di Fabrizio Belloni
Nella vita ho prestato la mia opera anche nei grandi punti vendita della Grande Distribuzione. Ed ho dovuto imparare a capire e conoscere le donne, l’animo femminile, dato che il novanta per cento del personale era composto da donne. Sono convinto di esserci riuscito, anche perché ho imparato ad amare l’altra metà del cielo, con tutte le differenze che rendono piacevole la vita. Da quel momento per me conoscere e capire gli uomini è stato di una semplicità assoluta: il maschio è troppo più semplice, lineare, senza complicazioni e rintorcinamenti, con polluzioni basilari e se vogliamo, infantili, se messo a confronto con la sensibilità profonda e la psiche evoluta delle donne.
Quindi potete credermi se affermo che capisco gli uomini, che capisco il loro animo, che capisco e faccio miei i moti del loro animo. Credetemi.
Con amici fidati, amici veri cioè, ho avuto la ventura di poter andare a trovare uno degli ultimi sopravvissuti della LAHSS, La LAHSS era una Divisione Corazzata che combatté durante l’ultima Guerra Mondiale.
Una Divisione Tedesca di Waffen SS, esattamente era la Leibstandarte Adolf Hitler SS Panzer Division, cioè era la Divisione che forniva i quattrocento uomini che formavano la Guardia Personale di Hitler. Il resto della Divisione, al comando di Joseph “Sepp” Dietrich, era una Divisione corazzata, con carri armati, cannoni anticarro, cannoni antiaerei, e tutto quanto compone una divisione. Per chi non lo sapesse, le Waffen SS erano un po’ la “Legione Straniera” di Adolf Hitler, e si raccolsero sotto le sue bandiere uomini di tutta Europa, anche di Paesi non belligeranti e non solo di quelli occupati, tutti attratti dall’Idea della Nuova Europa che il Nazional Socialismo aveva proposto alle genti. E furono tutti fedeli, coraggiosi, spesso eroici e si immolarono fino all’ultimo giorno: <<il nostro onore si chiama fedeltà>>.
Quello che adesso vi racconterò è la storia di un uomo che ho conosciuto personalmente e apparteneva, come Ufficiale, alla LAHSS, e combatté con i suoi Camerati sia sul fronte occidentale, in Francia e poi in Normandia, ed ancora nell’offensiva delle Ardenne, sia sul fronte orientale contro l’armata rossa.
Erbert Schwaiger, questo era il suo nome, quando l’ho incontrato era un vecchio di 86 anni, con una lucidità mentale affilata come un rasoio, una memoria chiara e senza lacune, un’aneddotica ricca e precisa.
Ma non sarebbe un’eccezione. Di uomini così ve ne sono altri. Non molti, purtroppo, ma non è un caso eccezionale. Quello che è eccezionale è la forza che sprigionava da tutta l’essenza di Herr Schwaiger. Una forza calma, serena, limpida, volitiva. Una forza che sembra scomparsa ai giorni nostri. Una forza mista ad una dignità che obbliga al rispetto chiunque; una personalità che non è solo affascinante, ma che obbliga al silenzio, all’ascolto, allo sforzo di capire.
Abitava in un paesino adagiato in una valle ai piedi di montagne nebbiose e verdi. Un paesino che sembra uscito dalla grafica di un libro di fiabe, o da un plastico di un trenino. Ancora neve ammonticchiata, ma anche la neve sembrava rispettare l’ordine e la pulizia che regnava ovunque: non un bruscolo o un mozzicone per terra. La casa era esteriormente in linea con le altre, con un medio-grande negozio di una nota catena al piano terra. Ma anche i grandi magazzini sembravano meno sfacciati, più sobri, nel paesino. Austria. L’appartamento di Herr Schweiger era spartano, senza un accessorio inutile o lezioso. Da soldato. Uniche note personali, due foto, datate, di giovani donne, evidentemente parenti, ed una grande riproduzione del simbolo della Divisione: il classico scudo con l’angolo smussato, comune a tutte le Divisioni SS, con il “grimaldello” (dietrich in tedesco, dal nome del mitico “Sepp”, il comandante dell’eroica Divisione).
