Molte delle idee più rilevanti del pensiero cinese hanno la loro origine nell’ I-king, Libro dei Mutamenti, in cui è stata riassunta una saggezza millenaria cui si abbeverarono sia il Taoismo che il Confucianesimo. La vita della Cina, nella sua stessa quotidianità, è stata fortemente influenzata dall’I-king. A più riprese, nel corso della storia, al libro dei Mutamenti, furono aggiunti un numero rilevate di insegnamenti misteriosi, una filosofia della natura dal tratto formalista che avviluppò i contenuti del volume in un farraginoso apparto numerologico-cabalistico. In ogni caso, come ha riconosciuto il sinologo Richard Wilhelm: «Non si può negare d’altra parte che […] sulla traccia di questo libro si riversò in ogni tempo nella vita pratica un ampio flusso di profonda saggezza». Le sue origini si perdono nella notte dei tempi e nei nomi dei quattro Saggi che ne sarebbero stati gli autori, Fu Hsi, il re Wên, il duca di Chou e Confucio. La raccolta che oggi possediamo discende da Wên e da alcune revisioni apportatevi da suo figlio, il duca di Chou. Durante la dinastia Chou, il Libro svolse essenzialmente la funzione di testo oracolare e tale era quando lo scoprì Confucio, al quale, con probabilità, si devono il Commento alla decisione e il Commento alle immagini. E’ durante le dinastie Ch’in e Han che nel testo furono introdotte le speculazioni numerologico- cabaliste. Wang Pi ebbe il merito di spazzar via questa farragine e di sottolinearne nei contenuti la centralità degli aspetti pratici, propri di un libro di saggezza. E’ così che l’I-king si affermò anche come un testo di etica utile al buon governo.
Il libro dei Mutamenti, comunque, è innanzitutto una raccolta di segni oracolari. Negli oracoli più antichi, ai quesiti si rispondeva con il si o con il no: il si veniva indicato da una semplice linea intera, il no da una linea spezzata. Dalle linee semplici risultarono combinazioni per raddoppiamento, alle quali venne aggiunto un terzo elemento lineare, e nacquero i cosiddetti otto segni. Essi sono concepiti come immagini di tutto ciò che accade nel cosmo, a livello microcosmico e macrocosmico. I rapporti tra i segni sono regolati dalla legge del trapasso dell’uno nell’altro, così come nell’universo un fenomeno si metamorfizza in altro. L’attenzione non si ferma sulle determinazioni, sugli enti nella loro specificità, sulla loro sostanzialità cosale, bensì sui moti delle cose nel loro divenire. Questa lunga premessa ci consente di introdurre un volume la cui lettura caldamente consigliamo. Si tratta dell’ultima fatica di Alberto Lomuscio, cardiologo ed agopuntore, I-King. Percorsi celesti nel labirinto terrestre, nelle librerie per Iduna Editrice (per ordini: associazione.iduna@gmail.com, pp. 274, euro 20,00).
L’intento generale da cui muove l’autore nella sua esegesi è quello di mostrare i rapporti che legano la visione sincronica dell’ I-king con la vita quotidiana. L’I-king, pur presentandosi sotto forma di libro, in realtà non è qualcosa che possa essere semplicemente letto: «ma va vissuto, bisogna entrarci dentro aprendo speciali occhi in grado di comprendere le immagini simboliche che ‘il libro’ cela in sé» (p. 13). Tale pratica insegna a sbarazzarsi della visione logocentrica, fondata sui nessi di causa-effetto, per conseguire una visione globale, olista, che induce il contatto con il Vero. Nella prima prospettiva, venuta a prevalere in Occidente, siamo portati a ritenere che qualcosa avvenga ora, in quanto qualcos’altro è accaduto in passato, lungo la linea della temporalità pensata in termini vettoriali. I Cinesi non hanno mai pensato il reale secondo la suddetta modalità. Essi: «ragionano verticalmente, da ciò che è in un posto ora a ciò che è in un altro posto ora» (p. 18), chiedendosi quale mai sia il significato delle cose che avvengono insieme in un dato momento. La risposta è: il Tao. Ogni attimo ha in sé il ricordo dell’«allora» e il seme del «sarà». Tutte le cose che accadono in un dato «ora» condividono, pertanto, un rapporto reciproco, sono sintoniche e vivono in armonia.
Compito dell’uomo, in ogni situazione, è agevolare il flusso del reale, porsi in corrispondenza, in unione, con l’armonia che lo circonda e della quale ogni essere vivente è parte attiva. Per la qualcosa, la consultazione del Libro dei Mutamenti non implica una rinuncia al libero arbitrio, ma è ausilio indispensabile rispetto alle decisioni, di volta in volta, da assumere. Il destino è nelle nostre mani perché l’I-king stimola la nostra percezione sincronica del reale. Il linguaggio della Sincronicità si sviluppa in immagini simboliche, un linguaggio inteso come Logos, vibrazione e suono originario. Tali immagini sono, dunque, archetipi, modelli di tutto ciò che è. Esse consentono, una volta che siano state comprese realmente, il passaggio dalla conoscenza del molteplice a quella dell’Uno. Lomuscio fa riferimento esplicito all’Intellectus Archetypus di cui disse Kant Il filosofo di Könisberg lo considerò: «il pensiero di Dio che conosce la realtà creata senza la necessità di percepirla» (p. 15). Il cosmo è, in tale prospettiva, animato da una forza di interconnessione costituita sia dalla razionalità che dalla emotività, dalla logica e dall’intuito, per cui il verbo che meglio di altri ne esprime la dimensione ontologica è: sentire.
Gran parte del volume è dedicato a mostrare come le intuizioni dell’ I-king sulla Sincronicità siano in linea con il mondo della fisica ultimissima, a muovere dalla teoria della relatività e dalla fisica quantistica. E’ in noi stessi, ribadisce l’autore, che possiamo trovare la dimensione della non-località (la settima dimensione), nella quale non esistono né lo spazio, né il tempo. In essa, il reale si mostra come: «entità musicale estremamente ordinata […] le vibrazioni caratteristiche di ogni dimensione devono essere armoniosamente correlate tra loro» (p. 17). Per giungervi, dobbiamo vivere il vuoto nella mente e nel cuore: tale condizione spirituale consente al nostro cervello di non opporre resistenza al flusso della realtà. Lomuscio mostra l’intersecarsi di Sincronicità e vita quotidiana nel capitolo «Testimonianze», nel quale raccoglie esempi di questi incontri. Il senso ultimo del volume ci pare esemplarmente sintetizzato da una citazione dell’etnomusicologo Marius Schneider, posta nella pagina conclusiva del libro: «L’uomo che, ascoltando la musica, si ricorda delle armonie celesti che la sua anima percepì già prima della nascita del corpo, diventa egli stesso strumento musicale, di cui Dio si serve per annunciare la sua parola» (p. 274). Oggi si avverte, con impellenza, la necessità esistenziale di tali «strumenti» musicali. Di essi, in Europa, disse la tradizione orfico-pitagorica: «strumenti umani» atti a rianimare il mondo e la vita.
Giovanni Sessa