8 Ottobre 2024
Cultura & Società Livio Cadè

Il giorno dei Trifobi – Livio Cadè

“Solo coloro che sono capaci di indurirsi al punto di mandar giù quello che sta succedendo riusciranno a farcela”.

(da “Il giorno dei Trifidi”)

 

Il Viveka Chudamani è un’opera scritta presumibilmente nell’ottavo secolo della nostra era da Shankaracharya, sommo filosofo indiano. Testo tra i più venerati della tradizione metafisica induista, è il Vangelo di quella visione non-duale della realtà conosciuta come Advaita Vedanta.

L’usuale traduzione di Viveka Chudamani è “Il sommo gioiello della discriminazione”. Tuttavia ho notato che recentemente ci si riferisce a questo testo come “Il sommo gioiello della saggezza”. Solo che ‘saggezza’, in sanscrito, si dice Prajñā. Mi sono chiesto il motivo di questa inesattezza.

Dopo alcune infruttuose ricerche filologiche, son giunto alla conclusione che la ragione di tale errore sia di natura politica e sociale. Nella nostra cultura è infatti prevalsa l’idea che la discriminazione sia un delitto. In effetti esiste un’affinità tra crimine e discrimine. ‘Crimine’ viene dalla radice latina cernĕre che significa dividere, distinguere, da cui anche ‘discernere’, specie ai fini di un esame giudiziario.

Un recente disegno di legge si sta appunto occupando di ratificare questa relazione etimologica, minacciando pesanti sanzioni e persino la reclusione nei confronti di chi discrimini. Suppongo quindi che quella traduzione imprecisa fosse dettata da motivi di cautela. Perciò anche i passi nel testo in cui dice che la liberazione si ottiene «attraverso una costante e giusta discriminazione» oppure che «solo chi ha discriminazione è qualificato per la ricerca della Realtà» e altri simili, configuranti un’istigazione a delinquere, sono stati opportunamente corretti. 

Sarebbe infatti temeraria un’apologia della discriminazione in un Paese dove questa operazione intellettuale è punita col carcere.  Sostituire ‘discriminazione’ con ‘saggezza’ esprime quindi un prudente compromesso. Nessuno ci vieta, per il momento, di essere saggi, almeno de jure.

De facto, quella saggezza che era sedimento di tradizione e di esperienza, tranquillo riferimento a valori consolidati, è oggi interdetta.  Non è più il passato a esserci maestro ma il futuro, il ‘progresso’. La saggezza moderna consiste nel conformarsi ai valori del  mainstream, sorta di catechismo o “guida dei perplessi” che educa le persone a pensare e agire saggiamente, secondo le regole del ‘politicamente corretto’.

La struttura metafisica del politicamente corretto poggia sul mistero trinitario di Scienza, Libertà e Democrazia. La sua prassi morale consiste in alcune virtù cardinali, come il rispetto, la tolleranza, la responsabilità, la solidarietà, il cui esercizio, più che un agire concreto, è una sapiente arte dell’eufemismo e della retorica.

Fortunatamente, tali obbligazioni morali non vanno estese a tutti indiscriminatamente. Nel caso della legge anti-discriminatoria già citata si distinguono infatti i soggetti che ne beneficiano, ovvero non discriminabili, da quelli che si possono discriminare e che quindi ne sono giustamente esclusi. Questa può sembrare una contraddizione. Ma una legge non è un trattato di logica, è un dettato morale che richiede una discriminazione tra il bene e il male, anche quando ci impone di non discriminare.

Se suona paradossale è perché, più che di una legge, si tratta di un percorso di fede. Ha carattere mistico più che politico e come tale va vista. Il suo obiettivo è purificarci e disporci ad amare il prossimo senza discriminazioni. Se qualcuno viene escluso da questo abbraccio universale è solo perché lui stesso lo rifiuta e ne nega l’universalità, ostinandosi a discriminare.

Confesso che ho faticato a capirlo. Per il pipistrello la luce è tenebra fitta, dice Aristotele. E anch’io, senza saperlo, ero un nottivago, una nottola incapace di vedere i colori dell’arcobaleno. Questa legge però mi ha aperto gli occhi. Infine ho capito che è dovere di ogni buon cittadino inginocchiarsi al suo messaggio evangelico, come davanti a un Sacramento. E oggi sarei disposto anche a prosternarmi, in muta adorazione.

