12 Ottobre 2024
Fantascienza

Narrativa fantastica, una rilettura politica, ventiquattresima parte – Fabio Calabrese

Riepilogando brevemente quanto abbiamo visto finora, io ho dedicato questa serie di articoli dalla ventesima parte in poi, a illustrare una tesi precisa: la preminenza che hanno oggi gli autori di lingua inglese nel campo della letteratura fantastica non dipende affatto, come si potrebbe credere, dal fatto che la cultura dei Paesi di lingua anglosassone sia maggiormente inclinata verso il fantastico rispetto a quella di altre culture e nazionalità, ma esclusivamente dal predominio assunto nel mondo cosiddetto occidentale in seguito alla conclusione della seconda guerra mondiale, da una potenza di lingua inglese, gli Stati Uniti d’America.

A riprova di ciò, ho analizzato il caso della Germania, terra d’elezione, soprattutto nel XIX secolo della cultura romantica e dove le componenti fantastiche legate anche a un ricchissimo folclore sono sempre state estremamente forti, per mostrare come essa avesse tutte le potenzialità, e probabilmente maggiori rispetto al mondo anglosassone, per uno sviluppo della narrativa fantastica, e certamente quello letterario non è il solo campo il cui sviluppo è stato stroncato attraverso due guerre mondiali di cui le sono state falsamente attribuite le responsabilità.

Un discorso non dissimile si potrebbe fare anche per il fantastico latino e italiano, e si tratta appunto di una tematica che mi riprometto di svolgere in un secondo momento.

Noi sappiamo che a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, la Germania è stata sottoposta a un massiccio lavaggio del cervello, a un’intensa opera di cancellazione culturale, intesa a epurare, non solo le persone, ma tutte quelle componenti ideologiche e culturali sospettate o sospettabili di aver potuto portare in qualche modo all’esperienza nazionalsocialista. “Terra rieducata”, l’ha definita Gianantonio Valli con amara ironia.

Bisogna però dire che tale operazione tabula rasa non è a conti fatti riuscita così completa come i vincitori volevano, e, anche dopo l’infausta conclusione del conflitto, il fantastico tedesco ha continuato a dimostrare una sua peculiarità, dandoci per esempio un Michael Ende, l’unico scrittore non anglosassone che si può in qualche modo accostare a Tolkien, per non parlare del fatto che la fantascienza, genere “americano” trapiantato in Europa dopo il conflitto, ha, sul suolo tedesco (ma anche su quello dei Paesi latini, come vedremo più avanti) cominciato a mostrare delle peculiarità che non consentono di ridurlo a una semplice imitazione di ciò che viene prodotto oltreoceano.

Cominciamo allora a parlare di Michael Ende. Vi dico subito che nella biografia dello scrittore così come è presentata da Wikipedia, c’è qualcosa che assolutamente non convince. Ende è nato a Garmisch-Partenkirken il 12 novembre (la mia stessa data di nascita, una coincidenza che mi ha sorpreso) 1929 ed è deceduto a Stoccarda il 28 agosto 1995. Cifre alla mano, si vede che il periodo della sua giovinezza coincide con l’epoca nazionalsocialista, ciò nonostante, Wikipedia ci assicura che sia lui sia la sua famiglia sarebbero riusciti a evitare ogni contatto con i nazionalsocialisti. Nel 1945 Ende sarebbe stato chiamato alle armi, ma sarebbe rimasto al fronte pochi giorni per disertare subito dopo. Ciliegina sulla torta, nel 1936 le sue opere sarebbero state messe al bando in quanto arte degenerata. Non è credibile, visto che all’epoca Ende aveva solo 17 anni e non aveva scritto altro che qualche favola per bambini. Non occorre essere Sherlock Holmes per sospettare una biografia inventata per procurarsi benemerenze antifasciste così utili dopo la guerra.

