Molti italiani sono affetti da esterofilia. C’è da augurarsi, anche se c’è ben poca certezza al riguardo, che siano almeno inconsapevoli del fatto che il loro amore è ben lungi dall’essere condiviso all’estero. È difficile dimenticare ad esempio per quanto riguarda la Francia, le reazioni colleriche quando il complesso italiano dei Maneskin ha vinto l’Eurocontest di musica. Poiché poco tempo dopo si è verificato l’incidente della funivia del Mottarone, un periodico francese, non dei minori è arrivato a scrivere: “Dio sorride quando muore un italiano”, e la vignetta di “Charlie Hebdo” che prendeva in giro i terremotati di Amatrice, ve la siete forse dimenticata? Una cosa simile non può essere giustificata con l’alibi della satira: satira è prendere in giro i potenti, non i disgraziati, quella è stata solo villania e razzismo nei nostri confronti. Io spero che tutti gli ingenui che in occasione dell’attentato islamico, che sarà stato deprecabile finché volete, ma non vale a nobilitare un fogliaccio come quello, hanno postato sui loro profili facebook e messo un po’ dappertutto quel ridicolo “Je suis Charlie”, se ne siano pentiti/vergognati, ma non ci conto molto.
Gli Inglesi, che dire degli Inglesi, forse che non hanno reagito alla nostra vittoria agli Europei di calcio prendendoci a pesci in faccia?
Non si è trattato solo della prevedibile violenza degli hooligans che hanno dato il via a una vera e propria caccia all’italiano contro i nostri tifosi, ma della squadra inglese che si è strappata le medaglie d’argento dal collo e ha disertato la premiazione (e una nazionale non ha titolo per rappresentare il proprio Paese?) e di quel beniamino dei rotocalchi rosa nonché membro della famiglia reale, il principe William, che ha fatto altrettanto.
Uno dei personaggi più nefasti della storia umana, Winston Churchill, ebbe a dire che gli Italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre. Beh, almeno stavolta sono stati i suoi connazionali a perdere una partita di calcio come se fosse stata una guerra.
Sembra che gli Inglesi nutrano nei nostri confronti un odio antico quanto immotivato. Questo episodio me ne ha fatto venire in mente un altro. Nel 1912 sul Titanic c’era personale italiano. Quando fu dato l’ordine di abbandonare la nave, i camerieri inglesi corsero a rinchiudere gli italiani nelle stive, in modo che non avessero la possibilità di salvarsi.
Gli yankee (chiamateli yankee, chiamateli statunitensi, meglio non chiamarli americani, gli americani, quelli veri, sono i nativi che essi chiamano pellirosse, e che hanno quasi completamente sterminato), prescindiamo, se volete, da episodi di aperto razzismo verso i nostri immigrati di cui il caso di Sacco e Vanzetti è stato il più clamoroso ma non certo l’unico. Dal 1945 non hanno perso un’occasione per farci pesare che loro sono i padroni e noi i servi, ricordiamo ad esempio che hanno riso in faccia alle nostre richieste di consegnarci i responsabili del disastro della funivia del Cermis. In compenso è piombata da noi Hillary Clinton per imporci un processo d’appello farsa per il delitto di Perugia e scarcerare Amanda Knox che i media yankee hanno prontamente trasformato in un’eroina. Certo, sono stati molto aiutati dall’atteggiamento servile della classe dirigente democratica.
Neppure i Tedeschi, è notorio, ci amano molto, ma in questo caso la cosa è più comprensibile alla luce dei due voltafaccia del 1915 e del 1943, e non tutti comprendono che di ciò non è stato responsabile il popolo italiano, ma una ristretta oligarchia legata agli ambienti massonici internazionali contro cui neppure il fascismo ha potuto nulla.
Ciò che occorrerebbe di fronte a questa situazione di cui bisogna prendere atto invece di coltivare illusioni, sarebbe prima di tutto compattezza e solidarietà nezionale, invece di dimostrare come i molti esterofili, quasi piacere a essere presi a pesci in faccia.
