11 Ottobre 2024
Società

Popolazione ed esaurimento energetico – Livio Cadè

Con buona pace di chi vede nella rivelazione biblica un insieme di verità eterne, è secondo me più probabile che le formulazioni in essa contenute vadano adattate a un preciso periodo storico. Per esempio, in alcune pagine della Sacra Scrittura vediamo Dio raccomandare al Suo popolo la pratica dei sacrifici di animali. Leggiamo infatti nel Levitico:

Il Signore disse ancora a Mosè: «Quando sarà nato un vitello o un agnello o un capretto, starà sette giorni sotto la madre; dall’ottavo giorno in poi, sarà gradito come sacrificio consumato dal fuoco per il Signore»”.

Ma più tardi, in Isaia, il Signore sembra aver cambiato idea:

Dice il Signore: «Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco»”.

Nel Levitico sta pure scritto:

Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all’altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatto all’altro.

Nel Vangelo quella precedente disposizione viene invece contraddetta:

«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra» ecc..

Potremmo pensare che il Signore sia volubile o che anch’Egli si conformi a mutate condizioni ambientali. Dunque, nulla ci vieta di pensare che revocherebbe oggi il suo antico comando: “crescete e moltiplicatevi”. Preso atto della spaventosa sovrappopolazione del pianeta, probabilmente ci direbbe di decrescere. Di fatto, l’uomo ha applicato con eccessivo zelo il comando di figliare, e questa abitudine a moltiplicarsi sta portando l’umanità alla catastrofe.

Non voglio semplicemente alludere alla paventata scarsità di risorse energetiche come cibo, acqua, petrolio ecc.. o alle devastazioni ambientali che una popolazione eccessiva può provocare. Su questi problemi sono già state espresse molte autorevoli opinioni e preoccupazioni. V’è però un problema assai più grave e al quale nessuno sembra rivolgere la dovuta attenzione.

Pochi sanno infatti che l’uomo attinge dalla Terra non solo ricchezze materiali ma anche le sue facoltà mentali. Non potrebbe disporre della Ragione se questa non fosse già presente nel pianeta che gli è, in un certo senso, Madre. Come ogni essere eredita i suoi caratteri dai genitori, così l’uomo non potrebbe sviluppare caratteri intellettuali se la Natura fosse priva di intelletto.

Purtroppo, diversamente dall’energia solare, che non diminuisce in rapporto al numero di esseri che se ne servono, o dalla nostra atmosfera, che è in grado di fornire ossigeno a tutti, la riserva di intelligenza – energia noetica –  da cui traiamo la nostra intelligenza è limitata. Immaginate una madre che debba allattare troppi figli. Così, la Terra è un’oasi di gorgogliante intelligenza nel vasto deserto del sistema solare, ma questo pozzo di senno, per quanto profondo, non può dissetare tutti e rischia di inaridirsi.

Per altro, il campo noetico che avvolge la Terra sembra conoscere flussi e riflussi, periodiche variazioni di intensità. Per esempio, nel quinto e sesto secolo avanti Cristo, o nel periodo compreso tra Medioevo e Rinascimento, si sono registrati dei picchi di attività noetica. Non conosciamo la causa di queste oscillazioni, ma sembra innegabile che il numero di persone con livelli eccezionalmente elevati di noesi sia inversamente proporzionale al numero di esseri umani sul pianeta. Se con una popolazione di cento milioni possiamo avere cento individui geniali – filosofi, musicisti, scienziati ecc. – con una popolazione doppia ne avremo solo cinquanta e così via.

Più la popolazione aumenta più il livello noetico medio decresce. Tuttavia, per ragioni ancora inesplicate, l’intelligenza complessiva del pianeta appare distribuita in modo altamente disomogeneo, così che tra l’intelligenza di un uomo e quella di un altro vi può essere una sconcertante disuguaglianza. È quindi inevitabile che in un pianeta sempre più popoloso le disparità mentali si allarghino.

Finché la popolazione mondiale era composta da un numero ristretto di uomini e donne, tutti avevano a disposizione una ricca riserva di energie intellettuali. Lo vediamo dall’eccezionale qualità delle opere letterarie, filosofiche o artistiche del passato. Se immaginiamo un’epoca primitiva, durante la quale la presenza umana si esauriva in piccoli, isolati villaggi, possiamo ben credere che quegli uomini avessero un’intelligenza di gran lunga superiore alla nostra. La grande e sovraffollata metropoli è infatti un fattore determinante nell’abbassare la media intellettiva.

