Ancora Turchia!
Alla fine di settembre di quest’anno si scatena il rinnovato attacco annunciato tra le righe e oramai da anni: la guerra dell’Azerbaijan contro l’Armenia. La Turchia appoggia l’attacco mussulmano per la conquista del territorio armeno del Nagorno Karabakh.
Questa sera mi è arrivata l’accorata missiva di una donna armena e della quale riporto alcuni stralci:
«Carissimi, purtroppo la situazione in Artsakh (il nome armeno del Nagorno Gharabagh) è molto grave, molti ragazzi dall’Armenia sono partiti volontari, come il figlio di …».
«L’Armenia vorrebbe una soluzione diplomatica ma ha un disperato bisogno dell’appoggio di noi europei, l’Italia invece è fiera dei suoi buoni rapporti con una Turchia …».
Il genocidio degli Armeni.
Per quanto concerne l’impero Ottomano si rammenti che ai primi del Novecento si assiste alla nascita del movimento denominato «dei Giovani Turchi», di stampo massone, come di fatto era massone Mustafà Kemal, alias Atatürk. Costui capeggiò l’insurrezione turca, facendo destituire il sultano Maometto VI nel 1922 e cercando di dare al nuovo stato un’impostazione moderna, che taluni definiscono «di stampo europeo». Ma, come ben si sa, alle cose si può anche cambiare nome: quello che conta è la loro sostanza.
Detto questo, non dimentichiamo il “manifesto turco del XX secolo”: il genocidio degli Armeni. Durante la Prima Guerra Mondiale, nel maggio del 1915: «il governo di Costantinopoli decretava la deportazione dell’intera popolazione armeno-ottomana in Mesopotamia. Donne, vecchi e bambini (gli uomini validi erano già stati eliminati) venivano incolonnati ed avviati ad una drammatica “marcia della morte”, affidati alla bieca sorveglianza di sadici criminali comuni, scarcerati per l’occasione. Ma non era tutto: perché nel cammino della deportazione gli armeni erano lasciati alla mercé delle bande di predoni kurdi e circassi (loro nemici etnici), che li attaccavano – senza incontrare alcuna resistenza da parte delle scorte – uccidendo, depredando, stuprando. I sopravvissuti, infine, erano falcidiati dalla fame, dalla sete, dal caldo e dal freddo, dallo sfinimento, soprattutto durante l’attraversamento del deserto siriano. Quanti armeni morivano in questa crudelissima marcia forzata? Alcune centinaia di migliaia, secondo fonti turche; oltre un milione, secondo fonti armene. Su queste cifre si combatte ancora oggi una guerra di numeri tra gli storici; e, al di là dei numeri, tra quanti sostengono che la sanguinosa pulizia etnica del 1915-16 abbia avuto carattere di genocidio, e quanti negano tale connotazione» (Rallo M., Il movimento dei Giovani Turchi ed il suo ruolo nella partecipazione ottomana alla prima guerra mondiale, in La Grande Guerra. Storia e storie della Prima Guerra Mondiale, n. 5, Marvia Edizioni, Voghera 2011, pp. 52-53).
Così è scritto in una enciclopedia alla voce Armenia: «Durante la prima guerra mondiale i Turchi cominciarono a deportare in massa la popolazione soggetta, che sperava nell’avanzata russa (regione di Van). Circa 1.900.000 Armeni morirono durante la guerra» (Rizzoli-Larousse, Enciclopedia, Milano 2003, vol. 2, p. 226).
Le “simpatie” italiane per i Turchi.
Il perché di tali simpatie non l’ho mai compreso. Difatti sono veneto e i Veneti, soprattutto i pochi Veneziani che rimangono, sanno bene chi siano i Turchi, dal momento che li hanno combattuti, e con successo, dall’VIII al XVIII secolo.
Recentemente, però, mi è capitato tra le mani il libro di Gioele Magaldi, con la collaborazione di Laura Maragnani: Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges, Chiarelettere Editore, Milano 2016.
