina. Il Frate francescano non fece nemmeno in tempo ad affacciarsi che un socialista, l’operaio Settimio Contorni, gli sparò in pieno volto, ammazzandolo all’istante. Non soddisfatto, l’assassino si avventò su un altro gruppo di cattolici in fuga per la via. E sparò di nuovo. A cadere mortalmente ferito questa volta fu un impiegato, tale Giuseppe Coppi, accasciatosi nella piazzetta dietro la chiesa, in Via Garibaldi.
Sul corpo di Frate Galassi, come consueto, si sfogò la turpe violenza di una folla imbestialita: la massaia Annita Fatteschi sarà successivamente arrestata e condannata a dieci mesi di carcere per vilipendio di cadavere.
L’assassino Settimio Contorni, facendo affidamento su una rete di solidarietà tra i sovversivi, si renderà latitante e verrà arrestato l’anno successivo, il 10 Luglio 1921, a Vivo d’Orcia (Siena), dopo essere stato ferito da un Carabiniere che aveva aggredito durante un controllo. Sarà condannato per omicidio a 27 anni e un mese di carcere. Uscirà dal penitenziario di Procida nella Primavera del 1937, dopo 16 anni di prigione, per un’amnistia governativa emanata a seguito della nascita del primogenito del Principe Umberto. Morirà pochi mesi dopo il ritorno ad Abbadia S. Salvatore, il 13 Agosto, due giorni prima del diciassettesimo anniversario dell’eccidio dell’Assunta di cui fu l’unico protagonista a pagare.
L’eco dei fatti sanguinosi rimarrà a lungo come uno spettro sul paese, paralizzando la borghesia e tutte le famiglie di sentimenti nazionali, fino a quando, nel Dicembre 1920, nacque il primo Fascio, ad opera di Adolfo Baiocchi, il figlio del Sindaco.
Adolfo Baiocchi – che era stato Volontario di Guerra, ferito, decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare, promosso Sottotenente e prigioniero nel campo di concentramento di Terezin, in Bosnia – era rimasto sconvolto dagli incidenti che avevano stuprato Abbadia S. Salvatore quel 15 Agosto 1920. Per lunghi mesi era rimasto come atterrito, impossibilitato a trovare una soluzione. Quando nell’Autunno del 1920 si cominciò a parlare dei Fasci, prestò attenzione a questo nuovo movimento che si poneva sulla scena politica come contraltare della violenza sovversiva. Fu così che decise di fondare un Fascio in paese. Nelle settimane seguenti sarà uno degli animatori dello squadrismo senese.
Ovviamente, un fatto di tale gravità ebbe ampia eco nella Camera dei Deputati, dove il Sottosegretario agli Interni Corradini così ricostruì gli eventi nella seduta del 12 Novembre 1920:
Ad Abbadia San Salvatore il 15 Agosto ebbero luogo due manifestazioni: un comizio socialista e una processione religiosa per la Festa dell’Assunta. Queste manifestazioni si prevedeva che dovessero dar luogo a incidenti per la viva tensione che esisteva tra le due parti, la socialista e la popolare, L’Autorità di Polizia locale della Sottoprefettura competente aveva fatto reiterate indagini per vedere di ovviare a qualche urto tra queste parti, così vivamente contendenti. Il Sindaco del Comune [Angelo Baiocchi] aveva fatto trattative con i capi di parte socialista, per evitare che le due manifestazioni avvenissero nella stessa ora, e ci fosse così un contatto e un eventuale conflitto tra le parti. Si era rimasti d’accordo che il comizio socialista e il relativo corteo sarebbero avvenuti nella mattinata. Nelle ore pomeridiane avrebbe avuto invece luogo la funzione religiosa. L’accordo pareva che avesse eliminato ogni e qualsiasi possibilità di conflitto, tanto che il Prefetto della Provincia era assicurato dal Sottoprefetto locale che, date le precauzioni prese e gli accordi intervenuti, nessun urto si sarebbe verificato.