Un caso che ricorda da vicino quello del drammaturgo Gunther Grass, l’autore del Tamburo di latta e premio Nobel per la letteratura nel 1999, che nascose per tutta la vita di aver militato negli ultimi mesi del conflitto in un battaglione carri delle Waffen SS, anche perché dopo l’attentato di Von Stauffenberg, le Waffen SS erano in pratica la sola forza militare rimasta in Germania.

Una vicenda che ci impone alcune importanti riflessioni: di certo nessuno ha mai sospettato Grass di avere qualcosa a che fare coi campi di concentramento. La colpa di Grass era quella di aver portato sul colletto le stesse rune dei guardiani dei lager, è il simbolo in sé a fare paura, il che ci rimanda al lato stregonesco e superstizioso della democrazia, e nello stesso tempo notiamo la totale inversione di valori che essa comporta, se un uomo è costretto a celare come una vergogna quello che dovrebbe essere il maggior vanto per qualsiasi uomo in qualsiasi circostanza, aver difeso in armi la propria patria.

Dopo la guerra, Ende tentò senza grande successo la carriera di attore teatrale, e si avvicinò all’antroposofia di Rudolf Steiner. La sua carriera di scrittore non fu precocissima, sebbene avesse scritto in precedenza alcune sceneggiature teatrali, iniziò nel 1958 con il libro per l’infanzia Le avventure di Jim Bottone (Jim Knopf, in lingua originale), poi proseguì nel 1962 con il seguito La terribile banda dei tredici pirati.

Ende visse a lungo in Italia, nel 1964 sposò a Roma la sua prima moglie Ingeborg Hoffman, poi nel 1971 si trasferì a Genzano. Nel 1972 portò a termine Momo. Il successo di Momo fece di lui un autore affermato, ma la comparsa del suo capolavoro, La storia infinita dovette attendere ancora il 1979. Del 1986 è la sua principale raccolta di racconti, Lo specchio nello specchio. Nel 1985 morì la moglie Ingeborg, e nello stesso anno lo scrittore tornò in Germania dopo un lungo soggiorno italiano. Ende si risposò nel 1989 con la seconda moglie Mariko Sato, conosciuta durante un viaggio in Giappone. Nel 1992, Ende cominciò ad accusare “strani dolori di stomaco”, ma solo nel 1994 gli fu diagnosticato un cancro. Morì nel 1995.

Questa, devo dire, è un’altra coincidenza che mi ha colpito parecchio, oltre a quella del giorno di nascita: nel 2014 cioè alla stessa età in cui Ende ha cominciato ad avere “quegli strani dolori di stomaco”, mi è stato riscontrato un tumore al colon, solo che io non ho aspettato due anni per avere una diagnosi, sono stato operato, sono vivo, guarito e in buona salute. Non sarà strettamente attinente al nostro argomento, ma vorrei ricordare a tutti l’importanza della prevenzione.

In una bibliografia non certo affollata, i romanzi importanti di Ende sono Momo e La storia infinita. Momo è una storia che riesce a unire la delicata poesia dei sogni infantili con una spietata critica della civiltà nella quale viviamo. Momo, l’eterna bambina senza tempo che compare all’improvviso dal nulla, è destinata a scontrarsi con gli uomini grigi che riescono a rubare agli uomini il tempo della loro vita persuadendoli che “hanno cose più importanti da fare”, trasparente metafora della società moderna e dei suoi ritmi innaturali.

Sotto una cortina di invenzioni mirabolanti che vanno da personaggi come il mangiatore di roccia o il cavalcatore di lumache da corsa a luoghi come la montagna vagante o la miniera delle immagini, il messaggio de La storia infinita è molto simile: la fantasia dell’uomo prigioniero di un mondo inquadrato, cementificato, addomesticato, sta morendo, e noi capiamo che in realtà non basterà certo l’intervento di un Bastian a salvarla.