Il Soldato era vestito sobriamente, con una giacca grigia di loden, bordata di verde.
Austria.
Dopo i convenevoli, gentilissimi e compiaciuti per la visita (i vecchi hanno qualcosa in comune in tutto il mondo), Herr Schweiger diede la stura ai ricordi, con voce sicura, senza propaganda, giustificazioni non richieste, ma con motivazioni per lui inoppugnabili, con una calma serena come quella di chi sa di aver combattuto in perfetta buona fede per un Ideale, per un progetto continentale, per un futuro diverso dalla schiavitù dell’Uomo nei confronti dell’oro. Più volte ha sottolineato con forza che allora era il lavoro e non il denaro ad essere il primo valore della comunità Tedesca.
Ha raccontato la sua guerra, così diversa da quella che leggiamo sui libri, da quella che ci propinano i media (del resto sarebbe impensabile che la Germania abbia resistito per quasi sei anni da sola contro il mondo intero, coalizzato in un’ammucchiata invereconda ed incestuosa contro chi non sottostava ai poteri forti che volevano controllare il mondo attraverso il monopolio del denaro). Se i Tedeschi
fossero stati quelli che vediamo in televisione o al cinema, la guerra sarebbe finita in sei mesi!
fossero stati quelli che vediamo in televisione o al cinema, la guerra sarebbe finita in sei mesi!
Il racconto si dipanò scorrevole come un grande fiume, impetuoso nella sostanza come un torrente al disgelo, con notizie dirompenti come uno tsunami.
La caratteristica che mi colpì subito fu la mancanza di odio o di rancore verso i nemici, anzi, con un salutare e virile rispetto nei confronti di altri soldati, come lui: << i T 34 (carri armati sovietici) facevano paura. Per fortuna a noi arrivarono i “Tigre” ed i “Tigre reali”, e la faccenda fu diversa>>.
Ci fornì anche alcune notizie che i giornalisti definirebbero degli scoop:
· Hess, il delfino di Hitler, che volò in Gran Bretagna per cercare di creare un fronte comune (Inghilterra, Grande Germania ed Italia) per contenere l’avanzata del bolscevismo, fu ucciso dai servizi inglesi. In effetti, Rudolf Hess fu tenuto prigioniero –unico- nel carcere di Spandau, fino allo sconto della pena. Qualche giorno prima di uscire libero, novantenne, per il terrore che raccontasse la sua verità, morì improvvisamente, dopo una vita sana e normale. Curiosa coincidenza, che ricorda da vicino la sparizione del carteggio Mussolini – Churcill.
· Il Duce non fu fucilato a Dongo. Quando Herr Schweiger fu racchiuso nel lager degli ufficiali prigionieri, membri dell’efficientissimo Servizio Segreto Tedesco gli assicurarono che il Duce si era suicidato, che non stava scappando. Di certo è comprensibile e credibile. Ed in linea con l’Uomo.
· Che, dopo il “tradimento di Versailles”, quando Hitler salì al potere, mise in allarme i “poteri forti” mondiali. E che dal 1934 tutte le comunità ebraiche del mondo si considerarono in guerra con il Terzo Reich. (Questa notizia la ho registrata a più riprese anche da altre fonti. N.d.R.).
· Che la guerra fu scatenata dall’Inghilterra (verità storica), e che l’Unione Sovietica stava mutando lo schieramento delle sue armate da difensivo ad offensivo. Il fine dei rossi era di arrivare all’Atlantico. E ha fornito anche la data di attacco prevista dallo “zar” rosso: il 6 maggio del 1940. Ecco lo scontro con la Polonia, che sparigliò le carte e costrinse Stalin a rivedere il suo espansionismo comunista.
· Che molto probabilmente le due atomiche sganciate dagli americani sul Giappone fossero di tecnologia Tedesca. (del resto ad Hitler scappò una frase: “Il mondo mi perdonerà cinque anni di guerra, ma non gli ultimi cinque minuti”).
E tanto, tanto altro ancora.
