25 Giugno 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, trentasettesima parte – Fabio Calabrese

Riprendiamo il nostro discorso sull’eredità ancestrale alla fine di agosto. Come avete potuto vedere dagli articoli precedenti, il periodo estivo è stato davvero “caldo”, ricco di eventi e scoperte, e nonostante che abbia deciso di aumentare la frequenza degli articoli di questa rubrica sulle pagine di “Ereticamente” (come avrete notato siamo passati dall’alternare un articolo di questa rubrica a uno di argomento vario a una formula due a uno), non me la sento di avanzare ipotesi sul momento in cui questo pezzo passerà il “collo di bottiglia” della pubblicazione.

La pubblicazione non, diciamo in tempo reale, ma con un lasso di tempo ragionevolmente breve fra gli eventi narrati e la pubblicazione dell’articolo, per ora si rivela un obiettivo lontano, ma è sempre meglio che non poter proseguire questa rubrica per mancanza di novità.

Aggiungo che anche questa volta sarà il caso di ripartire da qualcosa di piuttosto indietro. Qui vale la considerazione che “la rete” è un mare magnum dove è difficile riuscire a tenere d’occhio tutto, e magari di cose rilevanti che è impossibile ignorare capita di accorgersi in ritardo.

Avrete notato senz’altro che varie volte mi è capitato di citare il sito “Survive the Jive”, un sito che spesso presenta contenuti “nostri” e comunque atti a confutare le bufale democratiche, “antirazziste” e out-of-africane che oggi disgraziatamente sono diventate la “scienza” ufficiale o ciò che viene spacciato per tale nelle sedi istituzionali.

Bene, a fine maggio è comparso su YouTube un filmato di Tom Rowsell, il curatore di “Survive the Jive” che spiega cos’è il suo sito e chi è lui stesso. Apprendiamo che si tratta di un inglese, laureato in storia medioevale presso l’University College di Londra, che si è dedicato allo studio delle tradizioni anglosassoni, della storia dei popoli nordici e delle religioni native europee, quelle che oggi conosciamo come pagane, e con in più una laurea in comunicazioni presso l’università di Brighton, grazie alla quale ha imparato a lavorare con i media e un accredito come giornalista.

A parte tutto ciò, si è dedicato personalmente a ricerche di archeologia in varie parti del mondo, a ricerche antropologiche e genetiche. Insomma, una base che fa di lui e di “Survive the Jive” un prezioso punto di riferimento.

Io non ho studiato inglese a scuola, me lo sono imparato dopo, con tutti i “buchi” che ci possono essere in una formazione da autodidatta. Una ricerca sui dizionari disponibili in internet per chiarire il significato di quel “Jive” a cui dovremmo cercare di sopravvivere, ha dato dei risultati non estremamente chiari, in alcuni è tradotto come “musica jazz”, in altri come “danza”, abbastanza però da dare l’idea di un gorgo cacofonico come è in effetti la modernità. A ben guardare, non siamo poi così distanti dalle idee evoliane del “cavalcare la tigre” e degli uomini che devono saper rimanere in piedi in mezzo alle rovine.

Vi ho raccontato la volta scorsa che, a quanto mi è stato possibile constatare dalle diverse persone che mi hanno contattato tramite facebook, sembra che la pubblicazione del mio libro Alla ricerca delle origini abbia suscitato un discreto interesse e anche qualche interrogativo, in particolare, vi ho raccontato che un lettore mi ha chiesto lumi sull’identità dei costruttori di megaliti delle Isole Britanniche e delle intere coste atlantiche dell’Europa dal Portogallo alla Scandinavia.

Purtroppo, l’assenza di documenti scritti non consente di dare una risposta definitiva, ma almeno si può affermare con certezza che si trattava di bianchi caucasici, perché fino a oggi, fino ai tempi recentissimi che ci vedono invasi da un fenomeno migratorio non dissimile da quello di un’orda di cavallette, l’Europa, per quanto si possa risalire indietro nel tempo, non è mai stata abitata da nessun altro, e le ricostruzioni “africanizzate” come quella che è stata fatta dell’uomo di Cheddar, sono autentiche, democratiche, antirazziste, immigrazioniste bufale, falsificazioni smentite dalla genetica.

E’ forse opportuno rimarcare che è stata proprio “Survive the Jive” la prima a denunciare la falsificazione dell’attribuzione di un aspetto africano a quest’uomo che la genetica ha rivelato invece essere affine agli odierni Estoni.

Visto che siamo in argomento, vorrei aggiungere ancora una cosa: io penso si possa dire che il progetto di mistificare la nostra storia “africanizzandola” sia più vecchio, più ampio, più capillare di quel che potremmo supporre. Sappiamo che esso è affidato in parte a prese di posizione ufficiali, in parte alla grancassa hollywoodiana che rappresenta personaggi della storia e della letteratura europea interpretati da attori di colore, allo scopo di darci a intendere che le mostruosità multietniche che si stanno costruendo oggi siano qualcosa di “normale” e “sempre esistito”.

Questa falsificazione del nostro passato è iniziata prima di quel che potremmo pensare.