Tuttavia è un testo che per la sua profondità va meditato a lungo prima di comprenderne il senso. Perciò trovo quasi offensivo definirlo, con aridità burocratica, “misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza ecc.”. Sarebbe più consono al suo valore rubricare questo disegno di legge come “Il sommo gioiello della non-discriminazione”. Le sue parole evocano la forza illuminante di un apologo zen:

«Prima di praticare lo Zen, le montagne mi sembravano montagne, e i fiumi mi sembravano fiumi.

Da quando pratico lo Zen, vedo che i fiumi non sono più fiumi e le montagne non sono più montagne.

Ma da quando ho raggiunto l’illuminazione, le montagne sono di nuovo montagne e i fiumi di nuovo fiumi».

In modo analogo, questa legge implica una conversione del cuore e della mente che cambia il nostro sguardo. Infatti, prima di praticare lo Zan, la sessualità mi sembrava la sessualità, e la famiglia mi sembrava la famiglia. Da quando pratico lo Zan, vedo che la sessualità non è più la sessualità, e la famiglia non è più la famiglia. Qui però l’analogia si interrompe, perché l’illuminazione Zan supera l’illuminazione Zen, e non ricade nelle vecchie discriminazioni.

Riconosciuta la grandezza e i meriti di questa legge, occorre però, per onestà intellettuale, segnalarne anche i limiti. Ad esempio, l’ambiguità lessicale, che può dar luogo a malintesi. Ad esempio, io credevo che ‘omofobia’ significasse paura dei propri simili, ‘transfobia’ quella di andar oltre. Leggendo ‘bifobo’ ho immaginato un rettile anfibio. Solo a fatica ho afferrato il senso di questi termini, coi quali mi pare si voglia esprimere, più che la paura, l’odio e l’intolleranza verso alcuni orientamenti sessuali.

Il principio di fondo – non esiste un’unica bussola del sesso che indichi irrevocabilmente il Nord, i vari poli magnetici del desiderio hanno pari dignità – mi pare indiscutibile. A questo punto tuttavia, dato che è normale oggi essere trisex o polisex, mi parrebbe logico includere nell’elenco dei rei anche i trifobi e i polifobi. Ma qualcuno potrebbe scambiarli per mostri alieni o creature mitologiche, esseri con tre teste, tentacoli al posto delle braccia o un occhio solo.

Questa associazione con forme di vita sconosciute e non umane, che si presumono orrende, potrebbe provocare panico e violenza irrazionali. Il gergo giornalistico se ne impadronirebbe. Forse molti diventerebbero implacabili cacciatori e persecutori di trifobi per nascondere il fatto che, nel loro intimo, son trifobi anch’essi. Spero quindi che i nostri burocrati adottino una nomenclatura più corretta e comprensibile, come misouranismo, misosaffismo ecc.

Inoltre, la legge non garantisce uguali diritti a tutte le naturali espressioni del desiderio. Vengono proscritte omofobia, bifobia, transfobia, ma non si fa cenno a pedofobia, necrofobia, zoorastofobia ecc. E questo è doppiamente deplorevole, perché ne consegue da un lato che alcune forme di intolleranza restino impunite, dall’altro che certi orientamenti sessuali siano ancora vittime di esclusione e pregiudizi.

Di fronte al proliferare di nuove pulsioni sessuali, la legge dovrebbe assicurare a ognuna la doverosa tutela.  Per esempio, troverei giusto prevedere sanzioni pecuniarie o il carcere per chi si rendesse colpevole di ‘afobia’, ovvero di atti o di opinioni discriminanti nei confronti di chi pratica la castità o la verginità, che sono comunque espressioni di una scelta sessuale.

Si potrebbe criticare anche il carattere esclusivamente repressivo di una legge che prevede pesanti penalità per chi discrimini il polimorfismo sessuale senza offrire incentivi a chi lo favorisca. Ovvero che mostra il bastone ma non la carota. Premiare chi passa con una certa regolarità da un’identità di genere a un’altra o chi induca altri a farlo favorirebbe il diffondersi di una nuova sensibilità e l’affermarsi di un’umanità più fluida e tollerante.