Secondo alcuni, una miracolosa spinta evolutiva ha condotto la materia inorganica alla vita, questa alla coscienza e alle più sublimi vette del pensiero. Parrebbe dunque che, se diamo a un’ameba un tempo sufficiente per evolversi, attraverso mutazioni casuali e progressivi adattamenti ambientali, potremo infine vederla trasformata in un Leonardo da Vinci o in un Bach. Ma, seguendo il percorso inverso, l’uomo moderno potrebbe ridursi a un’ameba. E poi, sempre procedendo a ritroso, tornare a essere materia inerte.

Questa regressione, tutt’altro che improbabile, non richiederebbe i tempi interminabili dell’evoluzione, dato che distruggere è operazione molto più rapida del costruire. La grande cattedrale del pensiero, costruita in ere interminabili, può venir demolita in pochi decenni. Questo spiega come sia stato possibile passare così velocemente da un homo sapiens sapiens, lentamente e faticosamente realizzato, al demens demens di oggi.

È sotto i nostri occhi l’impressionante declino delle manifestazioni intellettuali più nobili, l’atrofia dell’arte, della poesia, della filosofia ecc. Test d’intelligenza che un secolo fa poteva risolvere un bambino, oggi mettono in difficoltà il medio studente universitario, e spesso anche il medio docente universitario. Tale involuzione non è da attribuirsi a cause culturali o sociali, come l’esposizione ai media, il collasso della scuola, la degenerazione della politica ecc.. Questi fenomeni favoriscono certo la regressione mentale ma non ne sono la causa prima. Sono invece effetti di questo squilibrio tra la quantità di cervelli e la pellicola mentale che avvolge il pianeta. Il problema fondamentale è l’incremento demografico che porta al rarefarsi della noosfera e alla conseguente ipossia intellettuale della popolazione.

In realtà, nessuno ha ancora potuto stabilire quale sia il rapporto ideale tra noosfera e numero di cervelli umani. La recente psicosi da pseudo-pandemia, importante indice di decadimento mentale, sembra però fornirci in tal senso un’indicazione preziosa. Stimando che un 96% della popolazione mondiale sia affetto da PP (Pandemic Psychosis), come pare dimostrato da recenti studi, possiamo supporre che la noosfera disponga di una riserva sufficiente a coprire il fabbisogno del 4% dell’attuale umanità.

Si osservi inoltre come, nelle vittime della Pandemic Psychosis (riconoscibili per l’uso compulsivo di mutandine facciali), si manifesti l’impulso di ubbidire a regole stupide, vessatorie e umilianti. Ciò dimostra che la mancanza di nutrimento noetico produce nell’uomo, parallelamente alla sua incapacità di discernere, una proporzionale perdita di libertà, dignità e valori etici. Lo rende facile preda di allucinazioni cognitive e morali, per cui non distingue più la realtà dalla fantasia, il bene dal male, il vero dal falso.

Data questa sua intrinseca menomazione, alcuni ritengono sia del tutto irrilevante, da un punto di vista etico e deontologico, ingannare il demens demens con false informazioni, farne  un essere da sfruttare come animale da reddito o da usare come cavia di esperimenti scientifici. Altri vorrebbero realizzare l’idea di Jonathan Swift, creando una società nella quale pochi ricchi possano comprare e mangiare i bambini dei poveri. Ciò, si dice, darebbe alle classi proletarie un mezzo di sostentamento e renderebbe la sovrappopolazione una fonte di profitto. Tali propositi, senza essere irrazionali, presentano tuttavia aspetti umanamente discutibili.

Credo sia sbagliato anche voler risolvere il problema demografico attraverso l’uso di armi, agenti tossici o altri rimedi violenti, come auspicato da alcuni precipitosi filantropi. A prescindere dalle implicazioni morali, dobbiamo prevedere che essendo oggi l’uomo mediamente stupido le soluzioni da lui adottate sarebbero altrettanto stupide. Ad esempio, i teorici della NG (New Genesis) propongono di ridurre la popolazione umana a due soli esemplari di genere diverso, giovani e con naturali tendenze sessuali. Ovvero due nuovi Adamo ed Eva, con la speranza che la seconda volta vada meglio.

