Premetto di non essere affatto ostile al mondo arabo e musulmano. Durante il mio mandato parlamentare ho anche fatto parte di un’associazione d’amicizia italo-araba denominata as-Sadaka, cioè – per l’appunto – “l’Amicizia”. Semplicemente – l’ho detto più volte e lo ripeto – ritengo che il presupposto indispensabile dell’amicizia euro-araba ed euro-islamica (e non si tratta della stessa cosa) sia un concetto semplice semplice: ognuno a casa propria. Non è xenofobia, non è intolleranza, ma è soltanto consapevolezza della assoluta inconciliabilità di due mondi; due mondi che possono convivere pacificamente e amichevolmente solo a patto di restare rigidamente separati. Storicamente, ogni qual volta si è tentata una commistione più o meno pacifica si sono causate guerre devastanti, i cui effetti sono giunti fino ai nostri giorni: dalle Crociate cristiane in Terrasanta alle invasioni arabe in Spagna e Sicilia, dalla dominazione turca nei Balcani alla colonizzazione greca dell’Asia Minore.
Ciò premesso, va anche detto che episodi come quelli di Parigi (e quelli dei mesi precedenti in Inghilterra, Canada, Australia) non sono ascrivibili al mondo islamico nel suo complesso, ma soltanto ad una sua parte che è in guerra con tutto il resto delle nazioni arabe e musulmane: contro gli arabi laici (e in primo luogo contro la Siria), contro gli sciiti (e in primo luogo contro l’Iran e l’Iraq), contro la gran parte degli Stati arabo-sunniti (dalla Giordania all’Egitto, dall’Algeria al Marocco) e, addirittura, contro l’autentico tradizionalismo religioso islamico (la grande e pacifica scuola del sufismo). Senza contare che un’altra parte consistente dell’attivismo fondamentalista arabo-sunnita utilizza metodi terroristici solamente in patria, rifiutando la partecipazione a “guerre sante” oltre i confini nazionali: penso ai Fratelli Musulmani in Egitto o ad Hamas in Palestina.
Il terrorismo islamista – dalle Torri Gemelle a Charlie Ebdo, passando per al-Qaeda e per l’ISIS – ha solamente due radici, entrambe riconducibili non genericamente al sunnismo (la confessione largamente maggioritaria dell’islamismo) ma alla sua parte più estremista ed intollerante: una radice è quella della setta wahabita dominante in Arabia Saudita, Qatar e fra gli altri alleati “petroliferi” degli Stati Uniti; l’altra è quella della setta salafita che rappresenta la costola (minoritaria) nordafricana dell’estremismo islamista.
Chiarito che è assolutamente imbecille l’equazione “terrorismo = islamismo”, va però detto che solamente all’interno del mondo musulmano nascono e crescono certe manifestazioni estreme di fondamentalismo religioso, che danno luogo ad episodi aberranti incompatibili con la civiltà europea. Né tra gli ebrei, né tra i buddisti, né tra gli induisti – confessioni che pure hanno al loro interno delle componenti radicali – attecchiscono fenomeni estremistico-terroristici del genere di quelli sorti in àmbito islamico. Di ciò va preso atto, senza estremizzazioni inopportune ma anche senza pericolosissimi buonismi. Sarebbe perciò auspicabile una radicale inversione di rotta nella nostra politica in materia di immigrazione: le frontiere andrebbero chiuse, sbarrate, per ineludibili esigenze di sicurezza oltre che in aggiunta agli evidenti motivi economici. E in una ragionata e limitata accoglienza dei profughi (profughi veri e non migranti economici) si dovrebbero privilegiare gli elementi di religione cristiana (penso ai nostri correligionari in fuga dalla barbarie dell’ISIS) che sono gli unici ad essere realisticamente integrabili nel nostro tessuto sociale. Inoltre, andrebbe bandito ogni automatismo nella concessione della cittadinanza, che dovrebbe essere attribuita solamente agli stranieri imparentati con cittadini italiani e, comunque, a soggetti che dimostrino di voler pienamente rispettare le leggi e la cultura del Paese che li ospita.