A proposito del “papa buono” della Chiesa Cattolica, ovvero Giovanni XXIII, si legge: «Vale la pena aprire una parentesi sul fratello Angelo Giuseppe Roncalli? Eccome. Dopo anni di chiacchiere sulla sua appartenenza al mondo dei grembiulini, ecco che Massoni ne fornisce i dettagli. Il “papa buono” ha ricevuto la sua prima iniziazione massonica a Istambul, nel 1940, presso la Ur-Lodge “Ghedullah”, allora come oggi appassionatamente impegnata nello studio della kabbalah e della tradizione dei Rosacroce. Negli archivi della “Ghedullah” – e Magaldi giura di averli compulsati –esiste ancora “ampia documentazione” della sua affiliazione come apprendista, così come dei suoi passaggi di grado a compagno d’arte e poi, nel 1943, a Maestro libero muratore. Non solo. Roncalli, arrivato a Parigi nel 1944 come nunzio apostolico, nel 1949 ha ricevuto la seconda iniziazione presso l’agguerritissima Ur-Lodge progressista “Montesquieu”, che gli ha riconosciuto un quarto grado di Maestro legislatore. Non ancora pago, grazie alla mediazione dei fratelli della “Ghedullah” che erano in contatto con la “Ioannes”, altra Ur-Lodge sovranazionale, nel 1950 si è fatto iniziare ufficialmente come fratello rosacroce» (Laura Maragnani, Il potere in grembiulino, in Gioele Magaldi – collaborazione di Laura Maragnani –, Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges, op. cit., pp. 29-30).
A cavallo tra Otto e Novecento vari alti prelati della Chiesa di Roma sono “fratelli d’Italia”, o meglio “compagni”.
Nel sopra citato libro si può leggere ancora: «L’esordio in grande stile lo possiamo registrare in Italia, il 28 ottobre 1958, con l’elezione del primo papa massone della storia: Angelo Roncalli, da Sotto il Monte, provincia di Bergamo. Il “papa buono”. Esattamente. La sua incoronazione a 261° vescovo di Roma viene esaltata come l’ennesima, folgorante operazione del back office democratico, composto per l’occasione da una serie di superlogge coalizzate e più o meno gravitanti nell’area liberal e democrat del mondo cattolico: dalla “Ecclesia” alla “Ioannes”, dalla “Thomas Paine” alla “Christopher Columbus”; e ancora tocca aggiungere la “Montesquieu” e la “Ghedullah”, la “Simon Bolivar” e la “Daath”. La proposta di quelle Ur-Lodges era folle, clamorosa, rivoluzionaria: e, dunque, assolutamente difficile, per noi, da credere: “favorire l’elezione, per la prima volta nella storia, di un papa massone e spiritualmente innovatore e, congiuntamente, del primo presidente degli Stati Uniti non massone, ma cattolico e di orientamento progressista”. Giovanni XXIII e John Fitzgerald Kennedy. Salito al soglio di Pietro il 4 novembre 1958 il primo, ed entrato il secondo alla Casa Bianca, quale presidente degli Stati Uniti d’America, il 20 gennaio 1961» (Ibidem, p. 29).
Per inciso, alla sopra citata Loggia “Thomas Paine” erano affiliati anche Mohandas Karamchand Gandhi alias “Mahatma” e Eleanor Roosevelt.
Eurabia.
Per quanto riguarda la così detta “eurabia” e i rapporti tra la Turchia e l’Europa vedere utilmente: Mario Di Giovanni, Islam e massoneria. L’alleanza contro i popoli d’Europa, Centro Studi Jeanne d’Arc, Milano s.d. Un passo per tutti: «La Turchia conta oggi più di 70 milioni di abitanti, e le proiezioni demografiche disegnano un grafico della natalità in forte ascesa. Già oggi, la Turchia porterebbe a Bruxelles il secondo gruppo parlamentare numericamente più forte, dopo la Germania Federale. L’entrata in Europa della Turchia contribuirebbe fatalmente a leggi comunitarie per contrastare l’islamofobia (termine allarmistico coniato dai progressisti per colpire tutti coloro che hanno capito ciò che sta accadendo), a un rinnovato slancio nella costruzione di moschee, all’inserimento della cultura islamica nei programmi scolastici e educativi della UE “per favorire la reciproca comprensione”, alla moltiplicazione di partiti islamici nelle nazioni europee, sincronici nell’appoggiare le iniziative politiche dei parlamentari turchi. Il politologo turco Nazni Arifi, non ha dubbi al riguardo: “Entrata la Turchia in Europa, entro un decennio l’Europa sarà islamizzata (“Avvenire”, 26 maggio 1999, p. 2. Intervista a Dragor Kalaijc). “Gli europei sono malati. Daremo loro le medicine. Tutta l’Europa diventerà islamica. Conquisteremo Roma” [in grassetto nel testo. N.d.A.]. Dichiarazione rilasciata nel 1989 dall’ex primo ministro turco Erbakan (“Lepanto”, rivista della Fondazione Lepanto, n. 178, giugno 2009, p. 4 – articolo di Mauro Faverzani –)» (Ibidem, p. 106).