È chiaramente un’utopia anti scientifica. Resterebbero due solitari cervelli di demens demens alimentati da una carica noetica tanto intensa che non potrebbero sopportarla. Quasi sicuramente ne riceverebbero uno shock mortale. Rischieremmo dunque l’estinzione per un’overdose di intelligenza. Meglio lasciar fare alla Natura, l’unica a poter operare una selezione secondo metodi sicuri e lungamente collaudati. Dobbiamo confidare nel suo potere di riportare la giusta proporzione  tra il numero di cervelli e la riserva noetica del pianeta, in modo che che l’umanità si riabitui all’uso della ragione.

17 Comments

  • lorenzo merlo 1 Aprile 2021

    L’estro, che nella femmina è un obbligo a figliare, implica un livello di dedizione e concentrazione massimo.
    Così per l’artista che sa che, in caso di mancanza d’azione, la pena è il doloroso “foglio bianco”.

    Per dire che, tanto più elevate sono le ragioni di distrazioni tanto meno tenderanno a verificarsi le condizioni di dedizione e concentrazione.

    Non solo. Il bailamme di immagini e suoni che oggi ci avviluppa, in epoche analogiche era progressivamente ridotto con l’allontanarsi dall’attuale presente.

    Un contesto che, in caso di estro, obbligava a riferisi a miti e leggende fondanti, oggi, bene che vada, equiparati all’ultimo videogioco.

    Per Leonardo l’aria era frequentabile, per noi è frequentata. Non fa differenza?

    • Livio Cadè 1 Aprile 2021

      “Pene o pennello per me pari sono” diceva Salvador Dalì…

  • Livio Cadè 6 Aprile 2021

    P.S.: devo rettificare un concetto espresso alla fine dell’articolo, dove mi affido ottimisticamente alla previdenza della Natura.
    Apprendo infatti, con un certo sgomento, che dall’anno scorso la popolazione umana sulla Terra è cresciuta di altri 100 milioni di individui (nonostante la terribile pandemia!).
    È prevedibile dunque che vi siano sul pianeta 96 milioni di nuovi demens demens, che un domani potranno essere medici, giornalisti, politici ecc.
    Personalmente ne sono molto turbato. Forse la Natura ha bisogno di un aiuto.

    • Paola 6 Aprile 2021

      Effettivamente…del tutto d’accordo.

  • lorenzo merlo 8 Aprile 2021

    Può essere che la natura abbia necessità dell’ordinario per disporre dello straordinario?

    C’è un sentire che le permette di mantenere costantemente più elevato il numero di femmine rispetto ai maschi. Forse per tutte le speci mammifare.

    Dunque forse si dovrebbe essere grati ai nuovi 96 milioni in quanto conterranno il “giusto” straordinario.

    • Livio Cadè 8 Aprile 2021

      Gentile signor Merlo, vorrei Lei avesse ragione. Ma qui purtroppo non si tratta più di ‘ordinario’ ma di ‘degenerato’, di ‘demens demens’. O si trova una terapia o l’umanità diverrà sempre più psichicamente malata.

  • Paola 8 Aprile 2021

    Oltre che degenerati, i dementes sono un serio pericolo per i (pochi) non dementes. Miserrima pseudo materia grigiastra, ma perversa e perniciosa quanto basta…

  • lorenzo merlo 9 Aprile 2021

    Arrogandosi un qualche diritto di superiorità, o di sottrazione dalla pari dignità ci si mette in condizione di essere giudicati, puniti, condannati, esclusi da qualcuno che così farà con noi.
    Se sì, siamo disposti ad accettarlo di buon grado in quanto sta agendo su noi ciò che noi stavamo agendo su altri?

    • Livio Cadè 9 Aprile 2021

      La superiorità esiste? Sì, l’idea di uguaglianza è contro la natura gerarchica degli esseri. La superiorità implica dei diritti? No, forse dei doveri.
      Gli esseri hanno pari dignità di fronte alla vita, ma non di fronte alle categorie dei valori. Uno stupido ha meno dignità di un intelligente, in un giudizio di valore intellettuale, ovvero un’idea stupida ha meno dignità di un’idea intelligente.
      L’uomo intelligente è consapevole della propria superiorità intellettuale rispetto allo stupido? Sì, negarlo è ipocrisia. Ma è anche consapevole della propria inferiorità di fronte a esseri più intelligenti di lui.
      Non bisogna giudicare? Ma il giudicare è categoria imprescindibile di ogni atto intellettuale. E anch’io mi espongo al giudizio degli altri.
      Diverso è il giudizio di tipo morale, il condannare, il punire o l’escludere.
      Ma di fatto, signor Merlo, io non voglio giudicare moralmente, né condannare, punire o escludere. Temo invece che saranno quelli come me, critici di una società demenziale, che presto verranno giudicati, condannati, puniti, esclusi.