Non possiamo pretendere che gli stranieri abbiano considerazione di noi se siamo i primi a non stimarci, se si vorrebbe essere a tutti i costi padani o bi-siculi (delle Due Sicilie) o qualunque cosa lungo la scala zoologica, meno che italiani, se ci inventiamo pseudo-nazionalità con l’unico risultato di aggiungere al disprezzo il ridicolo.
Ai mali antichi dell’Italia, frutto di quindici secoli di frammentazione politica, si sono aggiunti i disastri della democrazia.
Il giorno che – volesse il Cielo – si arrivasse a una Norimberga della democrazia, quello di aver distrutto negli Italiani ogni senso di appartenenza nazionale, non sarebbe il capo d’imputazione minore.
Un concetto che bisogna avere ben chiaro è che quando si ascolta un TG o si legge un articolo su un periodico a grande tiratura, solitamente non si riceve un’informazione onesta, ma si subisce la propaganda di regime.
Una delle tematiche spesso ripetute e strombazzate di questa propaganda che non ha, ben s’intende, il minimo rispetto per la realtà dei fatti, è la leggenda secondo la quale l’Italia e gli Italiani sarebbero tenuti insieme dalla conformazione geografica della Penisola e da un lieve, lievissimo collante culturale, ma da nessuna coerenza genetica, che l’Italia sarebbe già oggi quel melting pot genetico con cui intendono sostituirci, facendoci sparire come popolo, cioè che in sostanza gli Italiani non esisterebbero. Lo scopo di questa menzogna di regime è drammaticamente chiaro: vogliono persuaderci che lasciandoci invadere da milioni di allogeni, non avremmo nulla da perdere, anzi magari da guadagare qualcosa, come se una pianta infestata dai parassiti fosse più sana di una che non lo è, in sostanza non si tratta altro che del piano Kalergi, per quanto ci riguarda, disgraziatamente in avanzato stato di realizzazione.
Un accanito propagatore di questa menzogna è il figlio di papà Alberto Angela nella trasmissione pseudo-scientifica “Ulisse”, in realtà propaganda di regime come tutto il resto, non a caso in onda su RAI 3, la più sinistra delle reti di stato.
Dire “di sinistra” o dire “di regime” è la stessa cosa. Una cosa che disgraziatamente gli Italiani non hanno ancora capito, è che quando la sinistra finge di essere anti-sistema, li sta prendendo per i fondelli alla grande.
Peccato che le ricerche scientifiche serie sulla genetica degli Italiani abbiano sempre smentito questa bufala, dimostrando al contrario che quello italiano è, o dovremmo dire è stato finora, uno dei popoli geneticamente più coerenti d’Europa, con una lieve componente celtica a nord e una greca al sud, ma non tali da intaccare la nostra sostanziale coerenza etnica.
Fatevene una ragione: gli Italiani esistono.
per una volta devo chiedervi di credermi sulla parola perché non sono in grado di darvi, come di consueto, i riferimenti. Nel mese di marzo 2021 è comparsa in internet la notizia di una ricerca sulla genetica degli Italiani, a cui sono riuscito a dare una fuggevole occhiata, salvo poi non riuscire più a rintracciarlo, perché è stato rimosso penso per la valanga di commenti polemici che ha suscitato. Cosa diceva di così scandaloso? Confermando peraltro i risultati di altre ricerche genetiche di cui abbiamo avuto modo di vedere in passato, evidenziava il fatto che gli Italiani sono una popolazione geneticamente ed etnicamente coerente, che da un punto di vista genetico-etnico gli Italiani esistono. Apriti Cielo! Da qui, attacchi furibondi, soprattutto da parte di individui che si definiscono neoborbonici, che preferirebbero essere magrebini o qualsiasi altra cosa piuttosto che italiani.
