Roma: al suono di questa parola finiscono i sogni ed inizia la conoscenza di sé stessi e Roma, l’antica incantatrice, indica ad ogni essere umano il suo posto.
Anselm Feuerbach
In occasione del terzo centenario della nascita di Giovanni Battista Piranesi (1720-1778) Alvaro Gabriele ha deciso di dedicare un sito speciale alla figura di quest’artista: uno dei più grandi della storia d’Italia. Parlare di Piranesi significa indagare una personalità del tutto peculiare nella storia dell’arte italiana e non solo dal punto di vista artistico. Piranesi, insieme a Gianbattista Vico e Ludovico Antonio Muratori, appartiene a quel risorgimento etico e spirituale che caratterizza l’Italia del pieno Settecento; una nazione che, dopo il “lungo Rinascimento” (che va da Giotto, Dante, Petrarca – passando per Brunelleschi, Donatello, Mantegna, Alberti, Bramante, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Tiziano, Palladio, Monteverdi, Bernini, Borromini, Guarini, Bibbiena – fino a Juvarra, Metastasio e Alessandro Scarlatti) ritrova, sempre all’interno di un retaggio e di una rinnovata consapevolezza storica, il senso di una funzione e di una “missione universale”. Piranesi altresì è parte – in effetti è uno dei protagonisti – di quella “rivoluzione psicologica” (come la chiamava Briganti) a vocazione fondamentalmente romantica che accomuna l’artista di Mogliano Veneto ad altri artisti della sua epoca. Finora, a proposito di Piranesi, è stata usata la parola “artista” anche se la definizione più pertinente (è quella che lui rivendicava) è di “architetto”.
Piranesi è stato uno dei più grandi architetti della storia; eppure ha costruito poco: per essere più precisi, non gli è stato consentito di costruire quanto egli avrebbe desiderato. Pensate cosa sarebbe oggi San Giovanni in Laterano se fosse stata realizzata l’abside secondo il progetto piranesiano: sarebbe stato veramente il suggello e lo spettacolare punto di arrivo di tre secoli di architettura romana(1). Eppure, nonostante le mancate realizzazioni architettoniche, l’influenza di Piranesi sui contemporanei(2) e sugli architetti dei secoli successivi è stata enorme(3). E quello di Piranesi è stato veramente un genio architettonico: in Piranesi la capacità e abilità grafica e incisoria è indistinguibile dal talento progettuale e architettonico; per Piranesi vale lo stesso giudizio che si può dare per Juvarra (suo maestro ideale): lo Juvarra architetto è inscindibile dallo Juvarra disegnatore e scenografo. Piranesi può essere considerato, per tensione e “potenza creativa”, il “Michelangelo del Settecento”(4); non solo, ma a livello di prassi e visione progettuale, riesce a coniugare la solennità del “plasticismo monumentale” bramantesco-michelangiolesco con l’acribia e l’intellettualismo plastico-decorativo di Borromini.
Piranesi non solo è stato un grande artista ma anche una delle personalità maggiormente rappresentative del XVIII secolo: egli è il corrispettivo, nell’Italia settecentesca – a livello “storico immaginativo” – di ciò che Federico di Prussia è per la Germania e Voltaire per la Francia. Con Piranesi nasce l’idea moderna di Roma, nell’accezione quasi “mazziniana” e “protorisorgimentale” del termine(5); la sua opera si colloca in quel particolare momento storico in cui c’è il trapasso e la trasformazione definitiva di Roma da “Regina delle genti” in “Tempio dell’umanità”(6): Piranesi definiva Roma “la regina delle città”. Attraverso l’opera piranesiana le due grandi tradizioni esegetiche di Roma, quella “simbolico-tradizionale” e quella “razionale-archeologica”(E. Battisti), trovano la loro fusione e sintesi suprema(7). Con la sua monumentale e poderosa opera grafica e teorica Piranesi contribuisce in maniera decisiva a fare di Roma quel “meraviglioso santuario storico”(H. Grimm) che feconderà i pensieri e l’immaginazione di intere generazioni di artisti e intellettuali fra Sette e Ottocento.
Piranesi, in pieno Settecento, ci ha insegnato che due, due soltanto sono le parole importanti – dal punto di vista storico, spirituale, estetico e concettuale – in Europa e nel mondo: Roma e Italia(8). Egli ha operato, da protagonista, sul proscenio d’onore del “teatro dei secoli”, e con somma coscienza, unita a fierezza e orgoglio, ha potentemente contribuito ad innalzare il vessillo dorato e le signa millenarie della civiltà italiana.