Chi tresca con i terroristi – ma pure chi comunque delinque – va espulso senza tentennamenti, anche se avesse per avventura ottenuto la cittadinanza italiana. Altro che – vero, Angelino? – “controllare” e “monitorare” chi va e viene dalla Siria e dall’Afghanistan o chi raccoglie soldi per la Jihad.
I nostri politici, però, non hanno certo gli attributi necessari per attuare misure del genere, anche perché ciò equivarrebbe a riconoscere di avere sbagliato tutto in materia di immigrazione. Matteo Renzi è andato all’Università di Bologna per dichiarare che non è vero che l’integrazione (degli stranieri) si contrappone al mantenimento dell’identità (degli italiani), e che chi non condivide questa singolare teoria è un cialtrone. Dopo di che – tra un Matteuccio e un Angelino – vorrei sapere quali garanzie gli italiani possano avere per la propria sicurezza individuale e collettiva.
V’è però da dire che i nostri politici non sono certamente gli unici ad avere sbagliato tutto. Altri – e con ben maggiori responsabilità – portano il fardello di scelte perversamente, scelleratamente errate. A incominciare dal Premio Nobel “per la Pace” Barak Obama, la cui aggressiva politica mediterranea è stata scritta sotto dettatura di Israele e dell’Arabia Saudita: osteggiando l’Iran sciita che è il principale avversario della Jihad estremo-sunnita; aggredendo – in forma palese o mascherata – gli Stati arabi laici, dalla Libia di Gheddafi alla Siria di Assad; tollerando che in Medio Oriente si installasse un pericolosissimo Califfato, che le bombe americane potrebbero invece spazzar via in solo ventiquattr’ore; tollerando altresì che mezza Nigeria (guarda caso, paese ricco di petrolio) sia tenuta in ostaggio dagli aguzzini di Boko Aram, la cui ultima azione – pochi giorni fa – ha causato la morte di 2.000 (dico duemila) incolpevoli civili. E, con il Presidente a stelle e strisce, dovrebbe fare autocritica – fra gli altri – anche l’ineffabile Presidente francese Hollande, il quale, fra un’avventura galante e l’altra, si è dato un gran daffare sulla scena diplomatica per essere ammesso a svolgere l’ambìto ruolo di principale interlocutore europeo dell’Arabia Saudita e del Qatar; di quei Paesi, cioè, da cui provengono le risorse finanziarie dei movimenti estremo-islamisti che stanno mettendo a ferro e fuoco il Medio Oriente e che sognano di fare altrettanto con l’Europa infedele.
È l’insieme delle politiche occidentali verso il mondo arabo-islamico ad essere profondamente sbagliato. Si stanno cancellando gli Stati mediorientali per assecondare i furori ideologici di Israele e per garantire gli interessi petroliferi dei sauditi. Si consente alle bande fondamentaliste (travestite da “eserciti di liberazione”) di aggredire Stati sovrani: ieri la Libia, oggi la Siria, l’Iraq e la Nigeria, domani – vedrete – il Libano. E tutto ciò alimenta il dilagare dell’estremismo islamista anche in una Europa che è stata – casualmente? – invasa da una devastante ondata migratoria; ondata migratoria che nella sua maggioranza proviene dal mondo musulmano e che annovera una quota-parte – non so quanto estesa – sensibile alle sollecitazioni dello jihadismo.
I morti di Parigi sono figli di questa politica folle, autolesionista, delle “primavere arabe” finanziate dai magnati americani, delle gelosie religioso-affaristiche mediorientali, di certa demagogia buonista che, in nome di una fantomatica “integrazione”, vuole cancellare l’identità delle nazioni europee. In accordo perfetto – e qui il cerchio si chiude – con le manovre della speculazione finanziaria che, in altri àmbiti e con altri mezzi, mirano al medesimo obiettivo.
6 Comments