Un fatto spiacevole di cui dobbiamo prendere atto, è che sebbene quasi ovunque i termini “destra” e “nazionale” siano praticamente sinonimi, questo non vale purtroppo per l’Italia dove esiste una destra antinazionale. I motivi di questa situazione apparentemente assurda, li conosciamio. Dopo quindici secoli di dominazioni straniere, divisione politica e vane speranze, la nostra unità nazionale è arrivata “in scia” del movimento massonico, ma rinunciarvi per questo sarebbe non prendere il bene col male che siamo comunque costretti a subire.
L’alleanza del trono e dell’altare di cui parlava Charles Maurras, da noi non è mai esistita, l’altare è sempre stato nemico del trono. A ciò vanno naturalmente aggiunti gli effetti deleteri di tre quarti di secolo di democrazia antifascista.
L’articolo è stato presumibilmente ritirato sotto una pioggia di accuse di essere “fascista”, ma se i ricercatori non hanno fatto altro che constatare la realtà dei fatti, non sono loro a essere “fascisti” ma la realtà stessa.
In psicologia si chiama profezia che si auto-adempie: se si tratta un ragazzo sistematicamente da stupido, egli si convincerà di esserlo e ridurrà le proprie aspettative di vita, andando incontro a insuccessi che confermeranno la profezia stessa, ma senza la quale non si sarebbero verificati. Cerchiamo di capire bene questo meccanismo, perché è alla base dell’immagine di sé stessi che tre quarti di secolo di tirannide democratica hanno fatto interiorizzare agli Italiani attraverso il sistema mediatico.
Un grande interprete non dei difetti degli italiani, ma di quelli che vogliono a tutti i costi farci interiorizzare attraverso il meccanismo della profezia che si auto-adempie, dell’italiano furbetto, vigliacco e sostanzialmente amorale, nonché esterofilo fino al ridicolo, fino al punto di non capire chi realmente sia, basti pensare a Un americano a Roma, è stato Alberto Sordi, grande interprete, s’intende, ma che ci ha dato un’immagine di noi stessi che non può non suscitare vergogna e disgusto.
Sordi non è stato certamente il solo a mettere mano a questo sistema di imbonimento mediatico. Ricordo ad esempio una macchietta sul soldato furbetto-vigliacchetto passata diverse volte su diversi programmi televisivi (RAI, ovviamente) di Enrico Montesano, che testimonia fra l’altro una grande ignoranza della storia, quella stessa che una scuola dove si socializza, ma in definitiva non si impara più nulla, cerca di inculcare nei nostri ragazzi. La logica della macchietta è quella del “soldato che fugge è buono per un’altra volta”. Ora prescindiamo dal fatto che il soldato che fugge non è buono per nessuna volta, perché fuggirà ancora.
Montesano annuncia con evidente compiacimento:
“Le guerre che amo fatto (abbiamo fatto, si esprime in romanesco) le amo perse tutte, l’ultima l’amo pareggiata”.
Naturalmente, una simile idiozia non meriterebbe una risposta, tanto meno una risposta elaborata, ma dato che si tratta di un tutt’altro che innocuo atteggiamento che si cerca di farci interiorizzare, sarà il caso di procedere a un’analisi dettagliata.
“Le guerre che amo fatto le amo perse tutte”.
Potremmo partire perfino dall’antichità romana. Fateci caso, quando si parla delle battaglie di Roma antica, si parla sempre con monotona insistenza di Canne e di Teutoburgo. Ma davvero vogliono farci credere che i nostri antenati hanno costruito un impero che andava dalla Britannia alla Siria accumulando solo sconfitte? Ma veniamo a qualcosa di più vicino a noi: le guerre risorgimentali. Qui la frase di Montesano riecheggia un diffuso pregiudizio della sinistra (o del sistema, che, non si insisterà mai abbastanza su questo punto, è la stessa cosa) secondo cui la nostra unità nazionale sarebbe stata il frutto indiretto della politica delle potenze del XIX secolo a cui gli Italiani sarebbero sostanzialmente rimasti estranei: è la teoria delle tre S: Solferino, Sadowa, Sedan. A Solferino i Francesi, a Sadowa e Sedan i Prussiani, sarebbero stati loro a vincere per nostro conto.