Narrazione su più piani, metalibro, La storia infinita prospetta l’incontro fra l’autore e i suoi personaggi, fra i personaggi e il lettore, Storia infinita appunto perché circolare, anche se i toni da narrativa per l’infanzia possono far perdere il senso del messaggio di fondo, pessimista e antimoderno.

È significativo il fatto che Ende, dopo aver firmato il contratto per la trasposizione cinematografica, intentò causa ai produttori cercando di far togliere il suo nome dai titoli di testa della pellicola che fraintendeva lo spirito del romanzo, non aveva compreso in tempo il potere della macchina hollywoodiana di banalizzare ogni cosa. Fra i cambiamenti apportati rispetto al libro, nel film il lupo che incarna le forze del male, è stato chiamato Gmork invece che Mork per evitare l’omonimia con il famoso alieno incarnato da Robin Williams. Questo fatto ne ricorda un altro: quando fu portato sigli schermi il fumetto Hellboy (letteralmente, ragazzo d’inferno) il cui protagonista è un diavolo dalle corna segate e diventato buono, il nome fu cambiato in Helloboy (salve, ragazzo). Hollywood ha bisogno di personaggi monolitici, interamente buoni o cattivi, sa di rivolgersi a un pubblico nel quale il ritardo mentale è appassionatamente coltivato.

Riguardo alla fantascienza di lingua tedesca sarà bene fare un discorso che tornerà utile al momento di affrontare la questione di tutte le fantascienze nazionali dell’Europa occidentale, compresa quella italiana.

La fantascienza “made in USA” è arrivata, come tante cose, in Europa dopo la seconda guerra mondiale, come uno dei tanti segni dell’egemonia acquistata dagli Stati Uniti anche in campo culturale, e ha poi prodotto “di rimbalzo” delle fantascienze locali, all’inizio puramente imitative, ma dopo col tempo sono emersi non solo autori nazionali per nulla inferiori al modelli americani, ma anche caratteristiche nazionali che hanno in vario grado recuperato la cultura preesistente, delle fantascienze non anglosassoni ricche di elementi interessanti. Vale per la Germania, vale, come vedremo più avanti, anche per i Paesi latini e l’Italia.

Tuttavia, in questi termini il discorso è ancora incompleto, perché fin dal XIX secolo, prima che la fantascienza fosse codificata negli Stati Uniti come genere nel 1926 (ad opera di un immigrato lussemburghese, Hugo Gernsback), il progresso scientifico di cui allora non si vedevano i lati negativi, aveva ispirato a vari autori europei diverse opere di quella che possiamo considerare una paleo o pre-fantascienza, in Francia gran parte dell’opera di Jules Verne, in Italia quanto meno Le meraviglie del duemila di Emilio Salgari. Anche la Germania ha avuto il suo Jules Verne: Kurd Lasswitz.

Carl Theodor Victor Kurd Lasswitz nacque a Breslavia nel 1848 e si spense a Gotha nel 1910, fu scrittore, scienziato e filosofo, autore fra l’altro di una biografia dello psicologo Gustav Fechner. Nel 1897 scrisse il romanzo Auf zwei Planeten (Su due pianeti) in cui si narra dell’incontro dei terrestri con una più evoluta civiltà marziana, romanzo che divenne subito popolarissimo.

Nel 1980 è stato istituito il premio Kurt Lasswitz per autori di fantascienza di lingua tedesca.

Il decano della fantascienza tedesca del dopoguerra è stato probabilmente Walter Ernsting, nato nel 1920 a Coblenza, deceduto nel 2005 a Salisburgo. Arruolato nella Wehrmacht allo scoppio della seconda guerra mondiale, di stanza in Norvegia, fu catturato dai Russi e restò in prigionia diversi anni dopo la fine del conflitto. Tornato in patria, iniziò a scrivere fantascienza, dapprima sotto lo pseudonimo di Clark Darlton (Questa è una cosa che è capitata spesso anche per la fantascienza italiana ai suoi esordi: gli editori esigevano che l’autore nazionale si celasse dietro uno pseudonimo anglosassone, convinti che il pubblico non avrebbe accettato l’autore nazionale).