Stato in punta di baionetta.
Sulla «Questione Armena» si è scritto molto e qualche decina di anni fa è uscito anche un romanzo storico dell’austriaco Franz Werfel, riedito da Corbaccio: «I quaranta giorni del Mussa Dagh». Ma il punto è altro: la storia è un romanzo di cappa e spada o pensiamo davvero che la Turchia sia retta da un governo aperto, tranquillo e pacifico, che stimola l’arte e la cultura?
Riporto quanto è scritto nella prefazione del libro di Marcello Flores, a titolo esemplificativo: «Alla fine del 2005, l’anno in cui l’Armenia ha commemorato il novantesimo anniversario della tragedia del suo popolo, in Turchia si è tenuto, dopo falliti tentativi d’impedirne lo svolgimento, un convegno organizzato da storici e studiosi turchi delle tre università di Istambul per affrontare la “questione armena” nella crisi dell’impero ottomano e nel corso della prima guerra mondiale. Le polemiche suscitate da questo incontro e le contestazioni di cui sono stati fatti oggetto diversi partecipanti alla conferenza sono avvenute nello stesso periodo in cui lo scrittore forse più noto della Turchia, Orhan Pamuk, veniva messo sotto accusa da un tribunale in base all’articolo 301 del codice penale, per “denigrazione pubblica dell’identità turca”. Pamuk aveva parlato, in un’intervista con un quotidiano svizzero, del “milione di armeni e dei trentamila curdi uccisi in questo paese” di cui ancora non si osava e non si poteva discutere nella Turchia che stava appena iniziando il cammino per entrare in Europa» (Flores M., Il genocidio degli Armeni, il Mulino, Bologna 2006, p. 7). Per quanto concerne il contenuto del libro posso solo suggerirvi di leggerlo e di rifletterci sopra.
Santa Sofia, cattedrale ufficiale dell’impero Bizantino, è tramutata in moschea e tale rimane fino al 1931 per essere “convertita” in museo nel 1935. La dea greca Artemide aveva per simbolo la “falce di luna” (o impropriamente “mezzaluna”), ed era la divinità protettrice di Bisanzio–Costantinopoli. Il suo simbolo compariva sulle monete, su numerosi edifici della capitale dell’Impero; parrebbe anche sulla cattedrale Santa Sofia, seppure quest’ultimo dettaglio sia controverso. Con la conquista il sultano e i mussulmani adottarono il simbolo a loro estraneo, ma reputato “magico” e “di buon auspicio”, ovvero la “falce di luna”. Oggi la cattedrale di Santa Sofia è stata riconvertita in moschea per il fermo intento del “presidente” della repubblica di Turchia, Recep Tayyip Erdogan, massone affiliato alla loggia Hathor Pentalpha.
In agosto la Turchia ha minacciato la Grecia. Forse che i Turchi, in una ventata di pseudonazionalismo, volevano “riparare” all’epico e clamoroso fatto d’armi delle Termopili? Difatti in questo 2020 ricorre il duemilacinquecentesimo anniversario del fatto d’armi.
Ma i Turchi non sono neanche lontanamente parenti delle genti che componevano l’esercito di Serse e sul Bacino Mediterraneo si sono affacciati, storicamente parlando, assai di recente.
Oggi, con l’attacco all’Armenia, che cosa vogliamo fare come Italiani?
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