Davvero strano! Per quanto riguarda la seconda guerra d’indipendenza, a parte Solferino, dopo di che i Francesi ci piantarono in asso con l’armistizio di Villafranca, salvo pretendere poi ugualmente e disgraziatamente ottenere Nizza e la Savoia, non ci si ricorda mai di San Martino, dove furono i Piemontesi, gli Italiani a battere gli Austriaci. Sadowa, la guerra austro-prussiana, per noi terza guerra d’indipendenza, per noi fu una guerra sfortunata, in cui dovemmo registrare le sconfitte di Custoza e di Lissa, anche se stranamente ci si dimentica sempre della vittoria garibaldina di Bezzecca, ma soprattutto ci si dimentica o si fa finta di non sapere che se la Prussia ottenne la fulminante vittoria di Sadowa, ciò fu dovuto al fatto che l’Austria aveva concentrato le sue forze sul fronte italiano lasciando quello prussiano sguarnito, e i nostri si trovarono ad affrontare quasi da soli quello che allora era uno dei più potenti eserciti al mondo. Contrariamente a quanto fu spesso detto, anche il Veneto non ci fu affatto “regalato”, ma fu guadagnato con il coraggio e il sangue dei nostri soldati.
Sedan: fu un colpo di fortuna, ammettiamolo, che i Prussiani ci sbarazzassero dell’ingombrante presenza di Napoleone III, che ci aveva fin allora impedito l’annessione di Roma, ma a cosa sarebbe servito senza i decenni di sacrifici e di lotte che l’avevano preceduto?
La prima guerra mondiale fu una guerra durissima, tre anni e mezzo di trincea sopportati con stoicismo, poiché la mitragliatrice e il reticolato avevano trasformato la guerra in uno statico confronto di logoramento. “Sono leoni”, questo fu il giudizio più volte riferito dai comandanti austriaci sui nostri combattenti.
A proposito della prima guerra mondiale, anche qui con sorprendente monotonia si ricorda soprattutto la sconfitta di Caporetto. Ci si vuole dare a intendere che abbiamo vinto perché ci trovavamo schierati nella coalizione vincitrice e sul campo l’avremmo persa. Vorrei allora ricordare un episodio poco noto, un nome che non dirà molto a molti di voi: Pozzuolo del Friuli. Dopo il disastro di Caporetto, si rivelò impossibile, come si era sperato, fermare gli Austriaci sul Tagliamento, che avevano già sorpassato. A Pozzuolo del Friuli il Genova cavalleria si sacrificò fino all’ultimo uomo per costituire uno scudo che permettesse al resto del nostro esercito di ripiegare sul Piave. Gli uomini del Genova erano assolutamente consapevoli che nessuno di loro sarebbe uscito vivo, ma tennero duro, con uno spirito non diverso da quello dei kamikaze.
Grazie a loro, Caporetto fu si una sconfitta, ma non la battaglia di annientamento che gli Austriaci avevano sperato, la sola che avrebbe potuto salvare il fatiscente impero.
In quegli amari giorni dell’ottobre 1917 era impossibile capirlo, ma grazie ai cavalieri del Genova, la guerra e un secolo di lotte risorgimentali furono vinti lì in quel momento.
Tuttavia è la seconda parte dello sproloquio di Montesano quello che rivela, vuoi la più profonda ignoranza, vuoi il desiderio di imporre una visione falsata dei fatti.
“L’ultima l’amo pareggiata”.
Questo riflette un’idea diffusa quanto assolutamente falsa, secondo la quale grazie al voltafaccia dell’8 settembre 1943 saremmo usciti dal conflitto relativamente indenni, l’avremmo appunto “pareggiato”.
È inevitabile, il tradimento genera il disprezzo anche di coloro che ne beneficiano, e questo disprezzo i cosiddetti alleati non persero occasione di dimostrarcelo.