Qui a Trieste, oltre al Triskell il festival celtico, abbiamo annualmente anche SciencePlusFiction, il festival del cinema di fantascienza, dove compaiono spesso pellicole che poi non raggiungono la grossa distribuzione. Una decina di anni fa fu presentato un film (cito a memoria, e scusatemi se non sono in grado di darvi i dati in dettaglio) che presentava un’idea abbastanza originale, immaginando che dei ricercatori avessero scoperto delle particelle simili ai fotoni ma che a differenza di questi ultimi, si espandessero nello spazio in tempi lunghissimi e che perciò, una volta rilevate, permettessero di scorgere immagini del passato. Più lontano si focalizzava l’obiettivo, più indietro si risaliva nel tempo. Uno di costoro riferiva di aver “visto” la Germania preistorica e di non avervi scorto traccia dei biondi ariani, ma solo “piccoli e scuri allevatori di maiali”.

Questa è l’idea che vogliono darci dei nostri antenati, ma soffermiamoci un attimo. Perché allevare maiali e, logicamente, fare delle loro carni un uso alimentare, dovrebbe essere una cosa così spregevole? Qui riconosciamo, non la firma perché non deve essere stata lasciata intenzionalmente, ma l’impronta digitale di un gruppo etnico-religioso che pur essendo meno del due per mille dell’umanità, è all’origine del 100% delle idee della democrazia e del pensiero “moderno”, dal marxismo alla psicanalisi, alla presunzione dell’inesistenza delle razze, alla degenerazione dell’arte.

Più o meno nello stesso periodo, e anche qui mi scuso di citare a memoria, fu presentata l’ “opera prima” (non so se poi ne sono seguite altre) di un allievo di Jean-Luc Besson prodotta dallo stesso Besson, Balineue 13, che è un panegirico pro-immigrazione: la storia è di una banalità sconcertante: c’è un complotto “fascista” teso a sovvertire la democrazia (i soliti “fascisti” sempre responsabili di tutti i mali del mondo) che viene sventato grazie a un intraprendente poliziotto e agli immigrati abitanti della banlieue (queste periferie parigine dove oggi si affollano gli immigrati nell’attesa di conquistare la città vera e propria, come è già successo ad esempio a Londra, oggi probabilmente la città del Terzo Mondo più settentrionale).

Al di là del panegirico, però, questa pellicola ci confessa involontariamente la realtà delle cose, quando il poliziotto inoltratosi nella banlieue si sente dire:

“Ehi, amico, hai una faccia troppo bianca per farti vedere da queste parti”.

Abituiamoci, ce lo sentiremo dire sempre più spesso, abituiamoci a diventare estranei in casa nostra, perché la pura e semplice verità è che dove questa gente si insedia, non è più Europa.

A parte il dialogo con i lettori avviato dall’attesa pubblicazione di Alla ricerca delle origini, bisogna aggiungere che anche qui, sulle pagine di “Ereticamente”, il dialogo con voi e le vostre a volte preziose osservazioni, non si è mai interrotto.

In particolare, a margine della ventottesima parte (ora siamo alla trentasettesima, ma vale il discorso del gap temporale di cui vi ho detto), un lettore, Michele Simola (non dovrebbero esserci problemi se lo menziono con nome e cognome, dato che lui stesso si è già presentato su “Ereticamente”) mi ha segnalato il fatto che già negli anni ’60 del XX secolo Peter Kolosimo, più noto come ufologo, aveva pubblicato un libro, Terra senza tempo, in cui sosteneva per la nostra specie, Homo sapiens, un’antichità molto maggiore di quanto ammesso dalla “scienza” ufficiale, citando ritrovamenti di fossili umani situati attorno a 400-500.000 anni fa, e statuine dalle fattezze chiaramente umane risalenti a 200.000 anni fa.

La cosa non mi era per la verità del tutto ignota, anzi si può anche parlare di un altro testo di due ricercatori “fuori dagli schemi”, Louis Pauwels e Jacques Bergier, gli autori del celebre Mattino dei maghi, che hanno scritto pure un altro libro, L’uomo eterno, in cui si sostiene appunto che l’umanità avrebbe un’antichità inenarrabile, comunque molto superiore alle poche decine di migliaia di anni concessile dalla cronologia della “scienza” ufficiale.

Questo ci porta a un problema: se i fatti che la contraddicono sono noti da decenni, perché la “scienza” ufficiale si ostina ad adottare, per quanto riguarda la nostra specie, una cronologia corta?

La risposta è chiara: perché una “cronologia lunga” non sarebbe compatibile con il dogma out-of-africano, presenterebbe seri problemi di compatibilità persino con il dogma evoluzionista, e darebbe all’umanità tutto il tempo necessario per differenziarsi in razze. In democrazia, la scienza non ha lo scopo di cercare la verità, ma di confermare i dogmi evoluzionisti e antirazzisti.