Tornando invece ai meriti di questa legge, trovo molto opportuno aver istituito un Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori. L’Oscàd – acronimo che ricorda una famosa polizia segreta – assolverà il ruolo di un prezioso corpo di vigilanza, teso a garantire l’applicazione delle norme, effettuando regolari controlli sulle opinioni, le parole, i comportamenti della gente.

Diverrà quindi imprudente raccontar facezie e ironizzare su soggetti con particolari orientamenti sessuali o su famiglie non tradizionali. Potremmo incappare in un agente dell’Oscàd pronto a denunciarci. Per evitare la galera dovremo limitarci a storielle su soggetti non protetti – genovesi, scozzesi, carabinieri, matti – ovviamente lasciando nel vago la sessualità dei personaggi. Tuttavia, troverei più coerente che la legge difendesse dall’umorismo anche tali categorie.

Immagino che si procederà presto a censurare anche tutte quelle fiabe, opere teatrali, liriche, letterarie, cinematografiche ecc. antiche o moderne, che contengono reati di x-fobia. Per converso, presumo si darà un forte impulso allo studio della mitologia classica, dove si narra di metamorfosi e dei felici amplessi tra esseri umani e aquile, cigni, nuvole, piogge d’oro.

Fondamentale è educare i bambini fin dalla più tenera età a non nutrire pregiudizi di genere. Sappiamo che l’albero vecchio non si raddrizza più e che se il toro viene castrato in età adulta continua a provare interesse per la vacca. Ogni bimbo deve quindi bere fin dalla culla il latte della non-discriminazione sessuale.

Se crescendo i nostri figli ci porranno domande scabrose sull’argomento risponderemo: “il sesso è quello che tu vuoi”. E all’anagrafe, per rispettare la loro libertà, registreremo Enric, Paol, Robert ecc., lasciando un vuoto che, diventati più consapevoli, colmeranno a piacere con una ‘a’, con una ‘o’ o con niente. Ignorare queste essenziali misure potrebbe in futuro far di loro dei trifobi.

Come si eviravano un tempo i ragazzini per conservarne la voce angelica, così bisogna estirpare nei futuri cittadini ogni propensione al pregiudizio, i violenti attributi dell’ideologia di genere.  Le varie voci della cultura, della società, della Chiesa, devono fondersi in un unico coro dove non si noti più la presenza di toni virili o femminili ma solo il dolce falsetto degli eunuchi.

Qualcuno teme che, abolendo ogni distinzione, si cada in una notte nera in cui le vacche sono nere. In realtà sarà un’alba rosata, dove tutte le vacche sono rosa e fanno il latte rosa. È l’alba dell’amore universale. Lì, in questa omerica “Aurora dalle dita di rosa”, vedremo sorgere il sole dell’avvenire. Dal cielo pioverà una dolce rugiada e all’orizzonte, come un ponte su cui camminare insieme, ci attenderà un meraviglioso arcobaleno. Sullo spirito di questa legge si fonda la poetica di una nuova società.

Secondo alcuni la filosofia Zan contiene una minaccia alla libertà di pensiero e d’espressione. In effetti, chi affermasse: “l’unica famiglia legittima è quella naturale” potrebbe venir incriminato. Ma nulla vieta di dire: “l’unica famiglia naturale è quella legittima”. Questo segna una decisiva evoluzione sociale. Infatti, non solo presuppone che ‘etico’ è ciò che è ammesso dalla legge – questo già Hitler lo sapeva – ma che ope legis si può decidere anche cosa sia ‘naturale’.

Se il Viveka Chudamani insegna a divenir consapevoli della propria Identità divina – “Tat tvam asi”, Quello sei tu – vincendo l’attaccamento a pensieri mondani, la legge in questione ci chiede di accettare ogni identità di genere e di riconoscerci nella nostra libido: “Guarda il tuo desiderio, Quello sei tu!” , abbattendo i muri del senso comune e di inveterati preconcetti.