Il comizio si svolse nella mattinata con discorsi vivaci e discussioni aspre. Nel pomeriggio la processione cominciò tranquillamente; senonché una parte dei dimostranti socialisti, i quali in due camions ripartivano per i luoghi di provenienza, essendo venuti da Pienza e da San Quirico d’Orcia, ad un certo punto s’incontrarono con la processione che attraversava Via Cavour. Di qui uno scambio di parole poco cortesi, per la pretesa del conducente di uno dei camions di attraversare la processione. In un altro punto del corteo nacque un altro conflitto, e questo più grave, essendosi sparsa ad un certo momento la voce che un altro gruppo dei dimostranti avesse invaso il convento delle monache. La lotta divenne acutissima. Accorsero nuove forze di polizia. E il conflitto, prima trasmodato in una sassaiola, finì ad un certo momento col ferimento del Carabiniere Ciarrotti [sic; leggasi “Nazzareno Ciarrocchi”]; un altro Carabiniere tal Buricchi, fu per essere pugnalato. Si impegnò un combattimento a base di colpi di arma da fuoco tra i dimostranti e la forza. Intanto alla cattedrale i socialisti, rimasti padroni del campo, compivano altre violenze e reati. Nei pressi della cattedrale caddero uccisi il Frate Galassi, un tale Coppi, e furono feriti l’Arciprete Don Volpini, il fratello Don Santi, il Prete Avanzati ed altri. Questo dolorosissimo episodio fu immediatamente oggetto da parte del Ministero di una indagine per vedere se responsabilità vi potesse essere o imprevidenza da parte dell’Autorità della Polizia.
Dall’inchiesta compiuta da un Ispettore generale del Ministero appositamente inviato sul luogo, è risultato che le Autorità locali e particolarmente il Sottoprefetto e il Sindaco, pur ammettendo una tensione di animi aspra, erano convinti che, dati gli accordi intervenuti, e le precauzioni abbastanza larghe adottate (per quanto non si fosse potuto inviare un Commissario sul luogo verificandosi in quello stesso giorno situazioni eccezionali ed importanti in altri luoghi della provincia [cfr. Palio di Siena]) non si sarebbe giunti a fatti di estrema gravità.
L’apprezzamento del fatto lo farà la Camera; certo si tratta di uno degli episodi più deplorevoli e più incivili che si siano verificati in questi ultimi tempi. L’Autorità di pubblica sicurezza è stata vivamente richiamata per questa sua, fino ad un certo punto, colpevole negligenza.
L’Autorità giudiziaria, che immediatamente aprì un’istruttoria sui gravi fatti, l’ha completata e la versione dei fatti data dall’Autorità amministrativa coincide quasi perfettamente con quella dell’Autorità giudiziaria. Io non credo che si possano elevare speciali rilievi né all’Autorità amministrativa, né a quella di pubblica sicurezza. Ad ogni modo per quello che a noi è sembrata in certo modo qualche negligenza, si sono già presi tutti i provvedimenti necessari. (Approvazioni).
Rispose al Sottosegretario agli Interni Corradini il Deputato Avv. Adolfo Negretti del PPI, conosciuto anche per un imbarazzante situazione in cui era finito nel 1918, quando gli era stata annullata la seconda Laurea in Lettere e Filosofia per aver plagiato uno scritto di Pietro Georsa. Il Deputato popolare si era recato ad Abbadia San Salvatore nei giorni immediatamente successivi all’eccidio ed aveva stilato un dettagliato resoconto:
Devo subito prendere atto della dichiarazione del Sottosegretario di Stato per gli interni che l’episodio di Abbadia San Salvatore è. uno dei più deplorevoli e incivili che sieno avvenuti dopo l’armistizio. Questo però non basta perché io mi possa dichiarare sodisfatto. E vorrei, per quanto riguarda tale episodio, non appartenere al Partito Popolare, perché la mia parola potesse sembrare anche più serena.
Ad Abbadia San Salvatore il 15 Agosto non avvennero due manifestazioni di parte, ma una sola, perché la processione credo e io penso non si possa né si debba mai considerare una manifestazione di parte, potendo ad essa aderire tutti coloro che credono in Dio, al di sopra delle competizioni dei vari partiti. (Commenti).