“The Archaeology Magazine” del 27 agosto riferisce che le fondamenta di una casa di 5.700 anni, le sepolture dell’età del bronzo e le prove della lavorazione dei metalli sono state portate alla luce durante la costruzione di strade nel sud-ovest dell’Irlanda. Si ritiene che l’abitazione neolitica fosse parte di una piccola comunità composta da alcuni dei primi agricoltori della regione. Gli archeologi hanno anche recuperato ceramiche neolitiche, strumenti in pietra e grano in questo sito. In un altro sito neolitico scoperto durante i lavori stradali, i ricercatori hanno trovato strumenti di pietra e ceramiche che erano stati sepolti in quello che potrebbe essere stato un rituale associato a sepolture umane o l’offerta di doni agli dei.

Io torno a ripetere a questo proposito un’osservazione che ho già fatto: davvero la preistoria delle Isole Britanniche è tanto più ricca della nostra, o non è vero piuttosto che Britannici e Irlandesi hanno per il loro passato un interesse decisamente maggiore di quel che avviene da noi, in questa Italia permanentemente distratta dal campionato di calcio e dal festival di Sanremo?

Il 28 agosto “Ancient Origins” presenta un articolo firmato Riley Winters su Teodorico e soprattutto sul suo mausoleo che si trova a Ravenna, opera architettonica, tra l’altro, che segnala in maniera chiara la transizione tra l’architettura romana e quella medioevale.

La cosa più eccezionale di questo mausoleo, è la cupola, di 10, 76 metri di diametro e del peso di 230 tonnellate realizzata in pietra istriana. Si tratta di un esempio unico al mondo di cupola monolitica costituita da un unico blocco di pietra, e non sappiamo, non si riesce a capire né come sia stata realizzata né come sia stata innalzata a “fare da coperchio” al monumento.

Perché questo è importante dal nostro punto di vista? Mi è capitato di parlare di questa cupola in varie conferenze. Noi sappiamo che analoghe difficoltà si incontrano quando si tratta di spiegare la genesi di monumenti antichi come le piramidi della piana di Giza o i megaliti che costituiscono il circolo di Stonehenge, che ci appaiono al di fuori di quelle che perlopiù riteniamo essere state le possibilità tecniche degli uomini di quelle epoche.

E allora quasi immancabilmente salta fuori l’ipotesi ufologica, sarebbero stati gli UFO a costruire le piramidi di Giza e/o Stonehenge. Peggio che mai da quando un intervento extraterrestre alle origini ad esempio dell’Egitto faraonico è stato accreditato da pellicole come Stargate.

In questi casi, io faccio l’esempio del mausoleo di Teodorico e della sua cupola monolitica: non sappiamo come sia stata realizzata e collocata, ma sappiamo che UFO nell’Italia del quinto secolo dopo Cristo non ce n’erano. La stessa cosa può valere per Stonehenge e le piramidi, invece di inventare scorciatoie assurde che hanno una probabilità praticamente nulla di essere vere, come quella degli UFO, non è meglio ammettere la nostra ignoranza a tale proposito?

Qui c’è un discorso molto importante da fare, noi sappiamo che la cosiddetta “scienza” ufficiale è una scienza truccata, spesso in maniera sfacciata, per ottenere comunque certi risultati, e cancellare i fatti che li contraddicono, ad esempio, come sappiamo, in campo antropologico (per tacer del resto) l’origine africana e l’inesistenza delle razze umane, ma quando si passa a esaminare le cosiddette “scienze alternative”, ci si trova in un ginepraio dove c’è di tutto e il contrario di tutto. Occorrono buon senso e discernimento per non cadere nel discovolantismo e nel terrapiattismo.

Al riguardo occorre essere molto schietti: se si sceglie la strada della contestazione verso il sistema culturale oggi dominante, ammanigliato totalmente al potere, occorre essere consapevoli di confrontarsi con un nemico non solo enormemente potente, ma estremamente furbo. Sta a noi quanto meno dimostrare di non essere degli ingenui.

Io vorrei precisare meglio il mio pensiero su questo punto in modo da non lasciare dubbi: noi sappiamo che negli ultimi trent’anni, a partire dalla caduta dell’Unione Sovietica e dalla fine della Guerra Fredda il quadro politico mondiale è completamente mutato. Oggi assistiamo alla concentrazione in poche mani delle leve dell’intera economia planetaria, quel fenomeno che è stato chiamato globalizzazione. Ricchezza, da che mondo è mondo, significa potere, e infatti assistiamo del pari allo sviluppo di quello che è stato chiamato “Nuovo ordine mondiale” (in sigla inglese NWO) con la concentrazione di tutto il potere nelle mani dell’élite finanziaria. Come fare sì che la gente non si accorga di essere sempre più privata di potere decisionale sul proprio futuro? Sospetto che una delle tecniche usate sia proprio quella di ridicolizzare coloro che denunciano il complotto, attraverso la creazione di “complottismi” assurdi e grotteschi.

Stiamo attenti, perché ci muoviamo lungo una via disseminata di trappole.

NOTA: Nell’illustrazione, il mausoleo di Teodorico a Ravenna, affiancato da un ritratto idealizzato del sovrano ostrogoto (Tratta da “Ancient Origins”).

 

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