V’è dunque un filo che unisce i due testi. È vero che il primo ci invita a discriminare e il secondo ce lo vieta. Ma entrambi predicano una forma di unicità. Per uno, solo il Sé è reale, per l’altro, solo il desiderio lo è. Tutto il resto è illusione, o pregiudizio. Quindi, se guardiamo alla sostanza, entrambi invocano un consapevole discernimento.

Senza questo saggio discrimine, come potremmo distinguere il Sé dal non-Sé, o gli esseri normali dai trifobi? Discernere i soggetti dei quali nihil nisi bonum dicendum est e quelli di cui si può dire tutto il male possibile? Non potremmo separare le pecore dai capri, quelli che dipingono l’arcobaleno da quelli che vogliono cancellarlo, gli illuminati da coloro i cui pregiudizi son “come gli occhi delle nottole di fronte alla luce del giorno”. Perciò, per non discriminare è necessario discriminare. Ma non chiamiamola discriminazione, chiamiamola saggezza.

“E ballammo insieme, sull’orlo di un futuro ignoto, all’eco di un passato scomparso”.

(da “Il giorno dei Trifidi”)

30 Comments

  • Rosario 11 Luglio 2021

    Felicemente imbambolato in un bagliore di trans-futurismo. Un saggio di un’effervescenza e acume unici. Anche a leggerlo tra tanti testi impossibile non riconoscere la firma del maestro Cadé.

  • Paola 11 Luglio 2021

    Buongiorno. Come vi percepite stamane? Come ieri o siete nuovamente in transizione? La notte ha portato consiglio? O vi state ancora interrogando?

    • Paola 11 Luglio 2021

      P.S. Qualsiasi forma vi sentiate o in qualsiasi forma stiate transitando, lungi da me ogni giudizio. Se dovessi giudicare, invocate per me, “senza se e senza ma”, la prossima ventura eutanasia di stato. Vi amo tutt*.

  • Livio Cadè 11 Luglio 2021

    Vorrei dire qualcosa sull’ellegibitismo (che è un altro tipico fenomeno religioso dei nostri tempi) ma è un soggetto che sfugge dalle dita come l’acqua.
    Prima era era semplicemente ellegibitismo, poi è diventato lgbtqismo, poi lgbtqaismo, poi lgbtqiaismo, poi lgbtqia+ismo. Accidenti alla società liquida.
    Com’era tutto più semplice un tempo.
    Ah, vecchio Uomo binario, triste e solitario…

    • Paola 11 Luglio 2021

      Gassosa, gassosa. Me l’ha insegnato Lei poco tempo fa. La società liquida è superata. Ricordo che mi ha parlato anche di “eterei” (ooops, non ho messo l’asterisco) anziché fluid*…però com’è dolce il naufragar nella progressiva lunghezza degli acronimi, suvvia…eterea dissolvenza.

  • Paola 11 Luglio 2021

    Il problema, serio, sarà un altro…sottrarre al multiforme, pervasivo amore/desiderio universale che tutto include, ciò che amiamo, chi amiamo…oggetti, animali, persone…portarli sull’Ararat?

  • Livio Cadè 11 Luglio 2021

    Ha ragione, Paola, siamo al gas. Ma qui stiamo scherzando. Si parla di un mondo che meriterebbe di aver per tomba una risata. E invece è una tragedia.
    Quindi vengo alla parte seria. Fra un po’ diranno di me che sono un omotransbifobo, forse un trifobo, e per di più non vaccinato. Questo farà di me un nemico del popolo. Metteranno una taglia sulla mia testa.
    Quindi, dove fuggire con le persone e gli animali che amo? Se Lei ha qualche idea me lo dica. Il monte Ararat però lo escluderei…

    • Paola 11 Luglio 2021

      Sì, è vero. È una tragedia. E sta accelerando senza dare il tempo di prendere fiato…non so dove si potrebbe fuggire. Probabilmente non si potrà.
      P.S. Ho incluso oggetti nella lista, ma non fanno ovviamente parte della mia sfera affettiva nella impossibile fuga salvifica…era un’estremizzazione riferita ai possibili, fantasiosi desideri dei seguaci dello zan.
      P.P.S. Qualche lettura da consigliare mentre si attende a testa alta l’inevitabile?