Debbo poi rettificare alcuni dati di fatto accennati dal Sottosegretario di Stato, per cui cade il presupposto che non dovessero avvenire conflitti. Gli animi erano tanto eccitati che “si contenne che il comizio si tenesse al mattino e la processione al pomeriggio”, così ha detto l’Onorevole Sottosegretario di Stato. Invece dal rapporto della pubblica sicurezza e dallo svolgimento dei fatti risulta che il comizio fu tenuto tra le 14 e le 16, non solo, ma si protrasse anche oltre quell’ora, di guisa che l’Autorità ecclesiastica credette opportuno, invece di fare uscire la processione alle ore 17, come era stato convenuto, di farla uscire alle 18.
L’Onorevole Sottosegretario di Stato ha detto che, per quanto gli animi fossero eccitati, si avevano però tutte le ragioni per credere che non sarebbero avvenuti fatti dolorosi. Orbene, io domando all’Onorevole Corradini se per avventura non sia giunta a sua conoscenza la notizia che da parecchio tempo si fabbricavano ad Abbadia San Salvatore degli stiletti speciali… (Interruzioni all’estrema sinistra).
Non so se sia vero o no; comunque gli stiletti furono adoperati. E domanderei anche all’Onorevole Corradini se per caso non sia a sua conoscenza di certe casse di rivoltelle che pare siano state spedite da Brescia ad Abbadia San Salvatore. Lo domando, perché se la risposta fosse affermativa… (Segni di diniego dell’Onorevole Sottosegretario di Stato per l’Interno) Mi aspettavo da parte del Governo una risposta negativa, ma allora vorrei domandare come mai gli arrestati in quella tragica sera si trovarono in possesso di rivoltelle tutte della stessa fabbrica e di stiletti tutti uguali, anche questi usciti dalla stessa fabbrica.
Un ultimo rilievo. Il giorno precedente alla manifestazione si diceva per il paese che al domani sarebbero stati adoperati gli stiletti. E questo risulta da un’inchiesta fatta dal Partito Popolare sopra conforme deposizione di testi… (Interruzioni all’estrema sinistra).
Sì, ci sono dei testimoni che hanno deposto così, e possono deporre la verità tanto i nostri testimoni quanto i vostri, quando voi fate le vostre inchieste. Domando ancora se si poteva presupporre che non avvenissero incidenti, quando si era ripetutamente gridato per il paese che in quel giorno sarebbero state distrutte la caserma dei Carabinieri e la canonica del Parroco. (Commenti).
Questi sono fatti, i quali attestano una vera e propria premeditazione. Comunque, non voglio scendere qui a particolari… perché è doloroso scendere a particolari di questo genere; e, d’altra parte, la mia interrogazione non tendeva tanto a riaprire una triste pagina della nostra storia civile, quanto ad ottenere garanzie dal Governo che fatti simili non si verificheranno più e che non saranno più trattate alla stessa stregua le manifestazioni di parte e le manifestazioni di carattere puramente religioso. (Commenti).
La chiesa è un asilo santo che invita e raccoglie quanti cercano appoggio e conforto in un sentimento superiore ai dissensi umani, coloro che cercano al difuori delle cose terrene l’oblio dei loro dolori. Questa verità non dobbiamo, o signori, dimenticarla; e il Governo deve garantire quella libertà religiosa, che è stata il vanto di tutte le Nazioni civili (Rumori all’estrema sinistra) di tutti i Governi che hanno inteso e voluto chiamarsi veramente liberi. (Applausi al centro — Commenti).
Sulla questione intervenne prontamente anche l’Onorevole socialista Sesto Bisogni. Costui, sorvolando sulle responsabilità dei sovversivi, sui crimini commessi dai “rossi”, sulle vittime di quella follia, ebbe la sfrontataggine di accusare di falso il Deputato Negretti, creando così una “cortina fumogena” sul vero problema – cioè l’eccidio commesso dai socialisti -, spostando l’attenzione su fatti secondari. Una strategia sempre usata a sinistra per coprire i crimini commessi dai suoi.
Bisogni accusò i cattolici – tutti dipinti come “popolari” – di aver scatenato i disordini, senza – ancora una volta – entrare nel merito che a cadere assassinati sotto i colpi dei sovversivi alla fine erano stati proprio i cattolici stessi.
Il fatto che le elezioni comunali avessero premiato il PSI, secondo il Deputato socialista era la chiara evidenza di dove era la “verità”, spingendosi – senza vergogna – ad arrivare a chiedere al Governo di vietare le processioni religiose ove vi fossero nella zona elementi turbolenti, ovviamente di marca popolare!