Note
1) La mancata realizzazione dell’abside di San Giovanni secondo il progetto piranesiano è – insieme al mancato completamento del Castello di Rivoli secondo il progetto di Juvarra – una delle grandi lacune storiche dell’architettura italiana del Settecento. A proposito dell’opera architettonica di Piranesi: cosa si aspetta a ripristinare la facciata della chiesa di Santa Maria del Priorato ricostruendo l’attico distrutto nell’Ottocento? Senza questa integrazione la lettura dell’opera sarà sempre falsata. Sarebbe opportuno, in occasione di questo terzo centenario dalla nascita, che la Francia restituisca a Piranesi – non all’Italia: “jamais” – il candelabro marmoreo che egli stesso realizzò per la sua sepoltura nella chiesa aventiniana.
2) “Non ho mai visto fantasie tanto stupefacenti e geniali come quelle che egli (Piranesi) ha prodotto con le diverse piante di templi, terme, palazzi e altri edifici, che per qualsiasi appassionato dell’architettura costituiscono la più ricca riserva d’ispirazione e creatività che si possa immaginare”(Robert Adam).
3) È difficile immaginare, ad esempio, il palazzo di giustizia di Bruxelles di Joseph Poelaert e quello di Roma di Guglielmo Calderini senza la tracimante potenza immaginativa di Piranesi (è un caso che l’architettura dei palazzi di giustizia sia così fortemente condizionata dall’autore delle “Carceri”?); questa influenza continuerà nel XX secolo: basti pensare all’architettura di Brasini, Lutyens e Jofan.
4) Il parallelismo Michelangelo-Piranesi è più pertinente di quanto si immagini. Se Michelangelo scolpisce su marmo, Piranesi “scolpisce” e incide sulla lastra di rame; se Michelangelo ha come costante punto di riferimento il corpo umano, Piranesi agisce, anch’egli, in maniera compulsiva, sul “corpo storico dell’architettura” (Piranesi aveva già intuito che gli unici esseri viventi, le uniche entità viventi presenti a Roma, sono le architetture e i monumenti: gli uomini sono solo delle comparse e delle presenze fugaci).
5) Basti ricordare la vigorosa – e “patriottica” – presa di posizione nella difesa della tradizione etrusco-italica dell’arte e dell’architettura romana.
6) Con Piranesi cambia la “percezione storica” della città di Roma. Bisognerà aspettare due secoli per avere una rimodulazione storico-simbolica della stessa portata: si consideri quanto abbia condizionato la percezione di Roma antica, nel XX secolo, la “proiezione totalitaria”(E. Gentile) della “Roma imperiale di Benito Mussolini”(H. Bodenschatz).
7) Il culto delle vestigia antiche di Roma affonda le sue radici già in età medievale, ma è solo nel Rinascimento e nell’età barocca che, grazie a letterati, artisti e antiquari come, ad esempio, Flavio Biondo, Leon Battista Alberti, Pirro Ligorio, Antonio Lafrery, Giacomo Lauro e Pietro Santi Bartoli, troverà la sua massima, compiuta e lirica espressione.
8) Piranesi, in pieno XVIII secolo, ha ulteriormente riconfermato l’importanza e il ruolo dell’Italia come figlia e erede diretta di Roma. Altro grande merito storico di Piranesi è aver riportato e avocato all’Italia – con la sua perentoria e apodittica creatività – il primato della tradizione classica e romana, dopo il tentativo di sottrazione (solo in parte riuscito) operato dalla Francia di Luigi XIV: le benemerenze storiche di Piranesi nei confronti dell’Italia sono pari a quelle di Alfieri, Canova e Foscolo.
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Nota a margine
Non è la statua, ma la grandezza della statua, o la picciolezza del nicchio, quella che si rende incompatibile con l’Architettura: non l’ingombro delle statue, ma la loro scompostezza, e la sproporzione di esse co’ nicchj, con le basi ecc. son ciò che toglie al tempio la vera cagione di lodarlo. Ditemi, qual pesa di più di queste due ragioni? la mia o quella di codesti Signori? L’una l’altra è vera, mi risponderete, ed io ne convengo; ma vi farebbe mai verun mezzo di conciliarle? di far che gli occhj nel mirare un edifizio carico d’ornamenti, non avessero a vedersi davanti un enimma? Sono in Roma due colonne istoriate, e fatte tutt’e due a un modo, quella di Trajano, e l’altra di M. Aurelio. Se aveste veduta quella sola di M. Aurelio, non dubito, che me l’avreste additata per una prova dell’assioma di Montesquieu, per que’ bassirilievi cosÌ scabri de’ quali ella è ingombra da capo a piedi, che mi avreste detto, che quelli son lavori da guastare, non da adornarle le colonne; ma dà voi l’animo di dir cosÌ, dopo che avete osservata la colonna Trajana, piena zeppa di bassirilievi anch’essa da cima a fondo, e nel piedistallo? V’hanno eglino offesa la vista que’ lavori? Il poco risalto d’essi ha conciliato la mia con la ragion di voi altri. L’Architettura della colonna consistente nelle definizioni de’ membri, che la compongono, non riceve la menoma alterazione della sovrapposizione, e dallo scorporo degli ornamenti.
G.B. Piranesi – Parere su l’Architettura