Ognuno la pensi come vuole, come crede, come sente. Ma nessuno riuscirà mai a cancellare l’impressione di forza e di dignità di un uomo che ha trovato dentro di sé il punto di riferimento di tutta una vita. La luce degli occhi azzurri tradisce una coscienza limpida e in pace. L’intelletto affilato prevede con la chiaroveggenza dei vecchi che a breve, in una manciata di anni, nascerà un nuovo Fuhrer per l’Europa, visto il fallimento di socialismo e capitalismo.
E chiuse la “chiacchierata” ergendosi oltre gli acciacchi dell’età, con gli occhi lampeggianti e la voce virile: <<Non mi pento di nulla, perché non ho nulla di cui pentirmi. Rivivrei la mia vita esattamente come la ho vissuta. Credo nelle mie idee, credo nel Nazional Socialismo!>>
Già. Un Uomo. Un Uomo che, avendo messo in dubbio le reali cifre del cosiddetto olocausto, dovette nei successivi giorni, trasferirsi per otto mesi nella democratica austriaca galera. Del resto di galera ne ha già fatta per due anni e mezzo. “Reato d’opinione”, vergogna dell’Austria democratica. Alla sua età se ammazzasse qualcuno, probabilmente sarebbe graziato, o almeno condannato ai “domiciliari”. Ma dire di essere stato, essere e rimanere Nazional Socialista, quello no. Quello non può essere perdonato nè tacitato. Troppo pericoloso.
Con l’impulso tipico di noi latini ci precipitammo ad offrirgli ospitalità presso di noi, tassandoci ciascuno un po’. Ma ha sorriso, declinando cortesemente. Lui è un soldato, una Waffen SS, un combattente, per sempre. Lui non scappa. Paga, come ha pagato in passato, secondo la prepotenza e la paura dei “democratici”.
No lui non scappò!!!
Due anni dopo l’ Ufficiale Herbert Schweiger muore
Sembra una frase banale: di uomini ne muoiono migliaia ogni giorno, in tutti i modi, senza distinzioni di sorta, a tutte le età, purtroppo. Quindi la morte di un uomo, che non è mio parente, né che vive nella mia comunità, né che abbia av
uto almeno frequentazioni assidue con me, non dovrebbe provocare in me alcuna reazione significativa.
uto almeno frequentazioni assidue con me, non dovrebbe provocare in me alcuna reazione significativa.
Invece…….
Invece è morto un uomo che avrei desiderato potesse vivere ancora per lunghi anni. Non per sempre, come vorrebbero le infantili polluzioni che tutti abbiamo nascoste nel profondo, ma almeno fino a quando potesse vedere la sua “profezia” avverata.
Invece è morto un uomo che rispettavo e che rispetto. Più lui da morto che la quasi totalità dei vivi.
Invece è morto un uomo che è stato ed è un esempio per chi abbia cuore, cervello, rispetto di sé.
Invece è morto un uomo che ha semplicemente avuto la forza di vivere secondo la sua morale, e che ha rifiutato di farsi “fare” dagli altri, che ha rifiutato la morale e l’etica degli altri, per vivere secondo la sua etica, la sua morale. In un mondo di mezzi uomini, che cercano disperatamente il punto di riferimento fuori di sé, cercando di trovare nel denaro, negli oggetti di lusso, nell’automobile grande, nell’orologio d’oro sbandierato, nella frequentazione di ambienti alla moda e nell’apparire la ragione di una vita inutile, avere la fortuna di imbattersi in un uomo vero è momento che segna, in chi ha cuore e dignità di sé. Se s’incontra un uomo del genere, la vita cambia: resta a ciascuno di chi lo incontra riuscire a mettere a frutto le ricchezze che un tale tipo di uomo dona, anche solo con la presenza, senza mettere in conto l’esperienza, la memoria, i racconti.
La spina dorsale diritta e mai curva; la coscienza talmente limpida da non dover sentire il bisogno di giustificazione alcuna; la memoria precisa, affilata come un rasoio, senza bisogno di abbellimenti od orpelli; la forza mai sopita del guerriero che combatte per il suo credo e soprattutto la propria morale, mai tradita, sempre presente a sé, mai svenduta per nessun piatto di marce lenticchie: tutto questo è un insegnamento che altri uomini hanno potuto raccogliere e che si sentono in dovere di perpetuare.
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