Nessuna parola per gli assassinati dai sovversivi. La storia, come al solito, era stata rovesciata. A favore del socialismo, ovviamente.
[…] Allora chiedo di parlare per fatto personale. […] Ho fatto un’inchiesta sui gravi fatti di Abbadia San Salvatore, e credo di poter affermare che l’Onorevole Negretti non ha detto il vero (Rumori – interruzione del Deputato Negretti).
L’Onorevole Negretti è giunto ad Abbadia San Salvatore la stessa mattina in cui vi sono arrivato io. Dall’esame dei fatti emerge chiaramente che in quanto ha detto l’Onorevole Negretti, di preparazioni e di disposizioni all’eccidio, nulla vi è di vero; e noi possiamo invece affermare che da una settimana, anzi da un mese, dal pergamo si predicava l’odio e la violenza contro i socialisti. Tanto è ciò vero che la processione ebbe luogo e il comizio anche, e non successe nulla.
Al passaggio dei due camions furono gli operai che seguivano la processione ad inveire contro i socialisti prendendoli a sassate. Chi furono dunque i provocatori di questi disordini, malgrado il servilismo della stampa? Foste voi, signori popolari. (Vivi rumori al centro)
Le elezioni comunali hanno dato la manifestazione della verità, e la colpa è proprio dei popolari. Non ho da aggiungere altro. Dico soltanto che il Governo sapendo che in paese ci sono dei turbolenti non dovrebbe permettere le processioni religiose. Viceversa i popolari fanno le processioni quando loro pare e piace. (Interruzioni — Commenti)
L’eccidio dell’Assunta fu richiamato anche nel primo discorso di Benito Mussolini alla Camera dei Deputati del 21 Giugno 1921:
«Ricordo ai popolari che nella storia del fascismo non vi sono invasioni di chiese e non c’è nemmeno l’assassinio di quel Frate Angelico Galassi finito a revolverate ai piedi di un altare. Vi confesso che c’è qualche legnata e che c’è un incendio sacrosanto di un giornale che aveva definito il fascismo una associazione a delinquere».
Il 15 Agosto 1921, nel primo anniversario dei fatti di Abbadia S. Salvatore, i cattolici erigeranno all’interno della Chiesa di S. Croce un monumento al Frate assassinato, mentre la Federazione di Siena del PNF, nel 1929, fece affiggere una lapide ricordo agli assassinati. Se il monumento, ancor esiste e resiste, monito perpetuo alla barbarie rossa, della lapide non abbiamo trovato traccia, epurata nel dopoguerra dalle Amministrazioni comuniste.
Il 27 Novembre del 1938-XVI, Fra Angelico Galassi e il Carabiniere Reale Nazzareno Ciarrocchi – insieme ad altri otto caduti/vittime antemarcia – vennero traslati nel Sacrario dei Martiri fascisti allestito nella Cripta di S. Domenico a Siena.
Durante il Ventennio, tutte le cinque vittime dell’eccidio dell’Assunta – Ciarrocchi, Galasssi e Coppi, cui vennero aggiunti Vagini e Pinzi; ovviamente il sovversivo caduto non avrà questo riguardo – saranno ricordate ed elevate a monito contro la violenza sovversiva del Biennio Rosso, facendo a volte confusione sulla terminologia “fascista” con cui si era soliti grossolanamente indicare tutte le vittime della barbarie sovversiva antemarcia. È ovvio che nessuno degli assassinati dai “rossi” quel giorno fosse fascista, in quanto il movimento di Mussolini fece i suoi primi passi in paese quattro mesi dopo.
Tra i tre assassinati dai massimalisti, solo Giuseppe Coppi, non sappiamo su quali basi, venne ufficialmente riconosciuto come Caduto per la Causa nazionale, mentre Ciarrocchi sarà elencato nell’apposito Albo d’Oro dei Caduti dell’Arma per la Causa della Rivoluzione, dove erano inseriti tutti i Militi caduti nella lotta contro il sovversivismo in generale tra il 1919 e il 1922.