      • Livio Cadè 11 Luglio 2021

        Mi scusi Paola, ma sono sempre stato molto riluttante a consigliare dei libri.
        Si può dire che non l’ho mai fatto. Ogni tanto, raramente, condivido qualche buon film con pochi amici. Ma anche lì ho gusti molto personali… Mi dispiace.
        P.S.: pensa davvero che quello che Lei teme sia inevitabile?

        • Paola 11 Luglio 2021

          L. Cadè.

          A lungo ho sperato in un evento, di qualsiasi natura, capace di denudare la Menzogna o, perlomeno, di annientarne la laida e pericolosa deriva. Ammetto che la speranza comincia a vacillare. I miei principi, mai. E questo conferisce una strana, quasi perfida, serenità (mi si perdoni l’immagine ossimorica), che riesce a tranquillizzare, anche di fronte all’ineluttabile. Perché comunque si ripudia qualsiasi forma di abiura e/o sottomissione. Comunque vada.

          P.S. Comprendo la riluttanza a suggerire eventuali letture, non si preoccupi.

  • paolo 11 Luglio 2021

    È corretto affermare che ci avviamo a grandi passi verso una società misofoba?

    • Livio Cadè 11 Luglio 2021

      Io credo che questa sia una società che odia sé stessa. Finge di avere rispetto, tolleranza, solidarietà, amore… solo per nascondere la verità che si odia profondamente e sta cercando di distruggersi.

  • Paola 12 Luglio 2021

    Mi attirerò critiche e non solo…me ne farò una ragione. Ma sentendo dalla strada gli schiamazzi degli imbecilli, grati della ulteriore dose di anestetico, mi rendo conto di non aver apprezzato mai così tanto E. Cioran.

    “Non vi è che questo pullulare di moribondi affetti da longevità, tanto più detestabili in quanto sanno organizzare così bene la loro agonia”.

    E le vacillanti speranze sono sempre più vacillanti.

    • Livio Cadè 12 Luglio 2021

      Sono cresciuto nel mondo del calcio e ne ho condiviso da vicino tutte le emozioni, le bellezze e gli squallori.
      Il ‘tifo’ è una malattia, si sa. Ha carattere tribale. E anche quando diventa esultanza per una vittoria è privo di gioia. È lo sfogo, spesso violento, di tensioni e insoddisfazioni.
      E adesso che il panem andrà sempre più assottigliandosi, bisognerà compensare coi circenses.
      In ogni caso, fare i botti fino alle tre di notte è per me da deficienti. Questa credo sia l’opinione di quanti approfittano della notte per dormire. È anche l’opinione del mio cane, che è rimasto traumatizzato.
      E così, oltre che trifobo, sembrerò anche calciofobo, o poco patriottico. Sempre peggio.

  • Paola 12 Luglio 2021

    Mio padre (caro Papà…) amava il calcio, e io con lui. Non ci perdevamo una partita. Ricordo una splendida Italia-Brasile, “82 (quarti di finale?)…è sempre stato un rito, con luci e ombre, anche un anestetico. Ma erano altri momenti. Un mondo fa, una vita fa. Ora è una oscena danza sul proprio coma profondo, sempre più profondo.
    Una carezza al Suo cane.

    • Livio Cadè 12 Luglio 2021

      Tornando al tema fobico, dopo aver riletto attentamente il DDL in questione non ho trovato alcun riferimento al reato di eterofobia. Sarà una dimenticanza?

      • Paola 12 Luglio 2021

        No. Non è di competenza loro. Il tema è passato al WWF. Per il rischio di estinzione.

        • Livio Cadè 13 Luglio 2021

          Ah, meno male. Per un attimo ho temuto fosse una forma di discriminazione.

  • Paola 13 Luglio 2021

    Fuori tema: che rapidità…ancora in corso i postumi della sbornia pallonara e già il capriccioso bimbo gallico fa il cattivo…e il pennuto pluridecorato medita (con che organo?) di emularlo…anche gli eredi di Pisistrato stanno seguendo la linea…velocissimi, tutti.