Nel 1961, iniziò la serie di romanzi di Perry Rhodan, una saga spaziale che divenne la pubblicazione di fantascienza di maggior successo in Germania, e che continuò praticamente per il resto della vita. Dai romanzi sono nati fumetti, audiolibri, riduzioni radiofoniche, sono stati tradotti in più lingue, si può dire che Perry Rhodan per un lungo periodo ha rappresentato la fantascienza in Germania. È stato osservato che il protagonista della serie, classico eroe positivo, nonostante il nome anglosassone, presenta caratteristiche spiccatamente germaniche, quasi un novello Sigfrido.

Come ho già fatto in precedenza, non baderò ai confini politici della Germania, quanto piuttosto all’appartenenza all’etnia e all’uso della lingua tedesca, ho già citato austriaci, svizzeri come Arnold Bocklin, nativi della Boemia come Karl Hans Strobl, in quest’ottica, non sarà fuori luogo nemmeno parlare di quello che è forse il maggior autore di fantascienza austriaco, Herbert W. Franke. La sua biografia è piuttosto scarna. Nato a Vienna nel 1927, tuttora vivente, è laureato in fisica elettronica ed è stato docente presso l’università Ludwig Maximilian di Monaco.

Ha iniziato a pubblicare racconti nel 1953, e del 1960 è la sua prima antologia, Die Gruene Komet (La cometa verde), è autore di una ventina di romanzi, di cui sono stati tradotti in italiano soltanto due, La psicorete e Le bare di cristallo, più l’antologia La cometa verde. Gli è stato assegnato cinque volte il premio Kurd Lasswitz, l’ultima, nel 2017, alla carriera.

Altri autori importanti della fantascienza tedesca che possiamo citare: Christian Anton Mayer (Monaco 1922 – Monaco 2005), uomo politico e scrittore, attivo prima nel partito socialdemocratico poi nel movimento verde, scrisse alcuni romanzi di fantascienza sotto lo pseudonimo di Carl Amery, Gudrun Pausewang (Mladkov 1928 – Bamberga 2020), autrice di numerosi romanzi per l’infanzia, scrisse alcuni romanzi fantascientifici fra cui, tradotti in italiano Gli ultimi bambini di Schewenborn e Dopo la catastrofe, il giurista altoatesino Herbert Rdallosendorfer (Bolzano 1934 – Bolzano 2012), autore di diverse opere fantastiche fra cui l’antologia di racconti Il castello dei nani, Frank Schatzing (Colonia 1957) autore di diversi romanzi fra cui Il quinto giorno, Limit, e Il diavolo nella cattedrale che in Italia ha ricevuto il premio Bancarella nel 2007.

Ma la vera e propria star della fantascienza tedesca degli ultimi anni sembra essere Andreas Eschenbach (Ulm 1959), ha vinto il premio Kurd Lasswitz una decina di volte, le tre edizioni dal 2019 al 2021 consecutivamente, tanto da esserne ultimamente escluso per manifesta superiorità. In italiano è disponibile il suo romanzo Lo specchio di Dio.

Io credo di avervi dato sufficiente dimostrazione del fatto che la supremazia di cui godono oggi nel campo della letteratura fantastica gli autori anglosassoni non dipende da una particolare propensione di costoro per questo tipo di letteratura, ma unicamente dall’egemonia acquisita a livello planetario da una potenza di lingua inglese.

Diceva il grande Jorge Luis Borges che quasi ogni uomo della cultura occidentale è un potenziale scrittore. A riprova di ciò, mi riprometto di estendere prossimamente la nostra analisi al mondo latino, Italia in primis.

NOTA: Nell’illustrazione, un fotogramma della versione cinematografica del romanzo di Michael Ende La storia infinita.

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