Appena arrivato a Brindisi, Vittorio Emanuele III fu immediatamente dimissionato dagli “alleati”, e i suoi poteri peraltro a questo punto puramente simbolici passati in qualità di “luogotenente del regno” al figlio Umberto, quello che nel 1946 sarà re per un mese scarso. L’aeronautica ricostituita al sud fu impiegata nei Balcani in appoggio alle bande comuniste titine. I nostri piloti non lo sapevano, ma gli “alleati” lo sapevano benissimo per infliggerci un supremo smacco, di contribuire in tal modo al genocidio della nostra gente sulla sponda orientale dell’Adriatico. Avendo ingenuamente ubbidito all’ordine del re disertore, il comandante e asso dei sommergibilisti Paolo Fecia di Cossato, simile a un antico samurai, non vide altra via per riscattare l’onore, se non il suicidio.
Oltre al danno, la beffa. Al momento della stipula del trattato di pace, tornammo a essere i nemici sconfitti. Quasi due anni di cobelligeranza non erano serviti a niente se non a innescare una ancor più vergognosa guerra civile contro coloro che ancora resistevano all’invasore angloamericano.
Ma non sono questi gli effetti peggiori di ciò che quel “l’amo pareggiata” vuole nascondere.
Contrariamente da quanto si vuol far credere agli ingenui, l’Italia non è uscita da questo conflitto “pareggiato” senza pesanti mutilazioni territoriali, in particolare sul confine orientale, perdendo l’Istria, Fiume e quasi tutta la Venezia Giulia (il 95% della provincia di Gorizia e il 90% di quella di Trieste). Ma non è tutto, perché nelle terre cadute sotto le grinfie della Jugoslavia comunista, le bande di partigiani slavi hanno attuato una pulizia etnica estremamente feroce, massacrando nelle foibe migliaia (non si conoscono le cifre né esatte né approssimative) di italiani colpevoli solo di essere tali e costretto centinaia di migliaia di essi alla fuga per non subire la stessa sorte.
Sulla tragedia di questi morti e di questi perseguitati, per sessant’anni fino alla caduta del comunismo, la sinistra nostrana ha steso un velo di silenzio omertosa e complice. Omertà, intimidazione e menzogna sono da sempre le armi della sinistra. Solo ricordare quei morti e quei perseguitati, significava essere “fascisti”.
Dopo la caduta del comunismo, sono venute le ammissioni a mezza bocca, più vaghe e reticenti possibile perché gli Italiani non si rendano conto della vergognosa omertà su ciò della sinistra nostrana e della democrazia antifascista. E come è possibile dimenticare che il signor Sergio Mattarella che non è e non sarà mai il presidente di tutti gli Italiani ha insignito nel 2020 del cavalierato di gran croce lo scrittore sloveno Boris Pahor negazionista delle foibe? D’altra parte, né lui né gli altri presidenti della repubblica antifascista e anti-italiana che l’hanno preceduto, si sono mai preoccupati di revocare l’onorificenza a suo tempo conferita al capo degli assassini, il maresciallo Tito.
Poiché anche nelle più grandi tragedie si può scorgere un lato ironico, mi domando: se qualcuno di quegli individui che vorrebbero essere tutto meno che italiani si fosse trovato sul confine orientale nel 1943-45 e avesse detto agli assassini slavo-comunisti: “Io non sono italiano, sono padano (o bi-siculo o magari mitteleuropeo)”, avrebbe ottenuta salva la vita? Certamente no, avrebbe solo ricevuto lo scherno dei carnefici.
Il metodo in sé non è originale, l’aveva già descritto George Orwell in 1984: distorcere il passato per manipolare il presente, ma bisogna dire che la tirannide che conosciamo con il nome di democrazia è riuscita ad applicarlo con molta efficacia, e se guardiamo ai frutti dell’“educazione democratica” nei nostri ragazzi, vediamo anche che è riuscita anche a trasformare i figli di una stirpe di leoni in conigli.
NOTA: Nell’illustrazione, L’Italia turrita del giardino Montanelli di Milano, mutilata di un braccio da un inconsulto gesto vandalico, ben si presta a rappresentare la nostra nazione in cui si cerca di cancellare ogni senso di appartenenza nazionale.
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