    • Paola 13 Luglio 2021

      …più veloci della sferetta di Schrödinger. Mah, meglio tornare col pensiero alla trifobia. È più rassicurante. O meno terrorizzante. Dipende dai punti di vista.

  • Livio Cadè 13 Luglio 2021

    Un’altra evidente lacuna della legge è il non prevedere il reato di monofobia, cioè la discriminazione e l’intolleranza, espressa con atti e/o parole, verso chi preferisce far sesso da solo.
    So di toccare temi scabrosi, ma qui stiamo parlando del futuro della nostra società e non possiamo sperare che vi sia autentico rispetto tra le persone se non interveniamo in modi radicali sulla discriminazione in ogni sua forma.
    La mia idea è che si potrebbe istituire il reato di omnifobia, partendo dal presupposto che siamo tutti colpevoli di qualche discriminazione.
    Quindi, invece di elevare multe o mandarci in prigione, lo Stato potrebbe creare una tassa sulla fobia (ISFED, imposta statale su fobie e discriminazioni) che tutti dovranno pagare senza eccezioni.
    (Forse qualcuno che non discrimina c’è, ma son casi rarissimi di cui si può non tener conto. Del resto, anch’io devo pagare la tassa sulla TV che non guardo mai).
    È solo una proposta ma spero venga presa in seria considerazione.

  • Paola 16 Luglio 2021

    A proposito di odio, fobia e dolci sentimenti…chissà se noi poveri sforacchioresistenti definiti “disertori, latitanti, criminali, vigliacchi, scrocconi dell’immunità etc…” (le carezze si sprecano), per cui si invoca il ghetto, avremo, in futuro, “un giorno della memoria”…ah, nooo! Blasfemia, reato! Quello era un “unicum”!

    • Paola 16 Luglio 2021

      …per noi annientamento immediato, resti (forse) nel Popocatepetl e damnatio memoriae. Non sia mai che che le generazioni future si interroghino, un giorno, su chi fossero i vigliacchi, latitanti, disertori, scrocconi etc. E cosa fosse il libero pensiero.

      • Livio Cadè 16 Luglio 2021

        Gentile Paola, al momento i suoi timori sembrano ragionevoli. Ma io mi concedo un po’ di ottimismo della volontà…
        Mi dà forza pensare a quel che diceva von Keyserling, cioè che ci capita solo quel che ci appartiene già intimamente.

  • Paola 16 Luglio 2021

    Beh, speriamo in questi residui di ottimismo. Altrimenti, pazienza.

    • Livio Cadè 17 Luglio 2021

      Altrimenti, più che transfobi, ci converrà diventare transfughi.

      • Paola 17 Luglio 2021

        Il punto è dove…dicono che nei Balcani il delirio non sia arrivato. Alcuni luoghi sono veramente belli. Ma non hanno molto rispetto per gli animali…visto di persona. E non riesco a tollerarlo. Altre mete, troppo costose.

        • Paola 17 Luglio 2021

          Parlo seriamente. Sono mesi che cerco informazioni su costo della vita in vari paesi, facilità di trasferimento, requisiti, opportunità etc…dovrebbero riconoscerci lo status di rifugiati, l’asilo politico o qualcosa di simile. Ma non ci sono gli estremi, purtroppo. Non ancora, perlomeno…

  • Paola 17 Luglio 2021

    *in riferimento ai Balcani e agli animali…non che molte aree del Bel Paese brillino per rispetto vs gli animali…nulla da invidiare ad altri. Stendiamo un velo. A strati multipli.

    • Livio Cadè 18 Luglio 2021

      Anch’io parlavo seriamente. Temo infatti che venga intrapresa a breve una grande opera di derattizzazione per colpire noi, i nuovi ‘topi’ secondo il nazismo sanitario. Opera tesa a scovarci, stanarci, come si fa appunto con i roditori. Forse ci metteranno trappole, esche avvelenate. Tutto ciò che può servire alla disinfestazione. O forse ci useranno come cavie.
      Alle metafore animali si aggiungano quelle militari (tipo ‘disertori’, ‘traditori’) e si capirà che c’è poco da scherzare. Come minimo c’è la galera. Oppure il plotone d’esecuzione

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