Coppi, però, non entrerà nel Sacrario dei Martiri Fascisti di Siena, mentre – come abbiamo visto – vi andrà Galassi, che pure non venne riconosciuto come Caduto…
Nel dopoguerra nessuno più sentì parlare dell’eccidio dell’Assunta, rimosso prontamente dalla memoria collettiva di una zona che, nel Luglio 1948, aveva visto addirittura replicare una “seconda Resistenza”, con la scusa che la prima era stata “tradita”, il Fronte Popolare aveva perso le elezioni e che, con l’attentato a Togliatti, la “reazione” stava rialzando la testa…
Lo stesso Sacrario dei Martiri Fascisti di Siena venne smantellato: i corpi traslati in cimiteri periferici e la grande statua del Cristo risorto, che contraddistingueva il luogo, trasferita all’ingresso del Cimitero della Misericordia. Le lapidi con i nomi dei caduti vennero rovesciate e poste ai lati per essere riutilizzate come basi per altari.
Così anche tutti i protagonisti di quegli eventi vennero inghiottiti nella grande “fossa comune” che era diventata la Storia della nostra Nazione grazie alla gigantesca opera di epurazione e manipolazione dei fatti intrapresa allora dal Partito Comunista.
Il Cappellano Sante Volpini, uno dei più gravi feriti del 15 Agosto 1920, conosciuto da tutti con il nome di Don Santino, che rispecchiava il suo animo buono e generoso, nel 1931 era stato nominato Primo Rettore al Santuario della Madonna della Guardia a Tortona (Alessandria), luogo nel quale era morto prematuramente il 2 Maggio 1945, nel giorno della conclusione della Seconda Guerra Mondiale in Italia. Venne inumato nel locale cimitero.
Adolfo Baiocchi, l’animatore dello squadrismo senese, lasciò dei romanzi autobiografici: Generazioni (Alpes, Milano 1930-VIII); Uno dei tanti (Antieuropa, 1931-IX); Camions (Il Popolo d’Italia, Milano 1932-X)[7]; dai quali è possibile analizzare una memoria su quegli anni di fuoco. Nonostante la sua appartenenza all’ala farinacciana del PNF, all’interno della Federazione senese, della quale fu Federale (1923-1928), Adolfo Baiocchi incarnò l’anima moderata del Partito. Eletto Deputato nel 1924, Volontario in Africa Orientale, amico di Galeazzo Ciano, nel 1939 sarà cooptato nella Camera dei Fasci e delle Corporazioni, nonostante che suo padre Angelo, nel 1929, quando ancora ricopriva l’incarico di Sindaco di Abbadia S. Salvatore – questa volta per conto del Partito Fascista – era stato arrestato per aver capeggiato uno sciopero di minatori. Fu in posizioni defilate durante la RSI. Il figlio di Adolfo Baiocchi sposerà Adria Mussolini, nipote del Duce. Ma questa era già un’altra generazione. Una generazione che si trovò davanti ancora la sovversione e la violenza comunista. Come nel 1920.
Pietro Cappellari
Assalto processione 22.8 pag. 107
Occupazione chiesa 4.10 pag. 136
Bomba contro parroco 5.10 pag. 157
Occupazione chiesa 10.10 pag. 307
NOTE
[1] R. Marchesini, Angelo Minotti, in www.santiebeati.it
[2] G.A. Chiurco, Storia della Rivoluzione fascista 1919-1922, Vallecchi, Firenze 1929-VII, vol. II, pag. 75.
[3] A. Vezzoli, Il Partito Popolare a Brescia visto attraverso “Il Cittadino di Brescia” (1919-1926), Commentari dell’Ateneo di Brescia, Brescia 1966, pagg. 112-113.
[4] Cfr. G.A. Chiurco, Storia della Rivoluzione fascista, cit., vol. II, pagg. 87, 89, 96 e 108.
[5] Per una ricostruzione d’insieme cfr. il fondamentale G. Maccianti, Una storia violenta. Siena e la sua provincia 1919-1922, Il Leccio, Siena 2015, pagg. 64-76. Cfr. anche G.A. Chiurco, Storia della Rivoluzione fascista, cit., vol. II, pagg. 103-104.
[6] R. Farinacci, Storia della Rivoluzione fascista, Cremona Nuova, Cremona 1938-XVI, vol. II, pagg. 92-94.
[7] Cfr. A. Baiocchi, Camions, AGA, Milano 2017.
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