    • Paola 9 Aprile 2021

      Il mio commento è fortemente ispirato dalla situazione attuale e ad esso riferito. Se Lei percepisce tale senso di superiorità in chi vuole evitare il proprio annientamento da parte dei dementes, mi sta bene. Dall’alto della mia superiorità, preferirei soffocare in una vasca di letame che crepare a causa di costoro. E spero così avvenga. Certo che Lei ne utilizza di cortese curaro…

  • Paola 9 Aprile 2021

    * in risposta a Lorenzo Merlo

  • lorenzo merlo 9 Aprile 2021

    La pari dignità è relativa al diritto d’espressione. Sennò come potremmo pretendere di esprimerci e magari di essere investiti di piena dignità nel farlo? Non c’è sempre qualcuno che non condividerà le nostre scale di valori?

    Non si tratta di non giudicare ma non identiificarsi con il proprio giudizio. Diversamente replicheremo la storia, proprio quella che a parole stiamo contestando.

    • Paola 9 Aprile 2021

      Va bene, va bene…mi arrendo. La Sua abilità speculativa e retorica (nessuna ironia) cozzano con il mio approccio sanguigno e istintivo. Non ce la faccio a duellare concettualmente. Già mi sta venendo meno l’energia, forse ferina, che dovrebbe consentirmi la mera sopravvivenza in questo periodo.

    • Paola 9 Aprile 2021

      Errata corrige: “cozza”
      Forse, anche il plurale poteva starci.

    • Livio Cadè 9 Aprile 2021

      Signor Lorenzo, io non penso affatto che tutti abbiano lo stesso diritto di esprimersi e uguale dignità nel farlo.
      Se dipendesse da me, per esempio, applicherei una rigida censura ai giornali e ai telegiornali che in questo periodo stanno facendo opera di istupidimento collettivo e diffondendo menzogne ignobili.
      Ovviamente si dirà che ne hanno il diritto. Ma per me la loro dignità è zero.
      Si dirà che allora approvo la censura. Certo che la approvo. Ne critico però le scelte. Oggi si censura la verità e la bellezza e si dà il diritto al falso e al brutto di prevalere. Io farei il contrario.
      Lei dirà che non sono io a poter stabilire scale di valori.
      Ma allora devo lasciare che un altro le stabilisca al posto mio? O devo rinunciare ad avere valori?
      Infine, mi perdoni, ma “giudicare senza identificarsi col propio giudizio” mi sembra un proposito tanto nobile quanto astratto.

  • lorenzo merlo 9 Aprile 2021

    Passo indietro.
    È possibile evolvere?
    Se sì, è possibile modificare la natura conflittuale della storia, personale e sociale?
    La codizione conflittuale porta alla sofferenza?
    Se sì, non accade a causa dell’identificazione con giudizi, morali, etiche, sentimenti ed emozioni?
    Emaciparsi dal dominio dell’io è un processo possibile?
    Se sì, essa implica una riduzione dei conflitti, dalla soffernza.
    Non è dialettica per chi ne ha esperienza.
    Chi non ha esperienza in merito a questi processi, ma opportuna motivazione, certamente esperirà il processo carnale, non intellettuale, che implica. Esperirà l’evoluzione di sè e della propria storia, quindi delle proprie pene.

  • Livio Cadè 9 Aprile 2021

    Alle sue domande, signor Merlo, si dovrebbe rispondere più estesamente. Comunque, se per ‘evoluzione’ si intende una manifestazione sempre più ricca e piena della propria natura, sì, è possibile.
    Essendo io un eracliteo, penso che non si possa uscire da una conflittualità che è madre di ogni cosa (e penso che la sofferenza sia la levatrice).
    Sulla questione dell’emancipazione dall’io e del ‘non identificarsi’ coi propri processi mentali, la considero un’esperienza mistica rarissima.
    Oppure una forma di immaginazione, una lama di rasoio sulla quale non si può camminare senza ferirsi, ovvero senza rischiare forme dissociative.
    Ma qui ha ragione Lei, vale per ognuno la propria esperienza.
    Io non ho ancora trasceso il mio io (ma farlo mi sembrerebbe paradossale).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *